Samuel dall'istituto a ... Cap.: X Primo giorno in fattoria: A - Ripresa della formazione
di
Andrea10F09
genere
bondage
Cap X
Primo giorno in fattoria. Questo capitolo l’ho diviso in quattro parti.
A - Ripresa della formazione
“Ma come … non hai ancora sfilato le mutande? Ehi, ragazzino, io parlo poco, ma per farmi comprendere uso metodi molto pratici.” … e, appressatasi a Samuele, afferratolo in vita con un braccio, con l’altro gliele strappò lacerandogliele. … e ora vediamo come reagisce e come si comporta. Rosetta, vammi a prendere la mia sedia per mungere. Veloce! È inutile che tu nasconda le tracce della masturbazione, perché ti piace essere impiastricciato di crema maschile -e ruotatolo, tenendolo fermo e bloccato con le braccia trattenute sul dorso, fece notare ai presenti le macchie di sperma sui biondi ricci, non ancora asciugate. – e che puzza di piscio ha la tua bocca! È meglio lavarla, sciacquarla, ripulirla un po’. – e ghermitolo per i capelli, obbligatolo ad inginocchiarsi, allacciatasi, per un bordo, alla cinta, la sudicia, lacera gonna, con una mano diresse e pressò il volto del ragazzetto sulla sua vulva, tenuta aperta dall’altra.
“Puliscila, leccala, usa quella sporca, inesperta, vergine lingua sulla mia sorca, … e tu, Giovanni, mio depravato, lascivo compagno di lussuriosi, osceni bagordi, torcigli un braccio per costringerlo a stare dove lo voglio e infilagli un dito ruvido, calloso nell’inesplorato, inviolato culo per conoscere come aspira e respinge, se risucchia e ricaccia, se è caldo e palpitante, vivo, esuberante, focoso.
“Che schifo, che sudiciume, che …”
“Taci sgualdrina, spazzola e lava con quella tua inoperosa ed incapace, umida brusca. Apri quella bocca, … che voglio sentire il suo calore e il tuo fiato, porco! Spalanca quella griglia … Oh, così va bene! Finalmente mi posso svuotare! Bevi troia, puttana, vacca apprendista!”
“Glug, … sglugsc, … ch … glug” … e il ragazzetto doveva ingerire, anche per le continue spinte, riflettentesi sulla bernarda della donnona, che riceveva dal dito, che lo seviziava.
“Caro, com’è quel buco?”
È stretto, ma bisogna educarlo. Vibra e trasalisce, ma non continuo, spontaneo e istintivo; è discontinuo ed esitante. Tu piscia, che almeno il culo impara a stringere e a fasciare.” … e i liquidi dorati che non scendevano per l’esofago, scorrevano zigzagando sul fisico implume, bagnandolo sino alle ginocchia, formando attorno ad esse una pozzanghera schiumosa. Tossiva, espettorava se poteva, piagnucolava, farfugliava, mentre dall’orifizio seviziato uscivano a scrosci sfiati, suoni, liquidi ambrati.
“Ho un’idea, mio caro e vedrai che questo moccioso farà in fretta ad apprendere a fare quello, per cui è stato portato qui. Sapeva di urina prima e ora ne è pregno in tutto il corpo, ma non ho terminato: deve comprendere che ogni nostro ghiribizzo, non detto, è un ordine, che il suo fisico deve assecondare ogni nostro desiderio, ogni nostra richiesta. Prima l’ho trattato da orinatoio, da cesso, ora lo manipolerò da strapunto di paglia, a cui si deve dar aria. Alzati sgualdrina e vieni sulle mie ginocchia, a pancia sotto! Voglio rendermi conto personalmente di come lavora il tuo buco, dopo che l’avrò scaldato e ad ogni botta dovrai dire: grazie signora padrona Licia. Capito?” e lo scosse con violenza per capelli per farsi comprendere e per avere una risposta affermativa, mentre lo fissava negli occhi imbestialita nera. “Sgualdrina, hai afferrato e inteso cosa ho richiesto?” e ancora strattoni, finché ...
“Sì, signora … ogh, grazie signora padrona Licia!”
