…and yes I said yes I will Yes.
di
Molly B
genere
dominazione
Entro nella discoteca piena di gente: un’onda umana che si dimena scomposta sotto luci multicolori, tentando invano di seguire con il corpo il ritmo incalzante della musica. Tra di loro, per nulla interessato a tutto questo, so che ci sei tu. Troppo facile prevederlo… mi hai tempestata di domande su quest’insolito giovedì sera di metà giugno con le amiche, tu sempre così silenzioso. Non chiedi mai nulla, se non quando e dove ci rivedremo, quando e dove ci innescheremo a vicenda, quando e dove ci nutriremo uno dell’altra fondendoci.
Il volume della musica è assordante, fa caldo. Nemmeno il tempo di iniziare a cercarti che ti vedo, appoggiato ad una parete con finta noncuranza. E tu vedi me. Mi dai una gran mirada come solo tu sai fare. Vedi i miei capelli scuri e morbidi, tra cui ho appuntato una rosa come fanno le ragazze andaluse che tanto ti piacciono. Vedi che l’ho scelta rossa, rossa come gli otto papaveri che mi hai regalato sapendo che ero nata l’otto. Vedi il mio tubino, così fasciante da sottolinearmi il seno anche con questa poca luce e lungo appena quanto basta per coprire il perizoma che indosso. Vedi i miei tacchi alti, a spillo, non sufficienti a raggiungere la tua notevole altezza ma abbastanza da slanciarmi allo spasmo le gambe. Vedi la mia pelle candida, liscia e morbida, che rivela le mie origini nordiche. Vedi soprattutto il mio anello con la pietra del mio mese di nascita, una bella acquamarina, altro tuo regalo e mia muta testimonianza di appartenenza a te. Vedi ed apprezzi, so i tuoi gusti e tu sai che ogni dettaglio è per te.
Abbandono le amiche senza nemmeno sentire le loro proteste. Mi avvicino a te, ondeggiando sinuosa, ma ti allontani. Mi sfuggi. Ti dirigi verso la pista con passo sicuro ed io non posso che seguirti, come una falena che vola verso la luce abbagliante d’una lampadina incurante della possibilità di scottarsi. Sorridi con quella tua espressione calda, lasciva ed eccitante. Mi scopro ardente mentre mi sfiori i capelli. Il resto del mondo scompare ai miei occhi.
“Sei un fiore di montagna. Balla per me, gattina”
La tua voce netta e decisa, ma al contempo dolce, mi anima. Prendo ad ondeggiare intorno a te, le mani sul tuo petto, strusciando il mio corpo esile sul tuo seguendo una musica solo nostra. Ti giro intorno senza mai perdere il contatto. Mi lasci fare, assecondandomi appena, forse curioso delle mie intenzioni. E’ la prima volta che balliamo, e ho voglia di farmi ammirare da te in questa nuova situazione: di tutte le presenti, voglio tu possa guardare solo me.
Mi volto, appoggio la schiena al tuo petto, e flessuosa mi piego sulle ginocchia scivolando verso il basso, fin quasi a toccar terra col sedere. Qualcuno si accorge dello spettacolino offerto dal mix di gonna corta e ginocchia aperte per non perdere l’equilibrio. Non m’importa. Quando sento la tua eccitazione premermi sul collo, altrettanto lentamente, soddisfatta, sfruttando tutti gli anni di danza classica passati, risalgo strusciandomi addosso al tuo corpo atletico. Ogni fibra di me è concentrata su di te. Mi giro di nuovo, con l’intento di cercare un tuo bacio, ma d’improvviso mi afferri più forte. Mi blocco all’istante.
“Hai proprio intenzione di far capire a tutti la donnetta che sei?”
“Solo se lo vuoi, Signore”
Ti sento sorridere, il coraggio di guardarti negli occhi mi manca di colpo. Conosci la soggezione che susciti in me, e la dosi sapientemente. Una tua mano mi stringe l’avambraccio con forza. Troppa forza. Mordo le labbra per non darlo a vedere.
“Guardami”
Eseguo all’istante. Leggo la voglia nei tuoi occhi e tu di certo la leggi nei miei. Non posso trattenere un sorriso a mia volta, soggiogata come sempre da quel mix di complicità e controllo che emani.
“Seguimi”
L’aria gelida mi colpisce. Mi accorgo solo ora di quanto il mio corpo sia diventato bollente. Il contrasto, tra le gambe, è quasi insopportabile.
