Samuel dall'istituto a ... Cap.: VII Primo fine settimana

di
genere
bondage

Cap.: VII
Primo fine settimana
Bussò. Il medico aperse al richiamo e presolo per mano, fattolo entrare e strettolo fra le braccia, iniziò ad aspirarne il profumo di giovinezza. Lo baciò dolcemente su una guancia e, nello sfiorargli il collo, gli provocò un leggero brivido. Si baciarono sulla bocca, mentre le braccia del ragazzo si avvolgevano sull’uomo. Proseguirono a baciarsi senza cercare di toccare zone calde, con l’adulto che fece in modo di fargli sentire il membro grosso e corpulento contro il basso ventre. Si lambivano e si succhiavano con le lingue che si cercavano. Da fuori il professore, sorridendo, immaginava la scena. Probabilmente Samuel aveva capito cosa gli si chiedeva e verso dove lo si voleva indirizzare. Aveva colpe, se gli piaceva? No! Che colpa può avere uno che, destato dal sole del sesso, segue le leggi della natura? La morale … che cos’è? Essa è figlia dell’uomo e cambia in base agli interessi, alle epoche, alle idee, mentre il sesso è l’istinto che segue uno dalla nascita alla morte. Che colpa può avere se, appena sfiorato, rabbrividisce, sussulta o s’inarca preda del piacere? … e sì, da quelle polluzioni notturne, alle masturbazioni e poi … a quella scoperta, che l’aveva preso, ghermito, avvinto, di strada ne aveva fatta per conoscere sé stesso. Che c’è di male se un ragazzino vuole godere e dar piacere, se vuole seguire l’istinto e la bestia che gli indica la strada? Scivolò sulle ginocchia, con l’uomo che gli mostrava, invitandolo a baciare prima e poi, presagli una mano, se la mise sulla patta imbottita, chiedendogli silentemente di slacciargli la cinta e di abbassargli la cerniera. Samuele ubbidì senza protestare. Respirava a fatica … timidamente alzò il viso e si ritrovò la grossa cappella davanti. L’odore di maschio lo stordiva … provocandogli fitte al ventre. Non ci fu bisogno di mettergli una mano sulla nuca, poiché dopo una breve visione di stupore, cominciò a leccarlo e suggerlo. Avvicinò il viso al grosso fallo ancora semi moscio del sessantenne, lo annusò come fa una cagnetta, presa dall’odore del sesso. Le labbra del piccolo baciarono piano … piano la grossa susina del medico che era caldissima … e la lingua di Samuel uscì fuori per assaporarne il gusto, per lambire le cosce e la carne che circondava quell’asta. Con una mano gli accarezzava le grosse palle pelose e piene di calda sborra, le sentiva tremare, agitarsi, dure e gonfie, mentre con l’altra mano cominciò a massaggiarli la lunga verga nodosa, lentamente, con calma. Voleva ispezionargli il cazzo, ammirarglielo, contemplarlo, … affascinato, rapito. Gli afferrò la cappella con l’indice e il pollice e cominciò a spremerla dolcemente mentre con l’altra mano gli accarezzava i testicoli. Il membro cominciò ad indurirsi, ... l’uomo ansimava … e dopo averlo massaggiato per un bel po’, presa la cappella tra le dita, avvicinatosi con le labbra … cominciò a succhiarla e leccarla. Il pene reagì diventando duro come l’acciaio. Era nodoso e caldo, vibrava, ondulava, fra le mani del ragazzo, che succhiava e leccava l’importante albicocca che ora gli riempiva la bocca, la insalivava, la ciucciava tutta aspirando; mentre con le mani andava in su e giù sul voluminoso randello di carne … con l’uomo che gemeva e si scuoteva dal piacere … L’istinto guidava ed insegnava. -Samuel leccava la pertica turgida e la vermiglia prugna come se fosse stata un gelato, insalivandola e succhiandola. Scese lungo l’asta soda con la lingua fino a raggiungere le palle, mentre gli accarezzava e gli stringeva delicatamente il glande tra le dita e poi comincio a succhiargli i testicoli gonfi. Il dottor Fabrizio gemeva e sospirava. Lo incitava a proseguire, a non smettere.
