La mia datrice di lavore
di
Biancaneve
genere
saffico
Ho 18 anni, sono alta 1,75, sono bianchissima di carnagione, ho i capelli nerissimi e lucidi. Occhi blu. Il mio corpo sembra che sia uscito da un blocco di marmo. Non ho una benché minima ombra di cellulite. Mani piccole e dita sottili. Gambe lunghe, affusolate e diritte. Due natiche pronunciate. Una vita stretta ed un ventre piatto. Fianchi larghi. Il mio seno è una terza taglia. Le tette sono sormontate da due aureole, non molto grandi, di colore marrone chiaro al cui centro si ergono due bellissimi e grandi capezzoli:hanno le dimensioni di una falange di un mio dito pollice. A 16 anni ho la mia prima esperienza sessuale. Al mio secondo rapporto vengo ingravidata. L’uomo che mi fa il regalo non vuole saperne di sposarmi. Sparisce dalla circolazione e non l’ò più visto. I miei genitori vorrebbero che abortissi ma sono contraria. Il figlio lo voglio. Vista la mia fermezza non vogliono saperne di tenermi con loro. La cittadina è piccolissima e loro si preoccupano dello sparlare che si sarebbe puntualmente scatenato. In un primo tempo mi mandano da una sorella di mia madre che vive in una città abbastanza lontano. In seguito aprono un conto corrente a mio nome e versano una forte somma di danaro che può permettermi di vivere senza problemi per un bel po’ di anni. Mi comprano anche un appartamento, molto grande, in una città ancora più lontana. In conclusione senza dirlo esplicitamente, mi fanno capire che è loro desiderio tenermi quanto più lontano possibile. Sto con la sorella di mamma fino ad un mese dopo il parto. Da quel rapporto nasce una bellissima bambina che chiamo Sophie. Dopo un mese mi trasferisco. La nuova città è molto grande ed è viva. I primi tempi li passo chiusa in casa insieme a mia figlia. La spesa la faccio attraverso il telefono. Poi piano, come un orsa che esce dal letargo, incomincio a fare la conoscenza della città. Faccio, insieme a mia figlia, delle lunghe passeggiate. Quando Sophie è svezzata vado in cerca di un nido dove poterla lasciare. È una triste decisione. Amo mia figlia e non vorrei lasciarla. Ma devo farlo. Non voglio continuare a vivere con il danaro dei miei genitori. Devo cercarmi un lavoro. Lo trovo in una boutique come addetta alla sistemazione dei vestiti nei vari reparti. La boutique è enorme. Copre l’intera superficie del piano terra e del primo piano di un palazzo del primo ottocento. Conto, tra piano terra e primo piano, almeno trenta addette. La proprietaria è una bella ed avvenente donna. È ben formata. Appena mi vede i suoi occhi sprigionano stelline. Con lei sono sincera. Le racconto per sommi capi la mia storia e le chiedo se può assumermi a part-time. Lisa, è il nome della donna, acconsente ad una condizione. Alla fine di ogni settimana devo trascorrere con lei il week-end. È una richiesta strana. Le chiedo se posso portare mia figlia. Con mia sorpresa mi dice che posso portare mia figlia anche sul lavoro. “Sai cosa faremo? Trasformeremo un angolo del primo piano in una stanza in modo tale che tua figlia starà sempre con te. Non dovrai portarla al nido e tu potrai lavorare tutta la giornata. La sera prenderai tua figlia e tornerai a casa. Ti accompagnerò io. Il venerdì sera, il sabato e la domenica starete con me, nella mia tenuta. Ti và?” Sono perplessa. La proposta è allettante. La guardo con occhi indagatori. Il sorriso è stampato sul suo viso e i suoi occhi sono sinceri. Accetto. Mi prende le mani e mi attira contro di se. Mi da un bacio sulle labbra.” “Chiamo l’architetto. Tu vai a prendere tua figlia e portala qui. Vuoi dirmi come ti chiami?” “Catherine.” Sbigottita da quell’atteggiamento esco dal negozio e lentamente mi incammino per andare a prendere Sophie. Sono frastornata. Aver trovato un lavoro e, fatto importante, il poter tenere