Specchio
di
Mr.Goodbye
genere
esibizionismo
Si guardò allo specchio e si piacque.
Osservò i capelli castani, da poco tagliati corti, per rinnovare la propria immagine. Le orecchie, con quei mille orecchini, strascichi di un'adolescenza ribelle. Vide i suoi occhi riflessi nello specchio, che brillavano di luce maliziosa. Il naso era piccolo, leggermente all'insù come se, con arroganza, volesse portar via un po' di attenzione dagli occhi. Accennò un sorriso e le labbra, incurvandosi dolcemente, formarono due fossette sensuali e affascinanti. La curva del collo scivolava sulla spalla con morbidezza e poi, seguendo la clavicola, ecco il seno. Si girò un poco, mettendosi a tre quarti, per osservarne il profilo. Non era abbondante, ma era sodo e il capezzolo faceva fiera figura puntando dritto davanti a sé. Salì con una mano, lo strinse con decisione per un istante. Un brivido le arrivò dritto al cervello e le strappò un sospiro. Quella stessa mano arrivò fin al collo, ne prese possesso e scese, scivolando nell'incavo tra i seni e poi sulla pancia. Ne aveva un poco di troppo, le sarebbe piaciuto riuscire a cancellarla, ma era più forte di lei e, ormai, si era accettata per com'era. Osservò i fianchi che si stringevano per poi allargarsi in un sedere che sì, doveva riconoscere essere un po' troppo largo per i suoi gusti. Ma sapeva come portare l'attenzione degli uomini altrove. Sugli occhi, grandi, luminosi, innocenti. Sui seni, con una maglia un po' scollata e un reggiseno imbottito. Oppure… il suo sguardo scivolò più in basso, sulle cosce tornite e fasciate dalle autoreggenti. Sì… quello era sempre un ottimo metodo per attirare lo sguardo altrove. E lei adorava vedere quella luce nello sguardo degli uomini. Sentirsi desiderata la faceva sentire al centro del mondo. Girò su se stessa. Sapeva di aver qualche difetto qua e là, ma era una donna normale, con una vita normale, con un fisico normale. Si fermò dando le spalle alla superficie di vetro, unì le gambe e si piegò in avanti tenendo il busto dritto. Il fondoschiena disegnò una piacevole curva e la ragazza sorrise. Non soddisfatta, fletté le ginocchia, rimase accucciata in quella posizione per un istante e poi, lentamente, stese nuovamente le gambe fasciate dalle autoreggenti.
Si piaceva.
Le piaceva guardarsi.
Si sentiva già calda e umida senza nemmeno essersi ancora accarezzata.
Scivolò sul grande letto matrimoniale, si stese in tutta la sua lunghezza e rotolò su se stessa, gustandosi il profumo delle lenzuola fresche di bucato e il contatto del cotone sulla pelle. Quel semplice gesto fu sufficiente a farle inturgidire i capezzoli. Si mise supina, inarcando la schiena e stendendo le braccia, felina. Strinse le cosce, sentendo un brivido di piacere salirle lungo la schiena, infiammandole l’anima.
Ansimò.
Le mani si chiusero sui seni, stringendoli come se avesse paura che potessero scappare. E, nel farlo, mosse le cosce l’una contro l’altra. Un movimento semplice, ma affatto innocente.
Sospirò.
La sinistra scivolò lungo il fianco, su una coscia, per spostarsi all’interno della gamba e aprirla lentamente. Non aveva bisogno di guardare per sapere cosa stesse riflettendo lo specchio: il proprio sesso, umido, vivo, palpitante, desideroso. La mano risalì sulla pelle vellutata, seguì il contorno del seno e risalì il dolce declivio. Fu con due dita che prese possesso del capezzolo, stringendolo delicatamente tra le unghie. Fu in quel momento che la destra si fece strada verso il ventre, scivolando accanto al sesso e accarezzando la pelle che lì è più sensibile e delicata. Scese fino al gluteo e risalì, lentamente, provocando brividi di piacere che le fecero increspare la pelle. Girò attorno all’ombelico quel tanto che fu necessario a farle calmare il sangue e poi tornò all’assalto del proprio piacere.
Due dita da una parte e due dall’altra scesero accanto ai lati del sesso. Si chiusero, come a voler custodire quell’intimo segreto.
Un istante dopo le dita si aprirono e, con loro, si schiusero le labbra più intime.
Lo specchio rimandò l’immagine di un sesso vivo, bagnato, brillante di umori mentre l’aria andava riempiendosi di sensuali e provocanti gemiti e sospiri.
Con la destra immobile, la sinistra scese anch’essa al centro del piacere. Il medio iniziò a girare lentamente attorno al clitoride. Non aveva fretta, cercava il piacere, lo cullava, aveva il compito di accompagnarlo in quella dolce strada che avrebbe portato la ragazza all’orgasmo.
Per quanto andò avanti quella carezza? Un tempo indefinito, indefinibile, ma infinitamente piacevole.
Mugolò il proprio piacere quando un brivido, più forte degli altri, le arrivò dritto al cervello.
