La Città del Peccato – Parte terza: Servizietto in Camera
di
Marco Demma
genere
trio
Resto con lo sguardo perso a scrutare un punto lontano oltre il soffitto. I sensi sono ancora scossi dal forte orgasmo. Chiudo gli occhi, sospiro, e realizzo che probabilmente qualcuno ci ha visto regalarci piacere sulla soglia della mia camera.
Non riesco a togliermi dalla testa quella caviglia, fragilmente sospesa in cima ad un vertiginoso tacco a spillo, che sparisce furtivamente dietro la porta di fianco alla mia. La proprietaria di quella caviglia probabilmente ci ha visto e, imbarazzata, si è rifugiata in fretta nella sicurezza della sua stanza. Magari invece è rimasta a guardare abbandonandosi a qualche sorrisino malizioso, oppure in questo momento sta chiamando la reception per denunciare indignata il nostro comportamento.
Probabilmente è meglio se ci ricomponiamo e ci sdraiamo sul letto chiudendo alle nostre spalle la porta e con lei quel corridoio così pericolosamente poco intimo.
La stanza è arredata in maniera semplice, ma con uno stile che ricorda la cabina armatoriale di una barca a vela. In fondo al salottino, una grande vetrata ci regala lo spettacolo dello skyline di New York dove la cima del Empire State Building sembra quasi sfiorare la luna piena che nel suo lento cammino incide il manto nero della notte.
Sento la tua mano appoggiarsi alla mia spalle e riportarmi, corpo e mente, al tuo fianco. Le tue labbra sfiorano la mia pelle mentre il tuo seno si preme invitante contro la mia schiena. Mi volto e ti stringo a me, rapendoti con un bacio caldo e passionale dove le nostre lingue si scontrano in una danza proibita.
Ti faccio allontanare sussurrandoti all’orecchio di lasciarti ammirare. Con un sorriso malizioso mi lasci ipnotizzato contro la finestra mentre, camminando in punta di piedi, ondeggi i tuoi fianchi voluttuosi e fai scorrere le mani sulla la tua pelle, nera come la notte che alle mie spalle ha inghiottito la città.
Un rumore lontano, come proveniente da un tempo indefinito, mi desta dall’ipnosi in cui mi avevi legato. Come un rintocco, come un battito ritmico dall’imprecisata cadenza. Toc… Toc… Toc… Una seconda serie di colpi attira la mia attenzione verso la porta. La mia preoccupazione corre subito allo spettacolino che avevamo da poco finito di dare nel corridoio e alla possibilità che la nostra vicina di stanza possa aver chiamato la reception per lamentarsi.
Afferro l’accappatoio nero ancora disordinatamente appoggiato sulla poltroncina bianca e con lo sguardo ti dico di aspettarmi li. Nell’aprire la porta cerco di inventarmi una storia plausibile da raccontare, proprio quando con mio sommo stupore trovo ad aspettarmi uno steward dell’hotel con un secchiello di ghiaccio, una bottiglia di champagne e tre coppe.
Appoggio questo inaspettato regalo sul tavolo del salottino dove tu mi aspetti con aria incuriosita tanto quanto la mia. Il bigliettino di accompagnamento chiarisce il mistero: “Thanks for the nice show” firmato solo con un numero di stanza: 1221, proprio quella di fianco alla mia.
Ti passo sorridendo il bigliettino e tu, dopo averlo letto frettolosamente lo adagi sul bordo del letto dove ti siedi guardandomi; senza dire una parola recuperi i tuoi slip e le scarpe e ricominci sensualmente a vestirti.
Ti chiedo con tono di protesta costa tu stia facendo, ma tu non rispondi. Ti alzi, vestita solo di lingerie, prendi due flûte e esci dalla stanza. Ti fermi davanti alla stanza 1221, bussando con tocco delicato della mano destra mentre nella sinistra reggi tra le dita i due bicchieri di cristallo sorreggendoli dallo stelo.
Dopo qualche secondo ti vedo rientrare in camera, ancheggiando con il tuo passo felino e guardandomi sorridendo. In una mano ancora i bicchieri, nell’altra, elegantemente adagiata all’indietro sulla tua spalla, stringi languidamente le dita della nostra ospite.
