Samuel dall'Istituto a ... Cap.: XII Rosetta
di
Andrea10F09
genere
etero
Cap.: XII
Rosetta sverginata
“Signora vorrei ricordarle che la sofferenza è deleteria, dannosa nell’allevamento. Una carezza, una parola affettuosa danno maggior risultato che una scudisciata o una strisciata d’ortica, come è stato fatto con Samuel. Un fisico offeso necessita di energie per guarire, che potrebbero essere utilizzate altrimenti. L’ammaestramento può riuscire anche con metodi diversi. Sabato non voglio vederlo leso, incidentato, sciupato. Gli dia quello che la sua carne brama e vuole.”
“Un collare non ferisce, ma serve a ricordare la mansione a cui uno è stato invitato e destinato; … e poi, dottore, apprendere e provare a farsi il letto, compito riservatogli per stasera, non mi sembra che significhi violenza; in ogni caso staremo attenti a non deturparlo. Lui deve impratichirsi nell’uso delle mani, della bocca e dell’ano per la sua futura professione.”
“Non è il farsi il letto che lo disonora o lo disturba, ma altro. Sabato proverò a controllare come sarà stato addestrato il suo anello sfinterico con quel giocattolo, di cui sono a conoscenza. Ora saluto, poiché altri impegni mi chiamano.”
Domandavano metodi diversi per formare quel cucciolo ed entrambi avevano un perché: il medico con il trattamento ricevuto era rimasto scioccato e impressionato in positivo; la signora, per l’insoddisfazione patita nell’orgia, aveva accumulato tanta acredine verso i presenti, per essere stata lasciata in disparte nel baccanale scaturito poco prima e questa sua frustrazione si sarebbe ripercossa sul ragazzo e sulla figlia. Il veterinario se n’era andato, per cui non avrebbe avuto ostacoli nel proseguire l’addestramento con i suoi metodi, iniziando la sua reazione dal suo sangue, all’avvio del balletto alla propedeutica anale.
“Rosy, piccola cagna …” e, presa per un braccio la figlia, strattonatala bruscamente, se la mise sulle ginocchia, per scaricare su quel tenero, leggiadro, vellutato e glabro sederino le sue frustrazioni per essere stata ignorata nel baccanale mattutino. “Guarda, mira e medita, tu, escremento, figlio di merde, come tratto questa insensata, stolta sgualdrina! Ha ignorato le mie esigenze, fregandosene degli inviti. Preferì osservare quei pali di carne ergersi per vibrare nello scaricare il contenuto delle loro riserve; scelse di darsi piacere da sola a quello di soddisfarci a vicenda.” Aveva nella destra un mestolo in legno con manico lungo, con il quale frizionava, lisciava le sode, fresche terga della figlia, compiacendosi della bellezza del frutto del suo ventre. “Puttanella, ogni mi inebrierò con le reminiscenze di quello che provavo per le botte ricevute da piccola. Sul tuo culo disegnerò una mappa stradale, che sarà dapprima bianca per divenire bluastra su fondo rosso. Godrò delle tue urla, delle tue invocazioni di clemenza, delle tue , dei tuoi ; mi entusiasmerò e gongolerò nel vederti piangere, nell’osservarti mentre cerchi di sfuggire o di ripararti, nel guardare la danza delle tue gambe al suono provocato dal mestolo sulla tua pelle. Ohhhh sìììììììììì come godrò; sì godrò tanto, tanto che non riuscirai a fartene un’idea.” … e, mentre parlava, osservata da Samuel, percuoteva con quel cucchiaione in legno i dolci promontori, ancora nascosti da una leggera sottana. Picchiava, bastonava, segnava quelle deliziose natiche con quel legno per non dover fermarsi se usava solo la mano. I colpi si spostavano da sopra a sotto, da un lato all’altro e al centro colpendo con grande perizia la ciccetta e il forellino vicino. Urla, strilli, oscillazioni, contrazioni, lacrime, …
“Basta, le fa male!”