Cammini rapido, guadagni qualche metro, e ti infili in una stretta stradina. Ti seguo come posso, arrancando sul pavé sconnesso, maledicendo i tacchi a spillo con tutte le mie forze. Cambi direzione di continuo, guidandomi in un’intricata rete di viuzze disabitate e silenziose che non conosco. Ma stiamo passando più volte per gli stessi punti.
“Aspettami!” ti urlo, esasperata.
Solo allora ti fermi. Ti metto le braccia intorno e ti tiro addosso a me, impaurita che tu possa allontanarti ancora ed in modo da farti sentire il mio petto profumato. Scivoli con una mano tra i miei capelli, mi attiri a tua volta a te e finalmente mi baci. Non c’è niente al mondo come un bacio lungo e caldo che ti arriva al cuore: quasi ti paralizza, ti lascia senza fiato. Il tuo scende ancora più giù, e mi riverbera tra le gambe.
Quando ti stacchi, però, la tua espressione si fa d’improvviso seria.
“E’ questo il modo di parlarmi? Di comportarti? Ti sei divertita a farti sbavare dietro da quei ragazzi, eh?” mi sibili.
Non so cosa rispondere, giustificarsi non servirebbe. Quando mai serve, con te?
“Non rispondi? Prima fai tanto la puttanella con tutti, e poi neanche mi rivolgi parola? Preferisci tornare dentro con quelli?”
“No!”
“Faccia al muro” ringhi.
Mi guardo intorno. La stradina è deserta. Le casette rosa, azzurre e gialle non sembrano ancora abitate, con la stagione turistica solo alle porte, ma potrebbe sempre arrivare qualcuno. Una rientranza nel muro ci regala una vaga forma di protezione. Nell’aria un profumo misto di roseti, gelsomini e geranii.
Mi posiziono come hai ordinato, con una mano davanti al viso per evitare di ferirmi sulle sporgenze del muro moresco. Afferri saldamente l’altro mio braccio, lo ruoti sulla schiena e mi trattieni per il polso. Con una sola mano, senza usare che una minima parte della tua forza notevole, mi immobilizzi. Mi lascio immobilizzare.
Inizi lentamente a percorrere il mio corpo con la punta delle dita. Dalle caviglie risali lentissimo verso l’orlo della gonna, con un tocco così leggero che ho i brividi. Conosci quanto la mia pelle chiara sia sensibile e propensa al solletico. Mi provochi piccoli scatti involontari, che non so controllare.
“Immobile” mi ordini, ma è un ordine che sai non posso eseguire. All’ennesimo movimento, causato dal misto di solletico ed eccitazione, mi punisci con un forte pizzicotto nell’interno coscia. Lo fai durare qualche secondo, portandomi sull’orlo delle lacrime. Molli la presa un attimo prima di sentire il mio urlo, che riesco in extremis a trattenere. Rimarrà un livido violaceo.
Torni a salire, con mio disappunto semplicemente sfiorandomi la schiena da sopra la stoffa, evitando con cura ognuna delle mie zone più calde e sensibili, le stesse che bramano il tuo contatto più di ogni altra cosa. Quando il tuo tocco ricompare sulla mia pelle, superato l’orlo superiore del tubino, sento le tue unghie. Non mi stai graffiando forte, ma sai che è sufficiente a lasciarmi lunghe strie rosse che si vedranno per giorni. Vuoi che si vedano per giorni. Vuoi che io le veda per giorni.
Superi la spalla e scendi sul seno. Con un unico, fluido movimento abbassi il tubino quanto basta per liberare le mie tette piene, sode, alte. Mi tieni ancorata a quel muro, mi spingi ancora di più contro di esso, ed i capezzoli sensibili si schiacciano contro la parete ruvida e fredda. Gemo.
“Ti piace eh? Mezza nuda dove chiunque potrebbe vederti”
“Sì” ammetto senza remore.
Ti sento armeggiare con i tuoi pantaloni in stoffa chiari, poi all’improvviso la tua mano si tuffa tra le mie gambe. Ho un sussulto, mi alzo d’istinto sulle punte dei piedi. I seni strusciano contro il muro. Premi col bacino contro di me, facendomi sentire tutta la tua eccitazione. Saperti così grazie a me, mi esalta.
Arrivi al perizoma in pizzo, intriso dei miei umori. Lo percorri con le dita, passi ripetutamente sulla mia figa da sopra la stoffa, spingendo ogni volta di più, disegnando piccoli cerchi, stuzzicandomi.
