Una ragazza immagine costa meno di una puttana
di
FrankOssido
genere
etero
Umberto passeggiava tra le auto esposte guardando distrattamente i nuovi modelli o le innovative auto elettriche. Da classico figlio di papà non dubitava di poter aspirare un giorno a guidare un Mercedes da 300 cavalli o un 124 spider motorizzata Abarth. Quello che cercava nell’afoso primo pomeriggio torinese era una ragazza immagine che attirasse veramente la sua attenzione.
Tra amici si scherzava spesso sul fatto che Umberto fosse “malato” di sesso, lui fingeva di farsi una risata, ma dentro di sé era cosciente del fatto che ne era dipendente. Si scopava la vicina di casa, le amiche dell’università e quando non bastava pure le puttane. Non le nere, non era un problema per lui pagare profumatamente le migliori ucraine.
Quel pomeriggio con pantaloncini corti e polo azzurra girava tra le auto esposte in quella mostra al Valentino, noto parco torinese, per scegliere la giusta ragazza immagine da sedurre e scopare quella sera stessa. Era diventata una sfida per lui darsi obiettivi: “oggi a ballare ne scelgo una e mi faccio dare il culo”, “domani vado a studiare da Daniela e devo convincerla a succhiarmelo”, quel giorno aveva deciso che una stupidissima ragazza in vestitino di fianco ad una qualsiasi macchina esposta doveva essere sua, doveva solo scegliersi quale.
Passò davanti alla Suzuki e in sella ad una moto c’era una bionda niente male, tette in mostra e gambe lunghe… da tenere in considerazione. Subito arrivato alle Kia delle bionde in vestito rosso attirarono la sua attenzione, chiese persino informazioni sulla cilindrata perché sembrava essere indeciso. Umberto però sapeva che quando avrebbe trovato quella giusta non avrebbe avuto dubbi, e infatti così accadde.
Una sola macchina esposta, supersportiva, di un designer. Il prezzo, e ad essere sinceri anche lo stile della macchina, erano improponibili: eccessivamente appariscente, vanitosa e in definitiva pure un po’ volgare. A colpire non era però l’auto, ma la ragazza.
Se ne stava in disparte perché due uomini spiegavano le caratteristiche ai fanatici del settore, ma lei era impossibile da non notare: mora, coda lunga che arrivava fino a metà schiena, tacchi neri alti con punta a spillo e ricamo sul piede per lasciarlo il più possibile in vista, leggins tipo pelle nera che le stringevano le gambe perfette e soprattutto il culo disegnato con il compasso. A coprirle il seno e il torace aveva una sorta di maglietta nera, di quelle senza spalline che rimangono aderenti e stanno su grazie al seno, seno che non faticava a compiere quel lavoro… sarà stata una terza (avrebbe dovuto indagare meglio in seguito). Il viso era ben truccato e non volgare, quello che però lo fece impazzire fu la collana rigida color oro che le fasciava il collo come un guinzaglio… era lei quella giusta.
Per non rovinarsi la serata Umberto se ne stette in disparte a guardarla meglio, non perché avesse dubbi che fosse lei quella giusta, ma per cercare di inquadrarla caratterialmente. Stando lì capì che non era stata scelta dai due uomini che anzi, forse sottostimando quel cervello già poco sviluppato, la facevano mettere da parte appena qualche interessato faceva domande sul motore. “Sufficientemente stupida” Umberto sorrise e si diresse verso casa, doveva prepararsi per la serata.
Il ragazzo, ormai di quasi 23 anni, scelse una camicia griffata bianca, i pantaloni blu elettrico e la giacca azzurra color carta da zucchero. Si era sempre sentito un coglione a vestirsi così eccentricamente ma per qualche strano motivo alcune ragazze sembravano credere che il vestirsi come un idiota fosse sinonimo di stile, o meglio, soldi.
Per l’occasione tirò fuori persino dei mocassini color viola scuro, si guardò allo specchio e si complimentò con se stesso: sembrava il classico figlio di papà.
-Pa’ posso prendere la tua macchina stasera?
-Dove vai?
-Al Salone dell’auto.
-Va beh ma fai attenzione e paga un parcheggio vicino all’ingresso.
Umberto afferrò il portachiavi con il logo della Porsche, suo padre l’aveva comprata di terza mano da un paio di mesi. L’auto aveva si e no quattro anni per cui l’investimento era stato modico, ma faceva sempre la sua figura.
Arrivò e parcheggiò proprio davanti l’ingresso e spese 5 euro per stare tre orette… un furto ma serviva.
Immediatamente si diresse verso la ragazza mora che aveva adocchiato, già in lontananza la riconobbe grazie ai faretti che illuminavano le auto. Guardò l’ora dal Rolex tarocco comprato in spiaggia l’estate prima, il parco avrebbe chiuso entro un’oretta, erano già le 21.
Sapeva come fare, infatti passò velocemente davanti allo stand che, vista l’ora, aveva solo più pochi interessati. L’abbigliamento eccentrico attirò immediatamente l’attenzione della ragazza, Umberto fece finta di nulla ma quando si sentì gli occhi addosso voltò appena la testa incrociando gli occhi scuri di lei. “Mantieni la faccia incazzata” si disse, voltò la testa e continuò a camminare per altri 3-4 passi, poi, sapendo che lei, dopo aver inizialmente abbassato lo sguardo, avrebbe ancora guardato nella sua direzione, si girò e con un sorriso a 32 denti tornò verso lo stand.
-Posso chiederle due informazioni sull’auto signorina… ?
-Jessica, mi chiamo Jessica- e dicendolo la ragazza sorrise con uno sguardo a metà tra vanitoso ed ebete, non sembrava proprio un mostro di intelligenza –la faccio parlare con Gianni che ne capisce più di me.
-Un vero peccato signorina, la sua presenza vale più di mille auto.
