Samuel dall'Istituto a ... Cap.: X Primo giorno in fattoria D Water

di
genere
sadomaso

D – Water

“Non si mangia oggi, mamma!”
“Sì, ma prima fissiamolo alla posta.” … e fattasi avanti, messa una gorgiera al novizio, lo forzò con ferri a posizionarsi carponi concedendogli un limitato movimento della testa e con un distanziatore a tenere le gambe aperte per meglio esporre il grinzoso rosato fiore. “Quando non sarai impegnato in esercizi e nello studio della professione, a cui sarai avviato e finché non avrai appreso a come muovere e adoperare bocca e culo, questo luogo sarà il tuo posto per le ore di riposo che avrai. Come bestia di servizio avrai una colazione e una cena e non avrai diritto a darti piacere, poiché il tuo fisico non ti appartiene; inoltre, le tue funzioni evacuative le spanderai nello stallo, a cui sei legato, se non richiesto altrimenti e devono uscire e scorrere libere, come fanno tutti gli animali.” Gli misero per lettiera uno strame ammuffito, sciupato, ma buono per non deturpare, graffiare, rigare la sua pelle, lasciandolo dopo che i due maschietti lo avevano irrorato con caldi vaporosi getti.
Dall’infermeria era passato ad essere al giogo in una stalla; dall’incontinenza emotiva ad avere lo sfintere anale come bersaglio di getti urinari di giovani della sua stessa età; dal letto con lenzuola pulite allo strame sul selciato odorante di stallatico; dalla posizione sul dorso, anche se legato, a quella prona o accovacciata con i glutei in alto; dal guardare avanti o verso altre direzioni all’obbligo per la gorgiera e per i ferri a star con il viso sul pavimento odorante di trina; dalla colazione con latte e biscotti e un po’ di sperma, di cui è golosissimo, al suggere un capezzolo di vacca e ad aspirare un pastone di mangime, farine e piscio con dita che gli impedivano di deglutire; dalle carezze sensuali al volto e al sedere agli schiaffi e alle manate sulle natiche aperte; da …, ma non era ancora al termine della giornata. Stanco, stremato, spossato si lasciò prendere dal sonno e condurre verso bagni saponati alla volta di sapori amati e di languidi, lascivi, lussuriosi massaggi. Dormiva, sognava senza pensare a quello che stava facendo e a cui era assoggettato e asservito. Era stanco e notevolmente provato, tanto che non si rese conto di avere dentro di sé il giocatolo regalatogli dal suo professore.
“Bentornato tra i presenti! Io e mia figlia ti seguiremo negli esercizi atti a far vibrare, fremere o sopire i muscoli della tua apertura sfinterica. Sappiamo che sei molto bravo in palestra, anzi … tanto che non hai avuto difficoltà ad apprendere a muoverti sugli attrezzi a suon di musica. Come le tue mani, i tuoi piedi s’impossessano dello strumento con estrema facilità per trasmettere emozioni che altrimenti non sarebbe possibile, anche il tuo retto deve apprendere a ghermire, a stringere e strizzare scrollando, tirando, oscillando, tremando, fremendo e sussultando per accendere, eccitare, scaldare ed incendiare per farti donare dentro o su di te quelle essenze, facili da prendere se sai fare. Ora, dopo che ti avrò tolto il collare e i ferri, ti laverai in modo che con la ginnastica, che inizierai tra poco, tu non abbia rossori o irritazioni capaci di farti ritardare l’apprendimento. Veloce e bene!” … e mentre Samuel si lavava, la Signora lo indottrinò sulle regole della casa e della scuola, avvisandolo ancora che, il non rispettare le direttive, sarebbe stato motivo di punizioni. Mentre si nettava, s’accorse che non aveva i boxer, ma solo dei leganti in vita con altri attorno alle cosce, a cui era allacciato il ninnolo. Non fece domande, dovendo per regolamento accettare tutto con estrema docilità, mansuetudine e gratitudine.