mia figlia con me portano in secondo ordine le perplessità.Incomincio a lavorare. Ho mia figlia con me. Quando sono molto impegnata Lisa pensa lei a vigilare che a Sophie non le manchi niente. Con me ha un rapporto molto premuroso. Mi copre di attenzioni. Anche se sono contenta la diffidenza non mi abbandona. La costruzione della stanza procede veloce. Due giorni ed è pronta. Il venerdì sera arriva. Sono in ansia. Ho un po’ di paura. Le addette compresi i tre magazzinieri sono tutti andati via. Le vetrine sono tutte oscurate. Lisa mi invita ad andare a prendere mia figlia e di spegnere tutte le luci. Salgo al piano di sopra. Prendo Sophie e scendo di nuovo al piano terra. La boutique è deserta. C’è solo Lisa che ha già abbassato tutte le saracinesche con un comando dall’interno. Mi prende per mano e mi guida verso il garage nel sottosuolo. Ci avviciniamo ad un auto di grossa cilindrata e saliamo a bordo. Lisa è alla guida. L’auto si avvia ed usciamo sulla strada. Ho Sophie in grembo e sono quasi rannicchiata sul sedile. Sono in tensione. Lisa lo intuisce. “Tesoro. Rilassati. So che per te è una situazione strana. Stai tranquilla, non ti mangerò. Tu mi sei piaciuta fin dal primo momento che ti ho vista. Vedrai, io e te faremo grandi cose.” “Lisa, devi scusarmi. Le tue attenzioni nei miei confronti mi spaventano. Non sono abituata. Da quando l’uomo che mi mise incinta sparì dalla mia vita ho diffidenza verso il prossimo. In particolare verso coloro che si dimostrano piene di premure come fai tu. Sono state le attenzioni che quell’uomo ha avuto nei miei confronti a regalarmi Sophie che ho amata fin da quanto ho saputo di essere incinta.” “Io non sono quell’uomo e non tutti sono porci come lui. Devi dimenticare la tua disavventura. Hai una bella figlia. Non devi farla crescere avendo davanti una mamma incazzata con tutto il genere umano. Tu sei una bella donna. Gli uomini, ad un tuo cenno, si precipiterebbero ai tuoi piedi.” Le parole di Lisa mi rincuorarono. Dopo circa due ore siamo in aperta campagna. Ancora dieci minuti e siamo di fronte ad un cancello che si apre automaticamente. Entriamo e percorriamo un lungo viale. Davanti si vede una enorme costruzione. È una villa del settecento. Lisa suona il clacson e, immediatamente, l’intero viale si illumina a giorno. Giungiamo davanti all’ingresso dove ci sono tre persone ad aspettarci. Due donne ed un uomo. Scendiamo dall’auto. “Buonasera Signora. Il viaggio è andato bene.” “Si! Francesco. Tutto a posto. La signora e sua figlia sono mie ospiti. Con loro dovete avere le stesse attenzioni che avete con me. Esse, da oggi, passeranno i fine settimana sempre con me. Tu, Carolina, ti prego di andare nella stanza che ospiterà la signora Catherine e preparale la vasca da bagno. Che l’acqua sia ben calda. ”E lei, signora, non ha bisogno del bagno?” “Ti ringrazio per avermelo chiesto. No! questa sera farò una doccia bollente. “Lisa, io non ho niente da mettermi addosso. “Catherine, non dimenticare che sono proprietaria di un boutique. Quando sarai pronta penserò io a fornirti l’abito. Dopo ceneremo. A proposito, Geraldine, hai preparato per un posto in più. “Sì! Signora, ho preparato per cinque persone.” “Bene, per favore puoi accompagnare Catherine nella sua stanza. Scusami, cara, ti lascio in buone mani. Ho da sbrigare piccole faccende con Francesco.” Mi prende la testa fra le sue morbide mani e mi da un bacio sulle bocca. Sono colta di sorpresa. La guardo. Lei mi sorride e va via. “Geraldine. Posso chiamarti per nome? Cosa intendevi quando hai detto che la cena è pronta per cinque persone?” “Io, Francesco e Carolina quando la signora è a casa siamo sempre a tavola con lei. Lo pretende. Stasera ci siete anche voi ecco perché siamo in cinque. Su andiamo che vi accompagno in camera.” La camera è enorme. Le pareti