Umberto notò come quell’affermazione provocò un moto di narcisismo alla ragazza che si portò una mano al fianco come a voler sottolineare la sua bellezza. Arrivò nel frattempo Gianni che si dimostrò molto disponibile con Umberto.
Il ragazzo sapeva che quel complimento aveva attirato definitivamente l’attenzione della ragazza, per cui discuteva con Gianni di cilindrate, pelli utilizzate per gli interni e ogni sorta di caratteristica che riguardasse quell’auto. Ad Umberto non interessavano particolarmente, ma quel pomeriggio si era fatto una ricerca su internet per poter tenere autorevolmente un discorso con un esperto, e, da bravo attore, stava andando alla grande.
Parò con Gianni quasi mezz’ora e di tanto in tanto incrociava lo sguardo di Jessica poi, finiti gli argomenti, fu costretto a chiudere la conversazione.
-Staccate tra molto qui?
-Mah… mezz’oretta e ce ne andiamo tutti- rispose Gianni.
-Allora non è che fareste venir via prima la vostra stupenda valletta? Pensavo di offrirmi di portarla a cena.
Gianni probabilmente aveva già inquadrato quel ragazzo, in alcuni momenti aveva notato un po’ di titubanza o ignoranza nei suoi discorsi, capì così che era tutto per Jessica.
-Vai pure, qui chiudiamo noi- e salutandolo gli fece l’occhiolino.
Umberto si avvicinò alla ragazza e cercando di far notare il più possibile il Rolex cominciò a parlare del più e del meno, di come era stata la giornata, se si sentisse stanca dopo tanto lavoro…
-Senti… spero di non sembrarti troppo sfacciato ma è da quando sono passato qui davanti che non riesco a toglierti gli occhi di dosso. Ho parlato con il tuo capo e dice che se accetti il mio invito posso portarti a cena, si occupa lui di chiudere tutto.
Fare questa proposta era il momento più delicato in assoluto, Umberto sapeva che doveva stregare quella ragazza che faceva dell’apparenza tutto. Umberto però sapeva quando fare delle brevi pause nel discorso, quando mostrare il torace scolpito attraverso il bottone libero della camicia e, soprattutto, come chiudere in bellezza:
-Naturalmente guido io- e con il più bel sorriso di cui fosse capace mostrò le chiavi della macchina facendo ciondolare attentamente quel logo così conosciuto, quel logo che tutti sapevano essere Porsche.
Per un habitué della seduzione come lui la risposta di Jessica fu chiara prima che aprisse bocca, fece passare una breve pausa prima di dire di sì ma il respiro affannato si palesava gonfiando e abbassando quei seni che da soli tenevano su quell’indumento nero.
Con un gesto di galanteria le offrì la sua mano per scendere dalla pedana, ormai ai suoi occhi era un perfetto gentiluomo ricco di qualità e, soprattutto, soldi.
Arrivati alla macchina salirono e Umberto domandò se le andasse bene un posticino romantico che conosceva lui, una cosa di classe che si affacciava su Piazza Vittorio. Jessica rispose che per lei andava bene tutto, un locale consigliato da lui sarebbe stato di sicuro perfetto.
Umberto sorrise pensando che ormai ai suoi occhi era un brillante ereditiere che a meno di 30 girava già in Porsche.
-Tu sai che sono Jessica… ma tu invece hai un nome?
-Scusami tanto, sono stato un vero cafone a non presentarmi, sono Amedeo.
Umberto mentì sul nome perché non aveva intenzione di lasciare tracce, un suo vezzo era però scegliere nomi fasulli sempre ispirati alla casa regnante che negli anni aveva costruito la sua città, Torino.
Il ristorante in cui la portò era poco sopra la Gran Madre, poco conosciuto perché era un attico con soli tavolini a lume di candela che dava una vista spettacolare di piazza Vittorio Veneto. Per arrivarci si prendeva un ampio ascensore ma l’ultimo piano era raggiungibile solo con una decina di scalini, Umberto non mancò di far andare avanti la ragazza per poter ammirare bene quel culo stretto dai leggins neri.
-Ciao Ingegnere! Hai prenotato?
-Ciao Marcolino, no ho deciso all’ultimo, è un problema?
-Tranquillo, per te un tavolino lo troviamo sempre- e gli fece l’occhiolino.
Quel ristorantino era di un amico di vecchia data di Umberto, si conoscevano da una vita e Marcolino sapeva che l’amico ci portava sempre le ragazze che si sceglieva. Pagava sempre con un forte sconto ed era certo che Marcolino faceva sempre attenzione a non chiamarlo per nome.
Ottennero un tavolino d’angolo e la cena passò esattamente come aveva pensato: buon vino, carne fresca e cotta come da un dio e servizio romantico. Alla fine della bottiglia, che Umberto aveva fatto ben attenzione a far bere in larga parte a Jessica, la cena era passata tra lei bugie di Umberto/Amedeo e le noiose argomentazioni in fatto di moda e lavoro di Jessica.
A quel punto, finito il dolce, Jessica aveva una mano sul tavolo che aspettava solo di essere presa, con calma e sapienza Umberto fece scivolare la sua sopra e gliela strinse mentre i loro occhi si incrociavano infuocandosi.
Con calma i due si alzarono da tavola e Jessica finse di essere imbarazzata per il conto che veniva pagato interamente da Umberto. Lui da parte sua aveva speso appena 50 euro in tutto, probabilmente la metà di quanto avrebbero pagato altri clienti in quel luogo con quel cibo, ma Umberto e Marco erano amici da una vita. Inoltre Jessica ignorando il totale reale si sentiva come una regina.
Scesero i dieci scalini stavolta con maggiore difficoltà, Jessica sembrava faticare di più a reggersi sui tacchi a punta che teneva e Umberto fu ben felice di riportarla in equilibrio toccandola leggermente in vari punti… soprattutto alla fine lei sembrò rendersi conto di una mano troppo larga sul suo culo. Non ci fu tempo di farsi troppe domande che salirono sull’ascensore e li immediatamente le loro bocche si incrociarono.
