Samuel dall'Istituto a ... Cap.: XI Il veterinario
di
Andrea10F09
genere
bondage
Cap.: XI
Il veterinario
Il canto del cuculo risuonò all’improvviso, come per incanto, tra gli alberi che circondano la cascina. È un canto saturo di mistero e di benefico potere di rinnovamento e di guarigione. Caldo, risveglio, trepidazione, sentori. Nella stalla si sentivano ogni tanto dei frusci di coda per allontanare insetti. L’alba non era lontana. La brezza notturna risvegliava motti, brontolii e bisogni impellenti. Nel torpore e nell’intorpidimento del dormiveglia liquidi scorrevano sull’acciottolato regalando all’adolescente novizio un delizioso, inebriante, caldo benessere. Si toccò, si tastò con la punta delle dita per capire e … ricordò. Era imbrattato, impiastricciato, sudicio di quello con cui lo avevano farcito e forse, per il freddo notturno patito, anche di suo. Che pirla era stato. Perché si era ribellato in più riprese, inveendo, imprecando, rifiutando inviti o abbandonandosi con Rosetta a piacere intensi? Quella megera lo aveva redarguito, punito riempendolo, saturandolo all’inverosimile con quella melma e permettendo ai figli di controllare e gestire con uno stecco il suo orifizio, mentre scaricava, per non lordarsi le mani. Un gatto passò furtivo, guardingo, con passo felpato sulla sbarra della mangiatoia, infischiandosene dei presenti. Oh, gli animali stavano meglio di lui: erano più liberi, mentre lui … I galli del pollaio iniziavano il concerto di benvenuto al sole, mentre nella stalla le bestie sfiatavano rumoreggiando e, spostando la coda, sgravavano gli intestini. Era stato avvisato che la signora Licia non avrebbe accettato ritrosie, negazioni, parolacce, esecrazioni, … doveva controllarsi di più e accettare di essere spogliato anche del nome, pur di arrivare all’obbiettivo di essere una lucciola. Rifletteva, si tastava levandosi incrostazioni essiccate dal volto. Al canto del cuculo si unirono i vocalizzi di merli, il cinguettio di passeri e di pettirossi, di ballerine e di usignoli, il trillo di allodole e di chiurli per annunciare i primi chiarori del giorno. Un fruscio, una scudisciata di coda per scacciare mosche fastidiose, seguita da uno scalpiccio; una coda che si alza e … uno scroscio o meglio un nubifragio caldo, prolungato, fumante, lava, ripulisce, diffonde profumi di urine. Porte che si aprono, carriole, sbattere di forche; inviti ad alzarsi, a spostarsi e manate per salutare; lettiera zuppa di escrementi rimossa e trasferita su carriole in legno; strame asciutto spostato verso il posteriore del bestiame; fieno e farine nelle mangiatoie e poi … mungitura.
“La tua vicina ti ha reso un buon servizio. Sento che sai di stalla e di pipì di vacca.” … e toccatolo con un piede, toltogli la catena, la signora lo invitò prima ad osservare e ad aiutare nelle pulizie; poi, datogli una specie di sgabello con il sedile di forma irregolare, al cui centro era inserito un piolo d'appoggio di forma cilindrica con l’altra estremità affusolata, simile ad una salsiccia, fuoriuscente dalla seduta. “Questo è per i novizi, che devono apprendere a mungere massaggiando o lappando e contemporaneamente a stringere per spompare e svuotare altri testicoli, cercando di stare in equilibrio sul perno. Sappi che l’operazione che stai iniziando impegnerà tutto il tuo corpo di novello bovaro. Potrai mungere da inginocchiato, accovacciato o da seduto, ma per la professione che andrai a fare è preferibile avere un equilibrio instabile, malfermo, precario come te lo potrà dare solo lo sgabello che vedi. Per non farti male o per non rovesciare il latte devi posare la testa sull’inguine della bestia. Essa deve sentirti un padrone e non un ragazzino impacciato e timido. Devi stare attento, usare vigore e dolcezza, ma anche rispetto e delicatezza, mantenendo il ritmo in simbiosi con l’animale. La mucca si potrebbe spostare se non ti sente sicuro e questo potrebbe farti cadere in avanti o con le gambe all’aria, comunque in ogni caso il cavicchio che avrai in culo ti procurerà dolore; inoltre, facilmente, con la caduta rovescerai il latte raccolto, movente utile per sferzarti e dopo, per rifinire il lavoro della frusta, per strofinarti il corpo con spighe d’ortica. Non farti trovare dal veterinario appeso ai ganci e tutto arrossato. Arriverà nella tarda mattinata per vedere dei vitelli Su, cala quel tuo culo merdoso e impalati! Cerca di star sempre appoggiato alla bestia con il secchio tra le ginocchia. Stringi con decisione e strizza con passione. Si deve sentire cantare, sibilare lo spruzzo.” Finì a pavimento varie volte, per quanto cercasse di applicarsi nell’arte della mungitura. Le nozioni, i consigli non gli erano stati sufficienti per farne un bravo bovaro, poiché si dovrebbero abbinare alla pratica, che è la miglior maestra: essa ti addestra alla sensibilità e alla comunicazione tattile. Le cadute all’indietro, per lo stare troppo ritto con il corpo, gli fecero rovesciare in più riprese il bianco, profumato liquido e gli causarono forti, muti dolori al colon e alla ghiandola prostatica. Come ulteriore punizione per aver disperso il latte, fece colazione di solo pastone. Pulì con la lingua lo sgabello e dopo essere stato ben lavato e aver assunto i farmaci che doveva, fu issato sui ganci per la punizione.
“Voglio essere benevola con te. Non desidero rigare il tuo fisico con lo scudiscio, se tu mi permetti di sostare con le ortiche tra le tue natiche per massaggiarti bene lo scroto, contenitore e culla dei tuoi testicoli, produttori dei tuoi ormoni sessuali; il perineo, valle deliziosa e sensibilissima creata per celare il paradiso, che tanti amano per vivere il nirvana che solo quel buchetto sa regalare; e poi … c’è lui: il pertugio. Lo voglio vedere piangere, supplicare e spasimare. Non trascurerò i tuoi capezzolini, ora che si stanno bombando: li voglio vedere crescere, arrotondarsi, impinguarsi per diventare da nocciola a rosati. Ahhhhhhhhhh, non ignorerò il tuo cazzetto! Noi femmine ammiriamo e godiamo volentieri di un cazzo grosso, turgido, gonfio con una testa simile ad una pesca. Sì, sì … sarà una sorpresa per lo zooiatra osservarti! Rimarrà esterrefatto nell’esaminare e notare i prodigi delle ortiche.” Non rispose per non incorrere in altre angherie. Si era ripromesso di accettare, di tollerare e di tacere. Le ortiche però … soprattutto nel momento della fioritura, … umhhhhhhhhhh. Aveva paura e terrore, … tanto. I figli della padrona avevano raccolto come gli era stato comandato. A comporre il mazzo erano più spighe con la presa coperta da carta oleata, per riparare le mani da irritazioni.
