Il diario di mia moglie - racconto 5
di
MarcoAvventura
genere
prime esperienze
Il pensiero – Chissà com’è il sapore di qualcun altro – le era rimasto dentro come un seme, e quando lo confessò a Sara, sottovoce, quasi per gioco, non immaginava cosa avrebbe scatenato. “A volte mi chiedo se cambia, con un altro,” aveva detto, arrossendo. Sara aveva giurato di non dirlo, ma il segreto, come un soffio di vento, era sfuggito. Entro la fine della settimana, qualcosa nell’aria era cambiato. Non c’erano risate aperte o schiamazzi, ma sguardi silenziosi, insistenti, che la seguivano nei corridoi. Giorgio lo percepì – gli amici iniziarono a punzecchiarlo, sussurri invidiosi, “Sta con una che vuole provare altro” – e una sera, con un messaggio freddo, mise fine a tutto: “Non reggo questa merda. Siamo fuori.” Lei rimase sola, con un peso che non si aspettava.
Non ci fu un accerchiamento plateale, ma tre momenti, sparsi, quasi impercettibili. Il primo fu Matteo, un pomeriggio nel cortile della scuola. Le si avvicinò senza dire nulla, solo un sorriso storto, e le sfiorò il braccio con troppa confidenza. Lei si ritrasse, disgustata, il cuore che le martellava per la paura, e scappò via senza guardarlo. Il secondo fu Luca, qualche giorno dopo, nell’aula vuota dopo l’ultima ora. Le chiese, con voce bassa, “È vero che ti piace provare cose nuove?” mentre le si avvicinava. Lei lo spinse via, la nausea che le saliva in gola, e corse fuori, tremando.
Poi arrivò il terzo. Era lui, Andrea, il ragazzo che le era sempre piaciuto – occhi scuri, un modo di muoversi che la faceva arrossire ogni volta che lo vedeva. Accadde durante il cineforum pomeridiano, un corso extra per crediti. Proiettavano un film in bianco e nero, la sala buia e silenziosa. Seduti vicini, all’ultima fila, lui allungò una mano, lenta, esitante, fino a sfiorarle il seno da fuori la maglia. Lei si irrigidì, ma non si mosse. I suoi seni, gonfi e tesi nel pieno dello sviluppo, sembravano esplodere sotto il tessuto, e quando lui strinse, piano, i capezzoli si indurirono all’istante. Per più di mezz’ora, mentre sullo schermo scorrevano immagini sfocate, lui li strizzò, tirandoli appena, un tocco che le faceva male e insieme la incendiava. Lei stringeva i denti, il respiro corto, finché non resistette più. Si alzò di scatto e corse in bagno, il cuore che le scoppiava.
Lui la seguì. Appena dentro, la porta si chiuse e si avventarono l’uno sull’altra, limonando con una foga che le faceva girare la testa. Le lingue si intrecciavano, un sapore di menta e adrenalina. Da in piedi, lei gli prese la mano e se la infilò nei pantaloni, guidandola sul suo pelo umido, già bagnato di desiderio. Poi, con le dita che tremavano, gli slacciò la cintura e tirò fuori il suo uccello. Era diverso da quello di Giorgio – largo, scolpito, quasi una statua, perfetto in un modo che la lasciò senza fiato. Lo segò dolcemente, sentendolo pulsare, e quando quel liquido trasparente iniziò a colare, lui cambiò. Con un gesto deciso, quasi aggressivo, le afferrò i capelli e glielo spinse in bocca. Lei non era pronta: un fiotto caldo, abbondante, le riempì la gola, uscendo dai bordi delle labbra mentre i conati le scuotevano lo stomaco. Lui gemette, tenendola ferma, e lei ingoiò quel che poteva, il resto che le colava sul mento.
Quando finì, il bagno era silenzio e respiri pesanti. Il sapore di lui era forte, salato, con una nota amara che le bruciava la lingua – così diverso dal selvatico di Giorgio, più crudo, quasi chimico. Prese un pezzo di carta igienica dal dispenser, si pulì la bocca e il mento, strofinando via il liquido appiccicoso con mani tremanti. Si guardò allo specchio: i capelli spettinati, le labbra arrossate, gli occhi lucidi. Si sentiva sporca, non solo per il sapore che le restava in bocca o il bruciore in gola, ma per qualcosa di più profondo. Quel desiderio, che l’aveva spinta fin lì, ora le pesava come un errore. Tornò a casa con la testa bassa, il ricordo di lui ancora sulla pelle, chiedendosi se quel sapore, così nuovo, valesse davvero ciò che aveva perso. Poi, mentre si infilava sotto le coperte, il telefono vibrò. Un messaggio da Andrea: “Sei fantastica.” Quelle parole le scaldarono il petto per un istante, ma non cancellarono il peso che portava dentro.
