Incontri - Vishad

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Per ragioni di pudore c'erano due piscine.
Una accanto all'altra, quella per gli uomini e per i ragazzi e quella riservata esclusivamente alle donne.
Le donne s'immergevano con il sari addosso che bagnato ed aderente otteneva l'effetto opposto al nascondere. In trasparenza il loro corpo era molto più sensuale che nudo.
Ambedue le vasche erano colme di acqua che sembrava sporca.
I pellegrini ci si tuffavano, nuotavano e la bevevano.
Una giovane donna, che si bagnava con una bambina nuda di cinque o sei anni, era di una bellezza eccezionale. Il tessuto bagnato metteva in evidenza un corpo davvero perfetto!
Il seno pieno e sostenuto, due cupole di carne soda ed ambrata con i capezzoli inturgiditi dall'acqua fresca che sembravano voler bucare il leggero tessuto.
Per quanto il luogo fosse sacro gli uomini presenti avevano incollato il loro sguardo su quel corpo e la guardavano con bramosia.
Io non meno di loro.
Lei, nell'acqua, come offerta aveva acceso delle candele che galleggiavano su dei piattini.

Incontrai Vishad in quel pomeriggio a Galta Gorge, al tempio delle scimmie.
Lui aveva più o meno la mia età e aveva condiviso con me l'ammirazione per la giovane donna.
Davvero cosa c'è di più bello che un corpo femminile? Ne convenimmo assieme con uno sguardo complice e un po' lubrico.
Le sue rotondità? Il tesoro nascosto fra le cosce chiuse?
Come approccio mi disse che meditava più ore al giorno, ma che ancora era troppo ancorato al desiderio delle cose terrene, era bastata la visione della donna per far tremare tutta l'impalcatura della sua fede.
Mi chiese se conoscevo la religione Jainista.
Qualcosa sapevo, i più integralisti arrivano a portare sulla bocca una mascherina per evitare di ingoiare moscerini, altri spazzano il loro cammino per non calpestare formiche ed altri insetti. Non mangiano nessuna forma vivente, né animale. né vegetale. Delle piante mangiano solo le cime, non radici o piante complete.
Aveva un fratello che aveva rinunciato al mondo e anche lui lo avrebbe fatto appena riusciva a sistemare la sua famiglia.
Lui, come il fratello e come il padre.
Il padre era diventato uno Shadu, un santo.
Aveva abbandonato tutto e aveva girato scalzo per il mondo.
Vishad si preparava per fare altrettanto.
Non avevo davvero motivo per dubitare della sua predisposizione alla povertà assoluta ma strideva un po' con il suo aspetto attuale, indossava una lunga camicia bianca inamidata e calzoni blu stiratissimi, calzava calzature di lusso, aveva mani curate da una manicure e al polso un vero Cartier d'oro. Tutto molto distinto, tipo gentleman inglese.
Gli chiesi dove avrebbe vissuto e lui mi rispose:
-Nella mia anima-
Lasciammo assieme il tempio e dividemmo la spesa di un taxi per tornare in città.
Intanto mi parlava della vita.
E' costellata da innumerevoli dettagli mi disse, molte cose sono dogmi, restrizioni. La conversazione ormai era un monologo. Ma non pedante, non aveva la voglia di convertirmi, enfatizzava solo la mia ignoranza.
Si mise ad analizzare gli aspetti spirituali del cibo.
L'aglio e le cipolle sono le cose peggiori! Fanno venire desiderio di sesso e causano rabbiosità.. Lui, quando viaggia senza moglie, non ne mangia mai.
Carote?
No, sono radici e quindi una pianta vivente.
Patate?
Alcuni le mangiano, lui no. Possono esserci tanti esseri viventi su di una patata, tipo muffe o batteri.
La frutta va bene affermò. Ma le banane sono una cosa complessa. Mangiarle solo la mattina, come lo yogurt.
Chiamai in causa il cibo indiano, molto piccante.
Provocano rabbia, sentenziò, accentuano la predisposizione alla crudeltà.
Mi chiese poi di dargli la mano e io strinsi la sua.
Disse che ero un generoso, la sua teoria sulla stretta di mano era comune anche da noi.
Forte e vigorosa? Segno di lealtà!
Debole? Lui la definiva da truffatore.
Oppure significava che avevi lo sperma debole e potevi generare solo figlie femmine e mai maschi.
Mi aveva detto che era un alto funzionario del Governo centrale, laureato in economia e che aveva viaggiato il mondo. Sposato e con figli. Acculturato senz'altro ma qualche contraddizione di fondo la mostrava.
Altre teorie?
Molte... rispose, quelli che si arrabbiano e non mostrano la loro rabbia si ammalano, tanto da morire di cancro. Trattenere la rabbia in corpo fa ammalare e morire.
Avevo anch'io teorie?
Mi ritrovai a parlargli di me, della mia corsa verso qualcosa che potesse darmi pace, qualcosa che in quel momento individuavo essere nel Tibet. Poi espressi la mia teoria di fondo: nulla e nessuno conta veramente.
Questo lo turbò e mi guardò costernato, non era affatto d'accordo con quel mio modo di pensare molto cinico, molto occidentale. Ma di getto mi disse che vedeva anche lui la falsità del mondo e che era uno dei motivi per i quali voleva diventare a sua volta uno Shadu. Rinuncerà ai vestiti, vivrà nei boschi sempre nudo e ogni dodici anni parteciperà alle grandi adunate spirituali, le Kumbh Mela, con il bagno rituale nel Gange e negli altri fiumi sacri.
Volevo sentire una sua preghiera?
Naturalmente, risposi.

