Il mio Paradise Beach
di
La_Marzia
genere
sentimentali
Io e Mari arrivammo per prime, la struttura turistica non faceva una grande impressione, però era a pochi metri dal mare. Ci sistemammo nella nostra camera doppia, era un tardo pomeriggio, gli altri sarebbero arrivati il giorno dopo.
Ci fu il tempo giusto per dare un'occhiata alla spiaggia e poi cenare presto perché, vuoi per il viaggio vuoi per il jet lag, ero stravolta.
"Io vado a letto!", dissi a Mari.
"Io credo che uscirò un po' per vedere bene com'è il posto", rispose lei.
"Non trombare troppo", le dissi io prima di crollare.
Il mattino dopo a svegliarci fu il toc toc di qualcuno: erano arrivati gli altri.
Furono Nora e Soft a venirci a salutare. Soft col sorrisone timido e Nora che abbracciai appena la vidi.
"Tu sei Nora per forza", dissi io.
"E tu sei Marzia per forza!".
Di Nora avevo uno strano desiderio: sentire il suo accento sardo oltre a voler conoscere il marito poco vestito.
La Sardegna mi ricordava un'avventura indimenticabile fatta 20 anni prima, con 2 amiche. Con un'auto vecchiotta, prendemmo il traghetto e da Cagliari gironzolammo per 3 settimane lungo la costa sarda. Un'incredibile successione di spiagge, una più bella dell'altra, un viaggio disordinato, senza una meta precisa, senza prenotazione, senza programmazione. Un mare infinito, risate infinite. Ma poi quel viaggio è il ricordo anche di un mare di lacrime infinite, perché una delle due amiche non c'è più e il ricordo del rumore delle cicale, di quell'acqua più salata che in qualsiasi altro mare del mondo, era anche il ricordo dell'ultimo viaggio insieme. Non ebbi mai il coraggio di tornare in Sardegna.
Ecco perché avevo voglia di rifugiarmi in Nora, farle domande, chiederle di quale parte della Sardegna fosse, di sentirmi dire che il sardo è una lingua non un dialetto, come qualsiasi sardo ti dirà anche quando gli chiedi un'indicazione stradale.
Per noi non sardi, che la Sardegna la conosciamo d'estate, i punti di riferimento non sono tanto le città piú importanti, ma i luoghi turistici più importanti. Quindi la domanda era 'sei più vicina a Villasimius o a San Teodoro?'
La vacanza a Paradise Beach aveva la scusa del sesso, ma era più una vacanza per conoscerci, per confrontare quello che eravamo nei racconti con quello che eravamo nella realtà.
Nora e il marito erano esattamente come li immaginavo, nonostante le battute e gli apprezzamenti al fisico del marito, avrei passato giorni interi a parlare con lei.
Dopo qualche minuto arrivarono anche Saphire e Franco, due coi quali si sapeva che il rapporto sarebbe stato più complicato.
Dopo gli abbracci e le battutine iniziali, noi donne decidemmo che era ora di andare in spiaggia: il sole, il mare e il relax erano uno degli obiettivi del viaggio.
Nora indossava un costume intero, mentre le altre avevamo un bikini; Saphire aveva sicuramente quello più striminzito, mettendo in mostra il suo culetto.
"Ti devi distinguere sempre", dissi a Saphire, cercando di provocarla. Mi guardò con uno sguardo a metà tra l'odio e la voglia di rispondere, ma fece finta di nulla.
Arrivò Soft che mettendo da parte un po' della sua timidezza esclamò "Ragazze, ma non dovevate mettervi in topless?".
"Io no, non sono abituata, non sarei a mio agio", dissi io, declinando la proposta.
"Io sì, lo faccio subito, voglio distinguermi sempre!", disse Saphire con una risposta acida, guardandomi di sfuggita.
"Anch'io", disse Mari, tra la sorpresa generale, nessuno si aspettava da lei che togliesse il reggiseno.
Furono loro due a scogliere il ghiaccio e in spiaggia ebbero subito successo, i mosconi locali o i mosconi turisti cominciarono a farvi avanti. Mentre con Nora guardavamo la scena, Mari e Saphire facevano conoscenze.
Non tardò ad arrivare Franco che si unì a noi. Dal suo sguardo infastidito, si capiva che provava una certa gelosia per Saphire e per i mosconi che le stavano intorno.
