Il rosa e il nero

di
genere
sadomaso

Io sono uno scrittore di romanzi rosa e il mio nome d'arte è Emma Darcy. Come potete facilmente immaginare, mi sento un po' a disagio a pubblicare qualcosa su questo sito di racconti erotici, sul quale la letteratura di cui io sono un esponente viene bellamente irrisa. Ma si tratta di un ordine della mia Signora, e se avrete la compiacenza di leggere capirete tutto.

Incontrai Giorgiana dal mio editore. Lei è una moretta un po' formosa, ma tanto carina. Quando la vidi non potei fare a meno di essere incantato dai suoi occhi nocciola che sembravano esprimere tanta dolcezza. Le sue mani erano estremamente curate, aveva un bello smalto color carminio. I capelli erano corti, a caschetto, come la famosa diva del cinema muto Louise Brooks. Non potei fare a meno di guardarla insistentemente, anche se so che non sta bene. Inaspettatamente anche lei cominciò a fissarmi, e dopo un po' mi venne vicino e si presentò.
"Ciao, mi chiamo Giorgiana e tu?"
Io sentii il cuore battere all'impazzata e a malapena riuscii a rispondere qualcosa.
"Piacere di conoscerla, Signora. Mi chiamo Alberto. Anche lei è una scrittrice di romanzi rosa?"
Alla mia ingenua domanda, fatta tanto per rompere il ghiaccio, lei rispose prima con un ironico e delicato sorriso e poi dicendomi: " No, il mio genere è il BDSM.".
Devo ammettere che all'epoca ero alquanto ignorante in materia e quindi le confessai candidamente che non sapevo neppure che cosa fosse questo "BDSM". Ancora una volta lei mi regalò quel suo sorriso ironico e allo stesso tempo dolce "Quanto sei tenero!".
Ogni volta che una donna mi ha detto questa frase per me son sempre stati guai. E difatti, dopo aver pronunciato la frase incriminata, mi stampò un bel bacio sulla guancia, premendo però il lungo tacco della sua scarpa scollata sul mio piede.
"A presto, zuccherino"
Mentre la vidi andar via, non potei far a meno di pensare a quanta strana gente s'incontra ogni giorno. Sulla guancia avevo ancora il segno delle sue labbra, mi venne quindi spontaneo strofinarmi per cancellare ogni traccia di quell'incontro. Ma il rossetto non se ne andava via, e inoltre più strofinavo e più la guancia mi faceva male.
"Ma che cazzo di rossetto usa?" mi domandai, stizzito.
Con la guancia che mi bruciava e il piede ancora dolorante, entrai zoppicando nell'ufficio di Carlo.
"Alberto, ma che ti è successo?"
"Una cosa incredibile, ho incontrato una pazza e proprio qui fuori. Mi sembrava una dolce e simpatica moretta, e invece in due minuti per poco non mi massacrava."
"Era per caso vestita di nero e un po' grassottella"
"Sì, perché la conosci?"
"Certo che la conosco. Hai appena incontrato il nuovo acquisto della nostra casa editrice: A-mantide"
"Chi??!!"
"Alberto, i costumi sociali si stanno evolvendo rapidamente e una casa editrice piccola come la nostra non può permettersi di dormire"
"Sì, ma questo che c'entra con quella pazza!"
"Vedi, secondo le nostre ultime ricerche di mercato, esiste una bella fetta di giovani donne con istruzione superiore che non è particolarmente attratta dalla narrativa rosa. Questa fascia di mercato, ancora relativamente vergine, cerca emozioni più forti. Roba sadomaso, fruste, catene, croci di Sant'Andrea…."
" Croci come?"
"Insomma, mi hai capito, no? Pensa che, secondo un ultimo sondaggio sulla pornografia, il 30% dei consumatori di pornografia sono donne. E mica si accontentano facilmente, vogliono cose di prima scelta, niente cafonate con ambientazioni sfarzose, hanno gusti difficili e a volte un po' snob, cercano roba genuina come, per esempio, quella tedesca. Sicché abbiamo deciso di creare una collana espressamente dedicata a questo nuovo tipo di giovane donna e la punta di diamante di questa nuova collana sarà proprio A-mantide".