Umberto afferrò a piene mani quel culo sodo e toccò ogni centimetro di esso mentre teneva Jessica contro una parete dell’ascensore. Lei da parte sua gli teneva le braccia dietro la testa ed offriva la sua lingua al ragazzo, strusciando la sua vagina all’altezza del cazzo di Umberto… dove sentiva qualcosa di duro premere da sotto i pantaloni eleganti.
Un brusco stop li fece capire che erano arrivati a terra, Umberto propose di vedere Torino dall’alto da Superga, Jessica con occhi infiammati di lussuria acconsentì senza problemi e in un baleno furono sul Porsche che mangiava l’asfalto sui ripidi tornanti che portavano alla Basilica sopra Torino.
Arrivati in cima si era fatta ormai l’1, come sempre a quell’ora di gente ce n’era poca, le luci illuminavano la basilica e si poteva godere della vista della Torino notturna dall’alto.
Scesero e iniziarono una tranquilla passeggiatina lì intorno… entrambi però sentivano la voglia e i tacchi di Jessica sembrava rimbombare in quel silenzio.
Ad un certo punto Umberto indicò un punto poco sopra la Mole, Jessica allora si fermò con lui e dalla ringhiera cercò di capire cosa intendesse. Nel farlo si appoggiò e si mise in una posizione che offriva splendidamente il culo a chi le fosse stato dietro… per sua fortuna la collina era deserta.
Umberto da parte sua non indicava nulla di particolare, voleva solo mettere in difficoltà Jessica che infatti non riusciva a vedere cosa indicava il ragazzo… Allora Umberto decise di mettersi dietro di lei e con il braccio di fianco al suo volto indicava… così facendo era finalmente dietro di lei… i loro corpi erano finalmente di nuovo a contatto ed era impossibile per Jessica non sentire il cazzo di Umberto premere forte da sotto i pantaloni sui suoi leggins…
-Adesso lo vedi Jessica? O preferisci che mi sporga… ancora?- l’ultima parola Umberto la sussurrò solo nell’orecchio della ragazza, che ormai respirava affannata e muoveva i fianchi come a voler sentire meglio quel palo tra le sue chiappe…
Per chi non conoscesse Superga, intorno al gigantesco piazzale dove sta la basilica si stendono fitti ed ingarbugliati boschi, spesso con sentieri inesistenti o radi, praticamente dei labirinti illuminati vagamente da lampioni sparsi.
Dopo un bacio intenso Umberto e Jessica si diressero proprio verso quei boschi, gente non se ne vedeva neanche lì ma per sicurezza si addentrarono fino ad uno spiazzo dietro una siepe che godeva della luce di un lampione lontano.
Umberto si tolse la giacca e la buttò a terra allargandola. Immediatamente ci poggiò sopra Jessica che non voleva saperne di mollare la bocca del ragazzo. Le mani di lui erano ancora sul culo e sui fianchi di lei mentre la ragazza-immagine stava aprendo i bottoni della camicia di lui per poter finalmente baciare il suo corpo palestrato e depilato. Appena libero Umberto si tolse finalmente la camicia e con un gesto veloce alzò via quello straccio che Jessica usava come maglietta, si palesarono ai suoi occhi finalmente quelle tette che adocchiava da qualche ora, come immaginava era una buona terza, soda e abbronzata, come tutto il resto del corpo della ragazza.
Si fiondò con le labbra su quel seno e prese a leccare e ciucciare ogni centimetro di quelle tette, passava con la lingua e solleticava i capezzoli prima di lanciarsi su di essi per ciucciarli come a volerseli mangiare. Jessica ansimava sempre più forte e con la mano andò a cercare il cazzo duro di Umberto come a volerlo liberare.
Rapidamente Umberto si abbassò e aprì i tre bottoni dei leggins, con un colpo secco li abbassò con il perizoma chiaro fino a metà coscia liberando così la figa completamente depilata della ragazza. Avvicinò il viso e come aveva fatto con i capezzoli iniziò a stuzzicargliela con la lingua, a volte penetrandola leggermente. Quella figa era un lago caldo che aspettava solo di godere e a confermarlo furono i movimenti di bacino per avvicinargliela alla bocca. Umberto però ora voleva scopare.
Alzandosi in piedi si tolse i pantaloni e rimase completamente nudo, cercò in tasca il preservativo ma Jessica lo fermò dicendo che tanto prendeva la pillola, “ammazza che troia che ho caricato oggi” pensò Umberto. Nel frattempo Jessica alzandosi fece cadere a terra il ragazzo e lo mise a terra con il cazzo svettante verso l’alto dove era lei prima. Iniziò a sfilarsi, a fatica visto quanto erano stretti, i leggins e li butto a terra vicino, poi stava abbassandosi per slegarsi i tacchi quando Umberto le ordinò di tenerli. Lei come infoiata a quel punto si buttò sul ragazzo nudo e adagiò il suo corpo liscio, caldo e sudato sul corpo di lui.
Con la mano afferrò finalmente quel cazzo e indirizzandoselo verso la figa iniziò a cavalcarlo. Umberto apprezzava la voglia di Jessica, era lei a volersi far scopare di quel cazzo e questo dava a lui la possibilità di godersi quel corpo mentre lei ricominciava a baciarlo profondamente. Con le mani strizzava il culo sodo, scendeva verso le cosce perfette e risalendo le spingeva la schiena verso di se come ad intimarle di farsi possedere. Il corpo di lei era liscio e bagnato dalle gocce di sudore per gli eventi che si susseguivano, però rimaneva profumata di quella fialetta Dolce e Gabbana che si era messa in abbondanza al pomeriggio.