Al ragazzino piaceva quello che l’istinto gli suggeriva, sì gli piaceva da impazzire. Si sentiva … aveva sciami di insetti nella pancia, eppure era il secondo uccello di uomo che succhiava da quando il professore intuì.
Il cazzo cominciò a vibrare, stava per venire. Si rimise il membro in bocca e comincio a succhiare e leccare e mentre faceva su e giù, con una mano sull’asta dura e gonfia, con l’altra gli pastrugnava i coglioni turgidi e colmi. L’abbaglio vibrava sempre più forte, era caldissimo. L’uomo lo afferrò saldamente per i capelli per spingergli il cazzo in gola.
“Dai, prendilo puttana, ingorda di sborra!”
Una quantità enorme di liquido biancastro cominciò a scaricarsi nella gola e nella bocca del bellissimo ragazzino, che cominciò a deglutire.
“Così giovane e così troia! Ohhh, sìììììì, leccami tutto il cazzo … lecca, lecca!” Il dottore, afferrato per i capelli l’adolescente ansimando come un porco, obbligando il ragazzino ad inghiottirlo più che poteva, principiò a scoparlo con foga, mentre l’iniziando, preso da tremori, da spasmi intestinali, iniziò a bagnarsi e a fare trombette sporche.
“Ohhh, sei bravo, piccolo. Succhia, succhia e fammi venire, … fammi sborrare! Continuaaaaaaaaaaaaa, … sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!”
Dopo l’orgasmo dell’uomo, Samuel rimase abbracciato a lungo alle natiche pelose, baciando dolcemente quella parte anatomica che lo stava affascinando sempre più, anzi, dopo averla asciugata delle ultime stille lattiginose, se la trascinò ovunque dagli occhi alle labbra, dal naso agli orecchi per esserne marcato.
Il dottore si piegò verso il ragazzo, l’afferrò per le ascelle, sollevandolo letteralmente da terra come se non pesasse nulla. Samuel si mise a ridere, mentre l’uomo lo rialzava e lo baciava sulla fronte. Profumava di sperma e …
“Avevo visto giusto, piccola puttanella. Quanto ti piace il sugo di maschio, ma profumi anche d’altro!” … e, indirizzando una mano verso la sorgente dello strano olezzo, s’accorse delle conseguenze del piacere sul ragazzo.
“I sogni spesso burlano e creano imbarazzi. Vuoi andare in palestra o andare a coricarti?”
“No, sono un po’ stanco e vorrei andare a dormire. La visita mi ha fiaccato e sconvolto. Quelle sue dita in bocca per conoscere o tastarmi, palpeggiarmi per esaminare, per controllare delle naturali, logiche, ma spontanee reazioni, che divennero sospette, perché facilmente volute da lei e quel dito nell’orifizio, … non era per sapere, ma per eccitare, stimolare, invogliare; comunque, mi piaceva, mi … tanto. Momento sublime terminato con la masturbazione, con la manipolazione da dietro ai miei testicoli. Non so cosa succederà stanotte. Ho paura dei sogni. Sono in ansia, ho timore che …”
“Credo che tu sia preoccupato, visto quello che hai espulso, mentre godevi, ma ci sono le cure e i rimedi per questi inconvenienti. Prima di farti coricare e di fissarti al letto con il pannolone, spogliati, appoggiati alla scrivania e allargati le natiche per mostrarmi l’orifizio.”
“Ma …”
“E’ credo che tu sia sporco, … con la scoreggia che hai avuto! È un po’ fastidioso, ma non serve che ti lubrifichi il retto. Respira profondamente ...” e poco dopo, appoggiato il farmaco sull’anello e spinto per farlo entrare, ... “vedrai che non sarà così fastidioso ricevere una supposta. Respira lento, a fondo e chiudi sul mio dito, che lascerò per alcuni secondi all’interno, aspettando che il farmaco sia aspirato dall’intestino.”