Quello che mi aveva detto Carlo mi aveva sorpreso moltissimo. Possibile che non mi fossi reso conto di questa evoluzione del costume? Mi domandai persino se ciò che scrivevo non fosse superato. E tanto era il disagio che provavo, che non riuscivo ad andare avanti col mio ultimo romanzo. A un certo punto, provai addirittura a scrivere una scena in cui la mia eroina trafiggeva i capezzoli del suo innamorato.
Cercai allora di distogliere la mente da questi pensieri. Mi presi una giornata di assoluto riposo. Quel che mi ci voleva era un bel film e un buon libro, niente di meglio per rinfrancare il mio spirito scosso dalle recenti rivelazioni. Per quanto riguarda il libro la scelta cadde su La figlia della fortuna, e per quanto riguarda il film scelsi proprio un bel classico: Colazione da Tiffany. L'adorabile e incantevole Audrey stava cantando Moon River, quando squillò il telefono.
"Pronto, chi è?"
"Ciao, miele"
"Ma chi è?"
"Ma come, non ti ricordi di me? Eppure è passato solo un giorno dal nostro incontro, dolcezza"
Come avevo fatto a non riconoscerla subito. Evidentemente la Hepburn aveva fatto l'effetto sperato, ma ora tutto era tornato come prima.
"Come ha avuto il mio numero?"
"Ho le mie fonti, pasticcino"
"E la smetta di rivolgersi a me con questi ridicoli appellativi!!"
"Mh, ci stiamo arrabbiando. Mi dispiace, non volevo proprio."
"Non mi sono arrabbiato ma deve capire..."
"Dammi del tu, per favore"
"O.k., stavo dicendo che devi capire che non mi sembra questo il modo di comportarsi "
"Ma allora come deve fare una povera ragazza, che non ha la fortuna di essere bella, a farsi notare da un uomo molto affascinante come te?"
"Grazie del complimento...però guarda che anche tu, dopo tutto, sei molto affascinante e non è vero che non sei bella, anzi"
"Lo dici solo per consolarmi"
"No, ti giuro sei molto bella"
"Allora, accetteresti un invito a cena da me per domani?"
"Be', non so se..."
"Allora avevo ragione io, non è vero che mi trovi bella e affascinante."
Accidenti, mi aveva incastrato proprio bene.
"Ma no...va bene accetto".

La cena fu deliziosa, Giorgiana si era rivelata una bravissima cuoca e una premurosa padrona di casa. La cattiva impressione che mi aveva fatto stava lentamente dissolvendosi, e non nascondo che cominciavo a provare qualcosa per lei. Ma ad un tratto le mie palpebre cominciarono a farsi sempre più pesanti, e a stento riuscivo a tenere gli occhi aperti. Mi ricordo che l'ultima cosa che vidi, prima di cadere addormentato, fu quel suo sorriso ormai famigliare. Quando riaprii gli occhi, stentai a credere di essere sveglio. Ero praticamente in mutande e legato mani e piedi ad un letto, e più mi agitavo per cercare di liberarmi più i nodi si stringevano, facendomi male. Giorgiana se ne stava in mezzo alla stanza con indosso soltanto una giacca nera di foggia militare, e con un cappello da ufficiale come unico accessorio. Le sue gambe erano fasciate da un bellissimo paio di autoreggenti nere e ai piedi aveva quelle sue terribili scarpe scollate con lunghi tacchi a spillo. Battendosi la mano con un piccolo scudiscio, mi disse: " Benvenuto nel mio Dungeon. Da ora in poi io sarò la tua Mistress e tu il mio sub"
" Cosa sei tu e cosa sono io?"
"Uffa! Te lo ripeto: io sarò la tua signora e padrona e tu l'ubbidiente schiavo"
"Ma non ci penso neanche, avanti slegami!"
Per tutta risposta lei mi diede una scudisciata sulla coscia.
"Ma sei matta? Mi hai fatto un male della madonna!"
"Silenzio, schiavo! Sei fortunato che io sono una padrona buona e capisco che, essendo la prima volta per te, è naturale che non ti comporti come si deve, ma non abusare della mia pazienza."