""Che tutti gli esseri mi perdonino,
dato che io ho perdonato loro.
Che tutti provino per me solo amicizia e nessun senso di vendetta, dato che io provo amicizia per tutti e non ho nemici.""

Amen... pensai.

Eravamo ormai arrivati davanti all'albergo dove alloggiavo e lui proseguì per il suo. Era in città per partecipare ad una conferenza. Prendemmo accordi per vederci nella serata. Era un compagno perfetto per me, pronto a soddisfare la mia curiosità.
Durante la cena bevvi diverse birre e lui acqua.
Man mano mi consigliava cosa ordinare ed assaggiare, ma senza mai condividere il cibo con me. Ad un certo punto il discorso cadde sulle donne. Sulla differenza fra le occidentali, americane ed europee e le indiane.
Asserì molto convinto che le donne occidentali sono fredde, senza passione e con molta predisposizione per l'inganno.
Cercai di fargli notare che generalizzava troppo, ma ormai era partito in quarta nel lodare senza mezzi termini la donna indiana, capace di darti voluttà ineguagliabili, diceva.
Mi chiese se avevo mai fatto sesso con una indiana, risposi di no.
Si vede che mostravo così tanto scetticismo che per convincermi pretese di farmi provare. L'ultimo desiderio che avevo era di andare in un bordello indiano, proprio non ci tenevo. Ma tra lui che insisteva e forse per le numerose birre alla fine mi trovai su di uno risciò a motore diretto verso il quartiere dei bazar. Mi confortava un po' il fatto che non ero solo a essere sulla china sbagliata verso la redenzione, che anziché salire. precipitavo all'indietro. Ma ero in buona fede convinto che mi muoveva solo la curiosità, il bisogno di vedere e capire.
Un caso paradigmatico quello dell'India.
Questo grande Paese, che conta ormai oltre un miliardo di abitanti, è insieme luogo di reclutamento, di transito e di destinazione della tratta delle donne destinate alla prostituzione.
Gli Stati del Sud, come l'Andhra Pradesh, il Tamil Nadu e il Karnataka, come pure le regioni tribali del Jharkhand, del Chhattisgarh, dell'Orissa e gli Stati del Nord-Est, sono le principali zone di reclutamento di donne e di bambine, inviate poi come schiave domestiche e sessuali verso le grandi metropoli e le spiagge di Goa.
In Occidente le donne possono essere solo o "madonne" o "puttane" a seconda che abbiano o meno delle pretese sessuali.
La moglie, la madre non può che essere una "madonna", è oggetto di rispetto, quasi di venerazione religiosa ("santa donna," viene spesso definita), viene messa su un piedistallo e cadere da esso e' sempre rovinoso e irreparabile.
In Oriente invece la donna è vista soprattutto in ragione della sua capacità di dare amore nel senso di piacere. Ma allora conta la bellezza, la giovinezza, la "abilità nella sessualità", ma sono tutte cose legate al capriccio, all'estro maschile e che comunque passano in fretta.
Durante il viaggio Vishad mi declamava e mi illustrava con vero entusiasmo tutte le posizioni del Kamasutra. Diceva che un vero uomo le deve poter fare tutte prima di cedere al piacere. Chiesi quante erano le posizioni e lui disse che erano cinquanta. Lo fermai mentre le stava elencando a memoria, io sapevo in maniera molto alla lontana che il Kamasutra è ben di più di uno sterile elenco, ma lui ne vedeva solo il lato del possesso maschile.
Pensai che era peggio di me, altro che uno Shadu!
Era legato ad una macina da mulino che rotolava in giù, verso l'abisso.
Il bordello era per gente danarosa e le ragazze erano di una categoria superiore. Fummo accolti sulla porta dalla donna anziana che dirigeva il locale e prima ancora passammo attraverso l'esame di un enorme Sikh barbuto che faceva il guardia porta.
Ci chiese quali delle sue figlie poteva mandarci e Vishad chiese la più giovane. La voleva esile come un giunco disse.
Per me... straniero, che desideravo? La mia voglia di scopare era chissà dove in quel momento ma certo non nei miei pantaloni.
Mi sembrava di vivere il momento come uno spettatore distratto e disilluso. Avrei preferito parlare al fare sesso. Conoscere la vita di quelle donne, il perché e il come si trovavano lì, magari anche condividere la loro angoscia sempre che ne avessero.
