Il Ribelle - il covo partigiano -

di
genere
saffico

Il covo dei ribelli si trovava in alta montagna in una fortezza d’inizio secolo con pareti di cemento armato dello spessore di 90 centimetri, era ricoperta dalla vegetazione il che ne aumentava il camuffamento. L’idea costruttiva era di vecchio stampo, 4 cupole in ghisa con cannoni navali rotanti di 360 gradi ed un grande fossato colmo di vegetazione. Il forte era raggiungibile solo attraverso una mulattiera presidiata da cecchini appostati sugli alberi, e disseminata di mine anticarro e anti-uomo delle quali solamente i partigiani conoscevano l’ubicazione. Ariel incrociò almeno una ventina di maschi tra giovanissimi e adulti, vide poi 4 donne. Erano Contadine che si occupavano di fare la spola tra i vari gruppi nascondendo le missive nella canna delle biciclette. Al vedere quella giovane ragazza nessuna di loro dimostrò un minimo cenno d’apertura. Attraversò accompagnata da Leo il grande cancello e superato il ponte levatoio entrarono nella tetra e buia fortezza. Grossi rivoli d’acqua e concrezioni macchiavano le spoglie pareti in cemento, nei lunghi e freddi corridoi echeggiava il tintinnio delle gocce d’acqua che, percolando dal soffitto a volta gocciolavano in grosse pozzanghere. Il lume di diverse candele indicava la stanza del comandante, sulla porta metallica trovarono Brando che li accolse con disappunto, quasi irato, ma il comandante li fece accomodare. Si vedeva che era un militare, portamento fiero, pizzo grigio curato e due occhi astuti ma buoni. Aveva combattuto con il grado di comandante in un reparto alpino nella campagna di Russia, era riuscito a ritornare vivo in patria perdendo solamente le dita dei piedi a causa del gelo. Con il suo manipolo di uomini era in attesa dell’insurrezione finale che il comitato di liberazione stava pianificando, si operavano azioni di disturbo e sabotaggio ed erano in costante ricerca di cibo e munizioni. Dagli alleati potevano contare solo su tre lanci aerei nella bella stagione ed evidentemente non erano sufficienti. Ariel in disparte venne a conoscenza dell’azione prevista per il giorno successivo, l’attacco alla caserma della Guardia Repubblicana. L’azione sarebbe stata duplice, mentre un gruppo si sarebbe impegnato al recupero d’armi e munizioni, l’altro avrebbe liberato i prigionieri nel vicino comando tedesco.
Brando riferì la notizia ricevuta da Debra ovvero l’arrivo nel comando tedesco del nuovo comandante, un nazista fino al midollo, un certo Felix Kronig. Il comandante concordò con Brando che un saluto al tedesco era più che doveroso. Ariel si ricordò di sua sorella Miriam e disse che doveva trovarsi in quel comando. Il comandante la rassicurò dicendole che se veramente fosse stata lì l’avrebbero liberata.
La riunione venne bruscamente interrotta dall’arrivo di due ribelli che sorreggevano una ragazza svenuta. La fecero distendere nel letto del capitano ed Ariel si premurò di starle accanto ed assisterla. Mentre la ragazza era svenuta sul letto Ariel la lavò e vide che era bella nella sua fanciullezza. L’aveva denudata e deterso il corpo con la salvietta inumidita, doveva avere la sua età. Era rossa con le lentiggini sul nasino all’ insù, la carnagione pallida era ancora più evidente ora che era pulita. Vide la peluria ramata di lei fare piccoli boccoli arricciati, ci passò il dito sentendo la consistenza e tirandoli leggermente verso l’alto. Con l’altra mano tastò il piccolo seno stuzzicando il piccolo capezzolo retratto, sentendo l’eccitazione inumidirle la patatina allentò i pantaloni sbottonandoli. Nessuno era nelle vicinanze e allora prese la piccola mano della ragazza infilandosela sotto la mutandina, la fece scorrere sulla sua patatina. Da come scivolava era indubbio che era fradicia, la sollevò portandosela alla