Senza distogliere il tuo sguardo dal mio, allunghi la sua mano porgendomela in modo che io la possa presentarmi. I convenevoli passano veloci mentre tu versi lo champagne e proponi un brindisi. Tra un sorso e l’altro il mio sguardo passa da te a lei registrando mentalmente ogni singola differenza nelle vostre bellezze. Tu sei la mia perla nera, alta, sinuosa, sensuale. Un seno grande e sodo. Labbra carnose oltre ogni fantasia. Occhi scuri e profondi che sembrano inghiottire il mio respiro. Sei ancora vestita solo della tua pelle e dell’odore che ti ho lasciato addosso.
La tua nuova amica è bella quasi quanto te, ma di una bellezza più timida e che immagino provenire da qualche paese del nord Europa. È giovane, magra e alta: una modellina, probabilmente, che sta tentando la carriera a New York.
Occhi di un celeste ceruleo che con la giusta dose di sicurezza potrebbero trafiggere qualunque uomo come spade di ghiaccio. Capelli lunghi e biondi fino a metà schiena. Indossa una magliettina nera corta che lascia scoperta la pancia e un paio di jeans neri a loro volta. Delle scarpe con il tacco concludono il look total black. Io vi osservo e voi ridete e chiacchierate per nulla imbarazzate.
Ancora in piedi davanti a voi mi accorgo che il suo sguardo si sposta furtivo da te a me e realizzo, arrossendo, di non aver mai annodato la cintura dell’accappatoio, lasciando poco spazio alla fantasia della nostra ospite. Mi scuso mentre goffamente cerco di coprirmi. Tu scoppi a ridere mentre lei, appoggiandomi una mano sul braccio come per fermarmi mi dice: “non preoccuparti, non è nulla che non abbia già visto prima”.
Io resto impietrito guardandoti come per chiederti cosa rispondere e tu sorridendo, ti sdrai sul letto appoggiata sui gomiti e resti a osservare.
Juliet finisce in un sorso lo champagne, mi scosta l’accappatoio e inizia ad accarezzarmi le cosce e il ventre. Il suo tocco è delicato, la sua mano fredda, forse per via del bicchiere che adesso rimane adagiato e vuoto sul letto proprio di fianco a te.
Le sue labbra sfiorano il mio inguine mentre le dita mi stringono le palle iniziando a massaggiarle. Chiudo gli occhi quando sento la mia cappella incontrare il calore umido della sua bocca. Inizio ad ansimare mentre le mie mani tra i suoi capelli seguono i movimenti della sua testa.
Quando li riapro ti vedo che la guardi famelica, come una pantera che sta per fiondarsi sulla preda. I tuoi occhi sono tutti per lei, così assorta a far scorrere la sua lingua lungo la mia asta ormai dura. Ti massaggi il seno stringendoti i capezzoli tra pollice e indice.
Mi libero dell’accappatoio e ti invito a unirti a noi. Ti avvicini a Juliet, scostandole i capelli e iniziando a baciarle il collo. Lei stringendo la mia erezione smette di leccarmi per girarsi verso di te e iniziare a baciarti con passione. Io intanto mi inginocchio tra la sue gambe. Le sbottono i jeans e glieli sfilo. La sua pelle è candida come la luna piena che illumina i nostri giochi.
Il mio viso si tuffa fra le sue cosce, attraverso gli slip stringo delicatamente le grandi labbra stuzzicandole solo con la punta della lingua. Lentamente scendo lungo le sue gambe, così lunghe e sode mentre lei prontamente appoggia i suoi piedi nudi sulla mia schiena.
Languidamente le sfilo gli slip ultima labile barriera che mi separa dal suo desiderio, lasciandomi davanti a quel tanto agognato bocciolo di piacere. Lo faccio schiudere delicatamente soffiando un respiro leggero mentre con un dito scorro tra le sue grandi labbra, dalla fessurina già invitante fino alla clitoride così calda e pingue.
Inizio a stuzzicarlo con movimenti circolari regalandole, solo di rado, colpi della mia linguetta tra le sue grandi labbra ai quali lei risponde con gemiti lontani, quasi soffacati.
Abbandono la clitoride scivolando con un dito fino alla fessura, per poi tornare su verso il clito.
Con le gambe strette intorno al mio volto e accavallate dietro alla mia schiena lei mi tiene stretto a sé, come per paura che io possa smettere. La sento gemere, ma in maniera più silenziosa di quanto vorrei.
