Onda notturna
di
Mr.Goodbye
genere
sentimentali
“Allora? Come è andata?”
La mail era giunta almeno un’ora prima, ma Alessandro era impegnato in un evento in cui non riteneva educato, o quanto meno opportuno, distrarsi con il telefono. Per cui l’aveva impostato su silenzioso, l’aveva infilato nella tasca dei jeans e se ne era (quasi) dimenticato.
“Bene grazie. È stato divertente e ho fatto alcune conoscenze interessanti.”
Non sapeva se, dall’altra parte, avrebbero visto la sua risposta o fosse già andata a letto, ma non aveva importanza. Male che vada si sarebbero sentiti il giorno dopo. Così mise via il telefono e non ci pensò più, mescolandosi nuovamente agli altri invitati all’evento e abbandonandosi alle chiacchiere leggere frivole in attesa dei saluti.
Uscì dal ristorante tra gli ultimi e scese quei pochi gradini che lo riportarono all’altezza del selciato. La lunga, lunghissima strada che costeggiava il mare si perdeva nell’oscurità della notte ad entrambe le estremità, assolutamente identiche, quasi fosse stato un sogno. Le poche case che costituivano il paese che aveva ospitato la serata si affacciavano su questa strada e su tre traverse che si allungavano di poche decine di metri nell’entroterra. Un ristorante. Un bazar. Un piccolo alimentari. Una farmacia. Una ferramenta. Non pareva esserci altro e, per un attimo, si chiese come dovesse essere la vita in quel posto durante l’inverno. Già adesso che erano ancora a maggio non pareva esserci molta vita e nemmeno gli stabilimenti balneari avevano ancora aperto.
Camminò un poco di più rispetto all’andata, allungando il tragitto fino all’auto per guardare la spiaggia, il mare, e la luna, quasi piena, che, alta sopra il mare, gettava un lungo riflesso argenteo, quasi magico, sulla superficie dell’acqua. Raggiunse l’auto in un parcheggio interno in pochi minuti e, nel momento in cui chiuse lo sportello, il telefono suonò ancora. Quella era la notifica di una mail, riconobbe il suono.
“Mi fa piacere tu abbia passato una bella serata. Sei già pronto per tornare a casa?”
Alessandro rimase sorpreso da quella domanda, dal momento in cui quella domanda era stata posta, proprio nel momento in cui stava per partire. Quasi senza rifletterci si guardò attorno, cercando di penetrare le ampie zone l’oscurità che i vecchi lampioni lasciavano un po’ ovunque. Possibile mai che anche lei fosse lì? No. Improbabile. Troppo improbabile.
“Mi stupisce che tu me lo chieda, sono salito in auto proprio ora.”
“Hai visto che brava che sono?”
“Il tempismo è tutto, complimenti!”
“Pensavo ti saresti fatto una passeggiata in spiaggia.”
“A dire il vero ci avevo pensato, ma il viaggio verso casa è lungo…”
“Chissà com’è bella in questo periodo dell’anno. A quest’ora poi, con solo il rumore delle onde nelle orecchie, l’odore della salsedine nel naso, la sabbia sotto i piedi e nessuno a dar fastidio…”
Rilesse la mail. Era una sua impressione o si nascondeva della malizia tra quelle parole? Sorrise.
“Hai dimenticato un senso.”
“Tu dici? Quale?”
Si guardo attorno, quasi sicuro di vederla lì, poco distante, ma era impossibile.
“Il gusto.”
“Forse… l’ho lasciato indietro apposta…”
“E perché avresti dovuto farlo?”
Questa volta la risposta tardò ad arrivare.
“Per saziarlo con il tuo sapore.”
Alessandro ebbe un tuffo al cuore. Non era la prima volta che si scambiavano messaggi un poco compromettenti, senza mai sconfinare nel volgare, ma ogni volta era sempre un’emozione. Ancora una volta si guardò attorno, ma quel paese era troppo lontano da casa sua, non poteva essere scesa così tanto senza nemmeno la certezza di incontrarsi. No, non poteva…
Non rispose, ma si mise a rileggere tutte le mail di quel giorno. Certo, aveva detto che le sarebbe piaciuto essere presente a quella serata, ma era anche vero, appunto, che la distanza esagerata rendeva tutto proibitivo. Sarà per un’altra volta, aveva concluso poche ore prima. Fece un rapido calcolo e, se non si era sbagliato, quando aveva scritto quella mail doveva già essere in viaggio.
