La mia prima volta in treno

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LA MIA PRIMA VOLTA IN TRENO parte prima

Sin da giovanissimo ero sempre con gli ormoni che giravano a mille ed ogni occasione era buona per segarmi. In treno il movimento del vagone sulle rotaie e, sull’autobus, gli scossoni dovuti alle buche, avevano di solito la prerogativa di accendermi eroticamente facendomelo rizzare: per nascondere l’imbarazzante situazione ero allora costretto a coprirmi la patta appoggiandovi sopra le gambe il cappotto o qualunque cosa avessi a portata di mano.
Ricordo che era settembre e i miei genitori mi avevano letteralmente caricato su un treno diretto ad Aba. Là amici di famiglia mi avrebbero atteso in stazione per poi con l'autobus accompagnarmi a casa loro, in un paesino di campagna "a prendere un po' d'aria buona" come diceva mia madre.
Quella mattina, durante il viaggio in treno verso la collina piemontese, mi successe la stessa cosa e, per evitare sguardi indiscreti e curiosi al mio pacco ormai gonfio, decisi di recarmi nel cesso, in fondo al vagone di seconda classe. Nello scompartimento ero solo o, meglio, accanto al finestrino c'era un uomo grosso e pelato, con una pancia prominente che continuava a fissarmi ma non ci badai troppo.Entrato nel gabinetto mi accorsi che la chiusura era mal funzionante ma ero troppo infoiato e così con un piede sbarrai la porticina. Mi sbottonai con furia i calzoni, sputai un po’ di saliva sulle dita e, poi, sulla cappella già dilatata per far scivolare meglio la pellicina che la ricopriva. Ero in precario equilibrio, con una mano attaccata al finestrino, e un piede contro lo stipite della porta ma ciò non mi impedì di segarmi e godere fino a quando qualcuno bussò discretamente alla porta.
"Occupato!" - gridai - ma lo sconosciuto continuò a spingere finchè riuscì ad entrare. Confesso che non ero nelle migliori condizioni per protestare quando riconobbi nel mio compagno di viaggio l'impaziente viaggiatore. Fu questione di un attimo. Mi spinse contro il lavandino e con una mano mi tappò la bocca mentre con l'altra mi mise le dita sull'uccello. Non potevo urlare e sentivo il suo pacco sul mio fondoschiena mentre stava sbavandomi sul collo.
"Taci o sarà peggio per te" - mi mugolò in un orecchio - "Hai capito?" Accennai di sì con la testa e lui allentò un poco la presa. Lo sentivo armeggiare dietro di me e alla fine mi fece girare. Tentò di aprirmi la bocca per infilarmi la lingua in bocca ma restai con le labbra serrate. Al quel punto mi spinse la testa verso il basso.
"Tiramelo fuori" mi disse grintoso. Non capivo e allora ci pensò lui aprendosi del tutto la patta e infilando la mia mano dentro le sue mutande. Fu allora che vidi il "mostro" che aveva in mezzo alle gambe. Me lo appoggiò sulle labbra. "Succhialo, succhia " ripetè e per costringermi a farlo mi torse un orecchio. Cominciai a leccare quel tronco nodoso sino a quando sentii la sua cappella che forzava la mia bocca. La accolsi impacciato sin quasi ad avere un conato di vomito e lui non forzò più la sua spinta. A poco a poco imparai a soddisfarlo usando la lingua e la bocca e lui cominciò a rantolare mentre la sua pancia sopra la mia testa iniziò un lento movimento oscillatorio.
"Brava, si, così sembri nata per fare i pompini". Quelle parole ebbero il potere di far scattare entro di me il piacere. Me ne accorsi dal mio uccello che si era indurito e mi accorsi che quella cappella che avevo in bocca mi dava una sensualità mai conosciuta. Ad un certo punto lo sentii tremare tutto e le sue mani strinsero i miei capelli. Un attimo dopo un fiume di sborra si riversò dentro la mia bocca per poi impiastricciarmi il viso, il naso e gli occhi. Il suo latte mi aveva riempito l'intera faccia.
"Ti è piaciuto?" "Sì", risposi mentre la mia bocca si apriva ancora per ripulire la sua cappella dalle ultime gocce rimaste.
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scritto il
2014-08-16
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