“Taci cane merdoso! Chi ti ha dato il permesso di parlare o di interrompere la punizione che questa vacca si merita! Guarda a cosa mi inviti a farle!” … e così asserendo, profanò la figlia con la mano, rompendole l’imene. “Volevi tuo padre per la tua prima, ehh cagna? Eccoti servita per il tuo sogno sarà la mano di tua madre, puttana! … e scendi da queste ginocchia. Sfilati lo straccio che ti copre e mostraci la scacchiera rossonera con qualche pedina bianca! Mettiti a quattro zampe, … ohh, come grondi! La tua passerina piscia e cola sbroda, ma ora … Tu, stecco di merda, incula prima questa cagna in calore e poi, svuotati nella sua fregna! Che … aspetti? La inculi, sì o no? Forse preferisci che quel suo tondo a chiazze rosse e nere diventi un mosaico, in cui le tessere, legate da piombo, brillano e riflettono i raggi solari e da cui colano rivoli sanguinolenti.” Il giovinetto, titubante e confuso, per non far piangere ulteriormente l’amichetta, avvicinò il suo stecco al roseo, grinzoso forellino, per fare quello che sognava fosse fatto a lui. “Ohh è inutile che vi scambiate sguardi lucidi! Sbrigati, frocio di merda, a violarla nel culo! … e che goduria sarà immaginare che potrebbe rimanere gravida di una checca, di una angelica, dolce sissy-squillo! Ohh, sììììììììììì: ti farò ingravidare e che spettacolo vederti con il pancione! E che! Di cosa ti lamenti? Non sarà granché, ma oggi sei stata rotta davanti e, ora, lo sarai anche didietro! … e ora, finocchio, prossimo ad eiaculare, passa sul buco a farfalla e sborra nella sua più profonda natura!” Samuel, stimolato, spronato, bucato dall’indice della donna che lo muoveva in su e giù, sfiorando di continuo il suo punto nevralgico per frizionarlo, non resistendo, si abbandonò al piacere, versando nella vagina della ragazza tutto il contenuto dei suoi testicoli. Ansava, boccheggiava e con il respiro affannoso chiese perdono alla piccola per quello che, costretto, aveva fatto.
“Non so come reagirà Giovanni alla notizia e alla visione dello stupro che hai subito, figlia mia. Non lo so! Non lo so, ma credo che voi due passerete un momento difficile, particolare… e ora, piccola sgualdrina, puliscimela con la lingua; fammi orgasmare e squirtire; mandami fra le nuvole. Eccotela, te la presento, cola e sgocciola; lecca e bevi quello che fluisce, bagna e irrora le mie cosce. Mi sento unta, attaccaticcia, … oh che sensazioni … Dai piccola lucciola, vacca e zoccola come tua madre, con la tua dolce, morbida lingua fammi andare in paradiso; se necessario, mordi e non risparmiare quelle propaggini di carne che pendono. … e poi, tu, novello cortigiano, con la tua rasposa, ruvida come quella di un gatto, entra anche nel mio buco posteriore e asporta tutto quello che puoi. Siete i miei porcelli: graffiatemi, rigatemi, addentatemi, non risparmiatemi. Oh, desideri insani: che bisogno di pisciare e di cagare sui vostri visi, … Ohhh che … sìììììììììììì, piccole troie, sto godendooooooooooo, … sìììììììììììììììììììììììì, … ancoraaaaaaaaaaaa, … sìììììììììììììììììì, … sììììì.” Catalessi di voluttà, contrazioni, repentini sussulti, rilassamenti, cedimenti e sfatta, fra le braccia del piacere, piscio e placida diarrea.
“Ce l’abbiamo fatta a darle piacere. Osserva Rosetta come ogni tanto spruzzi e … ma tu, come stai? Senti ancora le botte?”
“Sì! Mi hai fatto male quando sei entrato, ma sempre meno di un colpo di mestolo. Lei me le dava con cattiveria, mentre tu lo hai fatto per difendermi. Per fortuna che non è come quello del papà o dei miei fratelli, altrimenti per il gonfiore delle bastonate si sarebbe rotto dandomi dolori indicibili, tremendi, terribili. Dopo un po’ che ti muovevi ho percepito nascere e salire dal più profondo della mia intimità un languore, un desiderio tale che si trasformò in poco tempo in un movimento sussultorio, ondulatorio, vibrazionale che si placò con l’arrivo del piacere, dell’appagamento. Loro chiamano orgasmo quello che si prova, … io non so.” Lui, preso fra gambe della signora, gioiva muto, sorridente osservando l’amica semisdraiata sul ventre della madre.
“Rosy vienimi sopra e fatti alleviare dalla mia lingua il bruciore che ti è stato inflitto.”
“Oh, sììììììììììììììì: tu non sai quanto desidero una lingua fra le labbra della mia passerina, ma …-facendo cenno”.
“Io sono chiuso fra le sue gambe e con un braccio sotto il suo culo, per cui sono nell’impossibilità di agire, ma solo di subire. Se dovessimo essere scoperti, tu potresti sempre usarmi angherie con modi e linguaggi scurrili e depravati. La tua micetta ha voglia: vieni!”