“Oh, vedo che principiamo a capire, a comprendere dove sta il commando. Mi auguro che tu abbia compreso, altrimenti il tuo soggiorno, in questa fattoria, diventerà duro, molto amaro e terribilmente … doloroso. Ora lasciami controllare come il tuo orifizio agisce e voi, che ci fissate, apprendete come si deve fare con un novizio, con un chierichetto che si vuole rendere mansueto, che si vuole educare per il servizio clericale al cazzo.” … e, sputatasi sulle dita della destra, untolo di saliva, lo penetrò di brutto, senza preliminari o preamboli.
“Oh, che male! Ohhhhh, …”
“Zitta cagna!” … e un duro, brutale, atroce sculaccione si abbatté sulle natiche di Samuel, togliendogli il respiro e i lamenti. Sorpreso, sconvolto, scioccato, senza fiatare e senza rendersi conto ricevette una seconda manata.
“Hai scordato i doveri, per cui ai colpi che dovevi ricevere ne aggiungiamo dieci ai testicoli con la stecca. Scosta le cosce e mostrami il roseo bugio.” Non aveva modo di opporsi o di recriminare. Riceveva, soffriva, ma ringraziava sempre la signora Licia della pazienza che aveva nei suoi confronti. Frignava, gemeva, sgocciolava salive, pisciava a colpi, mentre dal culo colavano bave, schiume e …
“Hiiiiiiiiiiiiiii, … ihhhhhh”
“Smetti di piangere ragazzina! Sei stata sculacciata e bacchettata per l’esitazione a fare quello che ti era stato chiesto. Sei giunta in questo luogo per imparare a fare certi lavori: non abbiamo tutto il tempo che tu vuoi e pensi che noi abbiamo, per cui le punizioni sono una costante del tirocinio per velocizzare l’apprendimento. Nello svolgimento della correzione il numero delle botte può aumentare in opera, se non stai ferma, se cerchi di difenderti o di proteggere i genitali, se eiaculi nel ricevere le percosse. Deve esserti naturale ringraziare e fare quello che ti sarà insegnato. Oggi sei stata sculacciata stando sulle mie ginocchia, ma alla prossima sarai appesa al gancio delle scudisciate e delle vergate. Hai fatto di tutto per metterti in mostra, per farti conoscere. Ti pavoneggiavi, ti compiacevi sugli attrezzi della palestra e ora, perché scelta e valutata, ti lamenti per l’addestramento, a cui sei stata instradata e inviata, anche se quello che andrai a professare è considerato immorale, osceno, da puttana. Allora, farai tutto quello che ti verrà richiesto, ti assoggetterai agli obblighi, a cui hai chiesto di essere asservita?” e una nuova brutale, rabbiosa spinta del dito nel culo lo condusse a rinnovare l’accettazione fatta al professore, ma allora l’aveva recepita con spensieratezza ed esultanza.
“Mamma!”
“Dimmi Rosetta!”
“Perché lo chiami al femminile? Va beh, ma … Ok, se lo osservo da dietro, mi sembra di scorgere una femmina senza peli, … come me, ma …”
“Lo chiamo femminuccia, ragazzina, perché ha un sederino come il tuo: bianco, roseo, implume, da pesca matura e odorante di sessualità femminile e poi a lui piace essere considerato, chiamato , perché dentro si sente femmina.”
“Mamma, insegnerai anche al mio sellino a muoversi, a vibrare come stai facendo con lui?”
“Sì, visto che sei tu che lo vuoi, ma prima devi discernere e comprendere che cosa significa; per cui è meglio che tu prova ad inserire un indice in quelli dei tuoi fratelli e poi in questo di Samuel per valutarne differenze e umidori. Concordi?”
“Sìììì, … evviva! Mi sento tutta umida. Mamma?”