Gli aveva mentito. In quel momento ebbe la precisa sensazione, che presto mutò in convinzione, che lei gli avesse mentito e che, in quel momento, si trovasse assai poco lontana. Possibile addirittura che fosse stata presente alla serata? Certo, non si erano mai visti, se non in foto, ma se l’avesse incontrata l’avrebbe incontrata.
Si passò una mano tra i capelli sforzandosi di ricordare, ma senza risultati.
Rilesse la mail: Per saziarlo con il tuo sapore.
Avrebbe potuto rispondere in mille modi differenti a quella provocazione maliziosa e, in altre circostanze, l’avrebbe fatto. In quel momento, tuttavia, scelse la via diretta.
“Dove sei?”
Silenzio. I minuti passarono senza che giungesse una risposta. Per un attimo pensò che si fosse offesa, che, in qualche modo, quella domanda così diretta l’avesse infastidita. Ma perché poi avrebbe dovuto farlo? Non aveva senso. No. Quel silenzio doveva significare altro.
Guardò il telefono impaziente. Perché non gli rispondeva? Forse i suoi erano stati solo tutti viaggi mentali e lei ora si era addormentata nel letto di casa sua mentre lui restava fermo immobile, come se un semplice gesto avrebbe potuto far crollare il mondo intero, attendeva in silenzio.
Il display del dispositivo si illuminò.
Eccola.
Fu delusione quella che si dipinse sul volto dell’uomo quando aprì la mail.
Vuota.
Non una parola.
Impossibile.
Guardò meglio e solo allora si rese conto che c’era un allegato, un’immagine. Per poco non le aveva risposto nella maniera sbagliata.
“Maledetta fretta”, imprecò sottovoce prima di aprire la foto.
La luna, bassa all’orizzonte, si rifletteva su un’oscurità fatta di mare.
Un panorama che aveva visto pochi minuti prima lui stesso.
E sorrise.
Come un bimbo davanti ad un negozio di dolciumi.
Scese dall’auto e, a passo svelto, tornò sui propri passi e si portò sul lungomare, davanti al muretto che separava la strada dalla spiaggia.
La luna era lì, a specchiarsi nel mare. Esattamente come nella foto.
“Sei venuta veramente…”
“Tu l’hai detto. Io non ho detto nulla.”
“La tua foto l’ha detto.”
“Guarda te che spiona! Non ci si può proprio fidar di nessuno!”
“Dimmi dove sei.”
“Questo tocca a te scoprirlo. Ma attento a non metterci troppo…”
Alessandro si guardò attorno. La spiaggia pareva identica da entrambi i lati. Destra? Sinistra? Non aveva alcun indizio per trovarla. Solo la Luna, davanti a sé, sapeva la verità, ma non sembrava affatto intenzionata a rivelarla.
Sospirò. Non aveva mai amato le cacce al tesoro e ora rischiava di perdere una partita davvero importante appena cominciata. Fece due passi a destra. E se fosse stata la direzione sbagliata? Tornò indietro, andò verso sinistra. Maledizione! Non poteva muoversi così alla cieca.
La foto!
Aprì il telefono e osservò meglio la fotografia che aveva ricevuto poco prima:
La luna… il mare… la spiaggia… alcuni ombrelloni…
Vaghi elementi troppo comuni al litorale. Doveva esserci un piccolo indizio, qualsiasi cosa, che gli consentisse di fare la scelta giusta.
Zoomò.
Anche così sembrava non esserci nulla di particolare finché, all’estrema destra, colse un’ombra nell’oscurità. Ingrandì ancora e l’immagine perse di risoluzione, ma riuscì ugualmente a cogliere il dettaglio: una lunga lingua di scogli che si protendeva nel mare.
E sì, lui aveva già quella lingua, poche ore prima, durante l’aperitivo che si era svolto sulla terrazza panoramica del ristorante. Anche se in quel momento c’era stato il sole, era quasi certo che quella foto era stata scattata poco lontano da quel punto.
Proprio in quel momento il telefono ricevette una nuova mail.
“Ancora non ti vedo.”
Per adesso, mormorò tra sé e sé.
Mise via il telefono senza nemmeno risponderle e, dopo essersi tolto le scarpe, si mise a camminare di passo svelto.
Non ci volle molto per raggiungere il ristorante, con la sua sagoma che si stagliava contro il cielo ritagliando il profilo oscuro contro le luci della città. In lontananza si riuscivano a scorgere gli scogli, proprio come nella foto.