“Senti come sono bagnata, come …” gli dice; quindi, gli monta sopra portando la sua vagina all’altezza della bocca dell’amico. Era sensibilissima e quanto mai intrisa. Appena Samuel appoggiò la bocca, Rosy cominciò a sussultare, a muoversi, pressandolo con il peso per avere la lingua sgusciante e rasposa in vagina. Samuel leccava le grandi labbra, le aspirava e succhiava una alla volta, neanche fossero due lecca-lecca, poi prendeva la puntina turgida, mentre due dita della sinistra cercavano e aprivano la fessura tra le piccole labbra, per infilarci l’organo del gusto e spingerlo fino in fondo; e ancora, ancora quella protuberanza, che se la spompinava come fosse un piccolo pene e continuamente … entrava e usciva, conducendola ben presto ai tremori, alle vibrazioni dell’orgasmo. Fiotti di liquido uscirono dalla piccola paffuta vagina, tanto abbondanti che faticò a leccarli ed asportarli tutti.
“Ohhhhhh, … sto godendo! Sam … uel, ti … stoo … spruzzando, … ti sto lavando! Ohh, Samuele, ti posso chiamare il mio porcellino? - gli dice, mentre sta per avere un nuovo orgasmo. -” Che sensazioni meravigliose le dava quella bocca e la lingua, come un pennello di setole a lingua di gatto, che si allungava nell’apertura vaginale e si allargava per asportare umori, facendola sussultare, vibrare, tremare e la mano che toccava, lisciava, palpava, strizzava le sue chiappette, striate di rosso, le dava ulteriori emozioni, aiutandola a raggiungere l’estasi dei sensi.
“Che troiette, che cagnette, … avete usato la mia vulva imperlata di rugiada come un cuscino caldo, palpitante, vivo per i vostri porci comodi. Per ‘sta volta lascio perdere, ma alla condizione che ad ogni pomeriggio, nell’orario riservato alla danza, voi oscilliate su di me e spillate le mie essenze.” Le acmi rugiadose di piacere della ragazza restituirono, al mondo dei vivi e agli iniziandi, la signora, ora ben disposta nei loro confronti. “Comunque, ragazzo, la formazione per la tua prossima professione deve proseguire come da programma, per cui Rosetta, piccola sgualdrina, insegnagli a farsi un giaciglio morbido, accogliente, odoroso di fimo e, mi raccomando, senza festuche e ora andiamo alla fontana per un bagno mondante, purificante e rigenerante.”
Rosetta sverginata
“Signora vorrei ricordarle che la sofferenza è deleteria, dannosa nell’allevamento. Una carezza, una parola affettuosa danno maggior risultato che una scudisciata o una strisciata d’ortica, come è stato fatto con Samuel. Un fisico offeso necessita di energie per guarire, che potrebbero essere utilizzate altrimenti. L’ammaestramento può riuscire anche con metodi diversi. Sabato non voglio vederlo leso, incidentato, sciupato. Gli dia quello che la sua carne brama e vuole.”
“Un collare non ferisce, ma serve a ricordare la mansione a cui uno è stato invitato e destinato; … e poi, dottore, apprendere e provare a farsi il letto, compito riservatogli per stasera, non mi sembra che significhi violenza; in ogni caso staremo attenti a non deturparlo. Lui deve impratichirsi nell’uso delle mani, della bocca e dell’ano per la sua futura professione.”
“Non è il farsi il letto che lo disonora o lo disturba, ma altro. Sabato proverò a controllare come sarà stato addestrato il suo anello sfinterico con quel giocattolo, di cui sono a conoscenza. Ora saluto, poiché altri impegni mi chiamano.”
Domandavano metodi diversi per formare quel cucciolo ed entrambi avevano un perché: il medico con il trattamento ricevuto era rimasto scioccato e impressionato in positivo; la signora, per l’insoddisfazione patita nell’orgia, aveva accumulato tanta acredine verso i presenti, per essere stata lasciata in disparte nel baccanale scaturito poco prima e questa sua frustrazione si sarebbe ripercossa sul ragazzo e sulla figlia. Il veterinario se n’era andato, per cui non avrebbe avuto ostacoli nel proseguire l’addestramento con i suoi metodi, iniziando la sua reazione dal suo sangue, all’avvio del balletto alla propedeutica anale.