Umberto sentì il corpo di Jessica muoversi sempre più freneticamente sul suo e presto sentì il cazzo avvolto da umori bollenti che bagnarono la sua asta e persino le sue palle… Jessica tolse la lingua dalla sua bocca solo per tenersi forte a lui e lanciare nel suo orecchio tutto il grido soffocato che era prodotto di quell’orgasmo sconquassante.
Umberto da parte sua stava facendo i miracoli per non venire con quel corpo perfetto. Quando sentì che Jessica si lasciava andare su di lui dopo l’orgasmo fu pronto a rimettersi in ginocchio per prendersi quello che sognava da tutto il pomeriggio: il culo.
Spostò Jessica come una bambola da quanto era stato stravolgente il suo orgasmo, il suo cazzo faceva da sempre miracoli vista la circonferenza e quella donna era visibilmente provata. La mise a pecorina con la testa ancora appoggiata a terra, lui da dietro iniziò subito a leccarle la figa grondante di umori per farle mantenere il formicolio seguente all’orgasmo, piano però le infilava anche delle dita dentro. Di tanto in tanto leccava anche il buchino posteriore e presto iniziò a dedicarsi solo ad esso.
Quando lo sentì sufficientemente umido iniziò a infilare prima un dito, poi due e così visa fino ad allargarlo un minimo. A quel punto Jessica si era anche ripresa e il respiro affannoso era sintomo della preoccupazione che provava al pensiero di quel palo di carne nel suo intestino.
Quando sentì la cappella puntare sul suo sfintere la sentì solo dire:
-Inutile che ti dica di far piano, però fammi godere.
A quel punto l’arrapatissimo Umberto non poté che afferrarle i fianchi e impalarla come un animale. Con il primo colpo riuscì a far entrare solo metà cazzo, allora Jessica lanciò un urlo, subito il ragazzo afferrò il tanga buttato lì vicino e arrotolandolo glielo mise in bocca, poi diede un altro colpo e finalmente entrò.
Per i primi colpi la tenne per i fianchi, poi quella coda e quella collana rigida che ballavano di fronte a lui erano troppo invitanti. Mentre sentiva il culo adattarsi al cazzo la afferrò per la coda e la tirò a sé facendole inarcare la schiena, subito sentì il cazzo fare più attrito e la sua eccitazione aumentava. La fotteva come una troia sussurrandole all’orecchio quanto lo stava eccitando e quanto stesse godendo di quel culo stretto.
Lei ansimava controllando le grida di dolore e godimento grazie al perizoma, Umberto sentiva che era un fiume pronto ad esplodere così le mise tre dita dritte in vagina facendola esplodere in un altro orgasmo.
Con le dita bagnate anche Umberto sentiva di essere allo stremo, così la afferrò per il “guinzaglio” e la riportò a sé dandole gli ultimi colpi come assatanato mentre lei a fatica respirava.
All’ultimo estrasse il suo cazzo dal suo culo e lo ripuntò sulla figa, al solo contatto sentì Jessica venire ancora e a quel punto esplose anche lui con una cascata di sperma nella sua figa che lottava contro gli umori di lei che invece volevano uscirne.
In preda al delirio entrambi si adagiarono a terra per riprendere fiato. Il trucco di Jessica era sfatto e il suo corpo risultava lucido alla luce tenue che arrivava dal lampione in lontananza. Umberto raramente aveva goduto così con il corpo di una donna. Sdraiato vedeva il seno lucido di lei salire e scendere con il suo respiro, bagnato dalla saliva della sua lingua e dal sudore. Con una mano andò a toccarle l’interno coscia e trovò un lago.
Rimasero lì quasi un’ora scambiandosi baci e carezze prima di rivestirsi e tornare all’auto. Umberto insistette per tenersi il perizoma della ragazza e lei non glielo negò.
Guidando in direzione della casa di Jessica, a circa 30 minuti di macchina, Umberto ad un semaforo si aprì la patta dei pantaloni. Lei lo guardò interrogativa.
-Ops, ho dimenticato la patta aperta.
Lei sorridendo capì cosa voleva quel ragazzo, inutile nascondere che nella sua vita di pompini ne aveva fatti parecchi. Gli slacciò la cintura e mentre lui guidava gli aprì bene i pantaloni e afferrò quel palo di carne che ancora sapeva dei suoi umori. Se lo mise subito in bocca e iniziò a succhiarlo dolcemente prima di aiutarsi con la mano a segarlo. Pian piano iniziò a farsi gonfiare la guancia, più di una volta se lo portò verso la gola per succhiarlo e quando Umberto beccava un dosso le sbatteva contro di essa dandole dolore ma anche tanta, tanta eccitazione.
Umberto era troppo eccitato per quella ragazza e vedersela con le tette mezze di fuori a succhiargli il cazzo mentre guidava gli diede l’ultimo colpo di eccitazione. Le tenne la testa ferma con la mano destra e le sborrò tutto ciò che gli rimaneva nelle palle in gola.
Dopo un leggero fastidio inziale Jessica riuscì a ingoiare tutto, non voleva certo rovinare la serata sporcando l’elegante Porsche. Poi si concesse ancora il lusso di pulire con leccate l’asta del cazzo e infine succhiare avidamente le palle.
Poi si rimise in piedi e si ritirò su la maglietta da cui fuoriuscivano entrambi i seni. Sorrise a Umberto che la guardò.
Arrivati a casa Jessica scese e si fece lasciare un biglietto con il numero di cellulare di quello che lei chiamava Amedeo, lui glielo scrisse e le disse di fargli uno squillo mentre si addormentava così si salvava il numero.
Lo squillo Jessica lo fece, ma dava “numero inesistente”, Umberto infatti non andava mai due volte con la stessa troia.
Tornando a casa Umberto passò davanti a varie troie che battevano, rifletté che aveva appena scopata una strafiga in ogni suo buco senza alcuna restrizione. In totale aveva speso 5 euro per il parcheggio, 25 per la cena (i suoi 25 euro non gli sembrarono da addebitare) e circa 15 euro di benzina per la Porsche. Totale 45 euro. Una qualsiasi troia da strada più brutta di Jessica sarebbe costata quasi il doppio.