“Segui mia figlia e i suoi comandi, senza tentennare o obiettare. Come eri bravo ad apprendere e a fare, nella palestra dell’istituto, così deve essere anche in questa passatoia, in cui siamo. Essa sarà la tua nuova sala da ginnastica per diventare quello che il destino o la fortuna ha riservato per te. È facile trovare femmine vogliose, desiderose di essere puttane, ma capaci di diventare una geisha o una entraineuse anche di piacere sono rare; così lo è per i maschi. Un ragazzo come te, docile, sottomesso, mite, dolce e propenso ad eccitare e ad appagare, è rarissimo; per cui il tuo addestramento non avrà pausa, passando anche per soprusi e violenze, pur di farti raggiungere l’obbiettivo in fretta. Tutto quello che ti verrà richiesto può sembrarti strano, bizzarro, misterioso e quanto mai umiliante, ma nella professione, a cui sei indirizzato e che hai scelto, nulla è degradante o indegno di essere fatto, anzi per te sarà un punto d’onore il saperlo fare. Ti esalterai, ecciterai, elogerai e onorerai con premure e mille attenzioni colui che saprà farti fare quello che ora neanche immagini. La musica che ascolterai sarà il rigo musicale per far oscillare, fluttuare, rollare, ninnare, uscire e rientrare quel ciondolo che ti ritrovi in culo. Avvicinati e girati, che voglio vedere come si muove o si sposta. Allarga le gambe e fletti il busto. Tu, Rosy, osserva ed impara.” La mano della signora si muoveva dalle natiche allo scroto, passando per il perineo per stuzzicare, turbare, eccitare.
“Annnffffffffff, … hnfffffffff, … ohhhhhhhhhhhh!” Si inarcava il ragazzo al passaggio delle mani curiose, viscide, ingrassate di fior di crema. Apriva le gambe spingendosi contro di lei per cercare sollievo agli stimoli sempre più decisi e accentuati.
“Calma troietta, calma! Guai a te se sborri. Devo vedere e conoscere.” … e mentre gli parlava tenendogli con la sinistra il toy per sentirne il fissaggio, avvicinatoselo con il destro, gli morse di brutto il sedere, provocandogli urli, contrazioni, irrigidimenti. “Stai ferma cagna! Unisci le gambe! … sì, esce.” Dava ordini osservando il balocco entrare ed uscire, inclinarsi a destra o sinistra in base ai movimenti che la signora gli chiedeva o gli imponeva. “Alza e fletti la sinistra!”
“Ohhhhhhhh!”
“Ti colpisce bene … L’interno delle tue viscere viene colpito ripetutamente dalla piccola ogiva e tu stringi ed aspiri. Agiti … ohh sìììììììììì, finalmente dimeni e scuoti. Lo fai dondolare sconquassandolo e risucchiandolo. Stai correndo ragazzo nell’apprendimento! Ora con la musica voglio vedere questo tuo culo scuotersi, agitarsi, dimenarsi come quello di un’anatra che chiede il succhiello o che ringrazia.” … e affibbiatogli un benevolo sculaccione lo consegnò alla figlia per l’addestramento. Non era difficile per Samuel comprendere i tempi, le pause, gli allunghi tranquilli, le prosecuzioni convulse, le oscillazioni elettrizzate e mostrare il pendolo quasi tutto all'interno o fuori. Negli allungamenti sporgeva quasi interamente per rientrare nelle spaccate o dondolare e oscillare nelle vibrazioni musicali o bloccarsi vibrando negli stridori prolungati. Filamenti lattei-trasparenti componevano una minuscola oleosa ragnatela sulla sua pelle vellutata.
“Sei un allievo eccezionale, un tenero, dolce virgulto desideroso di addentrarsi e di debuttare nella professione della prostituzione. Hai iniziato bene il percorso di formazione, ma …” e mentre si complimentava per le sue capacità di apprendimento, gli sfilò piano piano l’oggetto dello stretching rettale.