“Che figlia puttana! Ottima idea mia cara per conoscere e sperimentare. Dino, Alfeo, avvicinatevi e mostrate a questa femminuccia che cos’è e come può essere una mazza. Giovanni, maiale, porco, vieni e fai da arbitro in questo depravato, libidinoso confronto. Tutti nudi, anche lei, dottore! Samuel deve comparare il suo ai vostri e vi proverà per conoscere quanta sborra riuscirete a dargli come aperitivo alla sua colazione. Contempla, ragazzino, le proboscidi dei miei figli, tuoi coetanei: non c’è paragone. Hanno delle bestie al posto del pene e delle natiche che sembrano degli schiaccianoci. Se uno rimane là, imprigionato, glielo strizzano e prosciugano come in una centrifuga. Rosetta, avanti e fai quello che hai chiesto: infila l’indice nel bucio del nostro novizio. Stai attenta a come entra e a come viene attirato e poi respinto, a come quel muscolo si muove, vibra, sussulta o se sta immobile in attesa dei tuoi moti. Samuel stai ritto con le gambe leggermente distanziate, dato che la postura richiestati è la migliore per emozionare il colon, per sentirlo invitare. Il sedere arrossato e ancora dolente dovrebbe facilitare ulteriormente i movimenti peristaltici e di segmentazione dell’ultimo tratto intestinale.”
“Rosetta dammi la destra: con l’indice spingi sino a farlo slittare nell’interno anale di questa troietta. -e il Giovanni obbligò il giovane a chinarsi e ad aprirsi di più per fare vedere alla ragazzina l’anello sfinterico e come questo riceveva e si fletteva all’intrusione. – Visto cara come questa puttanella riceve e accoglie il tuo dito? Prova a ruotarlo e a rigirarlo, spingendolo più a fondo. Fallo uscire e rientrare per fartelo riprendere ed aspirare. Senti come le sue membrane interne scaldano, fasciano, si abbassano e si sollevano, come si dilatano per ricevere e si restringono come a volertelo mungere, come si inumidisce e si lubrifica per il tuo lavoro anale. Che ti sembra, mia cara?”
“Ha un bellissimo sederino implume con splendide mezzelune sotto i glutei, delicato, pruinoso, arrapante, dolce, con l’interno velato rosa, caldo e sorridente. È molto femminile. Quando ho spinto, ho avvertito il suo risucchio e le sue mucose prendermi il dito, avvolgerlo e coccolarlo come fossero tante lingue, regalandomi solletico alle giunture. Io lo ritiravo e quelle stringevano, trattenendolo e poi si allontanavano per scaldarlo con una reazione di calore. Mi sembrò che gli piacesse e facesse di tutto per prolungare l’inserimento e il mio bivacco nelle sue viscere. Adesso sentirò anche quelli dei miei fratelli: sono entrambi molto pelosi, castani-scuri, accigliati, severi e asciutti, con due chiappe granitiche. Devo ungermi il dito e imburrarli per penetrarli. Sono stretti e mi causano difficoltà di movimento. Aspirano quello che entra, come fanno i culi con le supposte: stringono, avvinghiano e serrano per impedire e rendere difficoltosa la penetrazione. Hanno onde peristaltiche decise, di espulsione, entrambi però danno piacere ed eccitazione. Questi profumano di maschio, mentre quello di Samuel sa di femmina. Dei tre, preferisco quello di Samuel, perché mi piacerebbe che il mio si comportasse come il suo. Mamma, ammira come il serpente di Dino mi unge e mi accarezza il volto, mentre spingo e manovro il dito. Sta dipingendo una ragnatela di scintillanti trasparenze. Mi vuole per darmi la sua crema lattiginosa e anch’io la voglio per esserne tremendamente ghiotta.”
“Tuo padre afferma ogniqualvolta ne parliamo che tu sei una piccola adolescente Licia: sei porca, ma bellissima; sei una puttana impudica, sensuale, concupiscente. Puoi divertirti con Dino ed Alfeo, ma la loro panna deve essere per il nostro valletto; quindi, dai pure loro piacere, ma falli sborrare nella bocca e sul viso della nostra educanda.”
La giovane vestale già avvezza a certi riti con accortezza dispose i fratelli e il chierichetto, in modo che lei e l’accolito potessero giocare e stimolare con le destre le terminazioni nervose anali dei due giovani, mentre con le sinistre ne reggevano i membri per suggerli e popparli.
