Il diario di mia moglie - racconto 6
di
MarcoAvventura
genere
prime esperienze
Tratto direttamente dalle pagine del dario e omettendo i nomi orginali:
Oggi è stata una giornata strana, tipo che non so nemmeno come mi sento. Fuori è nuvolo, e io sono qui sotto le coperte con la luce spenta, la penna che trema un po’ mentre scrivo. Ogni tanto mi torna in mente quel pomeriggio con Andrea. È passato un po’ di tempo, ma è come se fosse successo ieri, e allo stesso tempo sembra un sogno che non mi appartiene più. Lui non mi ha più scritto dopo quel “Sei fantastica”. Niente. Silenzio totale. Non so perché mi aspettavo altro, cioè, è Andrea. Lo sanno tutti che è quel tipo di ragazzo – occhi scuri che ti fanno sciogliere, il sorriso che sembra sempre nascondere qualcosa, e tutte le ragazze della scuola che gli girano intorno come mosche. Io non sono una di quelle. Non ancora. Non sono bella come loro, non ho i capelli perfetti o il modo di ridere che fa girare la testa ai ragazzi. Sono solo… io. E quel giorno nel bagno del cineforum, beh, è stato un caso. Un momento che non si ripeterà, lo so.
Ci penso continuamente, però. Quel pomeriggio. È come un film che mi gira in testa, e non riesco a spegnerlo. La sala buia, il modo in cui mi ha toccato, la sua mano che esitava ma poi si è fatta sicura. E poi dopo, nel bagno, quando tutto è esploso. Mi ricordo ogni dettaglio: il sapore di menta della sua lingua, il modo in cui mi ha afferrato i capelli, il suo… sì, quello, così diverso, così perfetto che mi ha fatto quasi paura guardarlo. Non so nemmeno come ho fatto a fare quello che ho fatto, è stato tipo un istinto, come se non fossi io. E quel sapore, salato e strano, che mi è rimasto in bocca per ore… mi brucia ancora pensarci.
A volte, di notte, quando sono sola e tutto è silenzio, ci ripenso e… non so come dirlo, mi tocco. È una cosa che non confesserei mai a nessuno, nemmeno a Sara, anche se ormai non le parlo più tanto dopo quella storia del segreto. Mi sdraio, chiudo gli occhi e immagino lui. La sua mano che mi stringe, il respiro pesante, il modo in cui mi guardava mentre lo facevo. Mi tocco piano, cercando di sentire di nuovo quel fuoco che mi ha acceso quel giorno. È strano, perché mi piace ma mi fa anche sentire sbagliata. Come se stessi inseguendo qualcosa che non avrò mai più. Lui è là fuori, probabilmente con un’altra, una di quelle ragazze perfette che sanno come farsi desiderare. Io invece sono qui, con le mie mani che tremano e il cuore che batte troppo forte, a rivivere un momento che per lui magari non significa niente.
Oggi però è successa una cosa. Giorgio mi ha scritto. Sì, proprio lui, dopo tutto quel tempo. “Ci vediamo al parco? Ho bisogno di parlarti.” Non so perché ho detto sì, forse una parte di me voleva vedere se potevo sentire ancora qualcosa. Ci siamo incontrati vicino alla panchina sotto gli alberi, c’era quel freddo umido che ti entra nelle ossa. Lui era lì, con la sua solita felpa larga, e mi ha guardato con quegli occhi che una volta mi piacevano tanto. Abbiamo parlato un po’, cose stupide tipo la scuola e il tempo schifoso, ma poi mi ha preso la mano e mi ha tirato verso di lui. Mi ha baciato, così, senza dire niente. Le sue labbra erano calde, familiari, e stavolta non mi sono tirata indietro. Mi ha messo una mano sotto la maglia, sfiorandomi la pelle, e io l’ho lasciato fare. Mi ha toccato i seni, strizzandoli piano, e io ho sentito un brivido, ma non era come con Andrea. Poi ho fatto una cosa che non mi aspettavo: gli ho slacciato i jeans, gliel’ho preso in mano e ho iniziato a muoverla, lentamente. Lui ha gemuto, ha infilato una mano nei miei pantaloni, sotto le mutande, e mi ha toccato lì, con le dita che cercavano di farmi godere. È stato veloce, confuso, un po’ goffo. Siamo venuti quasi insieme, lui sul prato, io tremando contro di lui. Ma mentre lo facevamo, io pensavo ad Andrea. Alla sua mano nei miei capelli, al suo sapore. Giorgio non lo sa, non sa niente di lui, e non glielo direi mai. Quando è finita, ci siamo guardati un attimo, poi lui ha sorriso, tipo soddisfatto, e ha detto “Mi sei mancata.” Io ho annuito, ma dentro sentivo un vuoto.
E adesso? Non lo so. Forse sarebbe meglio togliermi dalla testa Giorgio e Andrea, tutti e due, e iniziare a pensare ad altro. A qualcosa di nuovo, che non mi lasci sempre con questo peso strano addosso. Resto qui, a scriverlo, con la pioggia che batte fuori e questi pensieri che non se ne vanno, chiedendomi se un giorno sarò abbastanza bella da non essere solo un ricordo che svanisce.