Chiesi di vederle e lei mi porto' nella stanza dove soggiornavano. Belle lo erano. Belle, giovani e curate. I leggeri drappi di seta che le coprivano non nascondevano nulla. Il viso pesantemente truccato e i capelli neri lisci lucidi di olio di palma le rendevano ancora più' desiderabili. Poi la vidi... ma era la donna del bagno?
Impossibile!
In una città di alcuni milioni di abitanti?
No... le assomigliava solo. Ma bastò per farmi cambiare idea relativamente al fatto di fare sesso. Potenza della immaginazione, della fantasia. La indicai e chiesi come si chiamava.
Gunjita!
Anche il nome, vero o fittizio, era molto bello.
La vecchia si complimentò per la mia scelta, era la perla della sua casa, ripeteva, la luce che allietava le sue giornate e avevo molto buon gusto. Avevo scorso di sfuggita anche la "figlia" che era destinata a sostenere gli assalti sessuali di Vishad. Sembrava una bambina ma aveva forse 13 o 14 anni. Esile davvero. Il pesante trucco la faceva sembrare una figura allegorica, una esagerazione.
Non mi sarebbe piaciuto possederla!
Forse...
Forse perché so che non posso mettere limiti alla mia libidine, devo essere consapevole delle mie debolezze per poter riemergere.
Non me la sentivo di biasimare Vishad.
Gunjita era uno splendore.
Gli occhi neri che brillavano, allegra e disponibile.
Una vera Cortigiana, una vera Geisha!
I capelli intrecciati con filigrana d'oro, il terzo occhio, tilak o bindi, le dava fascino come le sopracciglia e ciglia che le incorniciavano gli occhi. La bocca larga e generosa. Ricordai, stranamente dato il momento, che una volta gli uomini indiani segnavano la fronte delle proprie donne con il proprio sangue in segno di possesso, ora per fortuna è solo una mistura di legno di sandalo e coloranti naturali o nel caso del bindi un comodo adesivo.
Il corpo?
Sinuoso come quello di un felino.
Sodo ma di una morbidezza estrema. Malleabile, si adattò al mio in una maniera incredibile. Una scossa di pura libidine quando ammirai le areole del suo seno, colorate di carminio e lo stesso sulle labbra polpose della sua vagina. Il colore rendeva la vagina simile ad una bocca, una bocca da baciare, da incollarci la bocca e succhiarne il miele.
La lasciai prendere l'iniziativa e lei mi diede molto piacere. Il suo atteggiamento tranquillo e pieno di passione, l'uso della sua bocca e di tutto il suo corpo, la sua volontà di farmi godere il più possibile mi fece ammettere che Vishad, almeno su questo, aveva ragione, le donne indiane o le prostitute indiane sapevano far godere gli uomini. Avevano appreso un vera arte al riguardo, forse trasmessa geneticamente.
Non volle rispondere alle mie domande quando sfinito sul tappeto cercavo di riprendere le forze. Con grazia le eluse. Smisi subito per rispetto.
Attese e contribuì ad rinnovare il mio desiderio di lei e ormai era tardissimo quando, stanco, sperai di trovare Vishad pronto a ritornare. Lo aspettai e mi si presentò tronfio come un gallo da combattimento. Non mi permise di pagare l'incontro con Gunjita, sembrava scoppiare di soddisfazione quando ammisi, dietro sua insistenza, la superiorità delle donne indiane.
Durante tutto il percorso di ritorno non smise un attimo di vantare le proprie prodezze sessuali e io senza dirglielo, forse sbagliando, forse da ipocrita, commiserai la ragazzina che aveva scelto come compagna di piacere. Un aspetto della mia mentalità mi dissi. Ipocrita e minata dalle convinzioni del nostro modo di vita.
Ora aveva fretta, doveva rientrare in albergo ed entrare in contatto con i suoi dei, doveva meditare e cercare di vincere i molti, troppi limiti viscerali del suo corpo.
Ammirai il suo modo di affrontare la cosa.
Lo considerai molto orientale.
Il far convivere il desiderio di migliorarsi con la consapevolezza delle debolezze umane. Ciò senza nevrosi e angosce.
Scesi dal risciò, mi baciò e mi augurò buona fortuna.
Non lo rividi mai più.
di
scritto il
2018-04-08
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