Poiché non v'era modo di slegarmi, pensai che non c'era altro da fare che assecondarla. Tuttavia devo confessare che trovavo Giogiana terribilmente sexy, mi eccitava il contrasto tra la severità della giacca militare e la dolcezza delle sue sinuose forme. Sentirsi sessualmente attratto dalla mia aguzzina era però l'ultima cosa che avrei voluto. Mi faceva sentire ancora di più in suo potere. Tanto per parafrasare un autore più famoso di me: Accettare o non accettare la dominazione? Questo era il problema. Non potevo certo nascondere a me stesso che, se veramente avessi voluto liberarmi, forse avrei potuto urlare a squarciagola per avere soccorso. Indubbiamente c'era qualcosa in me che mi faceva desiderare di essere il suo oggetto di piacere. D'altra parte però c'era il fatto che trovavo intollerabile che qualcuno potesse esercitare un tale potere su di me. A quali umiliazioni lei mi avrebbe costretto se avessi accettato il suo gioco?
Giorgiana salì sul letto e si mise in piedi a gambe divaricate proprio sopra il mio viso. E in quella posizione mi era impossibile non vedere la sua fica, cercai di non eccitarmi ma gli ormoni furono più forti della mia volontà. Sembrava terribilmente soddisfatta dell'erezione che mi aveva procurato. Mise un piede sul mio cazzo e cominciò a premere.
"Ovviamente sai bene che tutto quello che sta succedendo non è contro la tua volontà."
"Non è vero, sei una pazza scatenata!"
Aumentando la pressione che esercitava sul mio cazzo, mi disse: "Non mentire! Forse lusingherebbe entrambi se le cose stessero come dici tu, ma non è così. Tu vuoi sentirti dominato da una donna. I tuoi romanzi sono pieni di ragazze ribelli che alla fine trovano un uomo che le doma. Tu vorresti essere al loro posto, anche se il tuo ruolo di maschio ti impedisce di accettare fino in fondo questa realtà. Ma non preoccuparti tesoro, io ti aiuterò a far venir fuori questo tuo lato represso. Vedrai come saprò liberarti di ogni timore".
Quello che aveva detto mi aprì gli occhi definitivamente. Non potevo più negarlo a me stesso, io volevo essere come le eroine dei miei romanzi e ritrovarmi nelle mani di una persona sicura di sé e che sapesse bene cosa volessi. Ma Giorgiana non aveva considerato che però i miei personaggi femminili non sono mai completamente in balia dei loro uomini, perché con la loro dolcezza e con il loro fascino possono esercitare un potere non indifferente. Perciò ero disposto ad accettare Giogiana come la mia regina ma non volevo però una monarca assoluta.
Giorgiana mi lasciò legato al letto tutta la notte. Ma la mattina dopo venne per la colazione. Questa volta indossava una corta vestaglia di seta rossa con disegni orientaleggianti.
" Come vedi ti ho portato la colazione. Così non dirai che sono una padrona cattiva. Guarda qui, non sembro una geisha? Sì mi va di essere la tua geisha, anche se un po' particolare"
Sul vassoio che aveva portato c'era una tazza di latte e delle fragole.
"Tu devi imparare ad adorarmi nelle maniera più assoluta. Tutto ciò che proviene da me dovrai considerarlo sublime. Nulla di me ti dovrà repellere. E ora cominciamo con una cosa molto facile"
Prese una fragola e la lavò con la sua saliva. Nessuna fragola che avevo gustato fin ad allora mi sembrò dolce come questa, ma fu niente al confronto del gusto delle fragole che grazie a lei potei assaggiare qualche istante dopo. Fece cadere ai suoi piedi la corta vestaglia che aveva indosso, e cominciò a masturbarsi lentamente e delicatamente. Quando il suo sesso cominciò a trasudare abbondanti umori, vi immerse una fragola. Quel frutto rosso umido del suo piacere provocò sulla mia lingua la più sublime delle sensazioni provate fino ad allora.
"Bene, vedo che questa colazione è di tuo gradimento. E ora devi bere un po' di questo squisito latte"
Sistemo' la tazza di latte tra le sue belle cosce in modo che delle preziose gocce, stillate dall'apertura più piccola del vestibolo, si confondessero con il candido liquido. Bevvi avidamente quel sensuale nettare, rendendo contenta la mia carceriera.