sono bianche. Su di un lato c’è un letto matrimoniale. Non c’è lampadario. Vi sono solo lampade a parete. Un guardaroba copre un intera parete ed è alto fino al soffitto. Vi sono due poltrone ed un piccolo tavolo in legno massiccio. Due enormi vetrate fanno da uscite su un terrazzo che è lungo quando la facciata della villa. Sulle pareti a lato del guardaroba si aprono due porte. Una è aperta e vedo che da nel bagno dove si intravede Caroline che sta aspettando che la vasca si riempia. Sul lato opposto invece la porta è chiusa. Geraldine mi dice che quella porta da nella stanza della signora Lisa. “La signora ha molti amici. Quanti anni ha?” “Di anni ne ha 25. Che io sappia di amici non ne ha neppure uno. Conosce molte persone ma di amici non ne ho mai visti. Lei è la prima persona che mette piede in questa casa. Quando abbiamo saputo che sarebbe venuta ci siamo meravigliati. Lei è una bellissima donna, ha fatto colpo sulla signora. È da quando la conosco non l’ò mai vista cosi raggiante. Sono cinque giorni che ci tempesta di telefonate per essere sicura che tutto sia a posto. Che la casa sia pronta a ricevere voi e la vostra bambina. Ha fatto pervenire una quantità considerevole di abiti per vostra figlia e non so quante scatole di pannolini-mutandine oltre a bottiglie di vetro fornite di ciucciotti per il latte. Lei vive in città e solo il fine settimana lo trascorre con noi.” “Ti prego non darmi del lei. Usa il mio nome. Mi chiamo Catherine e dillo anche a Caroline ed a Francesco. Anche voi siete due belle donne. Lisa sembra Brunilde: la walkiria. È una donna molto sensuale. Non è sposata? “ “In presenza della signora non ti chiamerò mai per nome. Non è mai stata sposata. Credo che abbia avuto delle avventure ma niente di serio.” Caroline esce dal bagno. “È pronto. Vuoi che ti aiuti? Ti tengo la bambina?” “No, grazie. Farò il bagno insieme a Sophie.” Le due escono dalla stanza e chiudono la porta alle loro spalle. Metto mia figlia sul letto e mi spoglio. Spoglio anche Sophie e con lei in braccio entriamo nella stanza da bagno. Chiudo la porta. Uno specchio riflette la mia immagine con mia figlia appoggiata sulle mie tette. Mi guardo. Nonostante nove mesi di gravidanza più quelli per l’allattamento il mio corpo è integro. Le tette spingono in avanti e sono belle sode. I capezzoli a contatto con l’aria si sono inturgiditi. Il mio culo e bello tondo e prominente. Lancio un sorriso all’immagine nello specchio e le strizzo un occhio. Si! Hanno ragione sono una bella donna. Mi piaccio. Entro nella vasca da bagno. L’acqua è calda alla giusta temperatura. Mi siedo e piano immergo nell’acqua anche Sophie. Mi stendo sorreggendo mia figlia per le ascelle tenendola appoggiata al mio petto. Restiamo in quella posizione per un tempo interminabile. Sophie sguazza nell’acqua facendola schizzare fuori dalla vasca. Vedo la porta aprirsi. È Lisa. Ha appena fatto la doccia. Indossa un accappatoio nero. È bella con quei suoi capelli rossi che le incorniciano il viso. “Sei ancora in acqua? Questa bimba le farai venire un malanno. Ancora devi lavarti? Adesso ti aiuto io.” Prende lo sgabello, lo avvicina alla vasca, si siede, insapona la spugna e mi frega la schiena. Intanto insapono Sophie e la lavo. Una mano di Lisa scende lungo la schiena e raggiunge la parte superiore delle mie natiche. Le accarezza. Passa le dita nel solco che le separa. Ho un brivido che si trasmette ai miei capezzoli che si induriscono. Lisa abbandona la spugna e passa la sua mano sul mio petto. Accarezza le mie tette delicatamente. Si sofferma su una tetta e fa in modo che il capezzolo spinga contro il centro del suo palmo. Sono impedita nel muovermi perché ho mia figlia tra le mani. Le carezze di Lisa mi hanno eccitata. La mia micina sta reclamando. Sento i capezzoli che incominciano a farmi