“Uhhhhmmm, … ehhhhnfff.”
“Prima di coricarti, assumi queste pillole! Ti faranno dormire.” Il medico, datogli delle pasticche difformi per forma e colore, lo invitò a salire e stendersi sul letto, al centro del quale aveva aperto e allargato il pannolone. “Dopo ti coprirò bene, perché con solo quelle mutande salva letto, potresti avere un po’ di freddo e il corpo potrebbe reagire con trombette liquide.” Era gentile e premuroso l’uomo. Lo coperse con lenzuolo e coperta, dopo che gli aveva serrato il mutandone e fissati gli arti agli angoli del letto per evitargli eventuali cadute. Poteva dormire tranquillo, anche se aveva il culo lordato dalle conseguenze della scarica di feci, effetto del piacere.
Dormi, dormi … piccolo! Corri fra le braccia di Morfeo e abbandonati alle sue cure, alle sue carezze, ai suoi leggeri, dolci, lascivi tocchi. Chi ti ha legato al letto sa, perché ha progettato e chiesto quello che inevitabilmente si verificherà. Ti devono formare, preparare, far desiderare, lontano da occhi indiscreti, curiosi. Nessuno verrà a conoscenza di questo tuo percorso particolare. I tuoi compagni ti vedranno al tuo solito banco, impegnato, attento, sempre pronto ad immagazzinare nozioni e riflessioni. Verranno a conoscere della dedizione che avrai per riuscire ad essere un ballerino di danza artistica negli strumenti, atti a rendere più armoniosa, più plastica e più concupiscente la tua figura e se, casualmente, venissero a vederti, ti troverebbero con un abbigliamento che non farà sospettare nulla e poi saresti in compagnia di colui che ha l’incarico di preparati per lo spettacolo di fine anno, ma mai verrebbero ad osservarti dopo cena, nell’orario programmato a non percepire superficialità, a non ascoltare piaceri, euforie, eccitazioni, perché l’ambiente sarà riservato solo a te. Riposa tranquillo, sereno, in braccio agli angeli, anche se l’indumento, che deve proteggere il letto, è tanto stretto, ma non angosciarti e non pensare: lascia fluire e scorrere i momenti, gli avvenimenti pensati per plasmarti ed istruirti. Lascia fuoriuscire e scivolare sul corpo i tuoi bisogni, anche se ti mortificheranno, umilieranno e arrosseranno. Il rossore sarà la cartina di tornasole per conoscere i tuoi progressi. La vescica fa male, l’intestino rumoreggia? … non ha importanza, non deve interessarti, l’hanno pensato, ideato per farti fare esperienze ed indurre il tuo intestino, il tuo corpo a bramare, chiedere quello che lo soddisferà e appagherà. Il letto si bagna o si sporca: c’è la cerata, anche se tu non lo sai, ma potrai percepirla e sapere che c’è con il dorso. Sei stato messo a letto con la valle dei desideri sfregiata da un temporale e, probabilmente, con la vescica piena: tu non hai fatto caso, ma era stato ipotizzato, ansi se lo auguravano.
Le luci sono spente. Il medico è nell’altra stanza e non sente e tu non dormi. Pensi, rifletti, mediti e ritorni a quelle mani che ti ispezionarono a fondo il volto, alle dita che affondarono più volte nella tua bocca fino ad arrivare alla gola, che più volte ti provocarono conati, che ti obbligarono ad allungare la lingua per leccare un indice e a succhiarlo anche con avidità. Ripensi al tuo silenzio, al tuo muto acconsentire, al tuo abbandonarti a quelle mani, che con forza ti piegarono a 90° sul piano della scrivania, con le gambe divaricate in modo che il tuo bruno anellino rimanesse esposto alla vista, alla curiosità degli organi prensili. Rivedi i momenti nei quali ti aprirono le chiappette e le sue dita che tiravano tanto che sembrava volessero squarciarti la pelle mentre le sentivi conficcarsi nell’ano per schiuderlo, per dilatarlo. Volevi gridare, ma non riuscivi e quindi mugolavi forte come un cane che guaisce sotto i colpi di una punizione. Lui non parlava, realizzava le sue voglie, incurante del tuo dolore, dell’umiliazione a cui ti sottometteva. Non trovasti aiuto, conforto neanche in colui, al quale confidavi sogni, pensieri, anzi, ti sembrò -sensazione vera- che invitasse il medico ad essere meno professionale, meno specialista. Il dottore continuò indisturbato l’esplorazione del tuo giovane corpo mettendoti in seria prova e difficoltà sia fisica che mentale. Abusato rimanesti immobile e passivo nelle mani di colui che improvvisamente si era catapultato nella tua esistenza con la scusa di un controllo sanitario. Eppure … ti bagnasti.