“Rosy, piccola cagna …” e, presa per un braccio la figlia, strattonatala bruscamente, se la mise sulle ginocchia, per scaricare su quel tenero, leggiadro, vellutato e glabro sederino le sue frustrazioni per essere stata ignorata nel baccanale mattutino. “Guarda, mira e medita, tu, escremento, figlio di merde, come tratto questa insensata, stolta sgualdrina! Ha ignorato le mie esigenze, fregandosene degli inviti. Preferì osservare quei pali di carne ergersi per vibrare nello scaricare il contenuto delle loro riserve; scelse di darsi piacere da sola a quello di soddisfarci a vicenda.” Aveva nella destra un mestolo in legno con manico lungo, con il quale frizionava, lisciava le sode, fresche terga della figlia, compiacendosi della bellezza del frutto del suo ventre. “Puttanella, ogni mi inebrierò con le reminiscenze di quello che provavo per le botte ricevute da piccola. Sul tuo culo disegnerò una mappa stradale, che sarà dapprima bianca per divenire bluastra su fondo rosso. Godrò delle tue urla, delle tue invocazioni di clemenza, delle tue , dei tuoi ; mi entusiasmerò e gongolerò nel vederti piangere, nell’osservarti mentre cerchi di sfuggire o di ripararti, nel guardare la danza delle tue gambe al suono provocato dal mestolo sulla tua pelle. Ohhhh sìììììììììì come godrò; sì godrò tanto, tanto che non riuscirai a fartene un’idea.” … e, mentre parlava, osservata da Samuel, percuoteva con quel cucchiaione in legno i dolci promontori, ancora nascosti da una leggera sottana. Picchiava, bastonava, segnava quelle deliziose natiche con quel legno per non dover fermarsi se usava solo la mano. I colpi si spostavano da sopra a sotto, da un lato all’altro e al centro colpendo con grande perizia la ciccetta e il forellino vicino. Urla, strilli, oscillazioni, contrazioni, lacrime, …
“Basta, le fa male!”
“Taci cane merdoso! Chi ti ha dato il permesso di parlare o di interrompere la punizione che questa vacca si merita! Guarda a cosa mi inviti a farle!” … e così asserendo, profanò la figlia con la mano, rompendole l’imene. “Volevi tuo padre per la tua prima, ehh cagna? Eccoti servita per il tuo sogno sarà la mano di tua madre, puttana! … e scendi da queste ginocchia. Sfilati lo straccio che ti copre e mostraci la scacchiera rossonera con qualche pedina bianca! Mettiti a quattro zampe, … ohh, come grondi! La tua passerina piscia e cola sbroda, ma ora … Tu, stecco di merda, incula prima questa cagna in calore e poi, svuotati nella sua fregna! Che … aspetti? La inculi, sì o no? Forse preferisci che quel suo tondo a chiazze rosse e nere diventi un mosaico, in cui le tessere, legate da piombo, brillano e riflettono i raggi solari e da cui colano rivoli sanguinolenti.” Il giovinetto, titubante e confuso, per non far piangere ulteriormente l’amichetta, avvicinò il suo stecco al roseo, grinzoso forellino, per fare quello che sognava fosse fatto a lui. “Ohh è inutile che vi scambiate sguardi lucidi! Sbrigati, frocio di merda, a violarla nel culo! … e che goduria sarà immaginare che potrebbe rimanere gravida di una checca, di una angelica, dolce sissy-squillo! Ohh, sììììììììììì: ti farò ingravidare e che spettacolo vederti con il pancione! E che! Di cosa ti lamenti? Non sarà granché, ma oggi sei stata rotta davanti e, ora, lo sarai anche didietro! … e ora, finocchio, prossimo ad eiaculare, passa sul buco a farfalla e sborra nella sua più profonda natura!” Samuel, stimolato, spronato, bucato dall’indice della donna che lo muoveva in su e giù, sfiorando di continuo il suo punto nevralgico per frizionarlo, non resistendo, si abbandonò al piacere, versando nella vagina della ragazza tutto il contenuto dei suoi testicoli. Ansava, boccheggiava e con il respiro affannoso chiese perdono alla piccola per quello che, costretto, aveva fatto.
“Non so come reagirà Giovanni alla notizia e alla visione dello stupro che hai subito, figlia mia. Non lo so! Non lo so, ma credo che voi due passerete un momento difficile, particolare… e ora, piccola sgualdrina, puliscimela con la lingua; fammi orgasmare e squirtire; mandami fra le nuvole. Eccotela, te la presento, cola e sgocciola; lecca e bevi quello che fluisce, bagna e irrora le mie cosce. Mi sento unta, attaccaticcia, … oh che sensazioni … Dai piccola lucciola, vacca e zoccola come tua madre, con la tua dolce, morbida lingua fammi andare in paradiso; se necessario, mordi e non risparmiare quelle propaggini di carne che pendono. … e poi, tu, novello cortigiano, con la tua rasposa, ruvida come quella di un gatto, entra anche nel mio buco posteriore e asporta tutto quello che puoi. Siete i miei porcelli: graffiatemi, rigatemi, addentatemi, non risparmiatemi. Oh, desideri insani: che bisogno di pisciare e di cagare sui vostri visi, … Ohhh che … sìììììììììììì, piccole troie, sto godendooooooooooo, … sìììììììììììììììììììììììì, … ancoraaaaaaaaaaaa, … sìììììììììììììììììì, … sììììì.” Catalessi di voluttà, contrazioni, repentini sussulti, rilassamenti, cedimenti e sfatta, fra le braccia del piacere, piscio e placida diarrea.