Bingo, mormorò soddisfatto.
Alzò lo sguardo sulla terrazza. Si allungava sulla sabbia per alcuni metri, sorretta su grosse colonne di cemento. Sotto le tenebre erano così dense e così fitte da sembrar irreali. Un posto ideale per nascondersi e non farsi trovare.
Per un attimo la Luna parve fargli l’occhiolino e le rispose con un lieve inchino.
Fece per scrivere una mail, si fermò un istante, cambiò idea. Se lei era davvero lì non c’era alcun dubbio che, in quel preciso momento, lo stesse osservando. Non c’era bisogno di altre parole. Mise via il telefono, si avvicinò al mare e si sedette lì, sulla sabbia.
Era proprio come aveva scritto lei: il rumore delle onde nelle orecchie, l’odore della salsedine nel naso, la sabbia sotto i piedi e nessuno a dar fastidio. Quasi si dimenticò del resto del mondo.
Un’onda di profumo dolce e speziato allo stesso tempo gli riempì le narici. Nel tempo di rendersi conto cosa stesse succedendo due mani si posarono sui suoi occhi con fare delicato e gentile.
“Tu hai barato.”
Una voce leggera, cristallina, che assomigliava al trillo di una campanella d’argento.
Eccola, finalmente!
Dopo tanto tempo s’incontravano di persona. Alessandro sentì il cuore vibrare. Avrebbe voluto alzarsi, abbracciarla e stamparle un bacio sulle labbra, ma sapeva di dover portar pazienza. Restò immobile.
“Io?”
“Certo signorino, proprio tu!”
La sentì muovere alle sue spalle, ma non capì cosa stesse facendo.
“E dimmi, signorina, in quale modo l’avrei fatto?”
“Ti sei fatto suggerire dalla Luna!”
Alessandro rise, sinceramente divertito.
“Non c’è mica nulla da ridere sai? Così non vale! Il gioco era tra me e te.”
“Non vi era alcuna regola scritta che proibisse l’aiuto della Luna.”
“Zitto! Hai barato.”
Alessandro alzò le mani in segno di resa.
“Posso riavere la vista ora?”
“No.”
La risposta giunse secca e repentina, quasi puntigliosa.
“Dunque hai in mente qualcosa o restiamo così?”
“Toglierò le mani se prometti di tenere gli occhi chiusi.”
“Non miglioro molto la mia situazione.”
“Li aprirai quando te lo dirò io.”
“Non credo di aver altra scelta. D’accordo.”
“Terrai gli occhi chiusi?”
“Sì.”
“Promettilo.”
“Promesso.”
“Hai promesso davanti alla Luna.”
Alessandro non diede molto peso a quell’ultima affermazione, ma mantenne fede alla promessa fatta. Sentì le mani piccole e delicate allontanarsi.
“Ricorda. Hai promesso.”
La voce della ragazza risuonò così leggera che parve rimbalzare tra una stella e l’altra.
Un lieve fruscio, della durata di un’onda, e qualcosa di morbido e delicato si adagiò tra le sue mani.
Passi impercettibili sulla sabbia.
Il profumo che sbiadì.
Il rumore dell’acqua che viene infranta.
Una risata così cristallina e pura da sembrar surreale.
“Adesso.”
Lentamente, quasi temendo quello che avrebbe trovato davanti a sé, Alessandro aprì gli occhi. La ragazza si era tuffata in mare e ora, nonostante non fosse andata poi così al largo, l’acqua la copriva fino al collo. Assaporò quel sottile tessuto quasi impalpabile sulle dita prima di abbassare lo sguardo. Era il vestito, forse di seta, color dell’uva matura.
“Forza, vieni!”
Si alzò in piedi e si guardò attorno, avvicinandosi al mare con la stoffa stretta in una mano, come avesse paura che potesse volar via. Quello che stava accadendo era semplicemente una follia.
“Io non credo sia una buona idea.”
La ragazza si immerse, la superficie dell’acqua tradì il suo movimento.
Poi, come una sirena che emerge dei flutti, così fece lei.
L’acqua era bassa, le arrivava poco sopra le ginocchia.
Non vi era null’altro a coprirla.
Nemmeno i capelli, raccolti in una lunga treccia bionda.
Alessandro si guardò attorno ancora una volta, stupito, perplesso… esterrefatto. Fatica a credere che stesse accadendo per davvero.
Abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi.
Era tutto un sogno.