"Se non ti sbrighi, mi sa che Saphire se la scopano in molti", dissi io, col mio solito modo troppo diretto di parlare.
Franco fece finta di nulla, ma con lo sguardo, mentre parlava con noi, continuava a tenere sottocchio la situazione.
Franco! Quante litigate con lui per i suoi racconti, per le sue frasi auliche, per i suoi aggettivi assurdi. Anzi non erano mai stati dei veri litigi, ero io che lo attaccavo e lui incassava senza quasi mai reagire. Mi faceva incazzare la sua totale mancanza di autocritica, quando nascondendosi dietro il concetto di scribacchino si sentiva di poter scrivere qualsiasi cosa. Ma il Franco che vedevo ora era diverso. Parlava come un essere umano normale, lo scribacchino per fortuna lo aveva lasciato a casa.
Dopo il pranzo, tornai in camera a riposare, mentre Mari era in giro non si sa con chi e facendo cosa.
Sentii un toc toc alla porta, chiesi chi è, aprii e di fronte trovai Saphire, con aria bellicosa.
"Posso entrare?", mi disse quando ormai era già dentro.
"Mi dici una volta per tutte perché ce l'hai con me?", disse tutto di un fiato.
"Non ce l'ho con te, sei tu che sei troppo sensibile".
"Ma c'era bisogno in spiaggia di dire davanti a tutti che voglio distinguermi?".
"No, non c'era bisogno, però tu vuoi sempre distinguerti, non lo puoi negare".
"Veramente sei tu quella che vuole sempre fare la diva, quella che pensa di essere superiore agli altri ...".
Mentre il discorso si faceva sempre più teso, il suo viso era sempre più vicino al mio.
"Sei venuta per fare sesso con me?", dissi io continuando a provocarla.
Si interruppe, ci pensò un attimo, non poteva dire né sì né no.
"Non c'è nessuno, possiamo finire di litigare a letto?", le dissi avvicinandomi il più possibile al suo viso fino a sfiorarlo.
Era disorientata, nervosa, ma quando la baciai non oppose resistenza.
"Sei una stronza", disse lei tesa ma attratta dalla situazione.
"Sì, lo so, anche tu sei una stronza", risposi io senza smettere di baciarla.
Fu selvaggio, all'inizio sembrava più un incontro di lotta libera; lei si fece spogliare senza opporre resistenza, io anche. Con la mano le accarezzai la fica e poi cercai il contatto con la mia lingua.
"Avevo voglia di farti bagnare, stronza", dissi io.
"Anch'io", rispose lei dedicandosi completamente a me.
Ci incastrammo letteralmente, alla ricerca della migliore posizione per stimolarci e per sentirci, senza mai smettere di baciarci, cercandoci con le mani e respingendoci con tutta la forza che avevamo. Fu un dolcissimo orgasmo, che ci fece rilassare. La forza fu sostituita dalla dolcezza e da risatine sceme. Eravamo nude su un letto, dopo aver fatto sesso, sudate.
"Non faccio la doccia con te, perché altrimenti ti innamori di me", disse lei tornando a provocare, mentre si rivestiva.
"O forse hai paura che succeda", risposi io.
Non c'era niente da fare, tra noi due c'era e ci sarebbe stato sempre uno strano attrito che a volte si trasformava in attrazione.
Il primo giorno di vacanza tutti assieme fu molto tranquillo, mi rifugiavo spesso nelle parole di Nora, la più matura del gruppo e non mi dispiaceva affatto parlare con Franco, oltre che con Mari, la mia compagna di avventure.
Fu quasi per caso che di notte, dopo cena, incrociai Franco, anche lui da solo. Cominciammo a parlare, finimmo in spiaggia, ci accomodammo nei lettini e cominciammo a parlare guardando il cielo.
Un cielo mediterraneo pieno di milioni di stelle, con in sottofondo il rumore del mare e il rumore delle cicale.
Parlammo di tutto, dei nostri gusti in comune, di Vasco, che lui chiamava sempre il Kom.
Franco non era lo scribacchino virtuale e io forse non ero la terribile e sboccata critica di tutto e tutti.
Oppure di fronte a un cielo del genere eravamo persone diverse da quello che eravamo nella vita quotidiana.
Oppure ancora, siamo tutte quelle cose assieme, senza contraddizioni.