male. “Catherine, sei stupenda. Hai un corpo meraviglioso. Su alzati. Che dobbiamo andare a cena. Ci aspettano.” Mi alzo e mi aiuta ad indossare l’accappatoio in cui avvolgo, tenendola stretta al petto, anche Sophie. Andiamo nella stanza. Lei apre il guardaroba e sceglie un vestito da farmi indossare. Sul letto c’è una tutina per Sophie. La vedo armeggiare ancora nel guardaroba e tira fuori un vestito per lei. Ho finito di asciugare mia figlia e le ho fatto indossare anche la tutina non dimenticando il pannolino per la notte. Sento bussare alla porta. Lisa l’apre. È Geraldine. “Signora, giù è pronto.” “Ancora 15 minuti e saremo da voi. Intanto prendi la bambina e falla mangiare. Dalle la bottiglia con il latte. Mi raccomando, assicurati, senza forzarla, che beva tutto il latte.” La donna prende Sophie dal letto ed esce dalla stanza. Lisa si toglie l’accappatoio. Un corpo stupendo viene illuminato dalle luci in tutte le sue parti. Un seno da quarta taglia bello tondo e svettante verso l’alto con capezzoli che sono due nocciole. Un ventre piatto con addominali in bella vista. Un culo eccezionale formato da due grosse natiche separate da un profondo solco e che poggiano su due gambe molto lunghe. È più alta di me. Un folto cespuglio di peli nasconde la sua pussy. “Per il dio Odino! Lisa sei bellissima. Sei una statua di alabastro.” ”Davvero mi trovi bella? Ti piaccio?” “Se fossi un uomo ti salterei addosso. Ti violenterei.” “Sono contenta che ti piaccio. In quanto agli uomini in molti ci hanno provato, pochissimi ci sono riusciti. Per la precisione solo due ed uno solo di loro mi ha avuto. L’altro è riuscito a strapparmi qualche bacio ed una masturbazione. Come vedi, in quanto ad uomini, siamo allo stesso livello. Sono dieci anni che un uomo non entra nel mio letto.” “La differenza tra me e te sta nel fatto che io, con solo due scopate, mi ritrovo con una figlia.” “Dopo cena approfondiremo l’argomento. Ora sbrighiamoci. Indossiamo i vestiti. Lei un abito di raso rosso lungo fino a coprirle i piedi. Senza reggiseno e nemmeno mutandine. Io la imito indossando sul mio corpo nudo un vestito di velo nero trasparentissimo e che lascia la schiena nuda fin dove incomincia il solco che divide le natiche. Lei mi guarda. Si passa la lingua sulle labbra. Si avvicina al guardaroba apre un cassetto e tira fuori un reggiseno, di quelli che si attaccano al vestito senza bretelle, delle mutandine e delle calze tutto di colore nero. “Tesoro, ti prego, indossali. Non dovevo scegliere questo vestito. Praticamente sei nuda e non voglio che tu ti mostri ad altri occhi.” Ha ragione sulla mia nudità. Non capisco quel “non voglio che ti mostri”. Con la mente occupata sul significato di quella frase indosso gli indumenti intimi e con la mia mano nella sua andiamo a cena. Al tavolo sono già seduti Francesco, Geraldine e Caroline. Su un divano, coperta da un plaid c’è Sophie che dorme. Prendiamo posto e consumiamo la cena. Durante il pasto vengo a conoscenza che Francesco e Caroline convivono. Geraldine ha un ragazzo che è il figlio del proprietario di una tenuta confinante. Mentre Caroline e Geraldine pensano a rimettere ordine e Francesco si licenzia ritirandosi nella sua stanza mi siedo sul divano dove dorme mia figlia. Lisa si accomoda su una poltrona.”Devi amarla molto tua figlia?” ”Oh! Sì! Moltissimo. Ho solo lei. Non so cosa farei senza mia figlia. Farò tutto quanto è possibile per renderla felice.” “Da stasera ci sono anch’io ad aiutarti. Avrà due mamme. L’aiuteremo a crescere. Insieme le insegneremo tutto quanto dovrà sapere sulle belle e brutte cose della vita..” “Signora, abbiamo finito, se non avete bisogno ci ritiriamo nelle nostre stanze.” “Andate pure. Catherine ti piace la musica? Ti piace ballare? Balleresti con me stasera?” “Sì, mi piace molto ascoltare