Gaia - “L’innocenza della nostra perversione”

di
genere
dominazione



È il momento della buonanotte per Gaia e il suo uomo, distanze superiori all’orizzonte più lontano li dividono fisicamente, lo smartphone trilla per un messaggio in arrivo su whattapp.
“Buonanotte!” e di seguito una foto che si carica.
L’immagine la lascia interdetta dapprima, ma poi sorprendendo persino sé stessa le apre il viso in un sorriso, la mente ritorna indietro al giorno prima, quando è stata scattata la foto.

Si erano svegliati pieni di buoni propositi quella mattina, dovevano fare un abbondante colazione e visitare ben tre musei, nella realtà (vedi racconto precedente) le cose erano andate in modo assai diverso.
Dopo la colazione, erano rimasti a letti a coccolarsi pigramente, indulgendo in quel sesso dolce, lento e sorprendente per chi lo consuma non tanto per le novità dell’amplesso, quanto per la minuziosa scoperta dei momenti che si dilatano in qualche modo nella percezione degli amanti, tale era stata quella mattina per loro.
Nudi, spiaggiati su quelle ode increspate delle lenzuola avevano fatto venire le 11.00 e ormai la preoccupazione più pressante era il pranzo, dal momento che la loro “fame di cultura” aveva dovuto cedere il passo a ben più primitivi appetiti.
A Gaia tutto era sembrato perfetto...no perfetto no...ad essere sincere le mancava qualcosa, non che ci fosse qualche cosa che gli avrebbe rimproverato nei loro approcci, ad esempio per lui provava un senso di protezione e cura che provava da tempo.
Di converso, al contempo, provava un senso di affidamento, fiducia e abbandono verso di Lui, una commistione di una potenza incredibile di cui si rendeva conscia sempre più spesso.
Stavano correndo troppo?
Avevano discusso prima di intraprendere la loro relazione, entrambi scottati e sfiduciati dalal vita, entrambi con la stessa visione che non prevedeva più nulla di nuovo, ma un adattamento al meglio ad una routine, si erano incontrati, si erano conosciuti e non era successo nulla per un paio d’anni, poi qualcosa era cambiato.
Era difficile per entrambi ricordare quale era stato l’esatto istante in cui tutto era stato rimesso in discussione ed erano non divenuti amanti, bensì anche solo pensato di divenirlo.
Provenivano entrambi, seppure con modalità diverse dal mondo del BDSM, ed entrambi in modo diverso e doloroso ne erano rimasti segnati e delusi, quindi si erano ben guardati da concedere l’uno l’esclusiva all’altra… già così avevano pensato.
Erano finiti a letto insieme e avevano finito per fare BDSM con reciproca soddisfazione con lui come dominante e lei sottomessa, ma al contempo lui ne incoraggiava la curiosità e la sperimentazione e quindi i ruoli ben presto cominciarono a perdere importanza, con buona pace dei puristi che li avrebbero bollati come “famolostranisti”, ma a quei due, che non aspiravano certo ad avere un pubblico gliene fregava ben poco.
Il resto lo sapete anche voi, Gaia lo aveva posseduto e dominato alcune volte, ricavandone piacere e scariche di adrenalina molto potenti per entrambi, e come effetto collaterale, pur non essendosi promesso fedeltà alcuna, cominciarono ad avere occhi solo l’uno per l’altra, certo avevano fantasie che coinvolgevano altre persone, e certo prima o poi avrebbero sperimentato, ma sarebbe stato un di più per “loro” e mai un di meno per uno soltanto.
Per Gaia tutto questo era strano, mai avrebbe pensato alla sua età di raggiungere uno simile status mentale, figuriamoci scoprirsi torrida e così disponibile per un uomo.
Certo...era nata come sub e tale era la sua condizione mentale, nelle loro prime timide sessioni non avevano neppure concordato una safeword, errore imperdonabile, ma lui era stato capace di fermarsi al momento giusto con suo semplice “basta” pronunciato da lei, ne troppo prima ne dopo il momento opportuno.
Era arrivata a lui vergine analmente, e da lui privata di questa condizione, in modo perfetto, tale da chiedersi non come mai non avesse provato precedentemente con altri partner, ma perché non si fossero incontrati prima.
Lui era sempre molto attento ai suoi bisogni, al suo piacere, prevenendo spesso i suoi dubbi e facendola sentire donna come non le succedeva da tempo, anche se dalla loro prima volta era passato solo qualche mese.
Si erano pure fatti una promessa, che certo avrebbe fatto sorridere molti, nessuno dei due avrebbe mai chiesto all’altro il permesso per prendersi il proprio piacere, una sorta di patto apparentemente insensato e forse pure un bel po’ imprudente,: il risultato fu che a letto si accoppiavano ora come gatti in calore, ora come i più teneri degli amanti in una sorta di continuità intervallata in modo imprevedibile.