“Osserva buono a nulla: ora stacco una piccola infiorescenza da una spiga per titillarti un capezzolino. Che dici? … Ohh stai trattenendo il fiato! Suvvia ragazzo: è piacere anche questo. Scrutalo come si arrotonda e s’ingrossa; come s’inturgidisce. Proviamo attorno all’aureola: ohhhhhhhh, perbacco; come si gonfia. Mi turba, mi stupisce. Ohh, mi dà la percezione di tastare una mammella di una ragazzina impubere, implume, senza peluria. Oh, meraviglia delle meraviglie, facciamo la prova anche sull’altro! Darà fastidio, forse un po’ di irritazione, ma cos’è il fastidio al confronto di possedere e godere di due bellissime, sode, croccanti mammelle. Ohh, sciocco che non sei altro: lasciati modellare, plasmare, forgiare come tanti ti vorrebbero. Sono tentata di azzardare la verifica anche sulla piccola prugna che si rizza e mi punta. Chissà come diventerà dopo una leggera frizione con barbe d’ortica: forse la vorrò nella mia sbrodolosa, grassa bernarda. Chissà! Suvvia, non perdiamo ulteriore tempo con i convenevoli, con prove per conoscere allergie, … e voi, colleghi e allievi, mirate come sagomo e formo una piccola novella sgualdrina.” … e così dicendo, preso il mazzo, ne rasentò le ascelle implumi inducendo il poveretto a dondolarsi, a piegare il capo verso le ortiche, incapace a sfuggire alla tortura per mancanza d’appoggi. Malignamente la signora Licia spostò il mazzo urticante verso l’ombelico e di nuovo sui capezzoli, frizionando con movimenti rotatori o pressando, come a voler marcare un’area. “… e i piedi … ohhh sììììììììì, questi piedini, così bianchi, puliti, asciutti, esili, … Su … su non agitarti; non gettare energie; tieni le tue lacrime per quando rasenterò, sfiorerò le tue gambe verso l’alto. Ma non hai capito niente: non voglio sferzarti, ma solo coccolare un po’ le tue aree erogene, il tuo pisello … Dinoooo … vuoi verificare come reagisce il suo fringuello alle malie e al fascino della tua lingua, … e mentre tu lo accarezzi slinguando e leccando quell’area sensibilissima, io mi riposo un po’ ammirando il suo fisico che vorrebbe sottrarsi o trovar sollievo ai pruriti dolorosi, fin qui fattigli avere. Che mi dici Dino, … da quel forellino sull’apice esce qualcosa, … niente?”
“Sì, mamma … qualche goccia salata. Però … ha una verga più grossa e lunga della mia. Mi piacerebbe sentirmela dentro. Potrò …?”
“No, caro. No, perché glielo speleresti, ma farlo entrare in una patonza, come la mia … così pregna, piena, … così sbrodolosa, … così satura di sughi, … a lui non farà male, ma a me … ohhh, sìììììììììììì, dopo averlo ben frizionato anche sul culo, ma non posso, dato che tra poco lo vedrà il veterinario. Penso che resisterebbe a lungo prima di schizzare o di pisciarmi dentro, ma …! Staccati figlio mio, che voglio proseguire ad arrossarlo!” Riprese a far scorrere quelle erbe in semenza. Sfiorava, rasentava, strisciava, strofinava, schiacciava e spinse quel mazzo anche nell’area perineale e sull’ano, finché per la pressione che ci metteva non le restò fra le mani che piccoli fuscelli. Samuel non aveva più lacrime. Esausto, sfinito, spossato non aveva più energie, neanche per fissare, ascoltare, essere presente. Il suo corpo prendeva, subiva senza ostacolare, reagire o contestare, mentre il suo garofanino si era tramutato in un rosso, sericeo lilium, quanto mai chiuso e il suo acello si era trasformato in uno scettro unico, sodo, carnoso, lucente della lussuria e della carnalità.
“Ungetelo ben bene sulle irritazioni con questa crema senza premere, ma non sui capezzoli e nella depressione che conduce alla tana del piacere. Il veterinario, che sta arrivando, deve sentire i piccoli seni bombati, pieni, sericei e il suo bianco avvallamento deve essere aperto per far vedere il suo prezioso, rotondo, edematoso, caldo pertugio.” Il suo respiro migliorava, dai piedi e dalle gambe spariva l’arrossamento, come dai glutei e dall’addome, mentre il suo sesso tornava nella normalità, lasciando fluire pacatamente urine e sperma.
“Mettetegli il collare, conducetelo allo stallo vuoto vicino al torello da visitare e sistematelo alla greppia facendo in modo che sia costretto a stare carponi; inoltre, sulla targhetta sul muro scrivete , il suo nome nella fattoria.” Le oche dell’azienda starnazzavano per informare che erano state disturbate
“Buongiorno. Qui non temete di avere visite avverse e sgradite, senza che non siate avvisati. Questi palmipedi controllano, non solo l’entrata, ma anche la casa. Signor Giovanni, prima di controllare il torello, vorrei che si possa pensare anche alla fecondazione artificiale. Mi creda: è meno costosa, anche se il toro è di proprietà. Pensi quanti vitelloni potrebbe far crescere nello stallo occupato da quella bestia.”
“Benvenuto Dottore. Lei ha ragione, però non serve solo per la monta di manze e di vacche. A volte ci è richiesto un servizio di formazione, che altrimenti non si troverebbe; a ogni buon conto, anche se sarà molto giovane, è importante che il suo apparato sessuale funzioni.”