Per domande, curiosità o consigli scrivetemi a frank.ossido@libero.it
Tra amici si scherzava spesso sul fatto che Umberto fosse “malato” di sesso, lui fingeva di farsi una risata, ma dentro di sé era cosciente del fatto che ne era dipendente. Si scopava la vicina di casa, le amiche dell’università e quando non bastava pure le puttane. Non le nere, non era un problema per lui pagare profumatamente le migliori ucraine.
Quel pomeriggio con pantaloncini corti e polo azzurra girava tra le auto esposte in quella mostra al Valentino, noto parco torinese, per scegliere la giusta ragazza immagine da sedurre e scopare quella sera stessa. Era diventata una sfida per lui darsi obiettivi: “oggi a ballare ne scelgo una e mi faccio dare il culo”, “domani vado a studiare da Daniela e devo convincerla a succhiarmelo”, quel giorno aveva deciso che una stupidissima ragazza in vestitino di fianco ad una qualsiasi macchina esposta doveva essere sua, doveva solo scegliersi quale.
Passò davanti alla Suzuki e in sella ad una moto c’era una bionda niente male, tette in mostra e gambe lunghe… da tenere in considerazione. Subito arrivato alle Kia delle bionde in vestito rosso attirarono la sua attenzione, chiese persino informazioni sulla cilindrata perché sembrava essere indeciso. Umberto però sapeva che quando avrebbe trovato quella giusta non avrebbe avuto dubbi, e infatti così accadde.
Una sola macchina esposta, supersportiva, di un designer. Il prezzo, e ad essere sinceri anche lo stile della macchina, erano improponibili: eccessivamente appariscente, vanitosa e in definitiva pure un po’ volgare. A colpire non era però l’auto, ma la ragazza.
Se ne stava in disparte perché due uomini spiegavano le caratteristiche ai fanatici del settore, ma lei era impossibile da non notare: mora, coda lunga che arrivava fino a metà schiena, tacchi neri alti con punta a spillo e ricamo sul piede per lasciarlo il più possibile in vista, leggins tipo pelle nera che le stringevano le gambe perfette e soprattutto il culo disegnato con il compasso. A coprirle il seno e il torace aveva una sorta di maglietta nera, di quelle senza spalline che rimangono aderenti e stanno su grazie al seno, seno che non faticava a compiere quel lavoro… sarà stata una terza (avrebbe dovuto indagare meglio in seguito). Il viso era ben truccato e non volgare, quello che però lo fece impazzire fu la collana rigida color oro che le fasciava il collo come un guinzaglio… era lei quella giusta.
Per non rovinarsi la serata Umberto se ne stette in disparte a guardarla meglio, non perché avesse dubbi che fosse lei quella giusta, ma per cercare di inquadrarla caratterialmente. Stando lì capì che non era stata scelta dai due uomini che anzi, forse sottostimando quel cervello già poco sviluppato, la facevano mettere da parte appena qualche interessato faceva domande sul motore. “Sufficientemente stupida” Umberto sorrise e si diresse verso casa, doveva prepararsi per la serata.
Il ragazzo, ormai di quasi 23 anni, scelse una camicia griffata bianca, i pantaloni blu elettrico e la giacca azzurra color carta da zucchero. Si era sempre sentito un coglione a vestirsi così eccentricamente ma per qualche strano motivo alcune ragazze sembravano credere che il vestirsi come un idiota fosse sinonimo di stile, o meglio, soldi.
Per l’occasione tirò fuori persino dei mocassini color viola scuro, si guardò allo specchio e si complimentò con se stesso: sembrava il classico figlio di papà.
-Pa’ posso prendere la tua macchina stasera?
-Dove vai?
-Al Salone dell’auto.
-Va beh ma fai attenzione e paga un parcheggio vicino all’ingresso.
Umberto afferrò il portachiavi con il logo della Porsche, suo padre l’aveva comprata di terza mano da un paio di mesi. L’auto aveva si e no quattro anni per cui l’investimento era stato modico, ma faceva sempre la sua figura.
Arrivò e parcheggiò proprio davanti l’ingresso e spese 5 euro per stare tre orette… un furto ma serviva.
Immediatamente si diresse verso la ragazza mora che aveva adocchiato, già in lontananza la riconobbe grazie ai faretti che illuminavano le auto. Guardò l’ora dal Rolex tarocco comprato in spiaggia l’estate prima, il parco avrebbe chiuso entro un’oretta, erano già le 21.
Sapeva come fare, infatti passò velocemente davanti allo stand che, vista l’ora, aveva solo più pochi interessati. L’abbigliamento eccentrico attirò immediatamente l’attenzione della ragazza, Umberto fece finta di nulla ma quando si sentì gli occhi addosso voltò appena la testa incrociando gli occhi scuri di lei. “Mantieni la faccia incazzata” si disse, voltò la testa e continuò a camminare per altri 3-4 passi, poi, sapendo che lei, dopo aver inizialmente abbassato lo sguardo, avrebbe ancora guardato nella sua direzione, si girò e con un sorriso a 32 denti tornò verso lo stand.
-Posso chiederle due informazioni sull’auto signorina… ?
-Jessica, mi chiamo Jessica- e dicendolo la ragazza sorrise con uno sguardo a metà tra vanitoso ed ebete, non sembrava proprio un mostro di intelligenza –la faccio parlare con Gianni che ne capisce più di me.
-Un vero peccato signorina, la sua presenza vale più di mille auto.
Umberto notò come quell’affermazione provocò un moto di narcisismo alla ragazza che si portò una mano al fianco come a voler sottolineare la sua bellezza. Arrivò nel frattempo Gianni che si dimostrò molto disponibile con Umberto.