Ohh, che stai cercando, che stai desiderando? I pensieri, le angosce, i ricordi, che insegui, ti stanno facendo bagnare? Senti umido, percepisci un guazzetto vicino all’ombelico … che fluisce pigramente verso i fianchi e sgocciolare poi sulle lenzuola? … e la mente ti riporta a quando disteso sulla schiena con le ginocchia alte e oscenamente aperte per mettere in mostra il tuo garofanino, implorante luce e calore, lui, avvicinatosi e divaricandole maggiormente, si abbassò per farti conoscere la sua lingua. Emettevi dei suoni disperati, ma tutto era vano. Lui non si curava dei tuoi gemiti, era troppo intento nella sua ispezione. Presto sentisti le sue mani posarsi sui capezzolini e stringerli per farti piangere. Lui godette dei tuoi sapori, ma tu avevi il culetto che piangeva e squittiva.
Pisoli, … forse. Sospiri e sembri dormire. Le palme sono imbrigliate, legate, non puoi portarle sul ventre che squittisce, borbotta, rumoreggia, gorgoglia per chetarlo, rasserenarlo, rilassarlo. Dolori, lamenti, frigni, chiami, ma nessuno ascolta le tue preghiere, le tue suppliche. Dondoli il bacino verso destra e viceversa, lo alzi per offrirlo a qualcuno, perché ti allevi gli spasmi, ma nessuno accoglie le tue istanze, anche quando senti un qualcosa di morbido, caldo, uscirti dal retto. Piangi lacrime amare e nel momento in cui ti tranquillizzi, ecco che anche da sopra un liquido fluisce, imbibisce e riempie le mutande contenitive. Stranissima sensazione percepire il caldo umido sopra e il caldo sdrucciolevole, delicato sotto. Ti muovevi, ti alzavi e abbassavi per godere della bellissima sensazione di benessere, mentre i tuoi buchetti proseguivano a vomitare liquidi e sostanze. Quante volte hai pisciato, non lo so: so solo che i diuretici e i lassativi hanno svolto bene il loro compito.
Dormi, sogni, spasmi, contorcimenti intestinali, desideri. Ti sentivi psicologicamente devastato da quella terapia impostati e la tua razionalità non riusciva a spiegare il perché accettavi senza ribellarti le umiliazioni e gli ordini che ti venivano imposti. Avevi vergogna, paura e anche il respiro diventava a volte più pesante creandoti attacchi di panico. Soffrivi, ma nello stesso tempo eri preso da un sottile, dolce piacere che faceva pulsare il tuo orifizio. Non controllavi l’eccitazione e abbandonavi continui, abbondanti fiotti viscidi e libidinosi che si perdevano fra le chiappe e sui lombi.
Il sole era alto. Su di te volti che conoscevi e no. Dormiveglia, ombre discinte, umido, voci, mani che tastavano, toccavano e premevano la mutanda per vederne fuoriuscire l’ambrato, nuove terapie. Nella tua mente affioravano ancora i ricordi delle mani che aprivano, palpavano, impastavano i tuoi glutei, dita che giravano intorno al buco del culo e sicure affondavano stantuffandoti l’interno.