musica. In quanto a ballare è più di un anno che non lo faccio. Vuoi che balli con te? Proviamo.” Lisa prende un telecomando e mette in funzione un lettore di CD. La stanza si riempie di musica. Mi alzo e le vado incontro. Lei allunga le braccia e mi circonda la vita. Le mie mani sono sulle sue spalle. Incominciamo a ballare. I suoi occhi sono puntati nei miei occhi. La musica è dolce. I nostri corpi si avvicinano. Il suo seno preme contro il mio. Attraverso il vestito sento la durezza dei suoi capezzoli. I miei capezzoli le fanno concorrenza. Una sua gamba e tra le mie cosce. Il suo pube preme contro il mio. La musica continua. Lisa abbassa la testa sulla mia spalla e mi bacia il collo. Ho un brivido. La sua bocca, con bacetti veloci, spazia sul mio collo. Arriva al mio orecchio. Con un alito di voce sussurra. “Non stare in tensione. Rilassati. Sei bella. Catherine sono innamorata di te fin dal primo giorno che ti ho vista. Quando sei entrata nel mio ufficio la tua bellezza mi colpì come quando ricevi un pugno nello stomaco. La stanza si riempì di rintocchi di mille campane. La tua bellezza ha portato splendore nella mia grigia vita. Un fuoco è dentro di me. Mi sei entrata nel sangue.” Mentre mi sussurra il suo amore nell’orecchio i polpastrelli delle sue dita scorrono delicatamente sulla mia nuda schiena. Quelle carezze mi piacciono. Brividi percorrono il mio corpo. La mia micina sta miagolando. Sono confusa e allo stesso tempo non voglio che smetta. Avvicina le sue labbra alle mie e mi bacia. Inconsciamente dischiudo la bocca. Per Lisa è un invito. Immediatamente tira fuori la sua lingua e la introduce nella mia bocca. La sento guizzare come un’anguilla. Esplora la mia cavità orale cercando la mia lingua. Rispondo alla sua richiesta e le vado incontro. Le nostre lingue si incontrano, si incrociano e danno vita ad una danza fatta di toccate ed avviluppamenti. Assaporo la sua lingua succhiandola. La mia micina sta eruttando. Un torrentello scorre lungo le mie gambe. Il bacio ha termine. Io abbasso la testa con lo sguardo rivolto a terra. Lisa porta una mano sotto il mio mento e mi solleva la testa. Mi guarda con quei suoi grandi occhi luccicanti e carichi di desiderio. “Vieni. Andiamo nella mia stanza.” “Lisa, dici di amarmi. Anch’io mi sento attratta da te. Non voglio innamorarmi. Ho paura. Siamo due donne ed io non sono lesbica. Non sono mai stata con una donna.” “Amore, vedrai, sarà bellissimo. Nemmeno io sono lesbica. Ti dico che se trovassi un bell’uomo, intelligente e dotato di un cazzo degno di questo nome non lo lascerei fuggire. Ciò non significa rinunciare ai piaceri della vita o ad amare una donna come te. Ho avuto relazioni con altre donne ma nessuna era bella come te. Con le altre è durato il trascorrere di una notte. Con te voglio vivere, se tu vorrai, tutta una vita. Questo non ci impedirà di andare anche alla ricerca di un uomo che io mi auguro sia lo stesso uomo per te e per me.” Lisa si avvicina al divano dove mia figlia dorme e la prende tra le sue braccia. “Su, vieni. Seguimi.” Si gira e si incammina verso l’uscita del salone. Inebetita la seguo. La sua figura e davanti a me. Il suo incedere è flessuoso. Sembra una tigre in movimento. Sale le scale lentamente. Le sue natiche seguono i movimenti dei piedi. Giunge davanti alla porta della sua stanza l’apre ed entra. Si dirige verso la mia stanza e poggia mia figlia al centro del letto e la copre. Ritorna da me che sono ferma al centro della stanza. ”Lasciamo la porta aperta in modo che se si sveglia la sentiamo.” Si avvicina. Si porta dietro di me. Poggia le mani sulle mie spalle e agganciando i bordi del vestito lo fa scivolare a terra. Infila le dita nei bordi delle mutande e le fa scorrere verso il pavimento. L’aiuto alzando prima un piede e poi l’altro. Sono completamente nuda. Ho