“Mamma, perché non vuoi che riposi su un letto? È tanto bello quanto bravo, penso …”
“Nella professione che andrà ad esercitare c’è solo la dignità del piacere, che uno raggiunge annullandosi completamente, assoggettandosi, soggiacendo anche a richieste bizzarre, strane, insolite. Finché non sarà stato modificato dall’addestramento, lo stallo che ha conosciuto sarà il suo giaciglio, il suo tavolo da pranzo, la sua scrivania, il suo water. Tu, ragazzina, che da pochissimo hai varcato la soglia della conoscenza, non puoi comprendere ancora i motivi del suo asservimento, del suo annullamento, dello spogliarlo di qualsiasi dignità; ma ora lui, stanco del lavoro a cui è stato assoggettato, si riposerà soggiacendo all’epilazione. Vienimi vicino Samuel. Ti pulirò di tutti i peli che ti fanno ragazzo. La tua pelle deve essere liscia, sensuale, seducente, profumata di latte come la sua. Sei avvolto in una coperta maschile, ma il tuo cuore, la tua anima sono di una giovinetta impaziente di prendere possesso del suo fisico. Ti sembrerà strano il vederti il pisellino brullo, le cosce spoglie dei peletti dorati, l’ombelico sguarnito delle trasparenze filiformi, ma quando, per renderti conto della tua nuova immagine, ti tasterai, ti toccherai e sfiorerai, brividi repentini, emozioni fulminee ti prenderanno per condurti a flettere, a piegare le ginocchia in preda a languori nuovi. Ti accetterai e sarai orgoglioso del tuo nuovo abito. Con un po’ di crema ti sfoglierò, ti sfronderò e ti monderò di tutta la peluria e dei velli del pube. Guardati: non ti ho tolto un po’ di giorni? Eri già uno sbarbatello, ora … che ti sembra? Non ho fatto un capolavoro? Vieni piccolo a guardarti allo specchio: davanti, di profilo, dietro. Piegati e mostraci l’ano! Sorridi, … oh, attendi che ti sfiori. Salti e trasalisci. È bello essere giovani: ogni nostro movimento conduce a nuove scoperte, a porte che si aprono per meravigliarci, stupirci e prenderci. Vai avanti ragazzo verso il piacere carnale, impudico, nonostante le bizzarrie a cui sarai sottomesso.”
“Olà … a che punto siamo? Noi siamo ritornati e siamo pronti per rigovernare la stalla e poi … abbiamo fame e sete. Mamma, Rosetta … dove siete?”
“Mamma, sono tornati!”
“Ho sentito. Cara, trattienili un po’, finché non gli avrò fatto calzare delle scarpe che lo faranno più femmina. Samu indossa queste: avranno un po’ di tacco, ma servono per alzarti ed evidenziare maggiormente il mandolino. Hei … voi non siete curiosi; non vi preme rivedere il vostro allievo?”
“Ohhhhhhhhhhhhh!” Quei sorpresi, incuriositi, attratti, interessati, fissarono meravigliati, estasiati la persona che la signora Licia presentava.
“Ho da pochissimo terminato. Ecco come sarà per quel giorno. Gli ho messo anche un po’ di creme nutrienti e delle delicate polveri dorate per evidenziare punti nevralgici e poi … Esaminatelo: pizzicate e sondate. Parlate apertamente di come lo avete ritrovato dopo una sola giornata di esercizi, … e tu, con le mani dietro la testa non obbiettare, non fare resistenza, non contestare.” Era facile da dirsi: percepire delle mani che percorrevano, girovagavano, esploravano o sostavano o indugiavano nel toccare, nello sfiorare o nel pressare e stringere, nel tirare o pizzicottare tue parti anatomiche per vederne la reazione … non era facile da sostenere senza urlare ed imprecare. Non si sa da chi, però con un dito che frugava nel fondino e una mano che tastava la sfericità, la levigatezza, l’eccellenza del porta uova senza velli con quel gambo gocciolante, eretto, ferreo, pruinoso, una innocente stretta, involontaria, ai testicoli per ascoltarne i suoni della spremitura, oltre a fargli male e impallidirlo per l’atrocità del dolore, lo fece piegare, strillare ed inveire. Il momento non passò inosservato. Raggomitolato sull’acciottolato della stalla singhiozzava tenendosi con entrambe le mani il sesso.
“Perché?”
“Taci piccola! Può succedere e poi per una stretta più forte del solito non è mai morto nessuno. Dovrai nella tua professione tenerne conto. Su, alzati ragazzo! È ora di cena e la mucca sta attendendo la tua bocca. Questa sera i capezzoli sono tutti per te, dato che la tua dieta serale è di solo latte. Dino ed Alfeo hanno già disposto e preparato la per la tua mungitura. I ragazzi ti aiuteranno.”