Umiliato e tremante non proferisti parola, non ti lamentasti, rimanendo il più possibile fermo, in attesa che ti liberassero. Anche il tuo inconscio reagì dandoti un certo contegno, una fittizia parvenza serena e con un sorriso sulle labbra ti spinse a salutare. Uno, non l’avevi riconosciuto, prendendoti e sollevandoti, dopo averti slegato e tolto l’indumento, ti portò, … sì, ti portò in bagno per mondarti dei piaceri notturni. Tacevi, taceva, tacevano anche gli altri, che osservavano il tuo professore prendertelo sotto l’acqua calda ed aspirarlo per suggerlo, ciucciarlo, popparlo sino a farti contorcere, urlare, chetare con un sorriso di appagamento sulle labbra.
Piangevi e ridevi. Confusione, disorientamento, imbarazzo, malessere, ma avevi il tuo insegnante.
“Samuele, dobbiamo lavarti l’intestino con un enema per andar meglio successivamente con le altre cure. Mettiti sul lettino, gattoni, con il sedere ben alto e la testa sul piano. Fai il bravo, rilassati. Ti ungerò bene il sederino, stai tranquillo!”
Il sedere del ragazzo, in quella posizione, lasciava perfettamente scoperto il suo piccolo, ambrato forellino. Il medico fece colare una gran goccia di lubrificante proprio nel mezzo, per recuperarla subito con il medio, prima che scorresse verso lo scroto. Iniziò un rapido massaggio attorno all’ano, poi con decisione penetrò l’orifizio con l’indice.
“Ahhhhh!”
“La cannula del clisma è abbastanza grossa. Ti devo lubrificare bene e comunque ho finito!” Poggiò la puntina del clistere sul buchetto, poi con un po’ di pressione e un lento movimento rotatorio iniziò a premere verso l’interno.
“Rilassati un po’!” Sentiva il buchino dilatarsi pian piano, anche se era flessibile ed elastico. La cannula larga più di un pollice avanzava lentamente nell’intestino. Prima era solo fastidio, dopo iniziò a diventare dolore.
I muscoli iniziarono a contrarsi dalle natiche alle dita dei piedi. Il medico si piegò verso il ragazzo per fargli un lento massaggio all’addome, in maniera da distribuire meglio il liquido. Spasmi, ansimi, boccheggi e finalmente la sacca era vuota e lui poteva andare a scaricarsi. Un sospiro di sollievo, un ritorno al sorriso e … lavarsi ancora. Non fece caso alla nudità dei presenti per aver visto in più occasioni i fisici dei compagni e degli educatori dopo il gioco o la palestra. Ora che era pulito e profumato, non arrossiva nel mostrarsi, anzi gli piaceva. Il professore lo aveva lavato, lo avevano visto lordato di feci, ma nessuno lo aveva rimproverato o detto qualcosa, che lo avesse potuto ferire. Tutti e tre avevano dei suggerimenti, delle terapie, dei rimedi necessari per curare le patologie del ragazzo, ma la più strana e bizzarra la propose l’amico, adducendone l’utilità ai fini del dono che il benefattore avrebbe fatto all’istituto. Si era fatto arrivare delle fiale, che avevano lo scopo di ingrossare, di gonfiare, di ingrandire i testicoli, a coloro che sarebbero state prescritte. Non ne sarebbero servite molte, per cui iniziando da subito, si sarebbero potuti vedere i risultati già alla festa.
“Sono Stefano, l’amico del professor Alberto. Di questa medicina ne parlano un gran bene tutti nell’ambiente sanitario. Ho portato queste fiale, queste punture al dottor Fabrizio per curarti dall’incontinenza. Ti saranno iniettate nei testicoli.”
“Professore, … enffffff, … ho paura. No, … no, … non voglio, … non voglioooooooooo!”
“Ascolta, Samuel, con me sei arrivato ad essere uno dei migliori ragazzi del collegio, se non il migliore per risultati scolastici e per condotta. Se ti dico di non temere, … fidati. L’iniezione sarà come toglierti un capello e potrai vederne i risultati già dalla prossima notte, per cui … accetta che il medico … faccia il suo lavoro. Tira via le mani dal pisello, che … non è brutto da vedere, anzi … dovresti esserne orgoglioso. Certo non sarà come quello di un uomo maturo, ma per la tua età … non è male. Non ho voglia di tenerti le mani, no, anzi, sarà meglio che tu le metta su di me, su quello che brami avere e conoscere bene.” Il ragazzino si mise a ridere nel posare le mani sul sesso turgido, levigato, un po’ umido dell’insegnante.
