Un canto di Natale per l'ineffabile Master Frank – Quarta parte (4 di 4)

di
genere
comici

Grazie a tutti voi x la pazienza e x avermi seguito fin qui, si conclude con questa quarta parte di una riscrittura decisamente non autorizzata di Dickens. Buona lettura


Gli era passata la sete e pure la voglia di farsi l’acqua , limone e salvia, si risolse che forse un altro bicchierino di amaro Montenegro freddo lo avrebbe rinfrancato e messo a posto lo stomaco, o sbronzato quell’alien in pancia lasciandolo dormire un po’...ma era stato tutto soltanto un sogno?

Apri il freezer alla ricerca della bottiglia d’amaro imperlata di ghiaccio, e una mano ossuta lo ghermì rapida.

“Eh No cazzo! non di nuovooooooooo!” urlò mentre veniva trascinato all’interno del vano congelatore.

Dentro faceva freddo, e tale la temperatura rimaneva, pian piano dinanzi a lui si diffuse un freddo chiarore, ma continuava a fare freddo, si ritròvò di fianco ad una figura nera incappucciata, di cui era impossibile scorgere il volto, la mano adunca ed ossuta non lo aveva lasciato.

“Dove siamo signor Nazgul?”

Nessuna risposta, ma le dite adunche si piegarono tutte ad eccezione dell’indice che indicò due persone nella stanza sulla sinistra; il muro della stanza era in realtà una fila di cassettoni, e non ci volle molto a Frank per capire che era un Obitorio.

Vide Master N’docojocojo, capì che probabilmente lo avevano chiamato ad identificare un cadavere magari qualcuno che conosceva, magari qualcuno dell’ambiente che aveva finito per fare un giochino finito male.

Era senza le dita dei piedi, e un buontempone aveva simpaticamente attaccato il cartellino identificativo, in mancanza dell’alluce, con un elastico al pipino rattrappito.

“Com’è successo?” chiese Master N’docojocojo.

L'infermiere prese la cartella sopra il lezuolo e gli disse che era uscito dal letto di notte a pisciare, probabilmente rincoglionito di suo e assonnato aveva invece infilato la porta del balcone, che aveva una maniglia rotta; fuori vi erano diciassette gradi sotto zero, lui imperterrito aveva tirato fuori il bigolo per pisciare e lo aveva fatto, centrando con millimetrica precisione l’auto dell’amministratore del condominio parcheggiata sotto.

Liberato che si era , si era girato per tornare dentro, ma ahaimè era rimasto chiuso fuori, aveva solo un pigiama leggero indosso, tutti erano andati via per le feste ed il palazzo era deserto, era di notte, qualcuno più tardi disse che aveva sentito delle urla rauche.

L'esame autottico rivelò che aveva la faringite, prese a calci la porta con i piedi calzati solo dalle ciabatte, ma questi gli si congelarono, e le dita si troncarono di netto (si un bel po’ di sfighe tutte insieme), la morte era giunta per assideramento.

“Era un grande” sentenziò sottovoce Master N’docojocojo, “Hahahahaha non si direbbe dalle dimensioni “ rispose beffardamente allusivo l’infermiere.

“Poveraccio “ fece eco Frank e questo cretino ride pure di lui, fece per avvicinarsi a guardare la targhetta, ma lo Spettro dei Natali e Sessioni future lo trasse a sé.

“No aspetta!” gridò mentre lo portava via.

Lo scenario cambiò, riconobbe la via dove si trovava la casa della sua slave, due uomini in tiro “da rimorchio”, bussavano alle porte e suonavano i campanelli con dei volantini in mano.

Si chinò a guardare un volantino caduto, recitava di pentirsi, di rinunciare ai turpi piaceri del sesso, della carne … “Si della verdura, del brodo grasso, dei tortellini e delle lasagne...e poi?” pensò Frank.

Li osservò meglio: uno con pantaloni attillati di pelle lucida e una camicia anch’essa attillata color aragosta, sotto la quale ha una canotta scollata dei Black Satans, l’altro invece veste un Hugo Boss sfiancato, mocassini Gucci e una camicia bianca apertissima sul petto che mostra una collanona d’oro spessa un dito, a metà tra uno zingaro e un cardinale tamarro.

“Che futuro fosco è mai questo dove due pervertiti così riescono a trovare redenzione?” Pensa con un brivido Frank, li guarda sporgere un volantino alla sua slave, lei sorride, lo prende lo legge, sta per buttarlo e poi lo trattiene.

I due passano alla porta successiva, e vengono accolti da una milf che li invita ad entrare… fortunati bastardi.

Si guarda indietro verso lo Spettro e questi di nuovo indica con la mano adunca, la slave che prende la strada della parrocchia, sul portone Don Luigi (Frank VS Play Party) l’accoglie e la porta dentro….

Il tempo si dilata, Frank urla “Nooooooooo lei noooo” pare Al Pacino ne “Il Laureato” (si lo so era Dustin Hoffman...lo so lo so...ma a me piace più Pacino, dovevano darla a lui la parte ecco!).

Ancora una volta la mano adunca dello spettro lo sottrae a questa realtà, lo riporta a casa sua, il suo appartamento, due Master che conosce si aggirano tra le sue stanze sottraendogli i suoi “giocattoli”: le Manette da alluci tibetane, la sua amata frusta di pura pelle di Koala, il fallo in corno di Karibù, la gogna in legno di baobab…

Sghignazzano tra di loro, “quel vecchio rincoglionito era pieno di strani giocattoli”.