“Beh, fatemi strada. Andiamo a valutare questo torello.” Giovanni indicava nel silenzio della stalla, rotto dalla visita dello specialista. Stropiccii, qualche muggito, un gatto in fuga, delle rondini alla ricerca di cibo, in lontananza il chiocciare di galline. “Vengo sempre molto volentieri in questa casa, quando mi chiama, signor Giovanni. È un ambiente libero da qualsiasi vincolo, dove i suoi membri non hanno blocchi mentali. Un posto come questo l’ho visto in un pascolo in montagna, dove ho scorto un anziano con un maschietto in un momento di grande lussuria. Allora sono rimasto estasiato dallo spettacolo di poter osservare tranquillamente un giovinetto invitare l’attempato a riempirgli l’intestino … e le effusioni, le tenerezze, le carezze e i complimenti che si scambiavano. Ohhh è stato un avvenimento straordinario, intrigante, appassionante, bellissimo, fantastico in cui non ho notato pudore e negazioni. È questa la bestia? … mhhhhh! È un bel esemplare, pulito, ben messo, con due testicoli … È un torello da esposizione, da fiera. Queste gonadi sono piene, cariche, pesanti e, se ha anche un attrezzo ben messo … può tenerlo comodamente, anche se con quella artificiale lei, signor Giovanni, avrebbe facilmente magnifici esemplari selezionati.
Uhmmm, … ma avete sempre delle sorprese! Come si chiama e chi ve l’ha condotto?”
“Bionda. È un nome per bestie ed è stato lui a scegliere e a volere far l’esperienza che sta vivendo per prepararsi a vendere il suo corpo e Lei, dottore, dovrebbe sapere che in quell’attività si possono incontrare persone con richieste particolari, bizzarre, curiose e a volte molto spinte, scabrose, estreme. A tutto quello che gli potrebbero richiedere, deve essere preparato e addestrato.”
“Bionda, … mmhhhh … un nome da femmina e allora … vediamone la conoscenza! Lo visiterò e testerò, dopo aver terminato con il vitellone; nel frattempo toglietegli le catene, applicategli abbondante crema sulle irritazioni, ma lasciatelo gattoni.” … e presa una bacinella capiente dalla sua borsa e consegnatala a Giovanni, iniziò ad accarezzare, sfiorare, toccare dalla colonna dorso-lombare al fianco sinistro per risalire verso il sottocoda e il culo dell’animale, che si stava tranquillizzando e rilassando per quelle maestrie tanto che, dopo un po’, defecò. Le carezze si fecero sempre più calde e ardite. Mentre la sinistra del medico scendeva verso l’inguine, la destra si abbassava con movimenti circolari, increspanti, lievi o forti, verso i testicoli. L’animale accettava e chiedeva con dei muggiti basso-baritonali il proseguo della sevizia verso il suo sesso, che iniziava a scuotersi mostrando, con le prime avvisaglie di precum, il desiderio del piacere. La punta, uscita dal fodero, si alzava, si allungava e si dilatava sbattendogli contro l’addome. Giovanni era pronto a ricevere la copiosa semenza con il recipiente, già istoriato di trasparenze. Mentre una mano tastava, stringeva, scorreva, massaggiava il palo di carne; l’altra prese le grosse palle che penzolavano, ricoperte da una sacca liscia, vellutata, per soppesarle, frizionarle, lisciarle come gioielli preziosi. Il torello apprezzava quello che il medico gli faceva e lo dimostrava sbattendo continuamente la sua rossa verga contro la pancia, muggendo e orinando goccioloni cristallini.
“Pronto, signor Giovanni? Sta per eiaculare!” Uno spruzzo lungo, caldo, odorante di fieno s’infranse sulla parete della ciottola. Zang-zang, … zang-zang e altri schizzi sempre abbondanti si raccolsero nel contenitore. “Abbiamo fatto un buon raccolto da una bestia mansueta, tranquilla, a cui piacevano le nostre cure. È un prodotto sano, con un intenso aroma di erba medica. È un ottimo animale da monta! Ora … esaminiamo il ragazzo e la sua produzione! Come si chiama?” Una mano sfiorò lentamente la colonna dal dorso ai lombi, regalando al sottomesso un intenso brivido, che l’ha percorso dalla testa ai piedi. Da quanto non percepiva delle mani; non si sentiva toccato e poter goderne ed essere goduto nell’esasperante silenzio di chi osserva, in cui solo il suo cuore in attesa di eventi sembra far rumore per un battito accelerato. Le avvertiva scendere verso il suo anello e passare oltre per esplorare le sue parti intime e dirigersi verso le ginocchia per risalire graffiando, pizzicando, accarezzando. Si aprì di più inarcandosi leggermente verso il basso per offrire meglio, a colui che studiava il suo corpo, la sua apertura che principiava a commuoversi e a boccheggiare. A volte, a causa di un dito curioso che amava titillargli il cerchietto grinzoso, rispondeva spingendosi contro per un contatto più intenso.
“Samuele, ma per noi Samu e qui, nella stalla, Bionda, perché ha la silhouette di una femmina. Gli osservi il tondino: non lo nasconde in una valle scura ed ombrosa e non è ferrigno, ma lo rivela rosato al fondo di un pendio vellutato, felpato e molto da pesca matura come quello di una adolescente e poi …” L’uomo, inginocchiato, passava l’indice destro fra i glutei, su e giù, con calma e accortezza, mentre con la sinistra gli prese il pene rigido, da cui fluivano viscosità trasparenti. Samuel, inconsciamente, cominciò a irrigidirsi, nascondendo il suo fiorellino carnivoro. Il veterinario gliele riaprì per esaminare il buchino, che mandava brividi di piacere, poi …
“Oh, mi ha aspirato il dito e … cingendolo, lo stringe come a volerlo mungere, spremere, poppare.” Il ragazzo gemeva ed inspirava forte, incapace di articolare parole, mentre la mano sinistra del medico proseguiva il massaggio alla canna prossima a gettare la spugna.
“Hai fatto colazione?”
“Ho preso quello che mi hanno fatto assumere.”
“Signor Giovanni …?” e proseguiva la masturbazione e con il dito a stimolargli con delicatezza la prostata, sino a ritrovarsi la mano ingombra, ornata di calde opalescenze.
“Rispondo io, dottore: il suo primo pasto consiste in latte da prendere direttamente alla fonte, senza aiuto delle mani e in una zuppa di farine da ingurgitare, da aspirare dalla ciottola, con due dita di uno stalliere in bocca per educarlo a suggere, aspirare, strapazzare per estrarre o per dar piacere ad un membro maschile con i muscoli della masticazione e della deglutizione. Lui è qui per imparare a venerare il fallo e per apprendere risposte da dare a chi richiederà in futuro i suoi servizi; per cui il suggere un capezzolo di vacca senza aiuto delle mani o aspirare con due dita in bocca una zuppa di farine sono metodi per impratichirsi a fare un pompino a regola d’arte. Oggi ha preso solo la crema di mais, poiché il suo latte ha sostituito nella raccolta quello che lui ha sparso nella mungitura per non aver accolto i consigli.”