Poco prima era stato punito per il disagio che provava dinanzi ad una donna corpulenta, unta e odorante di stallatico, che lo usò come latrina e sgrassatore della vagina con l’organo del gusto e poi fruito come esemplare e zimbello, sui cui studiare reazioni o provocarle, fare addestramento e training, ignorandone e disinteressandosi della degradazione e dell’umiliazione a cui veniva sottomesso e asservito. Aveva accettato e subito per paura di botte e per l’eccitazione costante che viveva. Probabilmente quelle pastiglie che prendeva oltre a stimolarlo gli velavano anche la mente. … e ora, quella stessa piccola, che aveva testato e controllato il suo orifizio evacuatore, lo incitava ridendo a smanettare, a massaggiare, a frizionare, a stimolare anche con l’uso delle labbra e della lingua le due floride, dure verghe sino a farle capitolare e piegare dopo averne estratto il contenuto dalle loro grosse radici. Nel ricevere in bocca e sul volto quelle opalescenze dense e viscose, che le mani della piccola ragazzina gli stendevano su tutto il volto, come maschera di bellezza, lo fece sentire cagna sin nel più profondo di sé stesso, tanto che dal suo ano fuoriuscivano scie trasparenti; facendolo riconciliare così con il suo sentirsi femmina e cocotte.
Oh, sììì, anche dopo essere stato umiliato, mortificato, punito, ora tranquillizzato, sereno, pago, muto godeva dei liquidi che gli nutrivano la pelle, gioiva dei profumi che gli riempivano le narici, si compiaceva dall’intenso sapor di muschio che stazionava nel suo palato, si beava del lento scivolare di morbide creme dal suo cavo cieco, e piacere era, anche, lo spostamento silenzioso della tenia che gli ghermiva le contorte viscere. Aveva fame, sete e … Fissava quei vessilli a mezz’asta, prostrati, avvizziti, che per lui erano aromi, allucinogeni, hashish, attrazione irresistibile, condimenti speciali, stupefacenti strabilianti del suo piacere, dello stimolo infinito, e poi … del dolce languore. Pago, felice, si gustava con le dita l’incanto del dono, respirandone allo stesso tempo il profumo.
Primo giorno in fattoria. Questo capitolo l’ho diviso in quattro parti.
A - Ripresa della formazione
“Ma come … non hai ancora sfilato le mutande? Ehi, ragazzino, io parlo poco, ma per farmi comprendere uso metodi molto pratici.” … e, appressatasi a Samuele, afferratolo in vita con un braccio, con l’altro gliele strappò lacerandogliele. … e ora vediamo come reagisce e come si comporta. Rosetta, vammi a prendere la mia sedia per mungere. Veloce! È inutile che tu nasconda le tracce della masturbazione, perché ti piace essere impiastricciato di crema maschile -e ruotatolo, tenendolo fermo e bloccato con le braccia trattenute sul dorso, fece notare ai presenti le macchie di sperma sui biondi ricci, non ancora asciugate. – e che puzza di piscio ha la tua bocca! È meglio lavarla, sciacquarla, ripulirla un po’. – e ghermitolo per i capelli, obbligatolo ad inginocchiarsi, allacciatasi, per un bordo, alla cinta, la sudicia, lacera gonna, con una mano diresse e pressò il volto del ragazzetto sulla sua vulva, tenuta aperta dall’altra.
“Puliscila, leccala, usa quella sporca, inesperta, vergine lingua sulla mia sorca, … e tu, Giovanni, mio depravato, lascivo compagno di lussuriosi, osceni bagordi, torcigli un braccio per costringerlo a stare dove lo voglio e infilagli un dito ruvido, calloso nell’inesplorato, inviolato culo per conoscere come aspira e respinge, se risucchia e ricaccia, se è caldo e palpitante, vivo, esuberante, focoso.
“Che schifo, che sudiciume, che …”
“Taci sgualdrina, spazzola e lava con quella tua inoperosa ed incapace, umida brusca. Apri quella bocca, … che voglio sentire il suo calore e il tuo fiato, porco! Spalanca quella griglia … Oh, così va bene! Finalmente mi posso svuotare! Bevi troia, puttana, vacca apprendista!”