“No, l’aiuto io! Gli avete fatto male, voi! Mamy?” e sistemata la lettiera come sapeva, preso per mano l’amico, fattolo semi sdraiare sui gomiti, lo invitò ad imboccarsi un capezzolo della bestia, dopo averglielo pulito e preparato. Gli teneva con la destra una mano, mentre quello suggeva, assorbiva e si alimentava, mentre l’altra lo strofinava dove aveva provato il dolore. Ogni tanto dal luogo del massaggio scendeva verso il perineo regalandogli sussulti e tremiti, comunque sufficienti a fargli picchiare la fronte sulla mammella della vacca per farle aprire le ghiandole mammarie. Non lo portò all’estasi, ma lo tenne sempre umido e piacevolmente eccitato. Le piaceva anche a lei quello scroto implume, pruinoso, sericeo, da cui svettava uno stelo spugnoso, slanciato, pieno con una piccola prugna violacea, da cui fluivano in continuazione trasparenze viscose. Samuele munse e deglutì finché l’appetito glielo permise e poi, sorridendo, staccatosi dal ciondolo che l’aveva sfamato, sorrise alla persona che l’aveva difeso e aiutato per la spremitura. I dolori gli erano cessati. Su invito del capo famiglia assistette in silenzio al riordino dell’ambiente, alla pastura e alla raccolta del latte. Prese le pasticche e …
“Nooooo! Le punture no!” Al vedere le siringhe in mano alla signora iniziò ad agitarsi, a dimenarsi, spaventandosi. Protestò ed insorse opponendosi vivamente, ma alla fine, trattenuto da Dino ed Alfeo, prese le iniezioni.
“Alfeo, preparami la mousse.” … e afferrato il giovane, dopo avergli fatto indossare la gorgiera, lo mise alla stanga della mangiatoia. Accovacciato, con le ginocchia distanziate e busto flesso verso il basso, mostrava il tondino increspato, vivace, emanante leggeri sfavillii. “Quanta fame ragazzo, ma ora te la farò passare. Oggi ti sei in più riprese ribellato ai doveri, alla sottomissione, all’asservimento. Hai voluto fuggire alla riverenza, all’accettazione del proseguo del master, ora … era già nel programma, ti metteremo dentro quello che hai raccolto da Giovanni questa mattina senza compassione, senza indulgenza. Desideravi essere un cesso, una latrina? Ecco ora ti tratteremo da teca, da contenitore di escrementi, da vespasiano e poi … non so, probabilmente quello che meriti te lo elargirà Giovanni, poiché non vali di essere messo sul mercato.” … e preso il thermos dal figlio Alfeo, mostrò al ragazzo quello che, con una siringa da clisteri, gli avrebbe fatto entrare nel colon. “È tutta tua! Annusala! È tanta, cremosa, alla giusta temperatura. Non avrai spasmi per il freddo, ma vedremo la tua pancia gonfiarsi, dilatarsi, crescere.” Piangeva, subiva, tollerava, soggiaceva, già arreso, piegato, sottomesso al sopruso, all’angheria e alla vessazione della padrona. Lacrime gli rigavano il volto e fluivano sempre più copiose man mano che il thermos veniva svuotato. Dal letto della camerata a quello dell’infermeria e ora nello stallo con strame per pagliericcio. Dal piacere di avere delle mani che gli facevano scoprire il fisico a quello delle stesse mani che perlustravano, esploravano, frugavano il suo corpo non per fargli avere godimento, ma per annullarlo, distruggerlo, spogliandolo della dignità di persona o meglio di bestia, vietandogli persino il precum. … e per non fargli mancare nulla, gli versarono il resto sul volto, forzato e costretto a ricevere. Era considerato meno di un animale, almeno quelli, se succede, si spostano e, scrollandosi, hanno la possibilità di ripararsi, ma lui dopo quella infarcitura era stato sistemato in modo che non potesse sfuggire ad ulteriori oltraggi. Scaricava, si liberava degli intrugli, mentre Dino ed Alfeo, burlandolo, gli ispezionavano lo sfintere con una verga per vederne come si dischiudeva, stimolandolo a fare schizzi e trombette e ridevano dei suoi nuovi, brunastri, caldi, morbidi mutandoni in continua modificazione e sempre più deformabili verso il basso. Da ultimo, senza sciupargli l’indumento, su invito pressante della madre, gli urinarono sopra. Da modello eburneo, implume, adrianeo, concupiscente, a cesso, water, … a cacatoio. Stremato, provato, sfinito si abbandonò al sonno ristoratore.
scritto il
2025-01-21
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