Sì. Le tue dita sono abili, veloci, precise. Mi fai morire di piacere e lo sai. Lo vuoi. Sposti quanto basta quella sottile striscia di stoffa ed affondi in me, mi penetri rabbioso con l’indice e il medio. Mi regali solo un paio di colpi secchi, quanto basta a bagnarti le dita della mia eccitazione, e poi ti dedichi al clitoride pulsante. Lo torturi con le unghie, lo stropicci tra i polpastrelli, lo avvolgi in veloci volute. Gemo incontrollata, incapace di trattenermi. Il mio bacino asseconda ogni tuo piccolo movimento. Vorrei poterti toccare, ricambiare quel turbinio di sensazioni, ma tu mi vuoi immobile e tale mi costringi.
Levi le dita all’improvviso, lasciandomi una sensazione repentina di vuoto ed abbandono. Dura poco. Passi quella stessa mano davanti al mio corpo e mi artigli un seno, frapponendola tra me e il muro. Sento il mio afrore. Mi liberi il polso. Intuisco, ed allargo ancora di più le gambe: un piede sollevato su un mattone sporgente, l’altro malfermo sull’esile tacco. Mi alzi quel poco che serve la gonna, sposti di lato il perizoma, e finalmente ti sento.
Sì. Sento il tuo cazzo premere tra le labbra della mia figa bagnata e vogliosa, sento la sua punta percorrerla tutta, dal monte di Venere alla mia rosa più nascosta, immergendosi nei miei umori che colano copiosi grazie alle tue attenzioni. Sono fradicia. Per te. Mi penetri con estenuante lentezza, con un movimento delizioso e straziante e inarrestabile insieme.
“Sì” gemo, con voce bassa e piena di piacere. So che le mie note basse ti mandano sempre in visibilio.
“Sì cosa?” mi chiedi, mentre mi regali un colpo veloce e deciso, che trasmette scariche di piacere a tutto il mio corpo, come onde di un terremoto che si diramano nel terreno.
“Sì ti prego”
“Sì cosa?”
Un’altra spinta, mentre la tua mano aumenta la presa sul seno, con il capezzolo teso e gonfio imprigionato tra le tue dita, stretto e costretto tra te e il muro ruvido.
“Sì prendimi”
“Qui, troietta?”
Tre colpi in rapida successione mi fanno tremare. Porti l’altra mano sul mio fianco, pronto a sostenermi se le gambe dovessero cedere. La stoffa del perizoma accarezza il tuo cazzo mentre ti muovi dentro di me, e preme sul mio clitoride stimolandolo.
“Sì”
Aumenti la velocità dei colpi, e il mio respiro si spezza dal piacere.
“Ne vuoi ancora?”
La tua voce calda e carica di desiderio mi avvolge, e fa quasi più danni dei tuoi colpi decisi, del tuo affondare e ritrarti e riaffondare di nuovo in me. In un ultimo barlume di lucidità mi chiedo come tu faccia a non avere il fiato rotto come il mio. Il tuo controllo mi affascina.
“Sì”
“Era questo che speravi, mentre ballavi? Che ti prendessi, qui dove chiunque potrebbe vederci? Come la troia che sei?”
Le gambe tremano, si tendono e con loro ogni altro mio muscolo. Mi aggrappo più saldamente al muro, mentre il tuo ritmo ancora cresce, inesorabile. Il rumore liquido che senti ti conferma quando io ti appartenga, ma non ti basta.
“Rispondimi o mi fermo”
“Sì”
I miei muscoli più interni si chiudono intorno al tuo cazzo, nel tentativo di imprigionarlo. Il clitoride pulsa incontrollato, mentre i tuoi coglioni duri e gonfi sbattono contro di me ad ogni assalto.
“Sei mia”
“Sì”
Gemo, miagolo, quasi piango senza ritegno dal piacere che sale inarrestabile.
“Lo sarai sempre”
“Sì”
Ti sento finalmente emettere un mormorio roco, mentre anche tu ti irrigidisci. E’ un lunghissimo attimo per entrambi, prima di esplodere.
“Ripetilo” gemi, stringendomi allo spasmo, assestandomi gli ultimi colpi per prenderti il mio orgasmo e regalarmi il tuo. Sento il tuo cuore battere impazzito, quanto il mio, contro la mia scapola. L’interminabile momento in cui ondeggiamo sul bordo del precipizio, prima di perdere l’equilibrio e volare.