“Ce l’abbiamo fatta a darle piacere. Osserva Rosetta come ogni tanto spruzzi e … ma tu, come stai? Senti ancora le botte?”
“Sì! Mi hai fatto male quando sei entrato, ma sempre meno di un colpo di mestolo. Lei me le dava con cattiveria, mentre tu lo hai fatto per difendermi. Per fortuna che non è come quello del papà o dei miei fratelli, altrimenti per il gonfiore delle bastonate si sarebbe rotto dandomi dolori indicibili, tremendi, terribili. Dopo un po’ che ti muovevi ho percepito nascere e salire dal più profondo della mia intimità un languore, un desiderio tale che si trasformò in poco tempo in un movimento sussultorio, ondulatorio, vibrazionale che si placò con l’arrivo del piacere, dell’appagamento. Loro chiamano orgasmo quello che si prova, … io non so.” Lui, preso fra gambe della signora, gioiva muto, sorridente osservando l’amica semisdraiata sul ventre della madre.
“Rosy vienimi sopra e fatti alleviare dalla mia lingua il bruciore che ti è stato inflitto.”
“Oh, sììììììììììììììì: tu non sai quanto desidero una lingua fra le labbra della mia passerina, ma …-facendo cenno”.
“Io sono chiuso fra le sue gambe e con un braccio sotto il suo culo, per cui sono nell’impossibilità di agire, ma solo di subire. Se dovessimo essere scoperti, tu potresti sempre usarmi angherie con modi e linguaggi scurrili e depravati. La tua micetta ha voglia: vieni!”
“Senti come sono bagnata, come …” gli dice; quindi, gli monta sopra portando la sua vagina all’altezza della bocca dell’amico. Era sensibilissima e quanto mai intrisa. Appena Samuel appoggiò la bocca, Rosy cominciò a sussultare, a muoversi, pressandolo con il peso per avere la lingua sgusciante e rasposa in vagina. Samuel leccava le grandi labbra, le aspirava e succhiava una alla volta, neanche fossero due lecca-lecca, poi prendeva la puntina turgida, mentre due dita della sinistra cercavano e aprivano la fessura tra le piccole labbra, per infilarci l’organo del gusto e spingerlo fino in fondo; e ancora, ancora quella protuberanza, che se la spompinava come fosse un piccolo pene e continuamente … entrava e usciva, conducendola ben presto ai tremori, alle vibrazioni dell’orgasmo. Fiotti di liquido uscirono dalla piccola paffuta vagina, tanto abbondanti che faticò a leccarli ed asportarli tutti.
“Ohhhhhh, … sto godendo! Sam … uel, ti … stoo … spruzzando, … ti sto lavando! Ohh, Samuele, ti posso chiamare il mio porcellino? - gli dice, mentre sta per avere un nuovo orgasmo. -” Che sensazioni meravigliose le dava quella bocca e la lingua, come un pennello di setole a lingua di gatto, che si allungava nell’apertura vaginale e si allargava per asportare umori, facendola sussultare, vibrare, tremare e la mano che toccava, lisciava, palpava, strizzava le sue chiappette, striate di rosso, le dava ulteriori emozioni, aiutandola a raggiungere l’estasi dei sensi.
“Che troiette, che cagnette, … avete usato la mia vulva imperlata di rugiada come un cuscino caldo, palpitante, vivo per i vostri porci comodi. Per ‘sta volta lascio perdere, ma alla condizione che ad ogni pomeriggio, nell’orario riservato alla danza, voi oscilliate su di me e spillate le mie essenze.” Le acmi rugiadose di piacere della ragazza restituirono, al mondo dei vivi e agli iniziandi, la signora, ora ben disposta nei loro confronti. “Comunque, ragazzo, la formazione per la tua prossima professione deve proseguire come da programma, per cui Rosetta, piccola sgualdrina, insegnagli a farsi un giaciglio morbido, accogliente, odoroso di fimo e, mi raccomando, senza festuche e ora andiamo alla fontana per un bagno mondante, purificante e rigenerante.”
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