Il ragazzo sapeva che quel complimento aveva attirato definitivamente l’attenzione della ragazza, per cui discuteva con Gianni di cilindrate, pelli utilizzate per gli interni e ogni sorta di caratteristica che riguardasse quell’auto. Ad Umberto non interessavano particolarmente, ma quel pomeriggio si era fatto una ricerca su internet per poter tenere autorevolmente un discorso con un esperto, e, da bravo attore, stava andando alla grande.
Parò con Gianni quasi mezz’ora e di tanto in tanto incrociava lo sguardo di Jessica poi, finiti gli argomenti, fu costretto a chiudere la conversazione.
-Staccate tra molto qui?
-Mah… mezz’oretta e ce ne andiamo tutti- rispose Gianni.
-Allora non è che fareste venir via prima la vostra stupenda valletta? Pensavo di offrirmi di portarla a cena.
Gianni probabilmente aveva già inquadrato quel ragazzo, in alcuni momenti aveva notato un po’ di titubanza o ignoranza nei suoi discorsi, capì così che era tutto per Jessica.
-Vai pure, qui chiudiamo noi- e salutandolo gli fece l’occhiolino.
Umberto si avvicinò alla ragazza e cercando di far notare il più possibile il Rolex cominciò a parlare del più e del meno, di come era stata la giornata, se si sentisse stanca dopo tanto lavoro…
-Senti… spero di non sembrarti troppo sfacciato ma è da quando sono passato qui davanti che non riesco a toglierti gli occhi di dosso. Ho parlato con il tuo capo e dice che se accetti il mio invito posso portarti a cena, si occupa lui di chiudere tutto.
Fare questa proposta era il momento più delicato in assoluto, Umberto sapeva che doveva stregare quella ragazza che faceva dell’apparenza tutto. Umberto però sapeva quando fare delle brevi pause nel discorso, quando mostrare il torace scolpito attraverso il bottone libero della camicia e, soprattutto, come chiudere in bellezza:
-Naturalmente guido io- e con il più bel sorriso di cui fosse capace mostrò le chiavi della macchina facendo ciondolare attentamente quel logo così conosciuto, quel logo che tutti sapevano essere Porsche.
Per un habitué della seduzione come lui la risposta di Jessica fu chiara prima che aprisse bocca, fece passare una breve pausa prima di dire di sì ma il respiro affannato si palesava gonfiando e abbassando quei seni che da soli tenevano su quell’indumento nero.
Con un gesto di galanteria le offrì la sua mano per scendere dalla pedana, ormai ai suoi occhi era un perfetto gentiluomo ricco di qualità e, soprattutto, soldi.
Arrivati alla macchina salirono e Umberto domandò se le andasse bene un posticino romantico che conosceva lui, una cosa di classe che si affacciava su Piazza Vittorio. Jessica rispose che per lei andava bene tutto, un locale consigliato da lui sarebbe stato di sicuro perfetto.
Umberto sorrise pensando che ormai ai suoi occhi era un brillante ereditiere che a meno di 30 girava già in Porsche.
-Tu sai che sono Jessica… ma tu invece hai un nome?
-Scusami tanto, sono stato un vero cafone a non presentarmi, sono Amedeo.
Umberto mentì sul nome perché non aveva intenzione di lasciare tracce, un suo vezzo era però scegliere nomi fasulli sempre ispirati alla casa regnante che negli anni aveva costruito la sua città, Torino.
Il ristorante in cui la portò era poco sopra la Gran Madre, poco conosciuto perché era un attico con soli tavolini a lume di candela che dava una vista spettacolare di piazza Vittorio Veneto. Per arrivarci si prendeva un ampio ascensore ma l’ultimo piano era raggiungibile solo con una decina di scalini, Umberto non mancò di far andare avanti la ragazza per poter ammirare bene quel culo stretto dai leggins neri.
-Ciao Ingegnere! Hai prenotato?
-Ciao Marcolino, no ho deciso all’ultimo, è un problema?
-Tranquillo, per te un tavolino lo troviamo sempre- e gli fece l’occhiolino.
Quel ristorantino era di un amico di vecchia data di Umberto, si conoscevano da una vita e Marcolino sapeva che l’amico ci portava sempre le ragazze che si sceglieva. Pagava sempre con un forte sconto ed era certo che Marcolino faceva sempre attenzione a non chiamarlo per nome.
Ottennero un tavolino d’angolo e la cena passò esattamente come aveva pensato: buon vino, carne fresca e cotta come da un dio e servizio romantico. Alla fine della bottiglia, che Umberto aveva fatto ben attenzione a far bere in larga parte a Jessica, la cena era passata tra lei bugie di Umberto/Amedeo e le noiose argomentazioni in fatto di moda e lavoro di Jessica.
A quel punto, finito il dolce, Jessica aveva una mano sul tavolo che aspettava solo di essere presa, con calma e sapienza Umberto fece scivolare la sua sopra e gliela strinse mentre i loro occhi si incrociavano infuocandosi.
Con calma i due si alzarono da tavola e Jessica finse di essere imbarazzata per il conto che veniva pagato interamente da Umberto. Lui da parte sua aveva speso appena 50 euro in tutto, probabilmente la metà di quanto avrebbero pagato altri clienti in quel luogo con quel cibo, ma Umberto e Marco erano amici da una vita. Inoltre Jessica ignorando il totale reale si sentiva come una regina.
Scesero i dieci scalini stavolta con maggiore difficoltà, Jessica sembrava faticare di più a reggersi sui tacchi a punta che teneva e Umberto fu ben felice di riportarla in equilibrio toccandola leggermente in vari punti… soprattutto alla fine lei sembrò rendersi conto di una mano troppo larga sul suo culo. Non ci fu tempo di farsi troppe domande che salirono sull’ascensore e li immediatamente le loro bocche si incrociarono.
