Simil Lolita - parte 1

di
genere
trio

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PREMESSA.

Agosto, la mia compagna Monica era stata in vacanza in barca nel mare di Croazia con due amiche, Giulia e Beatrice, questa conosciuta giusto nell’occasione, ed il proprietario/marinaio dell’imbarcazione.

Monica all’epoca aveva 45 anni, splendidamente portati, io 10 di più. Beatrice era poco più che ventenne.

Sulla barca era nata un’immediata, sottile, sensuale e inespressa intesa tra le due, solo esplicitata da sguardi penetranti e intensi della ragazzina, non altro. Monica, nei messaggi che ci scambiavamo, mi confessava di essere da lei molto attratta, con curiosità e addirittura punte intense di morbosità. Io ne prendevo atto ma, nonostante la mia compagna mi riportasse con dovizia di particolari atteggiamenti, movenze, comportamenti di quella che era diventata l’oggetto del suo desiderio, io non riuscivo a rendermi conto dell’effettiva portata di quel fascino, rendendomi però conto che Monica era davvero presa, anche in considerazione del fatto che Beatrice era diventata pressoché l’unico argomento di conversazione a distanza tra noi.

Qualche giorno prima del rientro Monica mi chiese cosa ne pensassi se avesse invitata la nuova amica a trascorre qualche giorno di vacanza con noi. Ovviamente dissi che ne sarei stato felice, la domanda era solamente retorica, Monica sapeva bene che non poteva essere diversa.

Beatrice accettò con entusiasmo l’invito e, subito dopo, cominciò a parlare a Monica di sé, della sua vita, trascorrendo ore a prendere il sole accanto a lei, entrambe nude, per la gioia degli occhi e la sofferenza dell’apparato genitale (ma questo è un altro capitolo) dell’unico maschio presente a bordo.

La giovane donna viveva in modo “libero e selvaggio”, indipendente, lontano da una madre troppo ingombrante anche per la sua bellezza, orfana di un padre raccontato con sfumature simil incestuose, accenni maliziosi e non completamente tradotti, partecipe e magari succube di un gruppo elitario di persone della Milano bene, forse ammaliata, certamente dominata da un canuto, ingombrante capo branco conosciuto nell’ambiente altolocato, autorevole e rispettabile, pseudo fidanzata con un ragazzo un po’ più grande di lei, forse un generoso buon samaritano che stava provando a delimitarla in un recinto che la tenesse lontana da eccessi, rischi e pericolose trasgressioni. Recinto in cui lei ben difficilmente sarebbe entrata e trasgressioni che però lei sembrava volere frequentare fino al superamento dei limiti di perversione. Insomma un personaggio già attraente nella sua fisicità, ancora più magnetico nella sua misteriosa personalità di “cattiva ragazza”.


CONFUSIONE A PRIMA VISTA

Comunque giusto allo scoccare del mezzogiorno di quella prima domenica di agosto oltrepassarono la soglia di casa mia.

Monica era radiosa, abbronzata, bellissima, gioiosa, immediatamente stretta al mio corpo. Ero strafelice di riaverla con me.

Poi finalmente vidi Beatrice. Se ne stava in piedi, ancora sulla soglia, sembrava in rispettosa e timida attesa che le nostre effusioni terminassero.

Mi colpì subito il suo sguardo, i suoi occhi. Ma dov’era la ragazzina raccontatami da Monica? L’esuberante, maliziosa, intrigante, sensuale, peccaminosa e tentatrice fanciulla? Davanti a me una timida ragazzina, lo sguardo quasi basso, esitante, che sembrava intimorita dalla mia presenza. Non vidi subito le sue fattezze, a parte il bel viso dolce e delicato. Ero rimasto sorpreso e confuso.

Perché sorpreso l’ho già detto; confuso, con l’immediatezza che solo la velocità del pensiero possiede, in quanto sentii quell’impercettibile fremito che percorre il corpo di un maschio quando sente odore di sesso. C’era qualcosa che non tornava tra l’immagine fisica davanti a me e l’ispirazione che immediatamente ne trassi. Subito però tutto scomparve avendo io realizzato che le descrizioni di Monica avevano suggestionato la mia aspettativa. Il tutto non mi impedì di notare lo sguardo di Monica che sembrava stesse indagando la mia reazione, particolare che mostrerà solo in seguito la sua importanza.

Proseguimmo comunque con le presentazioni, poi con le necessarie incombenze in preparazione alla partenza per la Val Gardena dove, in una casetta nel verde, avremmo trascorso una decina di giorni o più.


TRASFERIMENTO IN AUTO

Partimmo in auto da Milano intorno alle 18.00 per un viaggio di circa 4 ore.

