Attesa

di
genere
trans

Fuori è calata la notte. Samuel è in bagno. Luca è in camera che ascolta distrattamente la musica che viene fuori da un vecchio apparecchio radio. Il volume sfuma, una canzone finisce e un'altra comincia. La voce roca di Nina Simone parte con "Do I move you?"
Luca ascolta quella voce che niente riuscirà mai a rovinare. "Ti faccio sangue? Ne hai voglia? Ti mando su di giri? Sei eccitato?" Luca pensa che non potrebbe esserci canzone più adatta per quel momento. La canzone di un desiderio torrido e senza finzioni. "Sei pronto? Ti piace? Sei con me? Sì? Allora cominciamo a muoverci".
Trascinato dalla canzone Luca pensa a Samuel dentro il box della doccia, nudo. Un pensiero che è un incendio che parte da niente e si porta via foreste intere. Improvvisamente ha voglia di vederlo. Ha voglia di spiarlo. Di respirare la stessa aria. Vuole essere dove è lui, fare la luna di quel pianeta scuro.
Si alza, con la camicetta che gli svolazza attorno. Indossa solo quella. La gonna deve essere finita sotto il letto. Il cappottino stretto in vita è appeso ai due ganci vicino alla porta. Vicino al giaccone di Samuel. Le calze spuntano da una tasca del cappotto. Le scarpe chissà dove sono. Bisognerà cercarle bene. Domani mattina. Adesso è il momento del disordine. Luca sorride, non ci sarà bisogno di cercare le mutandine, quelle non le aveva già quando è uscito di casa.

Voleva rimorchiare? A Luca non piace quella parola, il sottinteso meccanico di quella azione. La sua indifferenza ai risultati: chi capita, capita! Lui non è così. Cercava qualcuno con cui fare sesso, ma non poteva certo essere chiunque.
Il bello studente dell'accademia d'arte spiccava in mezzo alla gente, un principe venuto da qualche altopiano africano. Ha detto di avere sangue Masai nelle vene. Ha cicatrici sul volto. Tutti i guerrieri devono averle tra la sua gente. La sua vita è stata un'avventura. Luca pensa: "Di quella vita di avventure, una notte Samuel la passerà con me, a fare cose che dopo non vorrà raccontare". Nei bagni del locale, quando ha visto la piccola gabbietta sotto la gonna, Samuel ha detto «Non mi importa». E gli ha artigliato una natica, il segno si vede ancora adesso. «Di questo mi importa», gli ha sussurrato in un orecchio, prima di morderlo.

Luca apre la porta del bagno e se la accosta alle spalle, piano. Si appoggia al vetro smerigliato. Osserva Samuel che non si è accorto di lui. E' immerso nella luce fioca e cruda di una lampada al neon. Può guardarlo liberamente e trovarlo desiderabile. Sono solo loro. Nessuno giudica, nessuno pensa che sia sbagliato. Se ci sarà desiderio verrà soddisfatto. Come nella canzone. Guarda il corpo nero e lucido, le spalle e il torace ampi, la vita stretta. Luca sa che se toccasse il ventre lo sentirebbe tonico sotto la morbida peluria. Lo sentirebbe tiepido. Se appoggiasse l'orecchio Luca sentirebbe i rumori segreti del corpo del suo... amante? padrone? ragazzo? Come si definisce qualcuno che hai visto per strada e con cui hai deciso di fare una pazzia? Beveva qualcosa di colorato appoggiato a un tavolino, Luca ha pensato che lo voleva con sé, per sé, per una notte, chiusi da soli, in una camera di un albergo da poco.

Samuel continua a non accorgersi di lui e Luca continua a spiare in silenzio. Vede le natiche muscolose di chi corre parecchi chilometri al giorno. Definite, tornite, alte. Il solco ombreggiato, l'ombra dello scroto ricco e pesante che spunta. Luca avrebbe voglia di aprirle quelle natiche, di leccare, di baciare, di annusare, di perdersi. Non sa se Samuel vorrà quel tipo di baci. Non importa, se necessario chiederà per favore di poterlo baciare. Lì, dove i maschi a volte non vogliono. Lo implorerà. Farà moine, gli dirà che la piccola signorina bianca ne ha bisogno.

Finalmente Samuel si volta e lo vede. Sorride. Lo chiama dentro il box. Gli dice di inginocchiarsi. Luca ubbidisce. L'acqua comincia a bagnargli i capelli. Se li tira indietro con i palmi delle mani. La camicetta ora aderisce al torace, si incolla, si modella sulla sua carne, diventa trasparente, rivela il rosa scuro dei capezzoli. Sono piccoli, puntuti e vogliosi.
Samuel gli apre la bocca e comincia ad esplorargliela con le dita. Luca assapora la sensazione di stare lì inginocchiato, con la bocca spalancata, con le dita che lo esplorano, che lo forzano, che lo fanno lacrimare. È un animale al mercato di cui il compratore vuole testare il valore.
Le dita vanno fino in fondo alla gola. Respira piano e trattiene i conati. È diventato più bravo a farlo, ultimamente.
Luca sa di avere occhi adoranti, che lo rendono vulnerabile e inerme. Non se ne cura. La sua fantasia lo guida. È solo con il suo principe Masai. Con il suo viso bello e tatuato. Di fronte a un sesso di nero velluto da coccolare amorevolmente, con furia e con calma.
Samuel ora gli tiene la bocca aperta con l'indice della mano sinistra, con la destra impugna il suo membro e guida il getto. «Bevi» dice. E Luca lo fa, continuando a guardarlo negli occhi, inghiottendo lunghi sorsi, lasciando tracimare qualcosa, dagli angoli della bocca, perché il getto è generoso. Gli piace il suono gorgogliante, gli piace l'odore pungente e il gusto amarognolo. Gli piace essere nient'altro che un accessorio. Gli piace che Samuel possa scegliere tra i diversi cessi di quel bagno, quello di maiolica e quello di carne.
Samuel lo fa alzare, gli carezza il viso, sparge le gocce che sono rimaste sulle labbra, distrattamente. Vede le macchie sulla camicetta. «Guarda, ti ho rovinato la camicetta! Toglitela e aspettami di là. Non ci metterò molto... » Lo dice ridendo. Luca ringrazia, abbassa la testa, si appende a quel "non ci metterò molto". Esce dalla doccia, si asciuga. Torna in camera. Si prepara. Si mette a quattro zampe e aspetta.