Eppure lei era ancora lì, con la sua pelle candida, i capezzoli irti a invitarlo, i fianchi che ricalcavano le sinuosità del mare, le cosce leggermente dischiuse a svelare il segreto più dolce.
Non poteva negare il brivido che gli attraversò la schiena.
Un attimo dopo non c’era più, svanita, immersa sotto le onde.
“Non è una buona idea…”
Ripeté a se stesso cercando di convincersi, quando scivolò nel tiepido abbraccio dell’acqua.
“Eccoti, finalmente.”
Gli nuotò incontro con una facilità stupefacente. Sembrava nata in quell’elemento e ne padroneggiava i movimenti con maestria.
Lo fissava con occhi furbi e astuti, il volto illuminato da un sorriso che le formava due sensuali fossette ai lati delle labbra. Le orecchie, leggermente appuntite, con tre piercing da un lato e quattro dall’altro. Per un attimo pensò che l’avrebbe abbracciato, ma la ragazza, all’ultimo istante, deviò il proprio corso. I loro corpi si sfiorarono. Fu un fuggevole istante, eppure ne scaturì un brivido intenso e avvolgente.
Le andò dietro, ma ogni volta che era sul punto di afferrarla, lei riusciva a scivolare via tra le onde, inafferrabile come la bruma del mattino.
“Tu sei pazza…”
L’osservò mentre s’immergeva ancora una volta e, all’improvviso, saltò fuori dall’acqua alle sue spalle, gettandogli le braccia al collo.
“E tu sei più carino dal vivo che in foto, sai?”
Fu un sussurro all’orecchio, con il potere di trasmettergli un brivido di semplice piacere che lo scosse fin nell’animo.
“Tutto merito della Luna, sai?”
Cercò di afferrarla, ma lei scappò via leggiadra e veloce, sparendo nell’oscurità del mare e riapparendo poche bracciate più in là.
“Proprio birichina questa Luna. Credo che dovrò…”
Si tuffò per raggiungerla prima finisse di parlare ma lei non si fece sorprendere.
Non fu un semplice nuotare.
Fu qualcosa di molto più profondo e complice.
Assieme danzarono nell’acqua.
Ogni volta che lui si avvicinava, lei si allontanava.
Quando lui si allontanava, lei lo raggiungeva.
Innumerevoli volte la loro pelle si sfiorò.
La ragazza si arrese, lasciò che le prendesse una mano e la tirasse a sé.
Le loro labbra quasi si sfiorarono.
La risata risuonò tra le stelle mentre, ancora una volta, scivolava via.
“Non questa volta.”
Alessandro si lanciò a sua volta, allungando la mano per afferrarla.
Il tempo parve rallentare il suo corso.
Sentì il corpo della ragazza sott’acqua. Riconobbe il fianco… la coscia… il polpaccio… e fu allora che chiuse la mano, afferrandole la caviglia.
Scivolarono l’uno accanto all’altra, in mezzo ai flutti, trascinati dalle onde.
Con l’altra mano le cinse la vita.
Corpo contro corpo.
Viso contro viso.
Labbra contro labbra.
Smisero di essere divisi e si abbandonarono nelle braccia dell’altro.
Tempo e spazio smisero di avere significato.
Aria, acqua, cielo e terra si fusero in un unico elemento.
Smisero di essere due corpi distinti, due anime separate.
“Ehi, sveglia!”
Aprì gli occhi di soprassalto.
Il sole non era ancora sorto, ma la sua luce rischiarava la spiaggia.
“Abbiamo fatto festa ieri sera, eh?”
Un uomo, scalzo, con la barba e i capelli lunghi e in disordine, vestito di stracci, la stava fissando ridacchiando.
Alessandro si passò una mano tra i capelli, guardandosi attorno spaesato.
Cosa diavolo…
“Tieni, questi mi sa che sono i tuoi.”
Il barbone gli allungò i vestiti. D’istinto cercò i suoi averi, temendo di averli persi.
“C’è tutto, c’è tutto, puoi stare tranquillo.”
“Una ragazza… c’era una ragazza…”
“Io qui non vedo nessuna ragazza, ma è meglio che ti rivesti prima che ti veda qualcun altro.”
Tornò all’auto di corsa. La batteria del telefono si era scaricata e aveva bisogno di sapere.
Un foglio di carta ripiegato sotto il tergicristallo, scritto con un’elegante grafia femminile.
Grazie, mi hai regalato la notte più bella che abbia mai vissuto.