Beatrice si accomodò dietro, Monica avanti accanto a me. Ebbene tutto il tempo trascorse con me quasi escluso dalle loro conversazioni, al punto che a un tratto suggerii a Monica di sedersi anche lei sul sedile posteriore, non fosse altro che per evitare un torcicollo. Ma non lo fece. Sentii un leggero nervosismo, cosa che davvero non capitava mai tra noi in maniera che non fosse esplicita. Certo che avevamo le nostre piccole futili discussioni, sempre per cose di scarsissima importanza, ma mai tenevamo per noi nascosto un seppur piccolo risentimento. Avrei potuto, scherzando, dire loro che c’ero anche io e che non ero l’autista del tram e cose simili, ma non lo feci.

Però, però, però, nei momenti di interruzione delle loro chiacchiere ecco che, attraverso lo specchietto retrovisore, vedevo gli occhi di Beatrice fissarmi molto insistentemente con uno sguardo che non si abbassava per niente incrociando il mio. Furono quattro ore praticamente di chiacchiericcio tra loro e sguardi tra Beatrice e me, con il risultato che ero io per primo a scansarmi e non solo perché c’era da guardare la strada.

All’arrivo, prima di casa, sosta in una piccola e deliziosa trattoria dove l’atmosfera fu rilassata e priva di ogni incrocio di sguardi particolari tra nessuno di noi. Beatrice era gioiosa, sembrava assaporasse con infantile avidità non solo il cibo, ma anche il locale, l’atmosfera, la compagnia, tutto quanto le ruotava attorno le stimolava una specie di ingenua curiosità; non era più un’intrigante, misteriosa, a momenti cupa giovane donna, ma una ragazzina appena liberata dall’obbligo scolastico annuale che si apprestava a godere di libertà, sonno a volontà, divertimento, spensieratezza. Non un briciolo di malizia negli occhi o nei gesti.

Fu per me tranquillizzante e osservai Monica credendo di scorgere in lei lo stesso leggero stato d’animo.


PRIMA NOTTE CON l’OSPITE.

Finalmente a casa ci preparammo per la notte, loro due particolarmente stanche dai due viaggi giornalieri. CI salutammo e andammo a letto.

Nonostante quella stanchezza anche Monica, come me, aveva comunque voglia di fare l’amore. Lo facemmo non come due che erano stati distanti per due settimane, ma con la calma e la lentezza di chi sa che l’esplosione dei sensi sarebbe comunque arrivata inesorabile ma non improvvisa, bensì progressivamente preannunciata e preparata. Eppure io ero stato fedelmente in astinenza, mentre Monica, come raccontato altrove, una qualche digressione (concordata) se l’era concessa in quella barca malandrina. Come usavamo dirci “bisogna pur passare il tempo, bisogna pur che il corpo esulti”: tra noi c’era molta complicità e le trasgressioni erano concesse, purché condivise e senza coinvolgimento di sentimenti e sensi se non quelli puramente fisici. Il mio più grande piacere è stato sempre dare piacere alla mia compagna, anche attraverso altri corpi che erano per noi non più di un giocattolo sessuale, uno strumento da usare alla bisogna.

Facemmo l’amore e facendolo, come sempre, parlammo e parlammo di Beatrice.

Cominciò Monica chiedendomi semplicemente se lei mi piacesse e andammo avanti fino all’orgasmo sempre palandone. Monica avrebbe voluto averla accanto, ma, mi disse, senza di me, così come l’aveva desiderata disperatamente sulla barca, senza successo, dovendo poi ripiegare (si fa per dire) su una formidabile scopata col marinaio (di questo ho già scritto). Io di Beatrice pensai che mi sarebbe piaciuto solo sfiorarle il corpo nudo, solo guardarla, fosse anche immobile, oltre che ovviamente avvinghiata a Monica nei più spudorati e osceni abbracci, ma quest’ultima visione sparì quasi subito, esaurì il suo effetto afrodisiaco. Strano perché vedere Monica fare sesso con un’altra donna era sempre stato un grande piacere per me. Il crescente piacere della mia compagna mi distolse un poco e mi trascinò presto in un orgasmo esplosivo. Appena dopo, prima di addormentarmi abbracciato al mio amore, mi sembrò di averle sentito mormorare, poco prima dello spasimo struggente dell’orgasmo, “oh Beatrice”!


AL MATTINO

Il mattino seguente io mi svegliai per primo e corsi in paese a fare provviste per la colazione. Monica più tardi di me e, appena sveglia, ci accomodammo in cucina per il caffè e il resto, discutendo del programma della giornata.