solo le calze autoreggenti e le scarpe. Avverto il suo sguardo che scorre sul mio corpo. Dopo un paio di minuti le sue braccia si intrufolano sotto le mie ascelle e le sue mani vanno ad incrociarsi sul mio seno e accarezzano le tette che rispondono indurendosi. L’indice ed il pollice di ciascuna sua mano artigliano i miei capezzoli e li strizzano. Li fa ruotare su se stessi. Li tira in avanti come se volesse allungarli. Mi abbandono all’indietro. Anche lei è nuda. Il suo seno è schiacciato contro la mia schiena. I suoi capezzoli sono duri e come due chiodi premono contro la mia carne. Il suo pube esercita una forte pressione contro le mie natiche. La libidine è la padrona del mio corpo. Assecondo ogni suo movimento. Mi spingo verso di lei. Gemiti di piacere escono dalla mia gola. Una sua mano scende lungo il corpo e si fa strada tra la mia foresta di peli. Sta cercando di raggiungere la mia vagina. Allargo le gambe. La trova e le dita si fanno largo fra le grandi labbra. Raggiunge il clitoride che è durissimo. Lo aggancia. Lo titilla; lo strizza; mi fa una sega. I miei umori colano abbondanti lungo le cosce e bagnano le calze autoreggenti. Un urlo mi sale alla gola. Raggiungo il mio primo orgasmo dopo circa due anni di astinenza. Vengo. “Oh! Catherine. Come sei morbida. Sei tutta bagnata. Non resisto più. Voglio assaporare il tuo corpo con la mia bocca.” Mi fa indietreggiare fino a portarmi con le gambe contro il letto. Con una lieve spinta mi ritrovo distesa sul letto. Lisa si mette in ginocchio fra le mie gambe. Le tira su e le allarga quasi a 180°. So cosa vuole. Porto le dita delle mani sulle grandi labbra e le dilato. La mia vagina si mostra ai suoi occhi in tutto il suo splendore. “Catherine. La tua vulva è l’ottava meraviglia del mondo. Come è bella.” Avvicina la testa al centro delle cosce e raggiunge con la bocca la micina. La bacia e con la sua guizzante lingua pennella tutta la superficie visibile. “Oh! Lisa. Ti prego non smettere. Non pensavo fosse cosi bello. Uuuhm! “ Le sue labbra sono sul mio clitoride. Lo bacia e lo prende nella sua bocca. Lo morde; lo lecca. Lo sento indurirsi e crescere nella sua bocca. Lisa blocca le labbra intorno al clitoride e con la lingua lo circonda. Lo succhia. Mi sta facendo un pompino. È favoloso. Con le mani vado in cerca di un cuscino. Lo afferro e lo porto sulla bocca. Un urlo, che soffoco contro il cuscino, prorompe dalla mia gola. L’orgasmo mi assale e mi sconquassa il corpo. Sono invasa da un ondata di liquidi che si riversano nella bocca di Lisa che li beve tutti. Con la lingua lappa le pareti della vulva e le pulisce dagli umori rimasti attaccati. Sono esausta. Lei risale lungo il mio corpo strusciando il suo contro il mio. Raggiunge la mia testa e incolla la sua bocca sulla mia. Sono io che la penetro con la lingua e vibrandola raccolgo quello che è rimasto dei miei umori. Non credevo fossero cosi buoni. “Lisa. Lisa. Sei stata magnifica. Mi hai fatto godere in un modo strabiliante.” ”Sono contenta che ti sia piaciuto.” “Certo che mi è piaciuto. Ora tocca a me. Ti porterò nel girone della lussuria. Dovrai implorarmi di smettere.” L’afferro per le spalle e con una rapida mossa mi ritrovo distesa su di lei. Poggio la bocca sulla sua, le infilo la lingua in bocca. Le nostre lingue si incrociano, un lento duello ha inizio. Si avviluppano. Lisa succhia la mia lingua con violenza. Il duello prende vigore. Mi passa le braccia intorno al collo e mi stringe contro la sua testa. Respinge la mia lingua dentro la mia bocca e la fa seguire dalla sua. Sembra un’anguilla. Esplora la mia bocca toccando con la punta ogni angolo della cavità orale. Con la punta tocca la mia ugola. L’aria comincia a mancarmi. Attingo dai suoi polmoni. Le mani si ancorano ai suoi stupendi seni e do una forte strizzata. Un grido