Qualcosa le mancava si… non il sentirsi desiderata, le bastava intercettarne lo sguardo di lui per sentirsi desiderata, le mancava altro, il bruciare della carne contro il cuoio, la costrizione delle corde, le bollenti lacrime della cera e il sentirsi sua anche una sorta di oggettificazione da entrambi voluta.
Dopo le prime volte si era apparentemente disinteressato al suo culo, si era accorto che lei aveva forti difficoltà a rilassarsi per accettarlo dentro di sé anche lì, era stato doloroso quasi sentire, ma nel contempo aveva goduto e si era bagnata oscenamente ogni volta.
Tornando alla mattina si era alzata dal letto per andare in bagno a darsi una sistematina e fare una doccia, mentre lui sul letto ancora, stava scorrendo le pagine del tablet.
Si guardò allo specchio, aveva un po’ d’occhiaie dovute al poco sonno e alle estenuanti maratone sul letto a cui entrambi si erano sottoposti, in una sorta di fanciullesca sfida a “chi avrebbe fiaccato prima l’altro” in 69 di durate olimpioniche.
Raccolse le mani a coppa sotto il getto di acqua fresca che sgorgava dal rubinetto, e poi si chinò per portarle al viso; il contato con l’acqua fredda le diede una scarica, mentre alcune gocce schizzavano contro i seni nudi, ripetè nuovamente il passaggio altre due volte e quando finalmente rialzò il viso allo specchio si accorse che lui le era dietro.
Non ebbe il tempo di parlare, l’afferrò per i capelli tirandone la pesta indietro, sentì il suo fiato caldo tra le scapole, e l’altra mano che le artigliava crudele il seno sinistro.
Cacciò un piccolo urlo, non per paura, forse per la sorpresa, o per essersi resa conto che un fiotto caldo immediato l’aveva percorsa tra le cosce.
Ebbe la percezione quasi immediata dell’erezione di lui che le premeva tra le mele del culo, capì all’istante che non aveva scampo, l’avrebbe presa e forse non soltanto questo.
Sempre tendola per i capelli la fece mettere in ginocchio, facendola girare al contempo, non ebbe bisogno di chiedere indicazioni per capire cosa volesse da lei.
Si dedicò con il piacere e la passione che le dava sentirsi la carne di Lui tra le labbra che scivolava dentro la bocca sino a lambire l’imbocco della cola, si dedicò a quel pompino con la religiosa dedizione che le era propria, di quando in quando alzava lo sguardo per cercarne il suo, ed in uno di questi momenti vide che la stava fotografando con il cellulare.
Non aveva mai voluto farsi fotografare in certi momenti, in parte per una questione di privacy/sicurezza, in parte perché non si piaceva, troppo attenta nel cercare difetti nella sua fisicità; stranamente non si oppose, stranamente gli permise di ritrarla come un attricetta di film a luci rosse, come se non avesse nessuna importanza, se vi era qualcosa di importante era il piacere che ricavava dal sentire quella carne pulsarle in bocca e i piccoli scatti di nervi di lui quando solleticava zone diverse della cappella o sfiorava con le unghie i coglioni.
Avrebbe avuto la meglio su di lui, ancora una volta, ma si sbagliava, un rumore alla sua destra attirò la sua attenzione, ci mise qualche istante a capire che era sto prodotto dal cellulare appoggiato sul lavandino, ci mise assai meno a capire il perché gli era servita una mano libera.
Presto la testa afferrata da entrambe le mani fu tenuta ferma per permettergli di affondargli del tutto in gola e rimanervi e mentre i secondi passavano lenti aspettando che la rilasciasse, iniziò la sua fame d’aria.
Non aveva mai imparato a respirare con il naso mentre spompinava, lui aveva aumentato la pressione ed ora il suo naso premeva contro la pelle del plesso solare, provò a puntare le mani contro le gambe di lui, ma la morsa che la imprigionava divenne se possibile più salda.
Alla fine smise di tentare, pur nelle contrazioni della sua gola che stavano per recedere i conati di vomito e solo allora lui la rilasciò permettendole tra fiotti di saliva colante di riprendere fiato, ma solo per poco.
La stava scopando in bocca con un micidiale deep troath dove spesso le bloccava la testa per portarla quasi al soffocamento, in sintesi la stava dominando.
Il gioco andò avanti per un tempo indefinito, forse minuti, forse decine di minuti, Gaia perse la cognizione del tempo, si godeva… si si godeva l’essere l’oggetto desiderato di piacere del suo uomo in una incondizionata disponibilità.
La fece rialzare portandola in camera tenendola per i capelli, presto vide sul letto disposti alcuni oggetti: corde, mollette da capezzoli, la cinghia dei pantaloni e un paio di dildi di medie dimensioni.
Senza che le fosse chiesto porse i polsi, cercò lo sguardo di lui incontrandolo ebbro di una gioia selvaggia, mentre fiotti caldi le percorrevano le cosce ormai dall’inizio del gioco.