“Annusalo e strisciatelo sul volto, così, eccitandoti lascerai che il medico svolga il suo compito. Sei lì che non sai se piangere o ridere, che non sai se consegnare alle mani del dottor Fabrizio il bene, che piace anche a noi.”
“Onfff, … nnfff-enfff!”
“Hai avvertito dolore? Ti ha fatto male? Ti ha già fatto la seconda! … e adesso ridi. Prima preoccupato, spaventato e ora …”
“Brucia e …”
“Ti sono appena state fatte due iniezioni per curarti dall’incontinenza e tu ti lamenti per un po’ di bruciore? Preferivi ritrovarti domani nello stato in cui ti abbiamo visto? Per fortuna che non c’era il direttore con noi, altrimenti … Beh, non dovresti ringraziare il signor Stefano per il pensiero avuto e anche lo stesso medico per la bravura dimostrata? … e che? Hai pudore, vergogna, imbarazzo perché ci siamo noi che ti osserviamo, ma il nostro comportamento potrebbe essere di ammirazione, di approvazione e di stupore per un ragazzino che gode nel fissare un membro maschile e che vorrebbe dargli piacere. Nell’arte ginnico-artistica sei bravissimo, sei un campione, ma in te c’è una forte componente narcisistica, ossia vuoi che qualcuno ti veda per incassare le loro lodi e i loro apprezzamenti e quest’aspetto, quest’immagine che effondi è un atteggiamento negativo, perché va a ledere la tua innocenza, la tua anima pulita … pudica, il tuo essere scugnizzo. Suvvia ragazzo, avrai il culetto caldo, intriso di sudore e di profumi intestinali, sei lì che brami di stringere i falli del signor Stefano e quello del medico, vai ora, inginocchiati davanti al tuo benefattore e regalagli il momento, simile a quello che hai dato a me o, nella notte scorsa, al dottore.”
La voce del docente detta delle regole, ma tu non riesci a cogliere il loro significato. Ti accarezza i capelli e ti bacia sulla bocca stringendoti forte fra le sue vigorose braccia con un modo così tenero che un brivido si diffonde in tutto il tuo corpo cancellando immediatamente tutti i tuoi dubbi, i tuoi pudori. Lo ringrazi, gli sorridi e, allungando le braccia, ti incolli a lui per un lungo, ardente, spontaneo bacio. Ti brucia ancora, ma lui fissandoti, riesce a ricatturare la tua anima. Incroci il suo sguardo: una morsa ti stringe lo stomaco accrescendoti, mischiandoti l’eccitazione e stimola a deglutire estratti. La sua voce profonda e precisa comanda. Non capisci perché, ma spontaneamente, senza spinte, senza pressioni, senza inviti scendi dal letto e prendi le immagini di carne, calde, già coperte di precum. Come in trance, giochi, coccoli, accarezzi, imbocchi, slingui, lecchi, massaggi, … veneri e implori. Rivoli bianchi-perlacei, sensuali, lascivi ti coprono e ammantano il viso. Godi e consegni al medico bocca e sederino per l’ultima terapia.