Finita la colazione, Giorgiana se ne andò via e solo dopo diverse ore tornò a farmi visita. La sua mise era identica a quella della sera prima, ma questa volta i tacchi a spillo delle sue scarpe erano di metallo e il loro rumore rendeva minaccioso ogni suo piccolo passo. Aveva in mano dei fogli A4.
"Mentre tu eri qui legato al letto, io sono andata a casa tua a frugare fra le tue cose. E ho trovato quel che cercavo. Qui è la prova di quello che ti dicevo ieri notte. Questo lo hai scritto tu. Una bella scena in cui l'eroina del tuo ultimo romanzo nel bel mezzo di un amplesso incredibilmente passionale trafigge i capezzoli del suo amore. E' inutile che ti dica che voglio realizzare quel che tu hai immaginato."
A sentire tali parole fui assalito dalla paura, non tanto per il dolore che avrei provato ma perché sentivo che non mi sarei ribellato. Il rendermi conto del potere che esercitava su di me, ecco cosa mi spaventava veramente. Tuttavia, con l'ultimo rimasuglio del mio amor proprio, tentai di oppormi, almeno a parole.
"Tu non sei una donna normale. Come fai ad avere perversioni così crudeli? Io non riesco proprio a capire."
"Ti stupisci delle mie crudeli perversioni, tesoruccio? Forse perché sono una donna? Ma se le donne solitamente non vengono considerate perverse è perché forse le nostre perversioni non sono cercate là dove esse si annidano. Se il maschio virile e prepotente nega le proprie incertezze e contraddittorietà sessuali nascondendole sotto un comportamento da 'macho', perché non domandarsi se dietro la madre modello, la casalinga tutta dedizione e premure, la brava mogliettina non si nascondano un desiderio di potere, un'ambizione, una volitività che hanno paura di mostrare il loro vero volto?
La perversione, negli uomini e nelle donne, è un meccanismo fondamentale che permette di sopravvivere all'orrore di quella perdita originaria che la nostra cultura infligge a ogni essere sessuato nel momento in cui lo piega alla schiavitù dei ruoli sessuali e di genere. E io voglio che tu questo lo capisca bene, micino mio."

Guardando Giorgiana negli occhi, mi fu chiaro che alle parole sarebbero immediatamente seguiti i fatti.
Si avvicinò al comodino di fianco al letto e ne tirò fuori una lametta. Nel mettermela sotto gli occhi, il suo sorriso mi comunicava il piacere che la mia paura gli procurava. In maniera lenta e leggera la sua mano condusse la lametta lungo il mio corpo. Per un attimo si soffermò sul mio petto, e per provare l'affidabilità del freddo acciaio volle infliggermi una piccola ferita. Giunta poi al bacino, mi fissò e cominciò a tagliare le mutande proprio là dove sotto il cotone c'era il mio membro.
Un'altra volta godette della mia paura. Dall'apertura che aveva creato estrasse quell'organo che aveva appena corso un bel rischio, e con dolci carezze lo consolò.
Finendo poi di ridurre in brandelli le mutande, mi disse: "Ora ti libererò da questi nodi che ti legano al letto. Ma tu continuerai a essere in mio potere. E ora voglio farti un regalo"