Umberto afferrò a piene mani quel culo sodo e toccò ogni centimetro di esso mentre teneva Jessica contro una parete dell’ascensore. Lei da parte sua gli teneva le braccia dietro la testa ed offriva la sua lingua al ragazzo, strusciando la sua vagina all’altezza del cazzo di Umberto… dove sentiva qualcosa di duro premere da sotto i pantaloni eleganti.
Un brusco stop li fece capire che erano arrivati a terra, Umberto propose di vedere Torino dall’alto da Superga, Jessica con occhi infiammati di lussuria acconsentì senza problemi e in un baleno furono sul Porsche che mangiava l’asfalto sui ripidi tornanti che portavano alla Basilica sopra Torino.
Arrivati in cima si era fatta ormai l’1, come sempre a quell’ora di gente ce n’era poca, le luci illuminavano la basilica e si poteva godere della vista della Torino notturna dall’alto.
Scesero e iniziarono una tranquilla passeggiatina lì intorno… entrambi però sentivano la voglia e i tacchi di Jessica sembrava rimbombare in quel silenzio.
Ad un certo punto Umberto indicò un punto poco sopra la Mole, Jessica allora si fermò con lui e dalla ringhiera cercò di capire cosa intendesse. Nel farlo si appoggiò e si mise in una posizione che offriva splendidamente il culo a chi le fosse stato dietro… per sua fortuna la collina era deserta.
Umberto da parte sua non indicava nulla di particolare, voleva solo mettere in difficoltà Jessica che infatti non riusciva a vedere cosa indicava il ragazzo… Allora Umberto decise di mettersi dietro di lei e con il braccio di fianco al suo volto indicava… così facendo era finalmente dietro di lei… i loro corpi erano finalmente di nuovo a contatto ed era impossibile per Jessica non sentire il cazzo di Umberto premere forte da sotto i pantaloni sui suoi leggins…
-Adesso lo vedi Jessica? O preferisci che mi sporga… ancora?- l’ultima parola Umberto la sussurrò solo nell’orecchio della ragazza, che ormai respirava affannata e muoveva i fianchi come a voler sentire meglio quel palo tra le sue chiappe…
Per chi non conoscesse Superga, intorno al gigantesco piazzale dove sta la basilica si stendono fitti ed ingarbugliati boschi, spesso con sentieri inesistenti o radi, praticamente dei labirinti illuminati vagamente da lampioni sparsi.
Dopo un bacio intenso Umberto e Jessica si diressero proprio verso quei boschi, gente non se ne vedeva neanche lì ma per sicurezza si addentrarono fino ad uno spiazzo dietro una siepe che godeva della luce di un lampione lontano.
Umberto si tolse la giacca e la buttò a terra allargandola. Immediatamente ci poggiò sopra Jessica che non voleva saperne di mollare la bocca del ragazzo. Le mani di lui erano ancora sul culo e sui fianchi di lei mentre la ragazza-immagine stava aprendo i bottoni della camicia di lui per poter finalmente baciare il suo corpo palestrato e depilato. Appena libero Umberto si tolse finalmente la camicia e con un gesto veloce alzò via quello straccio che Jessica usava come maglietta, si palesarono ai suoi occhi finalmente quelle tette che adocchiava da qualche ora, come immaginava era una buona terza, soda e abbronzata, come tutto il resto del corpo della ragazza.
Si fiondò con le labbra su quel seno e prese a leccare e ciucciare ogni centimetro di quelle tette, passava con la lingua e solleticava i capezzoli prima di lanciarsi su di essi per ciucciarli come a volerseli mangiare. Jessica ansimava sempre più forte e con la mano andò a cercare il cazzo duro di Umberto come a volerlo liberare.
Rapidamente Umberto si abbassò e aprì i tre bottoni dei leggins, con un colpo secco li abbassò con il perizoma chiaro fino a metà coscia liberando così la figa completamente depilata della ragazza. Avvicinò il viso e come aveva fatto con i capezzoli iniziò a stuzzicargliela con la lingua, a volte penetrandola leggermente. Quella figa era un lago caldo che aspettava solo di godere e a confermarlo furono i movimenti di bacino per avvicinargliela alla bocca. Umberto però ora voleva scopare.
Alzandosi in piedi si tolse i pantaloni e rimase completamente nudo, cercò in tasca il preservativo ma Jessica lo fermò dicendo che tanto prendeva la pillola, “ammazza che troia che ho caricato oggi” pensò Umberto. Nel frattempo Jessica alzandosi fece cadere a terra il ragazzo e lo mise a terra con il cazzo svettante verso l’alto dove era lei prima. Iniziò a sfilarsi, a fatica visto quanto erano stretti, i leggins e li butto a terra vicino, poi stava abbassandosi per slegarsi i tacchi quando Umberto le ordinò di tenerli. Lei come infoiata a quel punto si buttò sul ragazzo nudo e adagiò il suo corpo liscio, caldo e sudato sul corpo di lui.
Con la mano afferrò finalmente quel cazzo e indirizzandoselo verso la figa iniziò a cavalcarlo. Umberto apprezzava la voglia di Jessica, era lei a volersi far scopare di quel cazzo e questo dava a lui la possibilità di godersi quel corpo mentre lei ricominciava a baciarlo profondamente. Con le mani strizzava il culo sodo, scendeva verso le cosce perfette e risalendo le spingeva la schiena verso di se come ad intimarle di farsi possedere. Il corpo di lei era liscio e bagnato dalle gocce di sudore per gli eventi che si susseguivano, però rimaneva profumata di quella fialetta Dolce e Gabbana che si era messa in abbondanza al pomeriggio.
Umberto sentì il corpo di Jessica muoversi sempre più freneticamente sul suo e presto sentì il cazzo avvolto da umori bollenti che bagnarono la sua asta e persino le sue palle… Jessica tolse la lingua dalla sua bocca solo per tenersi forte a lui e lanciare nel suo orecchio tutto il grido soffocato che era prodotto di quell’orgasmo sconquassante.