“Sì” sussurro “sì… lo… sarò. Sì”
Al sentirmelo ammettere, fiotti caldi del tuo sperma mi inondano. Un tuo urlo basso, gutturale, di puro godimento mi riempie le orecchie. Nello stesso attimo il mio orgasmo divampa. Il tuo cazzo è avvolto in una serie di pulsazioni incontrollate, il mio corpo trema e solo l’essere schiacciata tra te ed il muro evita che io cada a terra.
…and yes I said yes I will Yes.
Il volume della musica è assordante, fa caldo. Nemmeno il tempo di iniziare a cercarti che ti vedo, appoggiato ad una parete con finta noncuranza. E tu vedi me. Mi dai una gran mirada come solo tu sai fare. Vedi i miei capelli scuri e morbidi, tra cui ho appuntato una rosa come fanno le ragazze andaluse che tanto ti piacciono. Vedi che l’ho scelta rossa, rossa come gli otto papaveri che mi hai regalato sapendo che ero nata l’otto. Vedi il mio tubino, così fasciante da sottolinearmi il seno anche con questa poca luce e lungo appena quanto basta per coprire il perizoma che indosso. Vedi i miei tacchi alti, a spillo, non sufficienti a raggiungere la tua notevole altezza ma abbastanza da slanciarmi allo spasmo le gambe. Vedi la mia pelle candida, liscia e morbida, che rivela le mie origini nordiche. Vedi soprattutto il mio anello con la pietra del mio mese di nascita, una bella acquamarina, altro tuo regalo e mia muta testimonianza di appartenenza a te. Vedi ed apprezzi, so i tuoi gusti e tu sai che ogni dettaglio è per te.
Abbandono le amiche senza nemmeno sentire le loro proteste. Mi avvicino a te, ondeggiando sinuosa, ma ti allontani. Mi sfuggi. Ti dirigi verso la pista con passo sicuro ed io non posso che seguirti, come una falena che vola verso la luce abbagliante d’una lampadina incurante della possibilità di scottarsi. Sorridi con quella tua espressione calda, lasciva ed eccitante. Mi scopro ardente mentre mi sfiori i capelli. Il resto del mondo scompare ai miei occhi.
“Sei un fiore di montagna. Balla per me, gattina”
La tua voce netta e decisa, ma al contempo dolce, mi anima. Prendo ad ondeggiare intorno a te, le mani sul tuo petto, strusciando il mio corpo esile sul tuo seguendo una musica solo nostra. Ti giro intorno senza mai perdere il contatto. Mi lasci fare, assecondandomi appena, forse curioso delle mie intenzioni. E’ la prima volta che balliamo, e ho voglia di farmi ammirare da te in questa nuova situazione: di tutte le presenti, voglio tu possa guardare solo me.
Mi volto, appoggio la schiena al tuo petto, e flessuosa mi piego sulle ginocchia scivolando verso il basso, fin quasi a toccar terra col sedere. Qualcuno si accorge dello spettacolino offerto dal mix di gonna corta e ginocchia aperte per non perdere l’equilibrio. Non m’importa. Quando sento la tua eccitazione premermi sul collo, altrettanto lentamente, soddisfatta, sfruttando tutti gli anni di danza classica passati, risalgo strusciandomi addosso al tuo corpo atletico. Ogni fibra di me è concentrata su di te. Mi giro di nuovo, con l’intento di cercare un tuo bacio, ma d’improvviso mi afferri più forte. Mi blocco all’istante.
“Hai proprio intenzione di far capire a tutti la donnetta che sei?”
“Solo se lo vuoi, Signore”
Ti sento sorridere, il coraggio di guardarti negli occhi mi manca di colpo. Conosci la soggezione che susciti in me, e la dosi sapientemente. Una tua mano mi stringe l’avambraccio con forza. Troppa forza. Mordo le labbra per non darlo a vedere.
“Guardami”
Eseguo all’istante. Leggo la voglia nei tuoi occhi e tu di certo la leggi nei miei. Non posso trattenere un sorriso a mia volta, soggiogata come sempre da quel mix di complicità e controllo che emani.
“Seguimi”
L’aria gelida mi colpisce. Mi accorgo solo ora di quanto il mio corpo sia diventato bollente. Il contrasto, tra le gambe, è quasi insopportabile.
Cammini rapido, guadagni qualche metro, e ti infili in una stretta stradina. Ti seguo come posso, arrancando sul pavé sconnesso, maledicendo i tacchi a spillo con tutte le mie forze. Cambi direzione di continuo, guidandomi in un’intricata rete di viuzze disabitate e silenziose che non conosco. Ma stiamo passando più volte per gli stessi punti.