“Glug, … sglugsc, … ch … glug” … e il ragazzetto doveva ingerire, anche per le continue spinte, riflettentesi sulla bernarda della donnona, che riceveva dal dito, che lo seviziava.
“Caro, com’è quel buco?”
È stretto, ma bisogna educarlo. Vibra e trasalisce, ma non continuo, spontaneo e istintivo; è discontinuo ed esitante. Tu piscia, che almeno il culo impara a stringere e a fasciare.” … e i liquidi dorati che non scendevano per l’esofago, scorrevano zigzagando sul fisico implume, bagnandolo sino alle ginocchia, formando attorno ad esse una pozzanghera schiumosa. Tossiva, espettorava se poteva, piagnucolava, farfugliava, mentre dall’orifizio seviziato uscivano a scrosci sfiati, suoni, liquidi ambrati.
“Ho un’idea, mio caro e vedrai che questo moccioso farà in fretta ad apprendere a fare quello, per cui è stato portato qui. Sapeva di urina prima e ora ne è pregno in tutto il corpo, ma non ho terminato: deve comprendere che ogni nostro ghiribizzo, non detto, è un ordine, che il suo fisico deve assecondare ogni nostro desiderio, ogni nostra richiesta. Prima l’ho trattato da orinatoio, da cesso, ora lo manipolerò da strapunto di paglia, a cui si deve dar aria. Alzati sgualdrina e vieni sulle mie ginocchia, a pancia sotto! Voglio rendermi conto personalmente di come lavora il tuo buco, dopo che l’avrò scaldato e ad ogni botta dovrai dire: grazie signora padrona Licia. Capito?” e lo scosse con violenza per capelli per farsi comprendere e per avere una risposta affermativa, mentre lo fissava negli occhi imbestialita nera. “Sgualdrina, hai afferrato e inteso cosa ho richiesto?” e ancora strattoni, finché ...
“Sì, signora … ogh, grazie signora padrona Licia!”
“Oh, vedo che principiamo a capire, a comprendere dove sta il commando. Mi auguro che tu abbia compreso, altrimenti il tuo soggiorno, in questa fattoria, diventerà duro, molto amaro e terribilmente … doloroso. Ora lasciami controllare come il tuo orifizio agisce e voi, che ci fissate, apprendete come si deve fare con un novizio, con un chierichetto che si vuole rendere mansueto, che si vuole educare per il servizio clericale al cazzo.” … e, sputatasi sulle dita della destra, untolo di saliva, lo penetrò di brutto, senza preliminari o preamboli.
“Oh, che male! Ohhhhh, …”
“Zitta cagna!” … e un duro, brutale, atroce sculaccione si abbatté sulle natiche di Samuel, togliendogli il respiro e i lamenti. Sorpreso, sconvolto, scioccato, senza fiatare e senza rendersi conto ricevette una seconda manata.
“Hai scordato i doveri, per cui ai colpi che dovevi ricevere ne aggiungiamo dieci ai testicoli con la stecca. Scosta le cosce e mostrami il roseo bugio.” Non aveva modo di opporsi o di recriminare. Riceveva, soffriva, ma ringraziava sempre la signora Licia della pazienza che aveva nei suoi confronti. Frignava, gemeva, sgocciolava salive, pisciava a colpi, mentre dal culo colavano bave, schiume e …
“Hiiiiiiiiiiiiiii, … ihhhhhh”
“Smetti di piangere ragazzina! Sei stata sculacciata e bacchettata per l’esitazione a fare quello che ti era stato chiesto. Sei giunta in questo luogo per imparare a fare certi lavori: non abbiamo tutto il tempo che tu vuoi e pensi che noi abbiamo, per cui le punizioni sono una costante del tirocinio per velocizzare l’apprendimento. Nello svolgimento della correzione il numero delle botte può aumentare in opera, se non stai ferma, se cerchi di difenderti o di proteggere i genitali, se eiaculi nel ricevere le percosse. Deve esserti naturale ringraziare e fare quello che ti sarà insegnato. Oggi sei stata sculacciata stando sulle mie ginocchia, ma alla prossima sarai appesa al gancio delle scudisciate e delle vergate. Hai fatto di tutto per metterti in mostra, per farti conoscere. Ti pavoneggiavi, ti compiacevi sugli attrezzi della palestra e ora, perché scelta e valutata, ti lamenti per l’addestramento, a cui sei stata instradata e inviata, anche se quello che andrai a professare è considerato immorale, osceno, da puttana. Allora, farai tutto quello che ti verrà richiesto, ti assoggetterai agli obblighi, a cui hai chiesto di essere asservita?” e una nuova brutale, rabbiosa spinta del dito nel culo lo condusse a rinnovare l’accettazione fatta al professore, ma allora l’aveva recepita con spensieratezza ed esultanza.