Quasi con rabbia la mia lingua e le mie labbra si portano alla sua clitoride: la mordo, la lecco, la succhio delicatamente, la stuzzico con veloci colpetti e quando finalmente due dita scivolano dentro di lei, sento le sue cosce stringersi intorno alla mia faccia ormai immersa nei suoi umori.
In risposta però sento te. Sento la tua voce, il tuo respiro affannato, i rantoli del tuo piacere riempire la stanza e capisco che non sei più una spettatrice inerme.
Le mie dita si alzano e abbassano dentro di lei, muovendosi come per invitarla verso di me, in modo da stimolare la parete interna superiore della sua figa che sento gonfiarsi sotto la pressione delle mie dita.
Finalmente, quando ti sento urlare il tuo orgasmo e cadere sul letto affaticata, Juliet affonda le dita tra i miei capelli e si libera in un amplesso che mi inonda il viso ancora intrappolato tra le sue cosce.
Ad ogni respiro, ad ogni movimento del suo corpo ancora scosso dal piacere io mi inebrio del suo sapore, del suo profumo, del suo orgasmo, fino a diventarne schiavo.
Quando mi libera dalla morsa in cui mi aveva intrappolato, mi alzo con il fiatone e subito cerco te, trovandoti li mentre languidamente accarezzi il seno piccolo, sodo e perfetto di Juliet.
Capisco che ti sei fatta leccare da lei come ricompensa del piacere che il tuo uomo le stava regalando.
Sei tu che comandi. Sei tu che decidi i ruoli.
Guardandomi, batti la mano sul materasso invitandomi a sdraiarmi in mezzo a voi. Io ubbidisco mansueto, con il cazzo talmente duro che sbatte teso contro il mio ombelico.
Ti avvicini all’orecchio di Juliet sussurrandole languidamente qualche parola. Lei in tutta risposta si siede sopra di me, tu con una mano stringi la mia erezione e la accompagni dentro di lei. Juliet inizia a ondeggiare intorno alla mia asta appoggiandomi i palmi sul petto.
Senza darmi il tempo di capire ciò che sta succedendo, tu ti siedi sopra il mio viso girata verso di lei: le tue ginocchia intorno alle mie spalle e la tua figa premuta contro le mie labbra. Sei tu a muoverti su di me, mentre io vi immagino baciarvi.
Mi sento impotente, prigioniero dei vostri corpi e del piacere che voglio regalarvi oltre che di quello che mi state offrendo. Decido di reagire.
Comincio a muovermi dal basso verso l’alto con movimenti profondi dei miei fianchi, scivolando sempre di più dentro la fighetta calda di Juliet, sempre più duro, sempre più profondo fino a perdermici. Voglio che lei mi senta tutto, duro e completamente dentro di lei.
Con la lingua intanto inizio a occuparmi di te, che non smetti di muovere la tua figa sul mio viso. Il tuo profumo e il tuo sapore mi colgono alla sprovvista, come lo scoppio della primavera dopo un lungo inverno. La mia lingua si muove lentamente su di te incontrando di tanto in tanto le tue dita che massaggiano la clitoride quando non riesco a stuzzicarla io.
Io e Juliet intanto acceleriamo insieme, sono movimenti scomposti, asincroni, convulsi. Pulso di passione mentre lei contrae i muscoli addominali intorno alla mia erezione come per risucchiare il mio orgasmo; come per rubarmi l’anima.
Con le mani la sollevo leggermente tenendola a qualche centimetro di distanza dal mio inguine e comincio a sbatterla con foga e forza, accelerando la frequenza con cui la penetro e la forza con cui il mio bacino incontra il suo. Voglio solo il suo piacere, voglio che goda e che mi liberi da questa trappola in cui la matematica mi vede perdente. Il suo orgasmo arriva violento, come uno schiaffo. La sento gridare e premersi contro di me mentre io resto teso dentro di lei con la cappella a stimolare le sue pareti interne.
Intanto continuo a farmi scopare la lingua da te. Lascio i fianchi di Juliet e cerco il tuo sedere; ti allargo con fermezza le natiche e con un dito vado a inseguire il tuo ano. Uso la mia lingua con movimenti minuziosi, lenti e profondi come se cercasse di penetrarti. Ormai sei persa, non riesci più a ondeggiare i fianchi sul mio viso. Un dito si muove inquieto dentro il tuo sedere mentre la mia lingua scorre dal clitoride fino alla fessurina, crocevia di un vicino orgasmo.