“Lo verificherò, comunque non può stare senza latte!” … e sfilatogli il dito, presolo per la chioma, lo fece alzare per farlo inginocchiare verso di lui. Una mano posata sulla nuca suggeriva al ragazzino cosa fare. “Che puttanello! Assomiglia ad una femmina in calore. Ma guarda come ha accostato il viso alla batola dei miei pantaloni! Signori, oltre ad una figura completamente glabra con una pelle liscia, profumata e quantomai vellutata, ha innati atteggiamenti concupiscenti, lascivi, impudichi come non ho riscontri di averne trovati in altri, che avete avuto come allievi e apprendisti nel vostro passato. È eccitante, emozionante, avvincente avere un volto di giovinetto che te lo accarezza da sopra i pantaloni; che vi soffia sopra, avvicinandovi poi le labbra per un casto bacio; che aspira a bocca aperta i profumi che da lì si sprigionano e che ora con le sue dita cerca di aprirmi la patta, tenuta unita da bottoni, per prenderlo guardandomi negli occhi. Quanto desiderio, quanta voglia di vedere, ammirare, toccare, stringere; quanta libidine e brama vedo nei suoi occhi! Ohh, ragazzo, afferralo! È tutto per te! Mostrami cosa hai imparato in questa casa, ma cosa fai? Lo stai coccolando con la punta del naso, vellicando con i capelli, accarezzando con le guance e con le pupille. Ohh lussuria innata, quanto affascini e seduci! Ma … ohhhh, assomigli ad una bambina disorientata, perplessa con un cono, che non sa da dove iniziare a leccare, per tirare via la crema-gelato che principia a colare. Ohhh, ma … dal fondo del cono …, mentre una tua mano mi abbassa i pantaloni con le mutande e l’altra lo tiene, tu vai con la lingua appiattita a pulire per asportare filamenti trasparenti dai miei neri ricci, da cui si stacca il mio totem, il tuo gelato. Ma … che fai piccola troia, piccolo scugnizzo desideroso di essere preso e fottuto? … ohpsss … stai titillando la mia sacca, … me la picchietti con la punta della tua lingua e premi con il tuo giocattolo caldo e umido per dividere i miei gemelli? Ohh, tesoro quanto bello sei, quanta lascivia emani stando seduto sui talloni, mentre annusi gli odori dispersi tra il mio vello! Ohhh tra le tue labbra s’è annidato un mio testicolo per essere trastullato, sedotto, lisciato dalla tua lingua, … e lo frulli, lo giri nel tuo alveo orale … ohhh, sì che delizia mi fai soffrire! … e con l’altro! Per te sarà un gioco, ma per me … trattenermi dallo schizzarti sul volto le mie essenze mi sta diventando arduo, difficile. Ohhh, sìììììììììì! Finalmente sei salito per prenderti cura della sericea, marmorea, rugiadosa prugna. Ohhhhhhhh sììììììììììììììììì, prendila, nettala dalle scie vischiose, trasparenti, sinonime del desiderio che sta crescendo, della libidine fomentatami, che mi farà perdere il lume della ragione. Ohhh cazzo, il mio fallo sta affogando nelle tue salive! Ohhh quanto umidore, che calore e lui scivola piacevolmente dentro sino ai testicoli, stretto, spinto dalla lingua contro il palato. Lo stai vellicando con il sopra della lingua; sento la gola che aspira, che vorrebbe ingurgitare, ma … Ohhh tu mi fissi con i tuoi occhi scintillanti di piacere e di libidine, mentre sfinito, debilitato per aver raggiunto l’acme, riverso in te ondate di magma incandescente! Ohhh come deglutisci senza lasciarne uscire e non contento poi pigi a salire con la lingua sull’uretra, per derubarmi dei residui rimasti nel dotto. Ohh tortura dolcissima, che prosegue a sfinirmi. Che fai? Non ho più nulla, tutto mi hai preso! Perché mi irriti il sottile lembo di pelle che lega il prepuzio al glande? Tu mi guardi e non rispondi, anzi mi sorridi con gli occhi. Che vuoi, … ohhh nooooooo, noooooooooooo, noooooooooo, … sto per liberare la vescica nella tua bocca! Lasciami ragazzo, non voglio pisciarti in bocca! Non voglio! Ohhhhhhhhnnndssss, ohhhhhndssssssssss! Ti trattengo la testa addossata al mio pube con la mia capocchia nella tua gola e piscio godendo, appagandomi. Sì, urino svuotandomi in te, piccola indomabile, straordinaria, meravigliosa puttana. … e i tuoi occhi brillano di una luce particolare. Ragazzi, signor Giovanni, oggi questa troietta non ha preso il latte: dategli il vostro! Che mi goda l’estrazione, il prelievo dei vostri succhi.” … e uno dopo l’altro, quanto mai surriscaldati e infoiati, diedero a Samuel il contenuto spermatico delle loro ghiandole endocrine. Furono bloccati dal lavarlo dal veto del sanitario, che prima volle che il ragazzino assumesse il contenuto della ciottola, anche se freddo e quindi un po’ disgustoso e dopo che fosse irrorato con i loro getti caldi, profumati e afrodisiaci.
“Signori, io sono il suo veterinario, sono un medico e per le mie conoscenze gli prescrivo per cura, di bere. mattino e sera, lo sperma del torello. Questa bibita renderà la sua pelle molto più elastica, pruinosa e soprattutto molto liscia e molto femminile: tutte quelle donne che ne fanno uso, hanno un fisico tonico, serico e implume, … solo piccoli ciuffetti alle ascelle e al pube. Inoltre, io sono il dottore di questa stalla, per cui verrò a trovarlo spesso per vedere il suo stato di salute, i progressi scolastici al corso iniziatico e l’elasticità della sua muscolatura.”
“Ma …”
“Non c’è signora! Sono il medico di questi animali e lui, da voi, è considerato tale; per cui inizierò le visite già da questo fine settimana, alla fine del percorso alle stalle dei miei clienti.”
“Dottore, siamo occupati con ospiti!”
“No, voglio vedere l’esito della cura, complementare alle altre … e poi i vostri invitati potranno assistere alla visita, constatando di persona come noi veterinari abbiamo a cuore la salute delle bestie affidateci.”