Dopo un po’ ecco che, strascicando i piedi nudi sul pavimento di legno, scompigliata e imbronciata arrivò Bea. Aveva un corto e largo, molto largo, leggero pantaloncino e una canottiera che sembrava essere quella di un muratore grande il doppio di lei. Non era più la ragazzina della sera prima in trattoria ma un’oscena provocante ninfetta, promettente dispensatrice di godimenti proibiti. E’ questo l’effetto che mi fece e non fui solo a riceverlo. Tutto in un attimo, sentii una pulsione salirmi dall’inguine e guardai Monica; aveva gli occhi liquidi tipico segnale della sua eccitazione. Tutto, ripeto, in 10 secondi.

Beatrice si avvicinò lentamente al tavolo, attraversò quei 5 o 6 metri di stanza come fosse in precario equilibrio su una stretta passerella, mi passò lentamente di fianco e riuscii a vedere di lato completamente il suo seno piccolo ma prepotente in quella canottiera che, senza, sarebbe stata meno nuda. Scostò la sedia accanto a quella di Monica e, prima di sedersi, si abbassò su di lei stampandole un lungo, delicato e umido bacio sulla bocca. Muta, accigliata, così semplicemente come stesse dicendo “buongiorno”. Monica spalancò gli occhi sorpresa, immobile, per poi sciogliersi in un sorriso felice e tenero.

Potrei ancora dilungarmi su quella mattinata, momento per momento e sarebbe necessario per meglio descrivere l’incredibile escalation che questo nascente rapporto a tre stava intraprendendo, ma allora questo racconto non sarebbe più tale e necessiterebbe di tempi e spazi consoni ad un romanzo, non a una breve scrittura. Da allora in poi ogni momento, ogni gesto, quasi ogni parola, diventarono mattoni con cui si stava costruendo una casa che la nostra trasgressione (mia e di Monica) mai aveva abitato.

Quel giorno avemmo la netta sensazione che questa intrusa stava per indossare la divisa del comando. Non aveva ancora parlato molto, aveva agito anche meno, ma la sua presenza, la sua emanazione, il suo corpo avevano avvinghiato Monica e me come una ragnatela sottile ma dura da spezzare.

Come detto salterò molti passaggi per citare solo alcuni momenti significativi se non addirittura cogenti. Alcuni atteggiamenti, alcune azioni di Beatrice erano infatti alla fine costrittivi, obbligatori e funzionali a nostre reazioni fisiche sì, ma per la prima volta nel rapporto tra me e Monica, soprattutto, e con preoccupazione, emotive.


PROSEGUENDO

Quel pomeriggio Beatrice si mise in giardino a prendere il sole. Aveva un delizioso abitino largo e lungo fin sopra al ginocchio. Era abbandonata languida sulla sedia a sdraio, una gamba ciondolante sul bracciolo , l’altra allargata, le lunghe cosce scoperte fino all’inguine protetto dal vestito arricciato.

Mi vide sulla soglia di casa e mi guardò fissa, accentuando il dondolio della gamba per poi sfiorarsi le labbra con due dita e lanciarmi un bacio apparentemente casto ma per me travolgente e sensuale. MI arrivò dritto all’inguine, pensai subito che ne avrei dovuto parlare con Monica che, giusto in quel momento si materializzò alle mie spalle, mi superò senza una parola e andò a sedersi per terra accanto a quell’intrigante, spudorata, maliziosa estranea. Ebbi un sorprendente moto di stizza. Ero geloso? Non potevo crederci. Ero geloso., ma non di Monica, ma di Beatrice!

Il mio cervello si rifiutò di accettare l’idea: erano passati meno di due giorni da quando avevo incontrato una sconosciuta ed ero già geloso di lei nei confronti del mio grande amore Monica?

Aspettai fremente sera per rimanere solo con Monica, dovevo parlarle.

Fui diretto, non era possibile immaginare di poter incrinare anche di un niente il magnifico e incredibile rapporto che avevamo. Dissi esattamente a lei quello che poco fa ho scritto.

Lei, se possibile, fu ancora più diretta e sconvolgente di me. Non fu tanto il dirmi che nel pomeriggio si erano appartate sul retro della casa e avevano pesantemente pomiciato a impietrirmi, quello rientrava nel possibile e accettabile, ma il sentirmi dire che pensava di essersi innamorata! Innamorata? Era follia per me.

Avevamo un patto sempre rispettato: dirci tutto, tutto, proprio tutto, anche le cose peggiori. Proposi di sederci al tavolo e discutere della cosa con calma. Beatrice già dormiva, eravamo soli e tranquilli.

Parlammo e convenimmo che forse anche io stavo subendo il fascino emotivo della tentatrice massima. Potevo dire che anche io mi stavo innamorando? Forse sì. Ci chiedemmo a vicenda e con terrore se questo stesse sminuendo l’amore che c’era tra noi due. No, fortunatamente no, per niente, ci amavamo esattamente come prima ma con un grosso problema in più: eravamo gelosi uno contra l’altra. Io ero in partenza battuto, al momento era dimostrato che l’oggetto del desiderio era Monica, io ero fuori dai giochi.