di dolore le sale in gola e si perde nella mia bocca. Stacco la bocca dalla sua. Un lungo respiro denuncia la mancanza d’aria. “Catherine a momenti mi soffocavi. Non sono mai stata baciata come lo hai fatto tu.” Non le rispondo. Struscio il mio corpo sul suo scendendo e mi fermo con la testa all’altezza delle sue tette. Con le dita artiglio i grossi capezzoli e li strizzo. Lisa geme e mugola. Avvicino le labbra e prendo un capezzolo tra le labbra. Lo stringo forte. Lo mordo. Lo lecco. Incomincio a succhiare. È bello succhiare una tetta di tale splendore. Una mia mano scende lungo il suo liscio pancino. Sfiora il pube. Si avventura fra la foresta di peli che sovrastano il suo monte di Venere. Le dita hanno incontrato la fenditura della sua pussy. Si fanno strada e la penetrano. La mano è tutta dentro. Incontro il suo utero. È abbastanza voluminoso. Lo accarezzo. Un forte gemito le esce dalla bocca. La mia mano è una barca. Sta navigando in un lago di liquido limaccioso. Aumento il ritmo della suzione sul suo capezzolo. Il movimento della mano nella sua vagina aumenta di intensità. Un urlo le sale in gola. Le esce dalla bocca e riempie la stanza. Sta godendo. L’azione della mie mano nella sua figa continua. Una sequenza di orgasmi si susseguono uno dietro l’altro. La sua vagina è ormai un lago. È a questo punto che con un rapido movimento porto la testa tra le sue bianche coscie. Estraggo la mano dalla vulva e la sostituisco con la mia lingua. Lappo quel succoso nettare degli dei. Lo ingoio. Lisa continua ad emettere mugolii di piacere. Ogni tanto il suo corpo si irrigidisce ed un nuovo orgasmo l’assale e nuovo miele si aggiunge al precedente. Sto ubriacandomi. Non smetto di abbeverarmi a quella fantastica fonte. Le mie dita hanno incontrato il clitoride. Lo stringo. Lo accarezzo. Lo titillo. Dopo pochi minuti un urlo che sembra il barrito di un elefante esce dalla sua gola. Il corpo si inarca. Il bacino si innalza. Le sue mani afferrano la mia testa e la spingono con forza contro la sua vagina. Di colpo crolla sul letto e non la sento più. È svenuta. Non mi spavento. Continuo nella mia opera. Con la lingua le lavo la figa: dentro e fuori. Ingoio tutta la sua produzione di miele. Quando finisco mi soffermo a guardare quella meraviglia della natura. È una fica stupenda. Mi alzo dal letto e vado nella stanza adiacente a controllare che il nostro piacere non abbia disturbato il sonno di mia figlia. Tutto è tranquillo. Ritorno sul letto dove giace Lisa e spazio il mio sguardo sul suo corpo. Ha sette anni più di me. Ha 25 anni. È una donna bellissima. È una venere. Un debole lamento giunge alle mie orecchie. Sta ritornando in se. Spalanca quei suoi stupendi occhi che sprizzano felicità. Prende le mie mani tra le sue. Mi guarda sorridendo. “Catherine, amore mio, sei stata magnifica. Nessun’altra donna mi ha portato là dove mi hai portato tu. Non sono mai svenuta. Mi hai distrutta. Ti amo. Dimmi che anche tu mi ami e che non ci lasceremo mai.” ”Lisa. Non posso dire di amarti perché non lo so. Posso dirti che mi piaci e che stare tra le tue braccia o stringere il tuo corpo tra le mie è qualcosa da mille ed una notte. In quanto a lasciarti non ci penso. Fino a quando ci è concesso dovrai spesso ospitarmi tra le tue braccia.” Mi chinai verso di lei e le diedi un bacio sulla bocca. “Rimandiamo tutto a domani. Ora dormiamo.” Con un telecomando fa si che la luce si affievolisca. Mi avvicino, metto la testa nell’incavo della sua spalla, le cingo con un braccio la vita e resto in silenzio. Da allora non ci siamo più separate.
P.S. Questo racconto è pura fantasia. Ogni riferimento a persone viventi è puramente casuale.
P.S. Questo racconto è pura fantasia. Ogni riferimento a persone viventi è puramente casuale.
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