Quello era il momento che cercava, che aspettava.
Dal clitoride scese e, in un attimo, scivolò dentro di lei, dentro la sua carne, dentro il fulcro del suo piacere.
Gemette, di piacere, di soddisfazione, di attesa finalmente soddisfatta.
Iniziò a muoverlo lentamente, dentro e fuori di sé, ogni volta alla ricerca di quella piccola scintilla in più di piacere.
Voleva di più.
Voleva un orgasmo come pochi ne aveva avuti nella sua vita.
Le dita diventarono due.
Per un attimo sentì la propria carne allargarsi, subito adeguandosi a quel nuovo diletto. Il piacere fece un passo avanti. Eccolo l’orgasmo che si stava avvicinando…
Ma ancora non era abbastanza.
Voleva di più.
Voleva essere più sconcia, più oscena.
Tirò gli addominali, si sporse verso lo specchio.
Il suo sesso continuava ad essere penetrato da due dita con un lento movimento.
L’altra mano s’insinuò sotto il bacino.
Non era comoda, ma non importava. Doveva essere sconcia. Doveva essere irresistibile.
Con il medio raccolse gli umori che colavano abbondanti e, senza esitare, scivolò nell’altro buco.
Aprì la bocca, sospirando ma senza emettere un solo gemito.
Quel tipo di penetrazione la mandava, ogni dannata volta, in estasi.
Cercava sempre di evitarla perché sapeva l’effetto che faceva su di lei usare quel passaggio.
La faceva sragionare.
E fu così anche quella volta.
Mentre due dita si prendevano il piacere nel suo sesso, un dito solo fu capace di mandarla in estasi insinuandosi tra i glutei morbidi e tondi.
Per lunghi minuti andò avanti ad alternarli.
Quando le due erano dentro, quello singolo era fuori. E viceversa.
“Vengo.”
Sospirò.
Ed affondò nella propria carne con tutte e tre le dita.
L’orgasmo esplose trasportandola in alto, tra le stelle, lontano delle preoccupazioni e dai timori di questa vita.
A nemmeno un metro di distanza un uomo di alzò dalla poltrona e, in piedi, dominò sulla donna.
Per un lungo istante ne osservò ogni lineamento, ogni curva.
Sorrise, con il cuore pieno di emozione, di ammirazione, di desiderio.
Ma, soprattutto, di Amore.
Si piegò su di lei e le posò un bacio sulle labbra.
“Sei meravigliosa amore mio.”
Con gli occhi chiusi la ragazza sorrise e allungò le braccia attorno alle braccia dell’uomo.
“Ti amo.”
“Ti amo.”
Osservò i capelli castani, da poco tagliati corti, per rinnovare la propria immagine. Le orecchie, con quei mille orecchini, strascichi di un'adolescenza ribelle. Vide i suoi occhi riflessi nello specchio, che brillavano di luce maliziosa. Il naso era piccolo, leggermente all'insù come se, con arroganza, volesse portar via un po' di attenzione dagli occhi. Accennò un sorriso e le labbra, incurvandosi dolcemente, formarono due fossette sensuali e affascinanti. La curva del collo scivolava sulla spalla con morbidezza e poi, seguendo la clavicola, ecco il seno. Si girò un poco, mettendosi a tre quarti, per osservarne il profilo. Non era abbondante, ma era sodo e il capezzolo faceva fiera figura puntando dritto davanti a sé. Salì con una mano, lo strinse con decisione per un istante. Un brivido le arrivò dritto al cervello e le strappò un sospiro. Quella stessa mano arrivò fin al collo, ne prese possesso e scese, scivolando nell'incavo tra i seni e poi sulla pancia. Ne aveva un poco di troppo, le sarebbe piaciuto riuscire a cancellarla, ma era più forte di lei e, ormai, si era accettata per com'era. Osservò i fianchi che si stringevano per poi allargarsi in un sedere che sì, doveva riconoscere essere un po' troppo largo per i suoi gusti. Ma sapeva come portare l'attenzione degli uomini altrove. Sugli occhi, grandi, luminosi, innocenti. Sui seni, con una maglia un po' scollata e un reggiseno imbottito. Oppure… il suo sguardo scivolò più in basso, sulle cosce tornite e fasciate dalle autoreggenti. Sì… quello era sempre un ottimo metodo per attirare lo sguardo altrove. E lei adorava vedere quella luce nello sguardo degli uomini. Sentirsi desiderata la faceva sentire al centro del mondo. Girò su se stessa. Sapeva di aver qualche difetto qua e là, ma era una donna normale, con una vita normale, con un fisico normale. Si fermò dando le spalle alla superficie di vetro, unì le gambe e si piegò in avanti tenendo il busto dritto. Il fondoschiena disegnò una piacevole curva e la ragazza sorrise. Non soddisfatta, fletté le ginocchia, rimase accucciata in quella posizione per un istante e poi, lentamente, stese nuovamente le gambe fasciate dalle autoreggenti.
Si piaceva.
Le piaceva guardarsi.
Si sentiva già calda e umida senza nemmeno essersi ancora accarezzata.