Poiché ero tutto intento a massaggiarmi i polsi, che erano dolenti per la lunga costrizione subita, non feci caso a Giorgiana. Ma quando sollevai gli occhi vidi che aveva in mano uno strano collare di cuoio.
"Tu adesso indosserai questo collare e potrai togliertelo solo dietro mia autorizzazione. In questo modo non dimenticherai mai che sei una mia proprietà.
E ora scoperemo. Ma ti avverto, quando io starò per raggiungere l'orgasmo ti infilzerò i capezzoli con questi spilli. Voglio che il massimo del mio piacere corrisponda al massimo del tuo dolore."
Lei, ovviamente, si mise sopra di me e cominciò a cavalcarmi alla ricerca del suo piacere e del mio dolore. Sentivo la sua vagina inumidirsi sempre di più. Ogni gemito di piacere mi preannunciava ciò che mi sarebbe toccato in sorte alla fine dell'amplesso, eppure la mia erezione non veniva meno e continuava a dare piacere a entrambi. Mi sembrò allora di comprendere come possa il maschio della mantide religiosa accettare di accoppiarsi, nonostante la sua compagna gli rechi in dono la morte. E' un impulso o un desiderio che senti provenire da incontrollabili recessi del tuo animo. E anche se la paura ti spinge ad opporre resistenza, sai che non hai scampo e che alla fine dovrai consegnarti al tuo destino.
Dai suoi movimenti assai convulsi e dalla crescente intensità delle sue grida, capii che l'orgasmo era imminente. Ma la mia amante-mantide esitava. I miei capezzoli stavano ricevendo solo delle ridicole punture. Intuii allora che avrei potuto usare la sua debolezza per spezzare la maniera assoluta con la quale mi aveva dominato sino ad allora. Lei mi aveva insegnato che il BDSM non era altro che l'evoluzione delle pulsioni latenti in ogni relazione. Dunque ora toccava a me ridefinire i rapporti di potere.
Presi le sue mani, che avrebbero dovuto essere spietate e che invece ora stavano tremando. Cercando di non far trasparire la minima paura, la fissai negli occhi. Quindi strinsi la presa e così le sue mani poterono trafiggermi. Prima che il dolore mi pervadesse, riuscii anche a spingere un ultima volta il mio cazzo dentro la sua fica.

Io avevo fatto quello che lei non aveva avuto il coraggio di fare. Perciò, con la mia determinazione nell'andare sino in fondo, avevo chiaramente dimostrato come lei non fosse stata in grado di esercitare quel potere assoluto cui ambiva.
Ovviamente, dopo un po' fui vinto dal dolore e persi i sensi. Passai i seguenti due giorni accudito e curato da Giorgiana, che si era trasformata in una brava infermiera. Ma appena cominciai a stare un po' meglio la mia infermiera si fece sempre più brusca e tirannica. Evidentemente non destavo più quella pena che mi aveva permesso di godere di uno speciale trattamento.
Così ben presto lei ridivenne la mia padrona e, nonostante non mi fossi ancora ristabilito del tutto, riprese a infliggermi le sue sevizie.Iniziò con una cosa anche abbastanza dolorosa. Pretese che scrivessi la nostra storia e che lo facessi con una vecchissima macchina da scrivere con i tasti molto duri, al fine di essere costretto a sforzare i muscoli del petto quel tanto necessario per rinnovare il dolore delle mie recenti ferite. E è sempre per il piacere della mia signora che ora mi umilio a pubblicare quel che ho scritto.
Per quanto riguarda invece il presente, la nostra relazione prosegue in un continuo confronto dagli esiti alterni. Il suo bisogno di sentirsi padrona assoluta la spinge a sottopormi a sempre nuovi supplizi. E io non faccio altro che provocarla, opponendomi alla sua dominazione o sfidandola ad andare oltre. Adoro sentire la forza della sua volontà che mi piega e riesce a domarmi. Ma, come ho accennato, non gli concedo niente, poiché voglio soccombere solo dopo un vero scontro. Non sopporto infatti di avere una padrona debole, e guai a lei se non si dimostra all'altezza del suo ruolo.
E ora un ultima inezia prima di lasciarci. Ieri sono finalmente riuscito a convincere Giorgiana a vedere Colazione da Tiffany. Ebbene, nonostante lei dica che le commedie rosa le fanno schifo, anche lei si è commossa durante la scena finale col gattino sotto la pioggia. Perché queste Mistress fanno tanto le dure ma poi sotto sotto pure loro sono capaci di tenerezze e noi poveri schiavi sappiamo bene come approfittarne.

Moon River wider than a mile,
I'm crossin' you in style, some day.
Old Dreammaker you heartbreaker,
Wherever your goin', I'm goin' your way.
Two drifters off to see the world;
There's such a lot of world to see.
We're after the same rainbow's end,
Waitin' round the bend, my huckelberry friend.
Moon River and me.
di
scritto il
2010-07-08
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