Juliet si toglie da sopra di me facendomi scivolare fuori e la sento cadere sul pavimento. Io allora con la mano libera ti prendo per un braccio tirandoti in avanti e invitandoti a finire quello che lei aveva cominciato Sento le tue labbra stringersi intorno alla mia erezione assaporando il suo orgasmo. Fatichi a succhiarmi mentre le mie dita sul tuo corpo ti cercano, ti invadono e ti fanno mia. Gioco con la lingua sul tuo clito, mordendolo e succhiandolo delicatamente.
Mi senti venire con caldi fiotti di piacere che ti riempiono la bocca scivolandoti fino in gola. Mi bevi fino all’ultima goccia di piacere e ricominci a strofinare la figa sul mio viso come per ammonirmi a non smettere proprio adesso. I tuoi gemiti aumentano di volume ad ogni colpo della mia lingua e ad ogni movimento del mio dito nel tuo culo. Continui a leccarmi, tenendomi serrato tra le tue labbra fino a quando finalmente sento il tuo corpo scosso dal piacere. Lasci andare il mio cazzo e urli cercando di liberarti dalla mia presa. Ti tengo premuta contro di me e insisto con la mia lingua. Urli di nuovo, affondando le unghie nei miei quadricipiti. Ti succhio la clitoride scivolando con due dita dentro di te. Questa volta l’urlo sembra implorare pietà fino a quando Juliet appoggia le sue labbra alle tue e soffoca i tuoi gemiti condividendo con te il sapore del mio sperma.
Restiamo tutti e tre sdraiati e incastrati uno dentro l’altra, accarezzando i nostri corpi ancora madidi di sudore e cercando di recuperare il controllo dei nostri respiri. Lentamente il torpore si impadronisce di me trascinandomi nel mondo dei sogni dormendo un sonno profondo, placido e soddisfatto.
Quando la mattina riapro gli occhi mi scopro solo.
Un raggio di sole filtra dalle tende semi chiuse. Mi stropiccio gli occhi cercando un segno di voi, una traccia di te: i bicchieri di champagne giacciono ancora a terra, rovesciati; sul comodino trovo un bigliettino da visita della American Airlines con indicato il tuo nome e il tuo numero: sei un assistente di volo. Lo giro e trovo Il numero di Juliet scritto a penna. Sorrido.
Chiudo la tenda e mi rimetto a dormire felice che non sia stato tutto un sogno.
Non riesco a togliermi dalla testa quella caviglia, fragilmente sospesa in cima ad un vertiginoso tacco a spillo, che sparisce furtivamente dietro la porta di fianco alla mia. La proprietaria di quella caviglia probabilmente ci ha visto e, imbarazzata, si è rifugiata in fretta nella sicurezza della sua stanza. Magari invece è rimasta a guardare abbandonandosi a qualche sorrisino malizioso, oppure in questo momento sta chiamando la reception per denunciare indignata il nostro comportamento.
Probabilmente è meglio se ci ricomponiamo e ci sdraiamo sul letto chiudendo alle nostre spalle la porta e con lei quel corridoio così pericolosamente poco intimo.
La stanza è arredata in maniera semplice, ma con uno stile che ricorda la cabina armatoriale di una barca a vela. In fondo al salottino, una grande vetrata ci regala lo spettacolo dello skyline di New York dove la cima del Empire State Building sembra quasi sfiorare la luna piena che nel suo lento cammino incide il manto nero della notte.
Sento la tua mano appoggiarsi alla mia spalle e riportarmi, corpo e mente, al tuo fianco. Le tue labbra sfiorano la mia pelle mentre il tuo seno si preme invitante contro la mia schiena. Mi volto e ti stringo a me, rapendoti con un bacio caldo e passionale dove le nostre lingue si scontrano in una danza proibita.
Ti faccio allontanare sussurrandoti all’orecchio di lasciarti ammirare. Con un sorriso malizioso mi lasci ipnotizzato contro la finestra mentre, camminando in punta di piedi, ondeggi i tuoi fianchi voluttuosi e fai scorrere le mani sulla la tua pelle, nera come la notte che alle mie spalle ha inghiottito la città.
Un rumore lontano, come proveniente da un tempo indefinito, mi desta dall’ipnosi in cui mi avevi legato. Come un rintocco, come un battito ritmico dall’imprecisata cadenza. Toc… Toc… Toc… Una seconda serie di colpi attira la mia attenzione verso la porta. La mia preoccupazione corre subito allo spettacolino che avevamo da poco finito di dare nel corridoio e alla possibilità che la nostra vicina di stanza possa aver chiamato la reception per lamentarsi.