Il veterinario
Il canto del cuculo risuonò all’improvviso, come per incanto, tra gli alberi che circondano la cascina. È un canto saturo di mistero e di benefico potere di rinnovamento e di guarigione. Caldo, risveglio, trepidazione, sentori. Nella stalla si sentivano ogni tanto dei frusci di coda per allontanare insetti. L’alba non era lontana. La brezza notturna risvegliava motti, brontolii e bisogni impellenti. Nel torpore e nell’intorpidimento del dormiveglia liquidi scorrevano sull’acciottolato regalando all’adolescente novizio un delizioso, inebriante, caldo benessere. Si toccò, si tastò con la punta delle dita per capire e … ricordò. Era imbrattato, impiastricciato, sudicio di quello con cui lo avevano farcito e forse, per il freddo notturno patito, anche di suo. Che pirla era stato. Perché si era ribellato in più riprese, inveendo, imprecando, rifiutando inviti o abbandonandosi con Rosetta a piacere intensi? Quella megera lo aveva redarguito, punito riempendolo, saturandolo all’inverosimile con quella melma e permettendo ai figli di controllare e gestire con uno stecco il suo orifizio, mentre scaricava, per non lordarsi le mani. Un gatto passò furtivo, guardingo, con passo felpato sulla sbarra della mangiatoia, infischiandosene dei presenti. Oh, gli animali stavano meglio di lui: erano più liberi, mentre lui … I galli del pollaio iniziavano il concerto di benvenuto al sole, mentre nella stalla le bestie sfiatavano rumoreggiando e, spostando la coda, sgravavano gli intestini. Era stato avvisato che la signora Licia non avrebbe accettato ritrosie, negazioni, parolacce, esecrazioni, … doveva controllarsi di più e accettare di essere spogliato anche del nome, pur di arrivare all’obbiettivo di essere una lucciola. Rifletteva, si tastava levandosi incrostazioni essiccate dal volto. Al canto del cuculo si unirono i vocalizzi di merli, il cinguettio di passeri e di pettirossi, di ballerine e di usignoli, il trillo di allodole e di chiurli per annunciare i primi chiarori del giorno. Un fruscio, una scudisciata di coda per scacciare mosche fastidiose, seguita da uno scalpiccio; una coda che si alza e … uno scroscio o meglio un nubifragio caldo, prolungato, fumante, lava, ripulisce, diffonde profumi di urine. Porte che si aprono, carriole, sbattere di forche; inviti ad alzarsi, a spostarsi e manate per salutare; lettiera zuppa di escrementi rimossa e trasferita su carriole in legno; strame asciutto spostato verso il posteriore del bestiame; fieno e farine nelle mangiatoie e poi … mungitura.
“La tua vicina ti ha reso un buon servizio. Sento che sai di stalla e di pipì di vacca.” … e toccatolo con un piede, toltogli la catena, la signora lo invitò prima ad osservare e ad aiutare nelle pulizie; poi, datogli una specie di sgabello con il sedile di forma irregolare, al cui centro era inserito un piolo d'appoggio di forma cilindrica con l’altra estremità affusolata, simile ad una salsiccia, fuoriuscente dalla seduta. “Questo è per i novizi, che devono apprendere a mungere massaggiando o lappando e contemporaneamente a stringere per spompare e svuotare altri testicoli, cercando di stare in equilibrio sul perno. Sappi che l’operazione che stai iniziando impegnerà tutto il tuo corpo di novello bovaro. Potrai mungere da inginocchiato, accovacciato o da seduto, ma per la professione che andrai a fare è preferibile avere un equilibrio instabile, malfermo, precario come te lo potrà dare solo lo sgabello che vedi. Per non farti male o per non rovesciare il latte devi posare la testa sull’inguine della bestia. Essa deve sentirti un padrone e non un ragazzino impacciato e timido. Devi stare attento, usare vigore e dolcezza, ma anche rispetto e delicatezza, mantenendo il ritmo in simbiosi con l’animale. La mucca si potrebbe spostare se non ti sente sicuro e questo potrebbe farti cadere in avanti o con le gambe all’aria, comunque in ogni caso il cavicchio che avrai in culo ti procurerà dolore; inoltre, facilmente, con la caduta rovescerai il latte raccolto, movente utile per sferzarti e dopo, per rifinire il lavoro della frusta, per strofinarti il corpo con spighe d’ortica. Non farti trovare dal veterinario appeso ai ganci e tutto arrossato. Arriverà nella tarda mattinata per vedere dei vitelli Su, cala quel tuo culo merdoso e impalati! Cerca di star sempre appoggiato alla bestia con il secchio tra le ginocchia. Stringi con decisione e strizza con passione. Si deve sentire cantare, sibilare lo spruzzo.” Finì a pavimento varie volte, per quanto cercasse di applicarsi nell’arte della mungitura. Le nozioni, i consigli non gli erano stati sufficienti per farne un bravo bovaro, poiché si dovrebbero abbinare alla pratica, che è la miglior maestra: essa ti addestra alla sensibilità e alla comunicazione tattile. Le cadute all’indietro, per lo stare troppo ritto con il corpo, gli fecero rovesciare in più riprese il bianco, profumato liquido e gli causarono forti, muti dolori al colon e alla ghiandola prostatica. Come ulteriore punizione per aver disperso il latte, fece colazione di solo pastone. Pulì con la lingua lo sgabello e dopo essere stato ben lavato e aver assunto i farmaci che doveva, fu issato sui ganci per la punizione.
“Voglio essere benevola con te. Non desidero rigare il tuo fisico con lo scudiscio, se tu mi permetti di sostare con le ortiche tra le tue natiche per massaggiarti bene lo scroto, contenitore e culla dei tuoi testicoli, produttori dei tuoi ormoni sessuali; il perineo, valle deliziosa e sensibilissima creata per celare il paradiso, che tanti amano per vivere il nirvana che solo quel buchetto sa regalare; e poi … c’è lui: il pertugio. Lo voglio vedere piangere, supplicare e spasimare. Non trascurerò i tuoi capezzolini, ora che si stanno bombando: li voglio vedere crescere, arrotondarsi, impinguarsi per diventare da nocciola a rosati. Ahhhhhhhhhh, non ignorerò il tuo cazzetto! Noi femmine ammiriamo e godiamo volentieri di un cazzo grosso, turgido, gonfio con una testa simile ad una pesca. Sì, sì … sarà una sorpresa per lo zooiatra osservarti! Rimarrà esterrefatto nell’esaminare e notare i prodigi delle ortiche.” Non rispose per non incorrere in altre angherie. Si era ripromesso di accettare, di tollerare e di tacere. Le ortiche però … soprattutto nel momento della fioritura, … umhhhhhhhhhh. Aveva paura e terrore, … tanto. I figli della padrona avevano raccolto come gli era stato comandato. A comporre il mazzo erano più spighe con la presa coperta da carta oleata, per riparare le mani da irritazioni.