“Aspettami!” ti urlo, esasperata.
Solo allora ti fermi. Ti metto le braccia intorno e ti tiro addosso a me, impaurita che tu possa allontanarti ancora ed in modo da farti sentire il mio petto profumato. Scivoli con una mano tra i miei capelli, mi attiri a tua volta a te e finalmente mi baci. Non c’è niente al mondo come un bacio lungo e caldo che ti arriva al cuore: quasi ti paralizza, ti lascia senza fiato. Il tuo scende ancora più giù, e mi riverbera tra le gambe.
Quando ti stacchi, però, la tua espressione si fa d’improvviso seria.
“E’ questo il modo di parlarmi? Di comportarti? Ti sei divertita a farti sbavare dietro da quei ragazzi, eh?” mi sibili.
Non so cosa rispondere, giustificarsi non servirebbe. Quando mai serve, con te?
“Non rispondi? Prima fai tanto la puttanella con tutti, e poi neanche mi rivolgi parola? Preferisci tornare dentro con quelli?”
“No!”
“Faccia al muro” ringhi.
Mi guardo intorno. La stradina è deserta. Le casette rosa, azzurre e gialle non sembrano ancora abitate, con la stagione turistica solo alle porte, ma potrebbe sempre arrivare qualcuno. Una rientranza nel muro ci regala una vaga forma di protezione. Nell’aria un profumo misto di roseti, gelsomini e geranii.
Mi posiziono come hai ordinato, con una mano davanti al viso per evitare di ferirmi sulle sporgenze del muro moresco. Afferri saldamente l’altro mio braccio, lo ruoti sulla schiena e mi trattieni per il polso. Con una sola mano, senza usare che una minima parte della tua forza notevole, mi immobilizzi. Mi lascio immobilizzare.
Inizi lentamente a percorrere il mio corpo con la punta delle dita. Dalle caviglie risali lentissimo verso l’orlo della gonna, con un tocco così leggero che ho i brividi. Conosci quanto la mia pelle chiara sia sensibile e propensa al solletico. Mi provochi piccoli scatti involontari, che non so controllare.
“Immobile” mi ordini, ma è un ordine che sai non posso eseguire. All’ennesimo movimento, causato dal misto di solletico ed eccitazione, mi punisci con un forte pizzicotto nell’interno coscia. Lo fai durare qualche secondo, portandomi sull’orlo delle lacrime. Molli la presa un attimo prima di sentire il mio urlo, che riesco in extremis a trattenere. Rimarrà un livido violaceo.
Torni a salire, con mio disappunto semplicemente sfiorandomi la schiena da sopra la stoffa, evitando con cura ognuna delle mie zone più calde e sensibili, le stesse che bramano il tuo contatto più di ogni altra cosa. Quando il tuo tocco ricompare sulla mia pelle, superato l’orlo superiore del tubino, sento le tue unghie. Non mi stai graffiando forte, ma sai che è sufficiente a lasciarmi lunghe strie rosse che si vedranno per giorni. Vuoi che si vedano per giorni. Vuoi che io le veda per giorni.
Superi la spalla e scendi sul seno. Con un unico, fluido movimento abbassi il tubino quanto basta per liberare le mie tette piene, sode, alte. Mi tieni ancorata a quel muro, mi spingi ancora di più contro di esso, ed i capezzoli sensibili si schiacciano contro la parete ruvida e fredda. Gemo.
“Ti piace eh? Mezza nuda dove chiunque potrebbe vederti”
“Sì” ammetto senza remore.
Ti sento armeggiare con i tuoi pantaloni in stoffa chiari, poi all’improvviso la tua mano si tuffa tra le mie gambe. Ho un sussulto, mi alzo d’istinto sulle punte dei piedi. I seni strusciano contro il muro. Premi col bacino contro di me, facendomi sentire tutta la tua eccitazione. Saperti così grazie a me, mi esalta.
Arrivi al perizoma in pizzo, intriso dei miei umori. Lo percorri con le dita, passi ripetutamente sulla mia figa da sopra la stoffa, spingendo ogni volta di più, disegnando piccoli cerchi, stuzzicandomi.
Sì. Le tue dita sono abili, veloci, precise. Mi fai morire di piacere e lo sai. Lo vuoi. Sposti quanto basta quella sottile striscia di stoffa ed affondi in me, mi penetri rabbioso con l’indice e il medio. Mi regali solo un paio di colpi secchi, quanto basta a bagnarti le dita della mia eccitazione, e poi ti dedichi al clitoride pulsante. Lo torturi con le unghie, lo stropicci tra i polpastrelli, lo avvolgi in veloci volute. Gemo incontrollata, incapace di trattenermi. Il mio bacino asseconda ogni tuo piccolo movimento. Vorrei poterti toccare, ricambiare quel turbinio di sensazioni, ma tu mi vuoi immobile e tale mi costringi.