È l’amico del professore a fissarti alla nuca una rossa pallina forata, tua ospite fra lingua e palato. Sgrani gli occhi, non riesci a proferir parola o verso, ma solo versi gutturali come di tromba tappata e poi, aiutato, sorretto, inserisci prima un piede, poi l’altro nell’indossare un pantaloncino carta zucchero, molto stretto, con un aggeggio all’interno a forma di membro dello spessore di un pollice, con un pomello per elsa, fissata al cavallo dell’indumento, che, a detta loro, serve per esercitarti a non godere, quando sogni. Si adoperano e s’ingegnano per fartelo calzare, indossare e quella supposta lunga, lucida, straunta d’olio, apre, schiude a fatica la prima corolla del tuo recondito fiore increspato. Ti manca il fiato, forse lo trattieni, ti senti ... Sei in piedi fra loro con il tuo sesso vivo, compresso, incollato all’addome. Ti mostrano allo specchio la sporgenza e tirano il bordo dello slip verso l’alto. Sgrani gli occhi, … ohh-nfff. Loro si siedono. Stefano afferratoti per la chioma ti fa sedere di brutto su un suo ginocchio. “Ahhhhh- nfffffff!”. L’ impugnatura ha fatto male anche a lui. Ti solleva, controlla e sfila. Respiri e poi riposiziona il tuo culetto più vicino al suo inguine per iniziare il gioco della cavallina. L’oblunga ogiva rientra per fuoriuscire per essere stata mal collocata, mal sistemata o mal messa, o forse ... Guidato da lui, balli e salti facendo sdrucciolare, sgusciare l’impugnatura da una parte all’altra della gamba per ricevere oblique strusciate, colpi o scossoni trasversi all’intestino. Ti incoraggiano, ti spronano, ti sostengono e applaudono il gioco sino a ritrovarti, per sopraggiunta stanchezza, prono sulle ginocchia del medico, al quale piace il suono delle natiche picchiate, percosse. Ricevi la sculacciata su un gluteo e quello si ferma per osservare l’incipiente biancore che si trasforma in rossore, poi percuote l’altra rifacendo il rito. Tu ti lamenti, sorpreso dalla piega della seduta, ma non fai in tempo a uggiolare, a bofonchiare un vocalizzo che subito arriva violenta, feroce, forte la manata sul pomello. Trasalisci, hai la sensazione che l’intestino sia andato in gola, sbavi. I colpi si susseguono senza tregua. Lacrimi, spandi salive collose. Il tuo sedere è rosso porpora. L’intestino riceve urti, botte continue, però ha appreso tra due sculaccioni e i successivi a spingere fuori l’intruso per sentirlo rientrare veloce, tutto, alla battuta. Ansimi, boccheggi, langui distrutto, annullato, prostrato. Ti lasci scivolare inerte, asservito, fiaccato dalle ginocchia ai loro piedi. Non ti accorgi, per la spossatezza che ti domina, che qualcuno con difficoltà ti toglie il pantaloncino e, afferratoti, ti solleva per avvicinare il tuo membro alle sue labbra. Lo aiutano anche gli altri due, sorreggendoti; e quello, dopo averli ringraziati con una mano, prende a manovrare la punta. Il tuo addome sobbalza, trema, ondeggia, si alza e si abbassa, mentre lui sugge, aspira, ciuccia, come un vitello sui capezzoli della madre. Tremi, ti contrai, ti divincoli e ritorni a cadere smunto, sfinito, esaurito per i contraccolpi alle viscere. Almeno costui ti riprende per stringerti a lui e per offrirti, dopo averti tolto la pallina, il sapore del tuo stesso sperma. Ti bacia e ti accarezza dolcemente con la mano libera i glutei e la schiena. Ti parlano, si felicitano, gioiscono per la trasformazione che stai facendo. Non ascolti e non senti. Ti rimuovono anche la sporgenza con gli shorts, avvisandoti che dovrai inserirla in palestra ogni dopo cena, assieme all’indumento.
“Sei riuscito a contenerti, eh!” Il professor Alberto, schiacciandogli amabilmente il naso e fissandolo negli occhi, si rallegrava e si compiaceva del suo discepolo.
“Eh sì, Professore!” e ridendo maliziosamente si fece sentire.
“Oh, p…, c…! Che mi hai fatto?” Dobbiamo ancora desinare … e lasciò scorrere, unendo anche la sua. Gli altri, infischiandosene di trovarsi in un ambiente sanitario, unirono le loro, aspergendolo anche sul volto, nonostante lo sottraesse alla vista, per averlo posato sul torace dell’insegnante.

scritto il
2024-12-30
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