Mi raccontò della sua vita, io della mia. Gli dissi che in certe cose mi ricordava il mio ex marito.
Ridemmo tanto, senza battute forzate, tutto fluiva naturale. A un certo punto pensavamo che i nostri schiamazzi avrebbero fatto arrabbiare qualcuno e ci avrebbero cacciati via.
Fu una chiacchierata talmente profonda che dopo le risate ci scappò anche qualche lacrimuccia, qualche ricordo che quando si mette in mezzo, tende sempre a cambiare l'atmosfera di colpo.
Non c'era niente di sessuale tra noi, era chiarissimo, però, non so tu, Franco, ma io quella notte e quel cielo non lo dimenticherò mai.
Tornai in camera che erano quasi le tre del mattino, Mari dormiva, io cercai di fare altrettanto ma i pensieri non me lo permettevano.
Ero in Europa da qualche giorno, mi vennero in mente mille ricordi della mia terra, che non era troppo lontana da Zante.
Sono così, quando c'é molta gente vorrei stare sola, quando sono sola vorrei essere in compagnia.
Le mie idee, la mia voglia di fare qualcosa di nuovo, sono sempre più veloci della realtà.
Guardai Mari mentre dormiva: lei mi ricordava me stessa quando avevo la sua età, contraddittoria, in perenne conflitto tra insicurezza e troppa sicurezza, tra dolcezza e acidità, tra stare sola e stare in compagnia. E riconoscevo in lei qualità fuori dal comune e mi sarebbe piaciuto farle capire quanto fosse mille volte meglio di quanto pensasse. Le lasciai un messaggio "Mi mancherai".
Sapevo che se la avessi svegliata, non sarei più partita, quindi feci la valigia piano piano e, alle sette del mattino, sgattaiolai via da Paradise Beach e mi diressi al porto, presi il primo traghetto e tornai in Italia.
Volevo tornare nella terra della mia gioventù, senza farmi riconoscere, come un fantasma e guardare con occhi nuovi tutta la mia vita.
Sapevo che mi avrebbero giudicata come la solita pazza che scappa, lo avevo messo in conto, ma sapevo bene che avrebbero capito.
Ma io queste situazioni le ho sempre cercate.
A Mari, a Nora, a Franco, a Saphire, a Soft, ve lo dovevo.
Ci fu il tempo giusto per dare un'occhiata alla spiaggia e poi cenare presto perché, vuoi per il viaggio vuoi per il jet lag, ero stravolta.
"Io vado a letto!", dissi a Mari.
"Io credo che uscirò un po' per vedere bene com'è il posto", rispose lei.
"Non trombare troppo", le dissi io prima di crollare.
Il mattino dopo a svegliarci fu il toc toc di qualcuno: erano arrivati gli altri.
Furono Nora e Soft a venirci a salutare. Soft col sorrisone timido e Nora che abbracciai appena la vidi.
"Tu sei Nora per forza", dissi io.
"E tu sei Marzia per forza!".
Di Nora avevo uno strano desiderio: sentire il suo accento sardo oltre a voler conoscere il marito poco vestito.
La Sardegna mi ricordava un'avventura indimenticabile fatta 20 anni prima, con 2 amiche. Con un'auto vecchiotta, prendemmo il traghetto e da Cagliari gironzolammo per 3 settimane lungo la costa sarda. Un'incredibile successione di spiagge, una più bella dell'altra, un viaggio disordinato, senza una meta precisa, senza prenotazione, senza programmazione. Un mare infinito, risate infinite. Ma poi quel viaggio è il ricordo anche di un mare di lacrime infinite, perché una delle due amiche non c'è più e il ricordo del rumore delle cicale, di quell'acqua più salata che in qualsiasi altro mare del mondo, era anche il ricordo dell'ultimo viaggio insieme. Non ebbi mai il coraggio di tornare in Sardegna.
Ecco perché avevo voglia di rifugiarmi in Nora, farle domande, chiederle di quale parte della Sardegna fosse, di sentirmi dire che il sardo è una lingua non un dialetto, come qualsiasi sardo ti dirà anche quando gli chiedi un'indicazione stradale.
Per noi non sardi, che la Sardegna la conosciamo d'estate, i punti di riferimento non sono tanto le città piú importanti, ma i luoghi turistici più importanti. Quindi la domanda era 'sei più vicina a Villasimius o a San Teodoro?'