bocca. Infilò le dita della ragazza svenuta nella sua bocca leccandole e succhiandole con trasporto. Si stava masturbando mentre con la mano umida della propria saliva se la strisciava sul collo scendendo sul suo seno attraverso la scollatura della camicetta. A un certo punto sentì stringersi lentamente il seno, e realizzò che la rossa si era ripresa. Si turbò di essere stata scoperta in quel modo, ed il suo cuore prese a galoppare all’impazzata. Aveva gli occhi della ragazza che la fissavano, e la sua mano ancora nella sua scollatura. Ariel sentiva la mano della ragazza tastarle il seno e uscita dal petto indugiare a slacciarle i bottoncini, la morettina allora le facilitò l’impresa scoprendosi ed esponendo il suo seno. Ora si fissavano con intensità, la rossa sentendosi le dita appiccicose se le portò al naso, annusò l’odore di Ariel e poi se la infilò in bocca. La ragazza si spostò facendo posto sul letto alla sua infermierina, Ariel si distese accanto a lei e chiusero entrambe gli occhi. Le loro labbra dapprima si sfiorarono per poi toccarsi e baciarsi con desiderio, le loro mani si muovevano esplorandosi a vicenda. Passarono sui seni scendendo verso il calore del loro inguine, si carezzavano con l’intensità e la passione che solo due femmine sanno dare. Erano bagnate dei loro umori e solo la distanza della stanza del comandante dal resto degli alloggi, non fece“fiutare” la loro essenza di donna dal resto della truppa in astinenza. Sentendosi colare dal desiderio, Ariel si alzò e si distese di nuovo su quella giovane rossa compiendo uno stupendo 69. Si baciarono con avidità succhiandosi a vicenda le vulve infuocate. Mugolii di godimento uscivano storpiati dalle loro boccucce di rosa, ormai erano in preda al loro godimento più sfrenato e coinvolgente. C’erano solo loro due e l’amore che entrambe provavano, la guerra era sparita dalle loro menti e dai loro cuori e per quei brevi ma intensi istanti il mondo era un posto migliore.
I loro corpi si muovevano sinuosi, scaldandosi le membra a vicenda con il loro calore. La mente veniva bombardata da stimoli e sensazioni sfrenate, un caleidoscopio di colori impazzava nella oscurità delle palpebre chiuse di Ariel. Era sempre stata affascinata dal mondo femminile, e spesso nella solitudine della sua stanza si masturbava al pensiero del corpo di un'altra donna. Non si era mai spinta oltre qualche languido ed imbarazzato sguardo, ma ora si trovava immersa in quel groviglio voluttuoso e ne era immensamente felice. Si erano sollevate entrambe, Ariel ai piedi del letto si appoggiò alla ringhiera in ferro bianca ricurva del letto. Dopo qualche aggiustamento si erano sistemate compiendo una fantastica sforbiciata. Il movimento limitato dei loro bacini e lo sfregamento reciproco e alternato dei peli del loro pube, le rendeva prossime al desiderato orgasmo. Gocce di sudore imperlavano i loro visi e i loro petti, le dita intrecciate tra le loro mani andavano via via serrandosi con forza. Mugolarono all’unisono ondeggiando con maggior cadenza i fianchi, avrebbero urlato il loro godimento se il timore non fosse stato maggiore. Ariel socchiudendo gli occhi e agitando spasmodicamente il capo fece appena in tempo ad osservare la ragazza mentre mordendosi il labbro inferiore reclinava all’indietro il capo.
Erano esauste ed indolenzite dallo scomodo letto, Ariel si alzò e dopo aver preso una ruvida coperta in lana verde coprì la giovane compagna sistemandosi accanto a lei. Di fronte l’una all’altra i loro occhi si guardavano languidi, dopo essersi baciate teneramente le tumide labbra Ariel pronunciò il proprio nome. La ragazza dai capelli rossi dopo aver ricambiato con dolcezza il bacio le rispose: “Piacere Ariel, io sono Elisa”.

Continua…
scritto il
2016-04-14
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