Un bacio!
La mail era giunta almeno un’ora prima, ma Alessandro era impegnato in un evento in cui non riteneva educato, o quanto meno opportuno, distrarsi con il telefono. Per cui l’aveva impostato su silenzioso, l’aveva infilato nella tasca dei jeans e se ne era (quasi) dimenticato.
“Bene grazie. È stato divertente e ho fatto alcune conoscenze interessanti.”
Non sapeva se, dall’altra parte, avrebbero visto la sua risposta o fosse già andata a letto, ma non aveva importanza. Male che vada si sarebbero sentiti il giorno dopo. Così mise via il telefono e non ci pensò più, mescolandosi nuovamente agli altri invitati all’evento e abbandonandosi alle chiacchiere leggere frivole in attesa dei saluti.
Uscì dal ristorante tra gli ultimi e scese quei pochi gradini che lo riportarono all’altezza del selciato. La lunga, lunghissima strada che costeggiava il mare si perdeva nell’oscurità della notte ad entrambe le estremità, assolutamente identiche, quasi fosse stato un sogno. Le poche case che costituivano il paese che aveva ospitato la serata si affacciavano su questa strada e su tre traverse che si allungavano di poche decine di metri nell’entroterra. Un ristorante. Un bazar. Un piccolo alimentari. Una farmacia. Una ferramenta. Non pareva esserci altro e, per un attimo, si chiese come dovesse essere la vita in quel posto durante l’inverno. Già adesso che erano ancora a maggio non pareva esserci molta vita e nemmeno gli stabilimenti balneari avevano ancora aperto.
Camminò un poco di più rispetto all’andata, allungando il tragitto fino all’auto per guardare la spiaggia, il mare, e la luna, quasi piena, che, alta sopra il mare, gettava un lungo riflesso argenteo, quasi magico, sulla superficie dell’acqua. Raggiunse l’auto in un parcheggio interno in pochi minuti e, nel momento in cui chiuse lo sportello, il telefono suonò ancora. Quella era la notifica di una mail, riconobbe il suono.
“Mi fa piacere tu abbia passato una bella serata. Sei già pronto per tornare a casa?”
Alessandro rimase sorpreso da quella domanda, dal momento in cui quella domanda era stata posta, proprio nel momento in cui stava per partire. Quasi senza rifletterci si guardò attorno, cercando di penetrare le ampie zone l’oscurità che i vecchi lampioni lasciavano un po’ ovunque. Possibile mai che anche lei fosse lì? No. Improbabile. Troppo improbabile.
“Mi stupisce che tu me lo chieda, sono salito in auto proprio ora.”
“Hai visto che brava che sono?”
“Il tempismo è tutto, complimenti!”
“Pensavo ti saresti fatto una passeggiata in spiaggia.”
“A dire il vero ci avevo pensato, ma il viaggio verso casa è lungo…”
“Chissà com’è bella in questo periodo dell’anno. A quest’ora poi, con solo il rumore delle onde nelle orecchie, l’odore della salsedine nel naso, la sabbia sotto i piedi e nessuno a dar fastidio…”
Rilesse la mail. Era una sua impressione o si nascondeva della malizia tra quelle parole? Sorrise.
“Hai dimenticato un senso.”
“Tu dici? Quale?”
Si guardo attorno, quasi sicuro di vederla lì, poco distante, ma era impossibile.
“Il gusto.”
“Forse… l’ho lasciato indietro apposta…”
“E perché avresti dovuto farlo?”
Questa volta la risposta tardò ad arrivare.
“Per saziarlo con il tuo sapore.”
Alessandro ebbe un tuffo al cuore. Non era la prima volta che si scambiavano messaggi un poco compromettenti, senza mai sconfinare nel volgare, ma ogni volta era sempre un’emozione. Ancora una volta si guardò attorno, ma quel paese era troppo lontano da casa sua, non poteva essere scesa così tanto senza nemmeno la certezza di incontrarsi. No, non poteva…
Non rispose, ma si mise a rileggere tutte le mail di quel giorno. Certo, aveva detto che le sarebbe piaciuto essere presente a quella serata, ma era anche vero, appunto, che la distanza esagerata rendeva tutto proibitivo. Sarà per un’altra volta, aveva concluso poche ore prima. Fece un rapido calcolo e, se non si era sbagliato, quando aveva scritto quella mail doveva già essere in viaggio.