La vacanza a Paradise Beach aveva la scusa del sesso, ma era più una vacanza per conoscerci, per confrontare quello che eravamo nei racconti con quello che eravamo nella realtà.
Nora e il marito erano esattamente come li immaginavo, nonostante le battute e gli apprezzamenti al fisico del marito, avrei passato giorni interi a parlare con lei.
Dopo qualche minuto arrivarono anche Saphire e Franco, due coi quali si sapeva che il rapporto sarebbe stato più complicato.
Dopo gli abbracci e le battutine iniziali, noi donne decidemmo che era ora di andare in spiaggia: il sole, il mare e il relax erano uno degli obiettivi del viaggio.
Nora indossava un costume intero, mentre le altre avevamo un bikini; Saphire aveva sicuramente quello più striminzito, mettendo in mostra il suo culetto.
"Ti devi distinguere sempre", dissi a Saphire, cercando di provocarla. Mi guardò con uno sguardo a metà tra l'odio e la voglia di rispondere, ma fece finta di nulla.
Arrivò Soft che mettendo da parte un po' della sua timidezza esclamò "Ragazze, ma non dovevate mettervi in topless?".
"Io no, non sono abituata, non sarei a mio agio", dissi io, declinando la proposta.
"Io sì, lo faccio subito, voglio distinguermi sempre!", disse Saphire con una risposta acida, guardandomi di sfuggita.
"Anch'io", disse Mari, tra la sorpresa generale, nessuno si aspettava da lei che togliesse il reggiseno.
Furono loro due a scogliere il ghiaccio e in spiaggia ebbero subito successo, i mosconi locali o i mosconi turisti cominciarono a farvi avanti. Mentre con Nora guardavamo la scena, Mari e Saphire facevano conoscenze.
Non tardò ad arrivare Franco che si unì a noi. Dal suo sguardo infastidito, si capiva che provava una certa gelosia per Saphire e per i mosconi che le stavano intorno.
"Se non ti sbrighi, mi sa che Saphire se la scopano in molti", dissi io, col mio solito modo troppo diretto di parlare.
Franco fece finta di nulla, ma con lo sguardo, mentre parlava con noi, continuava a tenere sottocchio la situazione.
Franco! Quante litigate con lui per i suoi racconti, per le sue frasi auliche, per i suoi aggettivi assurdi. Anzi non erano mai stati dei veri litigi, ero io che lo attaccavo e lui incassava senza quasi mai reagire. Mi faceva incazzare la sua totale mancanza di autocritica, quando nascondendosi dietro il concetto di scribacchino si sentiva di poter scrivere qualsiasi cosa. Ma il Franco che vedevo ora era diverso. Parlava come un essere umano normale, lo scribacchino per fortuna lo aveva lasciato a casa.
Dopo il pranzo, tornai in camera a riposare, mentre Mari era in giro non si sa con chi e facendo cosa.
Sentii un toc toc alla porta, chiesi chi è, aprii e di fronte trovai Saphire, con aria bellicosa.
"Posso entrare?", mi disse quando ormai era già dentro.
"Mi dici una volta per tutte perché ce l'hai con me?", disse tutto di un fiato.
"Non ce l'ho con te, sei tu che sei troppo sensibile".
"Ma c'era bisogno in spiaggia di dire davanti a tutti che voglio distinguermi?".
"No, non c'era bisogno, però tu vuoi sempre distinguerti, non lo puoi negare".
"Veramente sei tu quella che vuole sempre fare la diva, quella che pensa di essere superiore agli altri ...".
Mentre il discorso si faceva sempre più teso, il suo viso era sempre più vicino al mio.
"Sei venuta per fare sesso con me?", dissi io continuando a provocarla.
Si interruppe, ci pensò un attimo, non poteva dire né sì né no.
"Non c'è nessuno, possiamo finire di litigare a letto?", le dissi avvicinandomi il più possibile al suo viso fino a sfiorarlo.
Era disorientata, nervosa, ma quando la baciai non oppose resistenza.
"Sei una stronza", disse lei tesa ma attratta dalla situazione.
"Sì, lo so, anche tu sei una stronza", risposi io senza smettere di baciarla.
Fu selvaggio, all'inizio sembrava più un incontro di lotta libera; lei si fece spogliare senza opporre resistenza, io anche. Con la mano le accarezzai la fica e poi cercai il contatto con la mia lingua.