“Già” gli fa eco l’altro “pensa che andava dal falegname di fiducia per farsi fare degli strumenti artigianali e quello ordinava la roba sumedioevo.com facendogliela poi strapagare e facendosi grasse risate con gli altri clienti.”

Ancora una volta Frank si volge allo spettro “Non farmi vedere altro ti prego …davvero il mio futuro è così terribile, ero io il morto? Questi avvoltoi che si aggirano per casa depredandola... ” .

Dal buio del cappuccio nessuna risposta, Frank non si sentiva così da quel giorno che scoprì che il suo grande sogno erotico della gioventù non esisteva, ebbene sì l’olandesina della Miralanza era solo una creatura pubblicitaria.

Ancora venne trascinato via, questa volta riconobbe il vialetto austero e nebbioso del camposanto, ancora la mano ossuta dello spettro senza proferir verbo (ma neppure avverbio o congiuntivo), gli indicò una lapide, si avvicinò.

“Qui giace Frank, e non c’è scritto altro perché tanto nessuno si ricorderà più di lui”

Un grido di orrore, corse verso lo spettro cercando di aggrapparsi alle sue vesti, ma rovinò a terra...sul pavimento della cucina, il sole ochieggiava dalle finestre.

Era stato tutto un sogno? Era in ginocchio in una pozza d’acqua, aveva pianto così tanto? No… aveva lasciato il freezer aperto e si era sbrinato, prese uno straccio e asciugò tutto.

Poi un rumore quieto e sommesso, un rumore leggero di ingranaggi che girano e scattano.

Era a porta d’ingresso che si apriva, insieme ad un refolo gelato, insieme gli giunse un odore di cornetti caldi appena sfornati.

Corse verso la porta d’entrata, la slave si stava togliendo il soprabito, si girò e lo vide.

“Scusami per ieri, è che desideravo così tanto andarci e divertirmi un po’ insieme a te, come ai vecchi tempi, anche se ormai insomma non siamo più due ragazzini e dovremmo darci una piccola regolata, ma non sono qui per giustificarmi, sono pronta a fare tutto quello che vuoi, come vuoi.”

Frank la guardò come un bimbo guarda i pacchi da scartare sotto l’albero, la mattina di Natale, cercò di assumere un aria severa, “si e per questo verrai giustamente punita”.

Come una fiera, come il leone Simba, come la tigre Shere Khan, come la tigre della Malesya e tigrotti di Monpracem, come King Kong,come i 600 della carica di Balaklava, le fu addosso.

La slave lo guardò sorpresa, la afferrò per i capelli e gli ficcò un boa di lingua in gola, mentre nel contempo aprì la camicetta, si fece strada al gancetto del reggiseno e...li si ferì le dita con esso, ma seppur sanguinante non s’arrese.

Eroicamente spinto dallo stesso spirito degli eroi di IwoJima e l'eccitazione di un orango del Borneo, con supremo sprezzo del dolore (e delle rimostranze della slave, dopo che avrebbe dovuto portare la camicetta in tintoria) glielo strappò letteralmente di dosso, con un urletto di sorpresa di quest'ultima.

Fu allora che sentì le mani fredde della slave sui fianchi calargli giù i pantaloni del pigiama, ebbe un secondo di esitazione, ricacciò affanculo la sua masteritudine e le afferrò la testa facendola mettere in ginocchio.

“Da oggi cambia tutto, Zitta e succhia!” le disse soltanto, guardandola negli occhi, con un sorriso.

“Siii mmmhh glub glub “ rispose entusiasta la donna .

Erano circa dieci minuti, che il sole era tornato a splendere nella vita di Frank, che il suo cellulare prese a vibrare e suonare come se fosse posseduto da un demone sumero.

La slave ormai era nuda del tutto ed ancora impegnata con fervore nelle sue “orazioni mattutine”, Frank stese la mano per prendere il cellulare, era Master N’docojocojo, decise di rispondere senza interrompere la slave, che non voleva si deconcentrasse.

“Buongiorno e Buon Natale vecchio mio dimmi! Anzi ...ouch!” la slave gli aveva dato un piccolo mordo di disapprovazione, lui coperse il microfono “ti prego dammi un secondo vedrai che approverai anche tu!”.

Lei lo guardò fissa negli occhi maliziosa, trattendo fra le fauci dentate il pezzo forte dei gioielli della corona, in una mordace, evidente, minaccia.

“Volevo dirti mio caro che sarò felicissimo di partecipare insioeme alla mia piccola al tuo evento e che intendo sponsorizzarlo in ogni modo, ....”

N’docojocojo: “ si si! Ho un sacco di idee da proporti...”

Frank: “Anche noi...anzi ci stiamo già lavorando alacremente, la mia slave ha tante idee ed io pendo letteralmente dalle sue labbra”.

Dall'altra parte della comunicazione Master N’docojocojo iniziò a balbettare e commuoversi sciogliendosi in lacrime peggio di quando aiutava la mamma e pelava le cipolle per preparare il friggione.

Si salutarono, e mise giù il cellulare, rapida la slave lo prese in mano e lo spense e prima che lui potesse protestare gli disse solo due parole: “Vita nuova?”.

In risposta Frank le circondò la nuca sospingendola verso di sé, sorrise rabbrividendo al contatto delle labbra soffici e calde…”Vita nuova”.


Viva la fica...che Dio la benedica! Buon Natale!



Fine


scritto il
2018-12-23
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