Tutto diventò buffo e fuori logica. Monica che mi consolava per il mio non corrisposto amore, io che la invidiavo. Fortunatamente capimmo che non c’era astio tra noi, zero, e la complicità era sempre fortissima.

Sto per riferire cose davvero surreali. Decidemmo che Monica mi avrebbe aiutato a conquistare Beatrice, continuavamo ad esser alleati e nel nostro ménage avremmo accolto il classico terzo intruso, ce la saremmo sportivamente divisa separatamente e, chissà e meglio, condivisa.

Quella sera avemmo la prova che il nostro amore era più forte di tutto, anche di Beatrice che da allora in poi avremmo trattato come una vittima, evitando di subire il suo fascino. Facemmo l’ amore furiosamente e Monica mi raccontò dei loro baci pomeridiani.

Si erano prima trattenute in giardino nella parte antistante la casa, poi si erano spostate sul retro, al riparo di ogni eventuale sguardo indiscreto, salvo l’eventuale mio, cosa che Monica sapeva non avrebbe causato nulla di più che un maggiore suo eccitamento. Lì fu Monica a prendere l’iniziativa, si denudò completamente e in un attimo, mi raccontò tra sospiri di eccitazione che non ero più solo io a provocarle, bensì il ricordo del momento, infilò la sua lingua nella bocca di Beatrice. Il primo vero, caldo, sensuale bacio tra loro. La ragazza aveva corrisposto immediatamente e non solo, era scesa velocemente sul tutto il magnifico corpo della mia donna, indugiando prima sul suo prosperoso seno (ah, chi legge meriterebbe di vederlo), sui suoi turgidi capezzoli, poi sempre più giù, fino a costringere Monica a distendersi sul prato, le gambe allargate a ricevere la bocca della prepotente ninfetta. Aveva leccato e succhiato, accarezzato e spinto con la lingua fino a simulare una penetrazione, per improvvisamente risalire fino alla bocca e trasferire quegli umori tra le labbra del mio amore. E il mio amore aveva goduto in modo sublime.

Al mattino solita scena, Beatrice che arriva in cucina dopo di noi, questa volta solo con un minuscolo slip e non altro, si trascina fino a Monica e la bacia infilandole la lingua in bocca, senza ritegno, senza rispetto per me, tanto spudoratamente che di più sarebbe stato impossibile. Monica ovviamente ricambiò con tale passione che stavano per cadere entrambe per terra. Ero basito e non ero eccitato. Finita colazione Beatrice andò in giardino, così com’era praticamente nuda; non che fossimo direttamente sulla strada principale ma qualcuno poteva sempre passare, anzi passava e in più il nostro anziano vicino di casa avrebbe potuto, poverino, prendersi un coccolone.

Guardai bene per la prima volta il corpo di Beatrice. Era sottile e sinuoso, molto sottile ma senza nemmeno uno spigolo, comunque morbida e rotonda, scorrevole, liscia. I seni piccoli, prepotenti, i capezzoli sempre ritti e turgidi, i glutei piccoli ma prominenti e duri come il marmo (questo peraltro me lo aveva confermato Monica che, beata lei, ne aveva già gustato sapore e consistenza). Beatrice si accorse eccome dl mio sguardo, stette un po’ lì a far finta di guardarsi intorno, poi venne verso la porta evidentemente per rientrare. A qualche passo da me si fermò un attimo, allungò le mani sugli slip e lentamente se li sfilò guardandomi dritto negli occhi, indugiò tutta nuda per qualche attimo per poi passarmi accanto e rientrare in casa scomparendo oltre la scala che portava alla sua stanza.

Stavo per correrle dietro ma non per sbatterla sul letto e scoparmela come non ci fosse un domani, ma per abbracciarla e gridarle il mio amore. Ma come ero messo? Ma che maledizione era caduta su di me? Raggiunsi disperato Monica, incredibile ma vero, impossibile ma salutare, parlarne con lei un po’ attutiva il dolore del mancato possesso. Facemmo un piccolo patto: lei avrebbe trascorso la notte con Beatrice lasciandomi solo a rimuginare nel mio letto, sacrificandomi generosamente per lei e lei avrebbe chiesto a me e Beatrice di andare a fare commissioni fino a Bolzano, cosa comunque realmente necessaria, permettendoci quindi di stare un po’ soli per provare io a conquistarla, 80 chilometri andata e ritorno per giocare i miei jolly. Quando si dice la complicità.

Partimmo, lei indossava soliti larghi, corti pantaloncini, larga camicia su solita enorme, scollata, provocante canottiera.
scritto il
2024-09-09
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