“Osserva buono a nulla: ora stacco una piccola infiorescenza da una spiga per titillarti un capezzolino. Che dici? … Ohh stai trattenendo il fiato! Suvvia ragazzo: è piacere anche questo. Scrutalo come si arrotonda e s’ingrossa; come s’inturgidisce. Proviamo attorno all’aureola: ohhhhhhhh, perbacco; come si gonfia. Mi turba, mi stupisce. Ohh, mi dà la percezione di tastare una mammella di una ragazzina impubere, implume, senza peluria. Oh, meraviglia delle meraviglie, facciamo la prova anche sull’altro! Darà fastidio, forse un po’ di irritazione, ma cos’è il fastidio al confronto di possedere e godere di due bellissime, sode, croccanti mammelle. Ohh, sciocco che non sei altro: lasciati modellare, plasmare, forgiare come tanti ti vorrebbero. Sono tentata di azzardare la verifica anche sulla piccola prugna che si rizza e mi punta. Chissà come diventerà dopo una leggera frizione con barbe d’ortica: forse la vorrò nella mia sbrodolosa, grassa bernarda. Chissà! Suvvia, non perdiamo ulteriore tempo con i convenevoli, con prove per conoscere allergie, … e voi, colleghi e allievi, mirate come sagomo e formo una piccola novella sgualdrina.” … e così dicendo, preso il mazzo, ne rasentò le ascelle implumi inducendo il poveretto a dondolarsi, a piegare il capo verso le ortiche, incapace a sfuggire alla tortura per mancanza d’appoggi. Malignamente la signora Licia spostò il mazzo urticante verso l’ombelico e di nuovo sui capezzoli, frizionando con movimenti rotatori o pressando, come a voler marcare un’area. “… e i piedi … ohhh sììììììììì, questi piedini, così bianchi, puliti, asciutti, esili, … Su … su non agitarti; non gettare energie; tieni le tue lacrime per quando rasenterò, sfiorerò le tue gambe verso l’alto. Ma non hai capito niente: non voglio sferzarti, ma solo coccolare un po’ le tue aree erogene, il tuo pisello … Dinoooo … vuoi verificare come reagisce il suo fringuello alle malie e al fascino della tua lingua, … e mentre tu lo accarezzi slinguando e leccando quell’area sensibilissima, io mi riposo un po’ ammirando il suo fisico che vorrebbe sottrarsi o trovar sollievo ai pruriti dolorosi, fin qui fattigli avere. Che mi dici Dino, … da quel forellino sull’apice esce qualcosa, … niente?”
“Sì, mamma … qualche goccia salata. Però … ha una verga più grossa e lunga della mia. Mi piacerebbe sentirmela dentro. Potrò …?”
“No, caro. No, perché glielo speleresti, ma farlo entrare in una patonza, come la mia … così pregna, piena, … così sbrodolosa, … così satura di sughi, … a lui non farà male, ma a me … ohhh, sìììììììììììì, dopo averlo ben frizionato anche sul culo, ma non posso, dato che tra poco lo vedrà il veterinario. Penso che resisterebbe a lungo prima di schizzare o di pisciarmi dentro, ma …! Staccati figlio mio, che voglio proseguire ad arrossarlo!” Riprese a far scorrere quelle erbe in semenza. Sfiorava, rasentava, strisciava, strofinava, schiacciava e spinse quel mazzo anche nell’area perineale e sull’ano, finché per la pressione che ci metteva non le restò fra le mani che piccoli fuscelli. Samuel non aveva più lacrime. Esausto, sfinito, spossato non aveva più energie, neanche per fissare, ascoltare, essere presente. Il suo corpo prendeva, subiva senza ostacolare, reagire o contestare, mentre il suo garofanino si era tramutato in un rosso, sericeo lilium, quanto mai chiuso e il suo acello si era trasformato in uno scettro unico, sodo, carnoso, lucente della lussuria e della carnalità.
“Ungetelo ben bene sulle irritazioni con questa crema senza premere, ma non sui capezzoli e nella depressione che conduce alla tana del piacere. Il veterinario, che sta arrivando, deve sentire i piccoli seni bombati, pieni, sericei e il suo bianco avvallamento deve essere aperto per far vedere il suo prezioso, rotondo, edematoso, caldo pertugio.” Il suo respiro migliorava, dai piedi e dalle gambe spariva l’arrossamento, come dai glutei e dall’addome, mentre il suo sesso tornava nella normalità, lasciando fluire pacatamente urine e sperma.
“Mettetegli il collare, conducetelo allo stallo vuoto vicino al torello da visitare e sistematelo alla greppia facendo in modo che sia costretto a stare carponi; inoltre, sulla targhetta sul muro scrivete , il suo nome nella fattoria.” Le oche dell’azienda starnazzavano per informare che erano state disturbate
“Buongiorno. Qui non temete di avere visite avverse e sgradite, senza che non siate avvisati. Questi palmipedi controllano, non solo l’entrata, ma anche la casa. Signor Giovanni, prima di controllare il torello, vorrei che si possa pensare anche alla fecondazione artificiale. Mi creda: è meno costosa, anche se il toro è di proprietà. Pensi quanti vitelloni potrebbe far crescere nello stallo occupato da quella bestia.”
“Benvenuto Dottore. Lei ha ragione, però non serve solo per la monta di manze e di vacche. A volte ci è richiesto un servizio di formazione, che altrimenti non si troverebbe; a ogni buon conto, anche se sarà molto giovane, è importante che il suo apparato sessuale funzioni.”