“Mamma!”
“Dimmi Rosetta!”
“Perché lo chiami al femminile? Va beh, ma … Ok, se lo osservo da dietro, mi sembra di scorgere una femmina senza peli, … come me, ma …”
“Lo chiamo femminuccia, ragazzina, perché ha un sederino come il tuo: bianco, roseo, implume, da pesca matura e odorante di sessualità femminile e poi a lui piace essere considerato, chiamato , perché dentro si sente femmina.”
“Mamma, insegnerai anche al mio sellino a muoversi, a vibrare come stai facendo con lui?”
“Sì, visto che sei tu che lo vuoi, ma prima devi discernere e comprendere che cosa significa; per cui è meglio che tu prova ad inserire un indice in quelli dei tuoi fratelli e poi in questo di Samuel per valutarne differenze e umidori. Concordi?”
“Sìììì, … evviva! Mi sento tutta umida. Mamma?”
“Che figlia puttana! Ottima idea mia cara per conoscere e sperimentare. Dino, Alfeo, avvicinatevi e mostrate a questa femminuccia che cos’è e come può essere una mazza. Giovanni, maiale, porco, vieni e fai da arbitro in questo depravato, libidinoso confronto. Tutti nudi, anche lei, dottore! Samuel deve comparare il suo ai vostri e vi proverà per conoscere quanta sborra riuscirete a dargli come aperitivo alla sua colazione. Contempla, ragazzino, le proboscidi dei miei figli, tuoi coetanei: non c’è paragone. Hanno delle bestie al posto del pene e delle natiche che sembrano degli schiaccianoci. Se uno rimane là, imprigionato, glielo strizzano e prosciugano come in una centrifuga. Rosetta, avanti e fai quello che hai chiesto: infila l’indice nel bucio del nostro novizio. Stai attenta a come entra e a come viene attirato e poi respinto, a come quel muscolo si muove, vibra, sussulta o se sta immobile in attesa dei tuoi moti. Samuel stai ritto con le gambe leggermente distanziate, dato che la postura richiestati è la migliore per emozionare il colon, per sentirlo invitare. Il sedere arrossato e ancora dolente dovrebbe facilitare ulteriormente i movimenti peristaltici e di segmentazione dell’ultimo tratto intestinale.”
“Rosetta dammi la destra: con l’indice spingi sino a farlo slittare nell’interno anale di questa troietta. -e il Giovanni obbligò il giovane a chinarsi e ad aprirsi di più per fare vedere alla ragazzina l’anello sfinterico e come questo riceveva e si fletteva all’intrusione. – Visto cara come questa puttanella riceve e accoglie il tuo dito? Prova a ruotarlo e a rigirarlo, spingendolo più a fondo. Fallo uscire e rientrare per fartelo riprendere ed aspirare. Senti come le sue membrane interne scaldano, fasciano, si abbassano e si sollevano, come si dilatano per ricevere e si restringono come a volertelo mungere, come si inumidisce e si lubrifica per il tuo lavoro anale. Che ti sembra, mia cara?”