Afferro l’accappatoio nero ancora disordinatamente appoggiato sulla poltroncina bianca e con lo sguardo ti dico di aspettarmi li. Nell’aprire la porta cerco di inventarmi una storia plausibile da raccontare, proprio quando con mio sommo stupore trovo ad aspettarmi uno steward dell’hotel con un secchiello di ghiaccio, una bottiglia di champagne e tre coppe.
Appoggio questo inaspettato regalo sul tavolo del salottino dove tu mi aspetti con aria incuriosita tanto quanto la mia. Il bigliettino di accompagnamento chiarisce il mistero: “Thanks for the nice show” firmato solo con un numero di stanza: 1221, proprio quella di fianco alla mia.
Ti passo sorridendo il bigliettino e tu, dopo averlo letto frettolosamente lo adagi sul bordo del letto dove ti siedi guardandomi; senza dire una parola recuperi i tuoi slip e le scarpe e ricominci sensualmente a vestirti.
Ti chiedo con tono di protesta costa tu stia facendo, ma tu non rispondi. Ti alzi, vestita solo di lingerie, prendi due flûte e esci dalla stanza. Ti fermi davanti alla stanza 1221, bussando con tocco delicato della mano destra mentre nella sinistra reggi tra le dita i due bicchieri di cristallo sorreggendoli dallo stelo.
Dopo qualche secondo ti vedo rientrare in camera, ancheggiando con il tuo passo felino e guardandomi sorridendo. In una mano ancora i bicchieri, nell’altra, elegantemente adagiata all’indietro sulla tua spalla, stringi languidamente le dita della nostra ospite.
Senza distogliere il tuo sguardo dal mio, allunghi la sua mano porgendomela in modo che io la possa presentarmi. I convenevoli passano veloci mentre tu versi lo champagne e proponi un brindisi. Tra un sorso e l’altro il mio sguardo passa da te a lei registrando mentalmente ogni singola differenza nelle vostre bellezze. Tu sei la mia perla nera, alta, sinuosa, sensuale. Un seno grande e sodo. Labbra carnose oltre ogni fantasia. Occhi scuri e profondi che sembrano inghiottire il mio respiro. Sei ancora vestita solo della tua pelle e dell’odore che ti ho lasciato addosso.
La tua nuova amica è bella quasi quanto te, ma di una bellezza più timida e che immagino provenire da qualche paese del nord Europa. È giovane, magra e alta: una modellina, probabilmente, che sta tentando la carriera a New York.
Occhi di un celeste ceruleo che con la giusta dose di sicurezza potrebbero trafiggere qualunque uomo come spade di ghiaccio. Capelli lunghi e biondi fino a metà schiena. Indossa una magliettina nera corta che lascia scoperta la pancia e un paio di jeans neri a loro volta. Delle scarpe con il tacco concludono il look total black. Io vi osservo e voi ridete e chiacchierate per nulla imbarazzate.
Ancora in piedi davanti a voi mi accorgo che il suo sguardo si sposta furtivo da te a me e realizzo, arrossendo, di non aver mai annodato la cintura dell’accappatoio, lasciando poco spazio alla fantasia della nostra ospite. Mi scuso mentre goffamente cerco di coprirmi. Tu scoppi a ridere mentre lei, appoggiandomi una mano sul braccio come per fermarmi mi dice: “non preoccuparti, non è nulla che non abbia già visto prima”.
Io resto impietrito guardandoti come per chiederti cosa rispondere e tu sorridendo, ti sdrai sul letto appoggiata sui gomiti e resti a osservare.
Juliet finisce in un sorso lo champagne, mi scosta l’accappatoio e inizia ad accarezzarmi le cosce e il ventre. Il suo tocco è delicato, la sua mano fredda, forse per via del bicchiere che adesso rimane adagiato e vuoto sul letto proprio di fianco a te.
Le sue labbra sfiorano il mio inguine mentre le dita mi stringono le palle iniziando a massaggiarle. Chiudo gli occhi quando sento la mia cappella incontrare il calore umido della sua bocca. Inizio ad ansimare mentre le mie mani tra i suoi capelli seguono i movimenti della sua testa.