Per commenti e suggerimenti scrivimi a marcoavventura09@gmail.com
Non ci fu un accerchiamento plateale, ma tre momenti, sparsi, quasi impercettibili. Il primo fu Matteo, un pomeriggio nel cortile della scuola. Le si avvicinò senza dire nulla, solo un sorriso storto, e le sfiorò il braccio con troppa confidenza. Lei si ritrasse, disgustata, il cuore che le martellava per la paura, e scappò via senza guardarlo. Il secondo fu Luca, qualche giorno dopo, nell’aula vuota dopo l’ultima ora. Le chiese, con voce bassa, “È vero che ti piace provare cose nuove?” mentre le si avvicinava. Lei lo spinse via, la nausea che le saliva in gola, e corse fuori, tremando.
Poi arrivò il terzo. Era lui, Andrea, il ragazzo che le era sempre piaciuto – occhi scuri, un modo di muoversi che la faceva arrossire ogni volta che lo vedeva. Accadde durante il cineforum pomeridiano, un corso extra per crediti. Proiettavano un film in bianco e nero, la sala buia e silenziosa. Seduti vicini, all’ultima fila, lui allungò una mano, lenta, esitante, fino a sfiorarle il seno da fuori la maglia. Lei si irrigidì, ma non si mosse. I suoi seni, gonfi e tesi nel pieno dello sviluppo, sembravano esplodere sotto il tessuto, e quando lui strinse, piano, i capezzoli si indurirono all’istante. Per più di mezz’ora, mentre sullo schermo scorrevano immagini sfocate, lui li strizzò, tirandoli appena, un tocco che le faceva male e insieme la incendiava. Lei stringeva i denti, il respiro corto, finché non resistette più. Si alzò di scatto e corse in bagno, il cuore che le scoppiava.
Lui la seguì. Appena dentro, la porta si chiuse e si avventarono l’uno sull’altra, limonando con una foga che le faceva girare la testa. Le lingue si intrecciavano, un sapore di menta e adrenalina. Da in piedi, lei gli prese la mano e se la infilò nei pantaloni, guidandola sul suo pelo umido, già bagnato di desiderio. Poi, con le dita che tremavano, gli slacciò la cintura e tirò fuori il suo uccello. Era diverso da quello di Giorgio – largo, scolpito, quasi una statua, perfetto in un modo che la lasciò senza fiato. Lo segò dolcemente, sentendolo pulsare, e quando quel liquido trasparente iniziò a colare, lui cambiò. Con un gesto deciso, quasi aggressivo, le afferrò i capelli e glielo spinse in bocca. Lei non era pronta: un fiotto caldo, abbondante, le riempì la gola, uscendo dai bordi delle labbra mentre i conati le scuotevano lo stomaco. Lui gemette, tenendola ferma, e lei ingoiò quel che poteva, il resto che le colava sul mento.
Quando finì, il bagno era silenzio e respiri pesanti. Il sapore di lui era forte, salato, con una nota amara che le bruciava la lingua – così diverso dal selvatico di Giorgio, più crudo, quasi chimico. Prese un pezzo di carta igienica dal dispenser, si pulì la bocca e il mento, strofinando via il liquido appiccicoso con mani tremanti. Si guardò allo specchio: i capelli spettinati, le labbra arrossate, gli occhi lucidi. Si sentiva sporca, non solo per il sapore che le restava in bocca o il bruciore in gola, ma per qualcosa di più profondo. Quel desiderio, che l’aveva spinta fin lì, ora le pesava come un errore. Tornò a casa con la testa bassa, il ricordo di lui ancora sulla pelle, chiedendosi se quel sapore, così nuovo, valesse davvero ciò che aveva perso. Poi, mentre si infilava sotto le coperte, il telefono vibrò. Un messaggio da Andrea: “Sei fantastica.” Quelle parole le scaldarono il petto per un istante, ma non cancellarono il peso che portava dentro.
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