Umberto da parte sua stava facendo i miracoli per non venire con quel corpo perfetto. Quando sentì che Jessica si lasciava andare su di lui dopo l’orgasmo fu pronto a rimettersi in ginocchio per prendersi quello che sognava da tutto il pomeriggio: il culo.
Spostò Jessica come una bambola da quanto era stato stravolgente il suo orgasmo, il suo cazzo faceva da sempre miracoli vista la circonferenza e quella donna era visibilmente provata. La mise a pecorina con la testa ancora appoggiata a terra, lui da dietro iniziò subito a leccarle la figa grondante di umori per farle mantenere il formicolio seguente all’orgasmo, piano però le infilava anche delle dita dentro. Di tanto in tanto leccava anche il buchino posteriore e presto iniziò a dedicarsi solo ad esso.
Quando lo sentì sufficientemente umido iniziò a infilare prima un dito, poi due e così visa fino ad allargarlo un minimo. A quel punto Jessica si era anche ripresa e il respiro affannoso era sintomo della preoccupazione che provava al pensiero di quel palo di carne nel suo intestino.
Quando sentì la cappella puntare sul suo sfintere la sentì solo dire:
-Inutile che ti dica di far piano, però fammi godere.
A quel punto l’arrapatissimo Umberto non poté che afferrarle i fianchi e impalarla come un animale. Con il primo colpo riuscì a far entrare solo metà cazzo, allora Jessica lanciò un urlo, subito il ragazzo afferrò il tanga buttato lì vicino e arrotolandolo glielo mise in bocca, poi diede un altro colpo e finalmente entrò.
Per i primi colpi la tenne per i fianchi, poi quella coda e quella collana rigida che ballavano di fronte a lui erano troppo invitanti. Mentre sentiva il culo adattarsi al cazzo la afferrò per la coda e la tirò a sé facendole inarcare la schiena, subito sentì il cazzo fare più attrito e la sua eccitazione aumentava. La fotteva come una troia sussurrandole all’orecchio quanto lo stava eccitando e quanto stesse godendo di quel culo stretto.
Lei ansimava controllando le grida di dolore e godimento grazie al perizoma, Umberto sentiva che era un fiume pronto ad esplodere così le mise tre dita dritte in vagina facendola esplodere in un altro orgasmo.
Con le dita bagnate anche Umberto sentiva di essere allo stremo, così la afferrò per il “guinzaglio” e la riportò a sé dandole gli ultimi colpi come assatanato mentre lei a fatica respirava.
All’ultimo estrasse il suo cazzo dal suo culo e lo ripuntò sulla figa, al solo contatto sentì Jessica venire ancora e a quel punto esplose anche lui con una cascata di sperma nella sua figa che lottava contro gli umori di lei che invece volevano uscirne.
In preda al delirio entrambi si adagiarono a terra per riprendere fiato. Il trucco di Jessica era sfatto e il suo corpo risultava lucido alla luce tenue che arrivava dal lampione in lontananza. Umberto raramente aveva goduto così con il corpo di una donna. Sdraiato vedeva il seno lucido di lei salire e scendere con il suo respiro, bagnato dalla saliva della sua lingua e dal sudore. Con una mano andò a toccarle l’interno coscia e trovò un lago.
Rimasero lì quasi un’ora scambiandosi baci e carezze prima di rivestirsi e tornare all’auto. Umberto insistette per tenersi il perizoma della ragazza e lei non glielo negò.
Guidando in direzione della casa di Jessica, a circa 30 minuti di macchina, Umberto ad un semaforo si aprì la patta dei pantaloni. Lei lo guardò interrogativa.
-Ops, ho dimenticato la patta aperta.
Lei sorridendo capì cosa voleva quel ragazzo, inutile nascondere che nella sua vita di pompini ne aveva fatti parecchi. Gli slacciò la cintura e mentre lui guidava gli aprì bene i pantaloni e afferrò quel palo di carne che ancora sapeva dei suoi umori. Se lo mise subito in bocca e iniziò a succhiarlo dolcemente prima di aiutarsi con la mano a segarlo. Pian piano iniziò a farsi gonfiare la guancia, più di una volta se lo portò verso la gola per succhiarlo e quando Umberto beccava un dosso le sbatteva contro di essa dandole dolore ma anche tanta, tanta eccitazione.
Umberto era troppo eccitato per quella ragazza e vedersela con le tette mezze di fuori a succhiargli il cazzo mentre guidava gli diede l’ultimo colpo di eccitazione. Le tenne la testa ferma con la mano destra e le sborrò tutto ciò che gli rimaneva nelle palle in gola.
Dopo un leggero fastidio inziale Jessica riuscì a ingoiare tutto, non voleva certo rovinare la serata sporcando l’elegante Porsche. Poi si concesse ancora il lusso di pulire con leccate l’asta del cazzo e infine succhiare avidamente le palle.
Poi si rimise in piedi e si ritirò su la maglietta da cui fuoriuscivano entrambi i seni. Sorrise a Umberto che la guardò.
Arrivati a casa Jessica scese e si fece lasciare un biglietto con il numero di cellulare di quello che lei chiamava Amedeo, lui glielo scrisse e le disse di fargli uno squillo mentre si addormentava così si salvava il numero.
Lo squillo Jessica lo fece, ma dava “numero inesistente”, Umberto infatti non andava mai due volte con la stessa troia.
Tornando a casa Umberto passò davanti a varie troie che battevano, rifletté che aveva appena scopata una strafiga in ogni suo buco senza alcuna restrizione. In totale aveva speso 5 euro per il parcheggio, 25 per la cena (i suoi 25 euro non gli sembrarono da addebitare) e circa 15 euro di benzina per la Porsche. Totale 45 euro. Una qualsiasi troia da strada più brutta di Jessica sarebbe costata quasi il doppio.
Per domande, curiosità o consigli scrivetemi a frank.ossido@libero.it
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