La legò poco sotto le mani, la fece spostare vicino alla porta del bagno, poi passò l’altro capo sopra la porta legandone l’estremità alla maniglia, in questo modo sebbene con le piante dei piedi a terra, Gaia rimase con le braccia protese in alto unite nella corda e la schiena contro la porta.
Lui le infilò una mano tra le cosce a sincerarsi della sua eccitazione, ritraendola bagnata, a quel punto prese sul letto il fallo più grosso, lo accese e lo infilò senza troppe cerimonie su per la fica ...”Guai a te se te lo lasci sfuggire da la dentro.
Gaia dovette concentrarsi il più possibile, quelle parole la fecero sbarellare anche di più e fu solo per un miracolo se al fiotto successivo il vibratore acceso non schizzò fuori.
Poi fu il turno delle clamps per i capezzoli, attaccate con una lentezza a dir poco esasperante, mentre l’accarezzava sui fianchi e fra le cosce, lo stronzo si divertiva a farla tremare mentre i fiotti le colavano giù per le gambe.
Ancora un attimo e l’avrebbe supplicato di frustarla con la cinghia, il negarle il supplizio era divenuto un supplizio in sé alfine, ma la clemenza nella sua perversione le fu concessa finalmente da una leccata bollente di cuoio sulle natiche.
Perse nuovamente la cognizione del tempo, mentre cercava di tenere quel serpente vibrante dentro di sé, certo non aiutata dalle “carezze” della cinghia scoprendosi eccitata e ...felice si, cominciò a venire a ripetizione.
Quando decise di slegarla era solo distrutta dall’eccitazione che il dolore e il piacere avevano veicolato dentro lei, ancora con i polsi legati fu messa prona sul letto, ed ancora la prese in bocca con la stessa prepotenza di prima nel bagno.
La donna era fradicia d’ umori al punto da avvertirne lei stessa l’odore di cui stava pregnando gli asciugamani ospiti che lui le aveva messo sul letto, “succhia e insaliva bene oggi sarà l’unico lubrificante che avrai” le disse con voce bassa e minacciosa.
Non capì più nulla, quella minaccia la fece venire ancora, poi avvertì uno delle sue dita che cominciava a premere sulla rosellina dietro.
All’inizio fu un dito, probabilmente l’indice, poi leggermente più grande, il medio forse, poi qualcosa di più corto e tozzo, il pollice?
Si era il pollice perché sentì tutti gli altri sulla fica spingere il fallo facendola gridare; rigirava il dito dentro lei e nel contempo le massaggiava in qualche modo clito e grandi labbra, il tutto mentre la soffocava di cazzo.
Quando le tolse le clamps dai capezzoli, vide le stelle per il dolore, ma non ebbe tempo di preoccuparsene sommersa dalla valanga di sensazioni e stimoli a cui era sottoposta.
Tolse il dito dal culo e fu a quel punto che uscì dalla sua bocca e lo vide scomparire alla sua vista, immaginò stesse andando dietro per prenderla e aveva ragione.
“Ti prego slegami i polsi” chiese con un fil di voce… lunghi secondi senza nessun movimento ne rumore, poi lui torna sui suoi passi e glieli slega dalla corda.
Gaia non ha esitazioni, non si massaggia neppure le braccia indolenzite, rapida porta le mani indietro afferrandosi le natiche per aprirsi il culo; sente la cappella bagnata della sua stessa saliva premere contro il buco, sente premere per entrare, sa che farà male, sa che le piacerà, sa che rimarrà senza fiato e che lui la prenderà senza interruzioni sino a venire, sa che potrà urlare ma che andrà comunque sino in fono...lo sa e lo accetta… lui entra…
Gaia annaspa cercando ossigeno per respirare, si sforza in ogni modo di non fuggire dalla penetrazione, dal dolore e ci riesce.
Le mani di lui l’artigliano sui fianchi, mentre le spinte senza alcuna gentilezza la squassano, si afferra alle lenzuola mentre le violenta il culo...mentre ancora una volta diviene sua anche così.
Le riempie il culo … lo fa e basta, lascia che il suo sperma le allaghi l’intestino… giusto così.
È lo stesso uomo che come il più tenero degli amanti la bacia dolcemente accarezzandone la testa e il viso sudato...nel suo sguardo un inequivocabile ammirazione per lei…
“quel che rende speciale questo nostro “noi” è l’innocenza della nostra perversione” le sue parole le arrivano da lontano...ma le arrivano...chiude gli occhi e si assopisce.



Gaia riguarda la foto prima di rispondergli con l’emoticons di un bacio, la mano sale alle sue labbra, toccandole timidamente, c’è stato un tempo in cui non sarebbe riuscita a riconoscersi in questa foto...sorride mentre una fitta dietro, in fondo alla schiena...molto in fondo le ricorda a chi appartiene ora.
scritto il
2018-04-15
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