Gli aveva mentito. In quel momento ebbe la precisa sensazione, che presto mutò in convinzione, che lei gli avesse mentito e che, in quel momento, si trovasse assai poco lontana. Possibile addirittura che fosse stata presente alla serata? Certo, non si erano mai visti, se non in foto, ma se l’avesse incontrata l’avrebbe incontrata.
Si passò una mano tra i capelli sforzandosi di ricordare, ma senza risultati.
Rilesse la mail: Per saziarlo con il tuo sapore.
Avrebbe potuto rispondere in mille modi differenti a quella provocazione maliziosa e, in altre circostanze, l’avrebbe fatto. In quel momento, tuttavia, scelse la via diretta.
“Dove sei?”
Silenzio. I minuti passarono senza che giungesse una risposta. Per un attimo pensò che si fosse offesa, che, in qualche modo, quella domanda così diretta l’avesse infastidita. Ma perché poi avrebbe dovuto farlo? Non aveva senso. No. Quel silenzio doveva significare altro.
Guardò il telefono impaziente. Perché non gli rispondeva? Forse i suoi erano stati solo tutti viaggi mentali e lei ora si era addormentata nel letto di casa sua mentre lui restava fermo immobile, come se un semplice gesto avrebbe potuto far crollare il mondo intero, attendeva in silenzio.
Il display del dispositivo si illuminò.
Eccola.
Fu delusione quella che si dipinse sul volto dell’uomo quando aprì la mail.
Vuota.
Non una parola.
Impossibile.
Guardò meglio e solo allora si rese conto che c’era un allegato, un’immagine. Per poco non le aveva risposto nella maniera sbagliata.
“Maledetta fretta”, imprecò sottovoce prima di aprire la foto.
La luna, bassa all’orizzonte, si rifletteva su un’oscurità fatta di mare.
Un panorama che aveva visto pochi minuti prima lui stesso.
E sorrise.
Come un bimbo davanti ad un negozio di dolciumi.
Scese dall’auto e, a passo svelto, tornò sui propri passi e si portò sul lungomare, davanti al muretto che separava la strada dalla spiaggia.
La luna era lì, a specchiarsi nel mare. Esattamente come nella foto.
“Sei venuta veramente…”
“Tu l’hai detto. Io non ho detto nulla.”
“La tua foto l’ha detto.”
“Guarda te che spiona! Non ci si può proprio fidar di nessuno!”
“Dimmi dove sei.”
“Questo tocca a te scoprirlo. Ma attento a non metterci troppo…”
Alessandro si guardò attorno. La spiaggia pareva identica da entrambi i lati. Destra? Sinistra? Non aveva alcun indizio per trovarla. Solo la Luna, davanti a sé, sapeva la verità, ma non sembrava affatto intenzionata a rivelarla.
Sospirò. Non aveva mai amato le cacce al tesoro e ora rischiava di perdere una partita davvero importante appena cominciata. Fece due passi a destra. E se fosse stata la direzione sbagliata? Tornò indietro, andò verso sinistra. Maledizione! Non poteva muoversi così alla cieca.
La foto!
Aprì il telefono e osservò meglio la fotografia che aveva ricevuto poco prima:
La luna… il mare… la spiaggia… alcuni ombrelloni…
Vaghi elementi troppo comuni al litorale. Doveva esserci un piccolo indizio, qualsiasi cosa, che gli consentisse di fare la scelta giusta.
Zoomò.
Anche così sembrava non esserci nulla di particolare finché, all’estrema destra, colse un’ombra nell’oscurità. Ingrandì ancora e l’immagine perse di risoluzione, ma riuscì ugualmente a cogliere il dettaglio: una lunga lingua di scogli che si protendeva nel mare.
E sì, lui aveva già quella lingua, poche ore prima, durante l’aperitivo che si era svolto sulla terrazza panoramica del ristorante. Anche se in quel momento c’era stato il sole, era quasi certo che quella foto era stata scattata poco lontano da quel punto.
Proprio in quel momento il telefono ricevette una nuova mail.
“Ancora non ti vedo.”
Per adesso, mormorò tra sé e sé.
Mise via il telefono senza nemmeno risponderle e, dopo essersi tolto le scarpe, si mise a camminare di passo svelto.
Non ci volle molto per raggiungere il ristorante, con la sua sagoma che si stagliava contro il cielo ritagliando il profilo oscuro contro le luci della città. In lontananza si riuscivano a scorgere gli scogli, proprio come nella foto.