“Ha un bellissimo sederino implume con splendide mezzelune sotto i glutei, delicato, pruinoso, arrapante, dolce, con l’interno velato rosa, caldo e sorridente. È molto femminile. Quando ho spinto, ho avvertito il suo risucchio e le sue mucose prendermi il dito, avvolgerlo e coccolarlo come fossero tante lingue, regalandomi solletico alle giunture. Io lo ritiravo e quelle stringevano, trattenendolo e poi si allontanavano per scaldarlo con una reazione di calore. Mi sembrò che gli piacesse e facesse di tutto per prolungare l’inserimento e il mio bivacco nelle sue viscere. Adesso sentirò anche quelli dei miei fratelli: sono entrambi molto pelosi, castani-scuri, accigliati, severi e asciutti, con due chiappe granitiche. Devo ungermi il dito e imburrarli per penetrarli. Sono stretti e mi causano difficoltà di movimento. Aspirano quello che entra, come fanno i culi con le supposte: stringono, avvinghiano e serrano per impedire e rendere difficoltosa la penetrazione. Hanno onde peristaltiche decise, di espulsione, entrambi però danno piacere ed eccitazione. Questi profumano di maschio, mentre quello di Samuel sa di femmina. Dei tre, preferisco quello di Samuel, perché mi piacerebbe che il mio si comportasse come il suo. Mamma, ammira come il serpente di Dino mi unge e mi accarezza il volto, mentre spingo e manovro il dito. Sta dipingendo una ragnatela di scintillanti trasparenze. Mi vuole per darmi la sua crema lattiginosa e anch’io la voglio per esserne tremendamente ghiotta.”
“Tuo padre afferma ogniqualvolta ne parliamo che tu sei una piccola adolescente Licia: sei porca, ma bellissima; sei una puttana impudica, sensuale, concupiscente. Puoi divertirti con Dino ed Alfeo, ma la loro panna deve essere per il nostro valletto; quindi, dai pure loro piacere, ma falli sborrare nella bocca e sul viso della nostra educanda.”
La giovane vestale già avvezza a certi riti con accortezza dispose i fratelli e il chierichetto, in modo che lei e l’accolito potessero giocare e stimolare con le destre le terminazioni nervose anali dei due giovani, mentre con le sinistre ne reggevano i membri per suggerli e popparli.
Poco prima era stato punito per il disagio che provava dinanzi ad una donna corpulenta, unta e odorante di stallatico, che lo usò come latrina e sgrassatore della vagina con l’organo del gusto e poi fruito come esemplare e zimbello, sui cui studiare reazioni o provocarle, fare addestramento e training, ignorandone e disinteressandosi della degradazione e dell’umiliazione a cui veniva sottomesso e asservito. Aveva accettato e subito per paura di botte e per l’eccitazione costante che viveva. Probabilmente quelle pastiglie che prendeva oltre a stimolarlo gli velavano anche la mente. … e ora, quella stessa piccola, che aveva testato e controllato il suo orifizio evacuatore, lo incitava ridendo a smanettare, a massaggiare, a frizionare, a stimolare anche con l’uso delle labbra e della lingua le due floride, dure verghe sino a farle capitolare e piegare dopo averne estratto il contenuto dalle loro grosse radici. Nel ricevere in bocca e sul volto quelle opalescenze dense e viscose, che le mani della piccola ragazzina gli stendevano su tutto il volto, come maschera di bellezza, lo fece sentire cagna sin nel più profondo di sé stesso, tanto che dal suo ano fuoriuscivano scie trasparenti; facendolo riconciliare così con il suo sentirsi femmina e cocotte.
Oh, sììì, anche dopo essere stato umiliato, mortificato, punito, ora tranquillizzato, sereno, pago, muto godeva dei liquidi che gli nutrivano la pelle, gioiva dei profumi che gli riempivano le narici, si compiaceva dall’intenso sapor di muschio che stazionava nel suo palato, si beava del lento scivolare di morbide creme dal suo cavo cieco, e piacere era, anche, lo spostamento silenzioso della tenia che gli ghermiva le contorte viscere. Aveva fame, sete e … Fissava quei vessilli a mezz’asta, prostrati, avvizziti, che per lui erano aromi, allucinogeni, hashish, attrazione irresistibile, condimenti speciali, stupefacenti strabilianti del suo piacere, dello stimolo infinito, e poi … del dolce languore. Pago, felice, si gustava con le dita l’incanto del dono, respirandone allo stesso tempo il profumo.
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