"Avevo voglia di farti bagnare, stronza", dissi io.
"Anch'io", rispose lei dedicandosi completamente a me.
Ci incastrammo letteralmente, alla ricerca della migliore posizione per stimolarci e per sentirci, senza mai smettere di baciarci, cercandoci con le mani e respingendoci con tutta la forza che avevamo. Fu un dolcissimo orgasmo, che ci fece rilassare. La forza fu sostituita dalla dolcezza e da risatine sceme. Eravamo nude su un letto, dopo aver fatto sesso, sudate.
"Non faccio la doccia con te, perché altrimenti ti innamori di me", disse lei tornando a provocare, mentre si rivestiva.
"O forse hai paura che succeda", risposi io.
Non c'era niente da fare, tra noi due c'era e ci sarebbe stato sempre uno strano attrito che a volte si trasformava in attrazione.
Il primo giorno di vacanza tutti assieme fu molto tranquillo, mi rifugiavo spesso nelle parole di Nora, la più matura del gruppo e non mi dispiaceva affatto parlare con Franco, oltre che con Mari, la mia compagna di avventure.
Fu quasi per caso che di notte, dopo cena, incrociai Franco, anche lui da solo. Cominciammo a parlare, finimmo in spiaggia, ci accomodammo nei lettini e cominciammo a parlare guardando il cielo.
Un cielo mediterraneo pieno di milioni di stelle, con in sottofondo il rumore del mare e il rumore delle cicale.
Parlammo di tutto, dei nostri gusti in comune, di Vasco, che lui chiamava sempre il Kom.
Franco non era lo scribacchino virtuale e io forse non ero la terribile e sboccata critica di tutto e tutti.
Oppure di fronte a un cielo del genere eravamo persone diverse da quello che eravamo nella vita quotidiana.
Oppure ancora, siamo tutte quelle cose assieme, senza contraddizioni.
Mi raccontò della sua vita, io della mia. Gli dissi che in certe cose mi ricordava il mio ex marito.
Ridemmo tanto, senza battute forzate, tutto fluiva naturale. A un certo punto pensavamo che i nostri schiamazzi avrebbero fatto arrabbiare qualcuno e ci avrebbero cacciati via.
Fu una chiacchierata talmente profonda che dopo le risate ci scappò anche qualche lacrimuccia, qualche ricordo che quando si mette in mezzo, tende sempre a cambiare l'atmosfera di colpo.
Non c'era niente di sessuale tra noi, era chiarissimo, però, non so tu, Franco, ma io quella notte e quel cielo non lo dimenticherò mai.
Tornai in camera che erano quasi le tre del mattino, Mari dormiva, io cercai di fare altrettanto ma i pensieri non me lo permettevano.
Ero in Europa da qualche giorno, mi vennero in mente mille ricordi della mia terra, che non era troppo lontana da Zante.
Sono così, quando c'é molta gente vorrei stare sola, quando sono sola vorrei essere in compagnia.
Le mie idee, la mia voglia di fare qualcosa di nuovo, sono sempre più veloci della realtà.
Guardai Mari mentre dormiva: lei mi ricordava me stessa quando avevo la sua età, contraddittoria, in perenne conflitto tra insicurezza e troppa sicurezza, tra dolcezza e acidità, tra stare sola e stare in compagnia. E riconoscevo in lei qualità fuori dal comune e mi sarebbe piaciuto farle capire quanto fosse mille volte meglio di quanto pensasse. Le lasciai un messaggio "Mi mancherai".
Sapevo che se la avessi svegliata, non sarei più partita, quindi feci la valigia piano piano e, alle sette del mattino, sgattaiolai via da Paradise Beach e mi diressi al porto, presi il primo traghetto e tornai in Italia.
Volevo tornare nella terra della mia gioventù, senza farmi riconoscere, come un fantasma e guardare con occhi nuovi tutta la mia vita.
Sapevo che mi avrebbero giudicata come la solita pazza che scappa, lo avevo messo in conto, ma sapevo bene che avrebbero capito.
Ma io queste situazioni le ho sempre cercate.
A Mari, a Nora, a Franco, a Saphire, a Soft, ve lo dovevo.
1
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Sapore di vaniglia
Commenti dei lettori al racconto erotico