Scivolò sul grande letto matrimoniale, si stese in tutta la sua lunghezza e rotolò su se stessa, gustandosi il profumo delle lenzuola fresche di bucato e il contatto del cotone sulla pelle. Quel semplice gesto fu sufficiente a farle inturgidire i capezzoli. Si mise supina, inarcando la schiena e stendendo le braccia, felina. Strinse le cosce, sentendo un brivido di piacere salirle lungo la schiena, infiammandole l’anima.
Ansimò.
Le mani si chiusero sui seni, stringendoli come se avesse paura che potessero scappare. E, nel farlo, mosse le cosce l’una contro l’altra. Un movimento semplice, ma affatto innocente.
Sospirò.
La sinistra scivolò lungo il fianco, su una coscia, per spostarsi all’interno della gamba e aprirla lentamente. Non aveva bisogno di guardare per sapere cosa stesse riflettendo lo specchio: il proprio sesso, umido, vivo, palpitante, desideroso. La mano risalì sulla pelle vellutata, seguì il contorno del seno e risalì il dolce declivio. Fu con due dita che prese possesso del capezzolo, stringendolo delicatamente tra le unghie. Fu in quel momento che la destra si fece strada verso il ventre, scivolando accanto al sesso e accarezzando la pelle che lì è più sensibile e delicata. Scese fino al gluteo e risalì, lentamente, provocando brividi di piacere che le fecero increspare la pelle. Girò attorno all’ombelico quel tanto che fu necessario a farle calmare il sangue e poi tornò all’assalto del proprio piacere.
Due dita da una parte e due dall’altra scesero accanto ai lati del sesso. Si chiusero, come a voler custodire quell’intimo segreto.
Un istante dopo le dita si aprirono e, con loro, si schiusero le labbra più intime.
Lo specchio rimandò l’immagine di un sesso vivo, bagnato, brillante di umori mentre l’aria andava riempiendosi di sensuali e provocanti gemiti e sospiri.
Con la destra immobile, la sinistra scese anch’essa al centro del piacere. Il medio iniziò a girare lentamente attorno al clitoride. Non aveva fretta, cercava il piacere, lo cullava, aveva il compito di accompagnarlo in quella dolce strada che avrebbe portato la ragazza all’orgasmo.
Per quanto andò avanti quella carezza? Un tempo indefinito, indefinibile, ma infinitamente piacevole.
Mugolò il proprio piacere quando un brivido, più forte degli altri, le arrivò dritto al cervello.
Quello era il momento che cercava, che aspettava.
Dal clitoride scese e, in un attimo, scivolò dentro di lei, dentro la sua carne, dentro il fulcro del suo piacere.
Gemette, di piacere, di soddisfazione, di attesa finalmente soddisfatta.
Iniziò a muoverlo lentamente, dentro e fuori di sé, ogni volta alla ricerca di quella piccola scintilla in più di piacere.
Voleva di più.
Voleva un orgasmo come pochi ne aveva avuti nella sua vita.
Le dita diventarono due.
Per un attimo sentì la propria carne allargarsi, subito adeguandosi a quel nuovo diletto. Il piacere fece un passo avanti. Eccolo l’orgasmo che si stava avvicinando…
Ma ancora non era abbastanza.
Voleva di più.
Voleva essere più sconcia, più oscena.
Tirò gli addominali, si sporse verso lo specchio.
Il suo sesso continuava ad essere penetrato da due dita con un lento movimento.
L’altra mano s’insinuò sotto il bacino.
Non era comoda, ma non importava. Doveva essere sconcia. Doveva essere irresistibile.
Con il medio raccolse gli umori che colavano abbondanti e, senza esitare, scivolò nell’altro buco.
Aprì la bocca, sospirando ma senza emettere un solo gemito.
Quel tipo di penetrazione la mandava, ogni dannata volta, in estasi.
Cercava sempre di evitarla perché sapeva l’effetto che faceva su di lei usare quel passaggio.
La faceva sragionare.
E fu così anche quella volta.
Mentre due dita si prendevano il piacere nel suo sesso, un dito solo fu capace di mandarla in estasi insinuandosi tra i glutei morbidi e tondi.
Per lunghi minuti andò avanti ad alternarli.
Quando le due erano dentro, quello singolo era fuori. E viceversa.
“Vengo.”
Sospirò.
Ed affondò nella propria carne con tutte e tre le dita.
L’orgasmo esplose trasportandola in alto, tra le stelle, lontano delle preoccupazioni e dai timori di questa vita.
A nemmeno un metro di distanza un uomo di alzò dalla poltrona e, in piedi, dominò sulla donna.
Per un lungo istante ne osservò ogni lineamento, ogni curva.
Sorrise, con il cuore pieno di emozione, di ammirazione, di desiderio.
Ma, soprattutto, di Amore.
Si piegò su di lei e le posò un bacio sulle labbra.
“Sei meravigliosa amore mio.”
Con gli occhi chiusi la ragazza sorrise e allungò le braccia attorno alle braccia dell’uomo.
“Ti amo.”
“Ti amo.”
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