“Beh, fatemi strada. Andiamo a valutare questo torello.” Giovanni indicava nel silenzio della stalla, rotto dalla visita dello specialista. Stropiccii, qualche muggito, un gatto in fuga, delle rondini alla ricerca di cibo, in lontananza il chiocciare di galline. “Vengo sempre molto volentieri in questa casa, quando mi chiama, signor Giovanni. È un ambiente libero da qualsiasi vincolo, dove i suoi membri non hanno blocchi mentali. Un posto come questo l’ho visto in un pascolo in montagna, dove ho scorto un anziano con un maschietto in un momento di grande lussuria. Allora sono rimasto estasiato dallo spettacolo di poter osservare tranquillamente un giovinetto invitare l’attempato a riempirgli l’intestino … e le effusioni, le tenerezze, le carezze e i complimenti che si scambiavano. Ohhh è stato un avvenimento straordinario, intrigante, appassionante, bellissimo, fantastico in cui non ho notato pudore e negazioni. È questa la bestia? … mhhhhh! È un bel esemplare, pulito, ben messo, con due testicoli … È un torello da esposizione, da fiera. Queste gonadi sono piene, cariche, pesanti e, se ha anche un attrezzo ben messo … può tenerlo comodamente, anche se con quella artificiale lei, signor Giovanni, avrebbe facilmente magnifici esemplari selezionati.
Uhmmm, … ma avete sempre delle sorprese! Come si chiama e chi ve l’ha condotto?”
“Bionda. È un nome per bestie ed è stato lui a scegliere e a volere far l’esperienza che sta vivendo per prepararsi a vendere il suo corpo e Lei, dottore, dovrebbe sapere che in quell’attività si possono incontrare persone con richieste particolari, bizzarre, curiose e a volte molto spinte, scabrose, estreme. A tutto quello che gli potrebbero richiedere, deve essere preparato e addestrato.”
“Bionda, … mmhhhh … un nome da femmina e allora … vediamone la conoscenza! Lo visiterò e testerò, dopo aver terminato con il vitellone; nel frattempo toglietegli le catene, applicategli abbondante crema sulle irritazioni, ma lasciatelo gattoni.” … e presa una bacinella capiente dalla sua borsa e consegnatala a Giovanni, iniziò ad accarezzare, sfiorare, toccare dalla colonna dorso-lombare al fianco sinistro per risalire verso il sottocoda e il culo dell’animale, che si stava tranquillizzando e rilassando per quelle maestrie tanto che, dopo un po’, defecò. Le carezze si fecero sempre più calde e ardite. Mentre la sinistra del medico scendeva verso l’inguine, la destra si abbassava con movimenti circolari, increspanti, lievi o forti, verso i testicoli. L’animale accettava e chiedeva con dei muggiti basso-baritonali il proseguo della sevizia verso il suo sesso, che iniziava a scuotersi mostrando, con le prime avvisaglie di precum, il desiderio del piacere. La punta, uscita dal fodero, si alzava, si allungava e si dilatava sbattendogli contro l’addome. Giovanni era pronto a ricevere la copiosa semenza con il recipiente, già istoriato di trasparenze. Mentre una mano tastava, stringeva, scorreva, massaggiava il palo di carne; l’altra prese le grosse palle che penzolavano, ricoperte da una sacca liscia, vellutata, per soppesarle, frizionarle, lisciarle come gioielli preziosi. Il torello apprezzava quello che il medico gli faceva e lo dimostrava sbattendo continuamente la sua rossa verga contro la pancia, muggendo e orinando goccioloni cristallini.
“Pronto, signor Giovanni? Sta per eiaculare!” Uno spruzzo lungo, caldo, odorante di fieno s’infranse sulla parete della ciottola. Zang-zang, … zang-zang e altri schizzi sempre abbondanti si raccolsero nel contenitore. “Abbiamo fatto un buon raccolto da una bestia mansueta, tranquilla, a cui piacevano le nostre cure. È un prodotto sano, con un intenso aroma di erba medica. È un ottimo animale da monta! Ora … esaminiamo il ragazzo e la sua produzione! Come si chiama?” Una mano sfiorò lentamente la colonna dal dorso ai lombi, regalando al sottomesso un intenso brivido, che l’ha percorso dalla testa ai piedi. Da quanto non percepiva delle mani; non si sentiva toccato e poter goderne ed essere goduto nell’esasperante silenzio di chi osserva, in cui solo il suo cuore in attesa di eventi sembra far rumore per un battito accelerato. Le avvertiva scendere verso il suo anello e passare oltre per esplorare le sue parti intime e dirigersi verso le ginocchia per risalire graffiando, pizzicando, accarezzando. Si aprì di più inarcandosi leggermente verso il basso per offrire meglio, a colui che studiava il suo corpo, la sua apertura che principiava a commuoversi e a boccheggiare. A volte, a causa di un dito curioso che amava titillargli il cerchietto grinzoso, rispondeva spingendosi contro per un contatto più intenso.
“Samuele, ma per noi Samu e qui, nella stalla, Bionda, perché ha la silhouette di una femmina. Gli osservi il tondino: non lo nasconde in una valle scura ed ombrosa e non è ferrigno, ma lo rivela rosato al fondo di un pendio vellutato, felpato e molto da pesca matura come quello di una adolescente e poi …” L’uomo, inginocchiato, passava l’indice destro fra i glutei, su e giù, con calma e accortezza, mentre con la sinistra gli prese il pene rigido, da cui fluivano viscosità trasparenti. Samuel, inconsciamente, cominciò a irrigidirsi, nascondendo il suo fiorellino carnivoro. Il veterinario gliele riaprì per esaminare il buchino, che mandava brividi di piacere, poi …
“Oh, mi ha aspirato il dito e … cingendolo, lo stringe come a volerlo mungere, spremere, poppare.” Il ragazzo gemeva ed inspirava forte, incapace di articolare parole, mentre la mano sinistra del medico proseguiva il massaggio alla canna prossima a gettare la spugna.
“Hai fatto colazione?”
“Ho preso quello che mi hanno fatto assumere.”
“Signor Giovanni …?” e proseguiva la masturbazione e con il dito a stimolargli con delicatezza la prostata, sino a ritrovarsi la mano ingombra, ornata di calde opalescenze.
“Rispondo io, dottore: il suo primo pasto consiste in latte da prendere direttamente alla fonte, senza aiuto delle mani e in una zuppa di farine da ingurgitare, da aspirare dalla ciottola, con due dita di uno stalliere in bocca per educarlo a suggere, aspirare, strapazzare per estrarre o per dar piacere ad un membro maschile con i muscoli della masticazione e della deglutizione. Lui è qui per imparare a venerare il fallo e per apprendere risposte da dare a chi richiederà in futuro i suoi servizi; per cui il suggere un capezzolo di vacca senza aiuto delle mani o aspirare con due dita in bocca una zuppa di farine sono metodi per impratichirsi a fare un pompino a regola d’arte. Oggi ha preso solo la crema di mais, poiché il suo latte ha sostituito nella raccolta quello che lui ha sparso nella mungitura per non aver accolto i consigli.”
