Come una tigre

di
genere
dominazione


L'aria afosa di questa estate precoce era appena mitigata dal pigro muoversi dell'aria smossa dal ventilatore a pale sul soffitto.
Lei ansante e imperlata di sudore a far risaltare nella fioca luce che filtrava dalle persiane accostate, le curve del suo corpo, il dorso della mano egualmente lucido teneva ancora la cinghia di cuoio pendente da essa.
Dinanzi a lei, lui, madido di sudore, con la pelle striata dal cuoio; solo l'abbronzatura mascherava il rossore delle sferzate con le quali lo aveva colpito.
Lentamente si era chinata verso di lui per sollevarne il capo, afferrandolo per il mento, per incontrarne lo sguardo, per cercarne gli occhi.
Ciò che vide non la stupì affatto: nessuna rassegnazione, nessun risentimento, nessuna debolezza... rispondeva allo sguardo con fierezza, calma e …. qualcos'altro.
Quello era lo sguardo di una fiera, distoglierne gli occhi sarebbe stato pericoloso, con lui aveva accarezzato il filo di una Katana, tagliandosi e aspergendone il filo con il suo stesso sangue, similmente aveva sancito la loro unione.
Lei ne carezzò i contorni dei muscoli guizzanti con la punta delle unghie, mordendosi un labbro, con malizia, sperando in una reazione...che ebbe... e quella reazione fu l'assenza di una reazione stessa.
Polsiere e cavigliere ancora lo tenevano legato alla struttura del letto, un letto Ikea....
no la donna non s'ingannava, quei muscoli avrebbero rotto quegli improvvisati ceppi con qualche strattone ben assestato se avesse voluto, e libero l'avrebbe sopraffatta senza troppa fatica, ciò nonostante si chinò a liberarne polsi e caviglie e fatto questo torno a studiarne il viso.
Lento l'uomo si erse dinanzi a lei in piedi, sovrastandola in altezza, si guardarono così senza proferire verbo per alcuni minuti, e solo il roteare del ventilatore , avrebbe dato ad uno spettatore un immagine diversa da una foto.
Fulmineo e felino, l'uomo afferrò i polsi di lei portandoli dietro la sua schiena e attirandola a sé nel contempo.
Lui non trovò sgomento, ne sorpresa, ne paura in quegli occhi, ma soltanto fierezza e desiderio.
I corpi nudi schiacciati l'uno sull'altro, ancora gli sguardi di uno nell'altra, ancora immobilità... poi il bacio cercato da lui.
Le labbra si incontrano si schiudono, i denti si serrano sulle labbra, una piccola goccia di sangue, ma come si sono serrati delicatamente si aprono e l'uomo ne legga il purpureo fuoriuscire.
Più tardi mentre l'acqua della doccia scorre nel bagno, la donna seduta sul letto sfatto offrendo alla semioscurità la sua nudità, lascia vagare i pensieri, mentre accarezza il proprio sesso umido.
Non era stato un moto di ribellione, anche se lo avrebbe punito comunque, non era venuto meno al suo essere per lei lì in quella stanza, anzi paradossalmente se non l'avesse in qualche modo sfidata l'avrebbe delusa.
Non aveva mai voluto uno zerbino, ma un suo pari...tuttavia sottomesso ...e questo sarebbe stato incomprensibile ai più.
Essere in quella stanza non contemplava spiegazioni o entità a cui rispondere, non vi era nulla di comodo in quella situazione, nulla di certo in quell'essere entrambi sotto esame, eppure una certezza c'era: “loro”.
L'uomo tornò dal bagno asciugandosi con un telo che non ne avrebbe coperto un quarto... girata su un fianco torno a guardarlo inseguendo il disordinato fluire delle proprie voglie.
Potrete capire quindi il suo stupore quando lei gli rivolse una domanda: “Cos'è la sottomissione per te?”.
Gli occhi si addolcirono nonostante un sorriso quasi crudele : “La sottomissione è avere l'illusione di poter trattenere una tigre tenendone una catena in mano ed averne il controllo, fidando nel suo consenso.”
scritto il
2018-12-02
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