Oggi è stata una giornata strana, tipo che non so nemmeno come mi sento. Fuori è nuvolo, e io sono qui sotto le coperte con la luce spenta, la penna che trema un po’ mentre scrivo. Ogni tanto mi torna in mente quel pomeriggio con Andrea. È passato un po’ di tempo, ma è come se fosse successo ieri, e allo stesso tempo sembra un sogno che non mi appartiene più. Lui non mi ha più scritto dopo quel “Sei fantastica”. Niente. Silenzio totale. Non so perché mi aspettavo altro, cioè, è Andrea. Lo sanno tutti che è quel tipo di ragazzo – occhi scuri che ti fanno sciogliere, il sorriso che sembra sempre nascondere qualcosa, e tutte le ragazze della scuola che gli girano intorno come mosche. Io non sono una di quelle. Non ancora. Non sono bella come loro, non ho i capelli perfetti o il modo di ridere che fa girare la testa ai ragazzi. Sono solo… io. E quel giorno nel bagno del cineforum, beh, è stato un caso. Un momento che non si ripeterà, lo so.
Ci penso continuamente, però. Quel pomeriggio. È come un film che mi gira in testa, e non riesco a spegnerlo. La sala buia, il modo in cui mi ha toccato, la sua mano che esitava ma poi si è fatta sicura. E poi dopo, nel bagno, quando tutto è esploso. Mi ricordo ogni dettaglio: il sapore di menta della sua lingua, il modo in cui mi ha afferrato i capelli, il suo… sì, quello, così diverso, così perfetto che mi ha fatto quasi paura guardarlo. Non so nemmeno come ho fatto a fare quello che ho fatto, è stato tipo un istinto, come se non fossi io. E quel sapore, salato e strano, che mi è rimasto in bocca per ore… mi brucia ancora pensarci.
A volte, di notte, quando sono sola e tutto è silenzio, ci ripenso e… non so come dirlo, mi tocco. È una cosa che non confesserei mai a nessuno, nemmeno a Sara, anche se ormai non le parlo più tanto dopo quella storia del segreto. Mi sdraio, chiudo gli occhi e immagino lui. La sua mano che mi stringe, il respiro pesante, il modo in cui mi guardava mentre lo facevo. Mi tocco piano, cercando di sentire di nuovo quel fuoco che mi ha acceso quel giorno. È strano, perché mi piace ma mi fa anche sentire sbagliata. Come se stessi inseguendo qualcosa che non avrò mai più. Lui è là fuori, probabilmente con un’altra, una di quelle ragazze perfette che sanno come farsi desiderare. Io invece sono qui, con le mie mani che tremano e il cuore che batte troppo forte, a rivivere un momento che per lui magari non significa niente.
Oggi però è successa una cosa. Giorgio mi ha scritto. Sì, proprio lui, dopo tutto quel tempo. “Ci vediamo al parco? Ho bisogno di parlarti.” Non so perché ho detto sì, forse una parte di me voleva vedere se potevo sentire ancora qualcosa. Ci siamo incontrati vicino alla panchina sotto gli alberi, c’era quel freddo umido che ti entra nelle ossa. Lui era lì, con la sua solita felpa larga, e mi ha guardato con quegli occhi che una volta mi piacevano tanto. Abbiamo parlato un po’, cose stupide tipo la scuola e il tempo schifoso, ma poi mi ha preso la mano e mi ha tirato verso di lui. Mi ha baciato, così, senza dire niente. Le sue labbra erano calde, familiari, e stavolta non mi sono tirata indietro. Mi ha messo una mano sotto la maglia, sfiorandomi la pelle, e io l’ho lasciato fare. Mi ha toccato i seni, strizzandoli piano, e io ho sentito un brivido, ma non era come con Andrea. Poi ho fatto una cosa che non mi aspettavo: gli ho slacciato i jeans, gliel’ho preso in mano e ho iniziato a muoverla, lentamente. Lui ha gemuto, ha infilato una mano nei miei pantaloni, sotto le mutande, e mi ha toccato lì, con le dita che cercavano di farmi godere. È stato veloce, confuso, un po’ goffo. Siamo venuti quasi insieme, lui sul prato, io tremando contro di lui. Ma mentre lo facevamo, io pensavo ad Andrea. Alla sua mano nei miei capelli, al suo sapore. Giorgio non lo sa, non sa niente di lui, e non glielo direi mai. Quando è finita, ci siamo guardati un attimo, poi lui ha sorriso, tipo soddisfatto, e ha detto “Mi sei mancata.” Io ho annuito, ma dentro sentivo un vuoto.
E adesso? Non lo so. Forse sarebbe meglio togliermi dalla testa Giorgio e Andrea, tutti e due, e iniziare a pensare ad altro. A qualcosa di nuovo, che non mi lasci sempre con questo peso strano addosso. Resto qui, a scriverlo, con la pioggia che batte fuori e questi pensieri che non se ne vanno, chiedendomi se un giorno sarò abbastanza bella da non essere solo un ricordo che svanisce.
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