Quando li riapro ti vedo che la guardi famelica, come una pantera che sta per fiondarsi sulla preda. I tuoi occhi sono tutti per lei, così assorta a far scorrere la sua lingua lungo la mia asta ormai dura. Ti massaggi il seno stringendoti i capezzoli tra pollice e indice.
Mi libero dell’accappatoio e ti invito a unirti a noi. Ti avvicini a Juliet, scostandole i capelli e iniziando a baciarle il collo. Lei stringendo la mia erezione smette di leccarmi per girarsi verso di te e iniziare a baciarti con passione. Io intanto mi inginocchio tra la sue gambe. Le sbottono i jeans e glieli sfilo. La sua pelle è candida come la luna piena che illumina i nostri giochi.
Il mio viso si tuffa fra le sue cosce, attraverso gli slip stringo delicatamente le grandi labbra stuzzicandole solo con la punta della lingua. Lentamente scendo lungo le sue gambe, così lunghe e sode mentre lei prontamente appoggia i suoi piedi nudi sulla mia schiena.
Languidamente le sfilo gli slip ultima labile barriera che mi separa dal suo desiderio, lasciandomi davanti a quel tanto agognato bocciolo di piacere. Lo faccio schiudere delicatamente soffiando un respiro leggero mentre con un dito scorro tra le sue grandi labbra, dalla fessurina già invitante fino alla clitoride così calda e pingue.
Inizio a stuzzicarlo con movimenti circolari regalandole, solo di rado, colpi della mia linguetta tra le sue grandi labbra ai quali lei risponde con gemiti lontani, quasi soffacati.
Abbandono la clitoride scivolando con un dito fino alla fessura, per poi tornare su verso il clito.
Con le gambe strette intorno al mio volto e accavallate dietro alla mia schiena lei mi tiene stretto a sé, come per paura che io possa smettere. La sento gemere, ma in maniera più silenziosa di quanto vorrei.
Quasi con rabbia la mia lingua e le mie labbra si portano alla sua clitoride: la mordo, la lecco, la succhio delicatamente, la stuzzico con veloci colpetti e quando finalmente due dita scivolano dentro di lei, sento le sue cosce stringersi intorno alla mia faccia ormai immersa nei suoi umori.
In risposta però sento te. Sento la tua voce, il tuo respiro affannato, i rantoli del tuo piacere riempire la stanza e capisco che non sei più una spettatrice inerme.
Le mie dita si alzano e abbassano dentro di lei, muovendosi come per invitarla verso di me, in modo da stimolare la parete interna superiore della sua figa che sento gonfiarsi sotto la pressione delle mie dita.
Finalmente, quando ti sento urlare il tuo orgasmo e cadere sul letto affaticata, Juliet affonda le dita tra i miei capelli e si libera in un amplesso che mi inonda il viso ancora intrappolato tra le sue cosce.
Ad ogni respiro, ad ogni movimento del suo corpo ancora scosso dal piacere io mi inebrio del suo sapore, del suo profumo, del suo orgasmo, fino a diventarne schiavo.
Quando mi libera dalla morsa in cui mi aveva intrappolato, mi alzo con il fiatone e subito cerco te, trovandoti li mentre languidamente accarezzi il seno piccolo, sodo e perfetto di Juliet.
Capisco che ti sei fatta leccare da lei come ricompensa del piacere che il tuo uomo le stava regalando.
Sei tu che comandi. Sei tu che decidi i ruoli.
Guardandomi, batti la mano sul materasso invitandomi a sdraiarmi in mezzo a voi. Io ubbidisco mansueto, con il cazzo talmente duro che sbatte teso contro il mio ombelico.
Ti avvicini all’orecchio di Juliet sussurrandole languidamente qualche parola. Lei in tutta risposta si siede sopra di me, tu con una mano stringi la mia erezione e la accompagni dentro di lei. Juliet inizia a ondeggiare intorno alla mia asta appoggiandomi i palmi sul petto.
Senza darmi il tempo di capire ciò che sta succedendo, tu ti siedi sopra il mio viso girata verso di lei: le tue ginocchia intorno alle mie spalle e la tua figa premuta contro le mie labbra. Sei tu a muoverti su di me, mentre io vi immagino baciarvi.
Mi sento impotente, prigioniero dei vostri corpi e del piacere che voglio regalarvi oltre che di quello che mi state offrendo. Decido di reagire.