Levi le dita all’improvviso, lasciandomi una sensazione repentina di vuoto ed abbandono. Dura poco. Passi quella stessa mano davanti al mio corpo e mi artigli un seno, frapponendola tra me e il muro. Sento il mio afrore. Mi liberi il polso. Intuisco, ed allargo ancora di più le gambe: un piede sollevato su un mattone sporgente, l’altro malfermo sull’esile tacco. Mi alzi quel poco che serve la gonna, sposti di lato il perizoma, e finalmente ti sento.
Sì. Sento il tuo cazzo premere tra le labbra della mia figa bagnata e vogliosa, sento la sua punta percorrerla tutta, dal monte di Venere alla mia rosa più nascosta, immergendosi nei miei umori che colano copiosi grazie alle tue attenzioni. Sono fradicia. Per te. Mi penetri con estenuante lentezza, con un movimento delizioso e straziante e inarrestabile insieme.
“Sì” gemo, con voce bassa e piena di piacere. So che le mie note basse ti mandano sempre in visibilio.
“Sì cosa?” mi chiedi, mentre mi regali un colpo veloce e deciso, che trasmette scariche di piacere a tutto il mio corpo, come onde di un terremoto che si diramano nel terreno.
“Sì ti prego”
“Sì cosa?”
Un’altra spinta, mentre la tua mano aumenta la presa sul seno, con il capezzolo teso e gonfio imprigionato tra le tue dita, stretto e costretto tra te e il muro ruvido.
“Sì prendimi”
“Qui, troietta?”
Tre colpi in rapida successione mi fanno tremare. Porti l’altra mano sul mio fianco, pronto a sostenermi se le gambe dovessero cedere. La stoffa del perizoma accarezza il tuo cazzo mentre ti muovi dentro di me, e preme sul mio clitoride stimolandolo.
“Sì”
Aumenti la velocità dei colpi, e il mio respiro si spezza dal piacere.
“Ne vuoi ancora?”
La tua voce calda e carica di desiderio mi avvolge, e fa quasi più danni dei tuoi colpi decisi, del tuo affondare e ritrarti e riaffondare di nuovo in me. In un ultimo barlume di lucidità mi chiedo come tu faccia a non avere il fiato rotto come il mio. Il tuo controllo mi affascina.
“Sì”
“Era questo che speravi, mentre ballavi? Che ti prendessi, qui dove chiunque potrebbe vederci? Come la troia che sei?”
Le gambe tremano, si tendono e con loro ogni altro mio muscolo. Mi aggrappo più saldamente al muro, mentre il tuo ritmo ancora cresce, inesorabile. Il rumore liquido che senti ti conferma quando io ti appartenga, ma non ti basta.
“Rispondimi o mi fermo”
“Sì”
I miei muscoli più interni si chiudono intorno al tuo cazzo, nel tentativo di imprigionarlo. Il clitoride pulsa incontrollato, mentre i tuoi coglioni duri e gonfi sbattono contro di me ad ogni assalto.
“Sei mia”
“Sì”
Gemo, miagolo, quasi piango senza ritegno dal piacere che sale inarrestabile.
“Lo sarai sempre”
“Sì”
Ti sento finalmente emettere un mormorio roco, mentre anche tu ti irrigidisci. E’ un lunghissimo attimo per entrambi, prima di esplodere.
“Ripetilo” gemi, stringendomi allo spasmo, assestandomi gli ultimi colpi per prenderti il mio orgasmo e regalarmi il tuo. Sento il tuo cuore battere impazzito, quanto il mio, contro la mia scapola. L’interminabile momento in cui ondeggiamo sul bordo del precipizio, prima di perdere l’equilibrio e volare.
“Sì” sussurro “sì… lo… sarò. Sì”
Al sentirmelo ammettere, fiotti caldi del tuo sperma mi inondano. Un tuo urlo basso, gutturale, di puro godimento mi riempie le orecchie. Nello stesso attimo il mio orgasmo divampa. Il tuo cazzo è avvolto in una serie di pulsazioni incontrollate, il mio corpo trema e solo l’essere schiacciata tra te ed il muro evita che io cada a terra.
…and yes I said yes I will Yes.
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