Bingo, mormorò soddisfatto.
Alzò lo sguardo sulla terrazza. Si allungava sulla sabbia per alcuni metri, sorretta su grosse colonne di cemento. Sotto le tenebre erano così dense e così fitte da sembrar irreali. Un posto ideale per nascondersi e non farsi trovare.
Per un attimo la Luna parve fargli l’occhiolino e le rispose con un lieve inchino.
Fece per scrivere una mail, si fermò un istante, cambiò idea. Se lei era davvero lì non c’era alcun dubbio che, in quel preciso momento, lo stesse osservando. Non c’era bisogno di altre parole. Mise via il telefono, si avvicinò al mare e si sedette lì, sulla sabbia.
Era proprio come aveva scritto lei: il rumore delle onde nelle orecchie, l’odore della salsedine nel naso, la sabbia sotto i piedi e nessuno a dar fastidio. Quasi si dimenticò del resto del mondo.
Un’onda di profumo dolce e speziato allo stesso tempo gli riempì le narici. Nel tempo di rendersi conto cosa stesse succedendo due mani si posarono sui suoi occhi con fare delicato e gentile.
“Tu hai barato.”
Una voce leggera, cristallina, che assomigliava al trillo di una campanella d’argento.
Eccola, finalmente!
Dopo tanto tempo s’incontravano di persona. Alessandro sentì il cuore vibrare. Avrebbe voluto alzarsi, abbracciarla e stamparle un bacio sulle labbra, ma sapeva di dover portar pazienza. Restò immobile.
“Io?”
“Certo signorino, proprio tu!”
La sentì muovere alle sue spalle, ma non capì cosa stesse facendo.
“E dimmi, signorina, in quale modo l’avrei fatto?”
“Ti sei fatto suggerire dalla Luna!”
Alessandro rise, sinceramente divertito.
“Non c’è mica nulla da ridere sai? Così non vale! Il gioco era tra me e te.”
“Non vi era alcuna regola scritta che proibisse l’aiuto della Luna.”
“Zitto! Hai barato.”
Alessandro alzò le mani in segno di resa.
“Posso riavere la vista ora?”
“No.”
La risposta giunse secca e repentina, quasi puntigliosa.
“Dunque hai in mente qualcosa o restiamo così?”
“Toglierò le mani se prometti di tenere gli occhi chiusi.”
“Non miglioro molto la mia situazione.”
“Li aprirai quando te lo dirò io.”
“Non credo di aver altra scelta. D’accordo.”
“Terrai gli occhi chiusi?”
“Sì.”
“Promettilo.”
“Promesso.”
“Hai promesso davanti alla Luna.”
Alessandro non diede molto peso a quell’ultima affermazione, ma mantenne fede alla promessa fatta. Sentì le mani piccole e delicate allontanarsi.
“Ricorda. Hai promesso.”
La voce della ragazza risuonò così leggera che parve rimbalzare tra una stella e l’altra.
Un lieve fruscio, della durata di un’onda, e qualcosa di morbido e delicato si adagiò tra le sue mani.
Passi impercettibili sulla sabbia.
Il profumo che sbiadì.
Il rumore dell’acqua che viene infranta.
Una risata così cristallina e pura da sembrar surreale.
“Adesso.”
Lentamente, quasi temendo quello che avrebbe trovato davanti a sé, Alessandro aprì gli occhi. La ragazza si era tuffata in mare e ora, nonostante non fosse andata poi così al largo, l’acqua la copriva fino al collo. Assaporò quel sottile tessuto quasi impalpabile sulle dita prima di abbassare lo sguardo. Era il vestito, forse di seta, color dell’uva matura.
“Forza, vieni!”
Si alzò in piedi e si guardò attorno, avvicinandosi al mare con la stoffa stretta in una mano, come avesse paura che potesse volar via. Quello che stava accadendo era semplicemente una follia.
“Io non credo sia una buona idea.”
La ragazza si immerse, la superficie dell’acqua tradì il suo movimento.
Poi, come una sirena che emerge dei flutti, così fece lei.
L’acqua era bassa, le arrivava poco sopra le ginocchia.
Non vi era null’altro a coprirla.
Nemmeno i capelli, raccolti in una lunga treccia bionda.
Alessandro si guardò attorno ancora una volta, stupito, perplesso… esterrefatto. Fatica a credere che stesse accadendo per davvero.
Abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi.
Era tutto un sogno.