Comincio a muovermi dal basso verso l’alto con movimenti profondi dei miei fianchi, scivolando sempre di più dentro la fighetta calda di Juliet, sempre più duro, sempre più profondo fino a perdermici. Voglio che lei mi senta tutto, duro e completamente dentro di lei.
Con la lingua intanto inizio a occuparmi di te, che non smetti di muovere la tua figa sul mio viso. Il tuo profumo e il tuo sapore mi colgono alla sprovvista, come lo scoppio della primavera dopo un lungo inverno. La mia lingua si muove lentamente su di te incontrando di tanto in tanto le tue dita che massaggiano la clitoride quando non riesco a stuzzicarla io.
Io e Juliet intanto acceleriamo insieme, sono movimenti scomposti, asincroni, convulsi. Pulso di passione mentre lei contrae i muscoli addominali intorno alla mia erezione come per risucchiare il mio orgasmo; come per rubarmi l’anima.
Con le mani la sollevo leggermente tenendola a qualche centimetro di distanza dal mio inguine e comincio a sbatterla con foga e forza, accelerando la frequenza con cui la penetro e la forza con cui il mio bacino incontra il suo. Voglio solo il suo piacere, voglio che goda e che mi liberi da questa trappola in cui la matematica mi vede perdente. Il suo orgasmo arriva violento, come uno schiaffo. La sento gridare e premersi contro di me mentre io resto teso dentro di lei con la cappella a stimolare le sue pareti interne.
Intanto continuo a farmi scopare la lingua da te. Lascio i fianchi di Juliet e cerco il tuo sedere; ti allargo con fermezza le natiche e con un dito vado a inseguire il tuo ano. Uso la mia lingua con movimenti minuziosi, lenti e profondi come se cercasse di penetrarti. Ormai sei persa, non riesci più a ondeggiare i fianchi sul mio viso. Un dito si muove inquieto dentro il tuo sedere mentre la mia lingua scorre dal clitoride fino alla fessurina, crocevia di un vicino orgasmo.
Juliet si toglie da sopra di me facendomi scivolare fuori e la sento cadere sul pavimento. Io allora con la mano libera ti prendo per un braccio tirandoti in avanti e invitandoti a finire quello che lei aveva cominciato Sento le tue labbra stringersi intorno alla mia erezione assaporando il suo orgasmo. Fatichi a succhiarmi mentre le mie dita sul tuo corpo ti cercano, ti invadono e ti fanno mia. Gioco con la lingua sul tuo clito, mordendolo e succhiandolo delicatamente.
Mi senti venire con caldi fiotti di piacere che ti riempiono la bocca scivolandoti fino in gola. Mi bevi fino all’ultima goccia di piacere e ricominci a strofinare la figa sul mio viso come per ammonirmi a non smettere proprio adesso. I tuoi gemiti aumentano di volume ad ogni colpo della mia lingua e ad ogni movimento del mio dito nel tuo culo. Continui a leccarmi, tenendomi serrato tra le tue labbra fino a quando finalmente sento il tuo corpo scosso dal piacere. Lasci andare il mio cazzo e urli cercando di liberarti dalla mia presa. Ti tengo premuta contro di me e insisto con la mia lingua. Urli di nuovo, affondando le unghie nei miei quadricipiti. Ti succhio la clitoride scivolando con due dita dentro di te. Questa volta l’urlo sembra implorare pietà fino a quando Juliet appoggia le sue labbra alle tue e soffoca i tuoi gemiti condividendo con te il sapore del mio sperma.
Restiamo tutti e tre sdraiati e incastrati uno dentro l’altra, accarezzando i nostri corpi ancora madidi di sudore e cercando di recuperare il controllo dei nostri respiri. Lentamente il torpore si impadronisce di me trascinandomi nel mondo dei sogni dormendo un sonno profondo, placido e soddisfatto.
Quando la mattina riapro gli occhi mi scopro solo.
Un raggio di sole filtra dalle tende semi chiuse. Mi stropiccio gli occhi cercando un segno di voi, una traccia di te: i bicchieri di champagne giacciono ancora a terra, rovesciati; sul comodino trovo un bigliettino da visita della American Airlines con indicato il tuo nome e il tuo numero: sei un assistente di volo. Lo giro e trovo Il numero di Juliet scritto a penna. Sorrido.
Chiudo la tenda e mi rimetto a dormire felice che non sia stato tutto un sogno.
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