Luca pensa al punto in lui che lo comanda fuori da ogni logica sensata. Non la cosa pendula che riesce appena a vedere tra le gambe. Non è quello che lo muove. È la sua piccola, affamata voragine - carne rosa, crespe delicate - quello che lo muove. Fin da quando ha ricordi Luca è lì che ha sempre immaginato e preso il suo piacere. È lì che ha immaginato e fatto le cose più tenere e più violente.
Mentre aspetta la fa muovere quella parte di sé. Apre e chiude e stringe e rilascia. Sente piccoli suoni venire da quella piccola bocca unta di crema. È un muscolo da tenere allenato. Tra un po' lo farà di nuovo, lo forzerà quel muscolo. Farà entrare il ragazzo di quella notte, lo farà accomodare nella sua carne. Ascolterà i suoni primitivi di quel maschio che punterà, si farà strada, affonderà. E lui gemerà, senza nessun ritegno. Libero di essere chi vuole. Lui e il suo amante diranno parole sporche e sconce, per incitarsi. E l'orgasmo si porterà via tutto, come una marea che si allontana. Subito dopo aver goduto penseranno di aver detto sciocchezze, ma non ricorderanno più con precisione quali.

Gli fa un po' male quel muscolo che adesso espone. Un male non casuale. A casa, prima di uscire, Luca ha cercato a lungo una cosa che potesse dilatarlo fino a fargli "quel" male. Voleva uscire così, camminare tra la gente e sapersi differente, con quel dolore sordo custodito sotto il capottino e la gonna, come un segreto. E il segreto è che il male che sente vuole altro delizioso male per essere curato.

Luca non sa come si comporterà Samuel, cosa gli piacerà diventare nel momento in cui tutti buttiamo via l'essere civile che indossiamo. Sa che Lui lo pregherà se necessario, sa che chiederà di essere rovinato. Il ragazzo ha mani forti e affusolate, da impazzire a pensarle dentro di sé. Ha piedi da baciare. Ha un cazzo con cui chiederà di essere schiaffeggiato e oltraggiato in molti modi. Chissà come si comporterà il ragazzo. Se terrà fede al suo portamento altero da signore di greggi e di genti. Luca sa che sarà un supplice al suo cospetto, gli chiederà di prendere anche il suo corpo sotto il suo dominio.

In borsa si è portato le funi, le candele, una piccola frusta viziosa. Non tutti vogliono giocare così. Non tutti vogliono e non tutti sanno. Oh, sì, Luca lo sa bene che non tutti quelli che vogliono giocare duro sanno come farlo. Spiegherà a Samuel che lui è un essere da cui devono essere estratte pepite di dolore. Una miniera da cui tirare fuori pietre grezze di umiliazione. Gli proporrà cose che il ragazzo desidera senza saperlo. Anzi no, lascerà che il ragazzo scopra da solo quali sono i limiti. Lascerà che scopra da solo dove sono i confini della notte che è appena iniziata. Luca ad un tratto viene colpito dal pensiero spiacevole che l'offerta di sé nudo e a quattro zampe non sia abbastanza. Che non suggerisca bene l'idea di quali limiti e di quali confini si possano esplorare. Che in fondo Samuel uscendo dal bagno quell'offerta se la aspetti, che la trovi risaputa e scialba e che sia tentato di agire di conseguenza, in modo sciatto. Prendendolo in fretta. Lasciandolo insoddisfatto.
Luca vuole altro, vuole che l'immagine che Samuel vedrà uscendo dal bagno contenga abbastanza oscenità e depravazione da costringerlo a esplorare a fondo confini estremi. Per questo si alza, repentino. In bagno sente trambusto. Deve fare veloce, Samuel tra poco sarà fuori. Apre il minuscolo frigo-bar, prende una bottiglietta d'acqua, ravviva con la saliva la crema emolliente che si è sparso prima di uscire. Posa la bottiglia per terra, si accovaccia come per fare qualche esercizio "squat". Preme sulla bottiglia. Lo sfintere si allarga. Lo fa lentamente. Ci vorrebbe più tempo. Tempo che non c'è. Preme ancora, più forte, Con tutto il suo peso. Alla fine la carne cede e lui si impala. Uno strappo, un lampo di dolore lancinante. Vorrebbe piangere, gridare. Non lo fa. Luca pensa che anche lui è un guerriero a modo suo. Che non ha paura di certe ferite. Che anzi le cerca.
Tra le fitte che lo rendono vivo Luca si mette di nuovo a quattro zampe, pensando "adesso non ci saranno equivoci". China il capo, inarca la schiena. Si sente bello.
Sa che l'attesa non durerà ancora a lungo.
scritto il
2024-10-17
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