Eppure lei era ancora lì, con la sua pelle candida, i capezzoli irti a invitarlo, i fianchi che ricalcavano le sinuosità del mare, le cosce leggermente dischiuse a svelare il segreto più dolce.
Non poteva negare il brivido che gli attraversò la schiena.
Un attimo dopo non c’era più, svanita, immersa sotto le onde.
“Non è una buona idea…”
Ripeté a se stesso cercando di convincersi, quando scivolò nel tiepido abbraccio dell’acqua.
“Eccoti, finalmente.”
Gli nuotò incontro con una facilità stupefacente. Sembrava nata in quell’elemento e ne padroneggiava i movimenti con maestria.
Lo fissava con occhi furbi e astuti, il volto illuminato da un sorriso che le formava due sensuali fossette ai lati delle labbra. Le orecchie, leggermente appuntite, con tre piercing da un lato e quattro dall’altro. Per un attimo pensò che l’avrebbe abbracciato, ma la ragazza, all’ultimo istante, deviò il proprio corso. I loro corpi si sfiorarono. Fu un fuggevole istante, eppure ne scaturì un brivido intenso e avvolgente.
Le andò dietro, ma ogni volta che era sul punto di afferrarla, lei riusciva a scivolare via tra le onde, inafferrabile come la bruma del mattino.
“Tu sei pazza…”
L’osservò mentre s’immergeva ancora una volta e, all’improvviso, saltò fuori dall’acqua alle sue spalle, gettandogli le braccia al collo.
“E tu sei più carino dal vivo che in foto, sai?”
Fu un sussurro all’orecchio, con il potere di trasmettergli un brivido di semplice piacere che lo scosse fin nell’animo.
“Tutto merito della Luna, sai?”
Cercò di afferrarla, ma lei scappò via leggiadra e veloce, sparendo nell’oscurità del mare e riapparendo poche bracciate più in là.
“Proprio birichina questa Luna. Credo che dovrò…”
Si tuffò per raggiungerla prima finisse di parlare ma lei non si fece sorprendere.
Non fu un semplice nuotare.
Fu qualcosa di molto più profondo e complice.
Assieme danzarono nell’acqua.
Ogni volta che lui si avvicinava, lei si allontanava.
Quando lui si allontanava, lei lo raggiungeva.
Innumerevoli volte la loro pelle si sfiorò.
La ragazza si arrese, lasciò che le prendesse una mano e la tirasse a sé.
Le loro labbra quasi si sfiorarono.
La risata risuonò tra le stelle mentre, ancora una volta, scivolava via.
“Non questa volta.”
Alessandro si lanciò a sua volta, allungando la mano per afferrarla.
Il tempo parve rallentare il suo corso.
Sentì il corpo della ragazza sott’acqua. Riconobbe il fianco… la coscia… il polpaccio… e fu allora che chiuse la mano, afferrandole la caviglia.
Scivolarono l’uno accanto all’altra, in mezzo ai flutti, trascinati dalle onde.
Con l’altra mano le cinse la vita.
Corpo contro corpo.
Viso contro viso.
Labbra contro labbra.
Smisero di essere divisi e si abbandonarono nelle braccia dell’altro.
Tempo e spazio smisero di avere significato.
Aria, acqua, cielo e terra si fusero in un unico elemento.
Smisero di essere due corpi distinti, due anime separate.
“Ehi, sveglia!”
Aprì gli occhi di soprassalto.
Il sole non era ancora sorto, ma la sua luce rischiarava la spiaggia.
“Abbiamo fatto festa ieri sera, eh?”
Un uomo, scalzo, con la barba e i capelli lunghi e in disordine, vestito di stracci, la stava fissando ridacchiando.
Alessandro si passò una mano tra i capelli, guardandosi attorno spaesato.
Cosa diavolo…
“Tieni, questi mi sa che sono i tuoi.”
Il barbone gli allungò i vestiti. D’istinto cercò i suoi averi, temendo di averli persi.
“C’è tutto, c’è tutto, puoi stare tranquillo.”
“Una ragazza… c’era una ragazza…”
“Io qui non vedo nessuna ragazza, ma è meglio che ti rivesti prima che ti veda qualcun altro.”
Tornò all’auto di corsa. La batteria del telefono si era scaricata e aveva bisogno di sapere.
Un foglio di carta ripiegato sotto il tergicristallo, scritto con un’elegante grafia femminile.
Grazie, mi hai regalato la notte più bella che abbia mai vissuto.
Un bacio!
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