“Lo verificherò, comunque non può stare senza latte!” … e sfilatogli il dito, presolo per la chioma, lo fece alzare per farlo inginocchiare verso di lui. Una mano posata sulla nuca suggeriva al ragazzino cosa fare. “Che puttanello! Assomiglia ad una femmina in calore. Ma guarda come ha accostato il viso alla batola dei miei pantaloni! Signori, oltre ad una figura completamente glabra con una pelle liscia, profumata e quantomai vellutata, ha innati atteggiamenti concupiscenti, lascivi, impudichi come non ho riscontri di averne trovati in altri, che avete avuto come allievi e apprendisti nel vostro passato. È eccitante, emozionante, avvincente avere un volto di giovinetto che te lo accarezza da sopra i pantaloni; che vi soffia sopra, avvicinandovi poi le labbra per un casto bacio; che aspira a bocca aperta i profumi che da lì si sprigionano e che ora con le sue dita cerca di aprirmi la patta, tenuta unita da bottoni, per prenderlo guardandomi negli occhi. Quanto desiderio, quanta voglia di vedere, ammirare, toccare, stringere; quanta libidine e brama vedo nei suoi occhi! Ohh, ragazzo, afferralo! È tutto per te! Mostrami cosa hai imparato in questa casa, ma cosa fai? Lo stai coccolando con la punta del naso, vellicando con i capelli, accarezzando con le guance e con le pupille. Ohh lussuria innata, quanto affascini e seduci! Ma … ohhhh, assomigli ad una bambina disorientata, perplessa con un cono, che non sa da dove iniziare a leccare, per tirare via la crema-gelato che principia a colare. Ohhh, ma … dal fondo del cono …, mentre una tua mano mi abbassa i pantaloni con le mutande e l’altra lo tiene, tu vai con la lingua appiattita a pulire per asportare filamenti trasparenti dai miei neri ricci, da cui si stacca il mio totem, il tuo gelato. Ma … che fai piccola troia, piccolo scugnizzo desideroso di essere preso e fottuto? … ohpsss … stai titillando la mia sacca, … me la picchietti con la punta della tua lingua e premi con il tuo giocattolo caldo e umido per dividere i miei gemelli? Ohh, tesoro quanto bello sei, quanta lascivia emani stando seduto sui talloni, mentre annusi gli odori dispersi tra il mio vello! Ohhh tra le tue labbra s’è annidato un mio testicolo per essere trastullato, sedotto, lisciato dalla tua lingua, … e lo frulli, lo giri nel tuo alveo orale … ohhh, sì che delizia mi fai soffrire! … e con l’altro! Per te sarà un gioco, ma per me … trattenermi dallo schizzarti sul volto le mie essenze mi sta diventando arduo, difficile. Ohhh, sìììììììììì! Finalmente sei salito per prenderti cura della sericea, marmorea, rugiadosa prugna. Ohhhhhhhh sììììììììììììììììì, prendila, nettala dalle scie vischiose, trasparenti, sinonime del desiderio che sta crescendo, della libidine fomentatami, che mi farà perdere il lume della ragione. Ohhh cazzo, il mio fallo sta affogando nelle tue salive! Ohhh quanto umidore, che calore e lui scivola piacevolmente dentro sino ai testicoli, stretto, spinto dalla lingua contro il palato. Lo stai vellicando con il sopra della lingua; sento la gola che aspira, che vorrebbe ingurgitare, ma … Ohhh tu mi fissi con i tuoi occhi scintillanti di piacere e di libidine, mentre sfinito, debilitato per aver raggiunto l’acme, riverso in te ondate di magma incandescente! Ohhh come deglutisci senza lasciarne uscire e non contento poi pigi a salire con la lingua sull’uretra, per derubarmi dei residui rimasti nel dotto. Ohh tortura dolcissima, che prosegue a sfinirmi. Che fai? Non ho più nulla, tutto mi hai preso! Perché mi irriti il sottile lembo di pelle che lega il prepuzio al glande? Tu mi guardi e non rispondi, anzi mi sorridi con gli occhi. Che vuoi, … ohhh nooooooo, noooooooooooo, noooooooooo, … sto per liberare la vescica nella tua bocca! Lasciami ragazzo, non voglio pisciarti in bocca! Non voglio! Ohhhhhhhhnnndssss, ohhhhhndssssssssss! Ti trattengo la testa addossata al mio pube con la mia capocchia nella tua gola e piscio godendo, appagandomi. Sì, urino svuotandomi in te, piccola indomabile, straordinaria, meravigliosa puttana. … e i tuoi occhi brillano di una luce particolare. Ragazzi, signor Giovanni, oggi questa troietta non ha preso il latte: dategli il vostro! Che mi goda l’estrazione, il prelievo dei vostri succhi.” … e uno dopo l’altro, quanto mai surriscaldati e infoiati, diedero a Samuel il contenuto spermatico delle loro ghiandole endocrine. Furono bloccati dal lavarlo dal veto del sanitario, che prima volle che il ragazzino assumesse il contenuto della ciottola, anche se freddo e quindi un po’ disgustoso e dopo che fosse irrorato con i loro getti caldi, profumati e afrodisiaci.
“Signori, io sono il suo veterinario, sono un medico e per le mie conoscenze gli prescrivo per cura, di bere. mattino e sera, lo sperma del torello. Questa bibita renderà la sua pelle molto più elastica, pruinosa e soprattutto molto liscia e molto femminile: tutte quelle donne che ne fanno uso, hanno un fisico tonico, serico e implume, … solo piccoli ciuffetti alle ascelle e al pube. Inoltre, io sono il dottore di questa stalla, per cui verrò a trovarlo spesso per vedere il suo stato di salute, i progressi scolastici al corso iniziatico e l’elasticità della sua muscolatura.”
“Ma …”
“Non c’è signora! Sono il medico di questi animali e lui, da voi, è considerato tale; per cui inizierò le visite già da questo fine settimana, alla fine del percorso alle stalle dei miei clienti.”
“Dottore, siamo occupati con ospiti!”
“No, voglio vedere l’esito della cura, complementare alle altre … e poi i vostri invitati potranno assistere alla visita, constatando di persona come noi veterinari abbiamo a cuore la salute delle bestie affidateci.”
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