Dalla fine all’inizio
di
Malena N
genere
etero
È che non poteva andare meglio questa fine dell’anno. Vederti due volte, in due giorni di seguito, mai lo avrei pensato! Mai me lo sarei aspettato!
E poi che cazzo! I buoni propositi per l’anno nuovo, semmai li avessi avuti, sono andati a puttane subito, appena ho messo il piede nella tua macchina. È questo spazio stretto. È averti a fianco e guardarti sottocchi cercando di nascondere l’eccitazione. L’eccitazione folle e la smania incontenibile di fare chissà cosa.
È il cappuccio della felpa alzato sulla testa. Il cappuccio della felpa che copre il cappello nero che tanto vorrei vedere. E se fosse dei NY Yankees? No, non ho il coraggio di scoprirlo.
“Ma che ti ridi?”
Esclami interrompendo il mio ghigno nervoso.
“No, niente. È che ho i tacchi e pensavo alla corsa che ho fatto per raggiungerti!”
Perché rido! Rido perché ho cambiato le scarpe per te e per essere più bella. Rido perché non ho pensato minimamente al fatto che avrei corso più velocemente se avessi lasciato ai piedi le scarpette grigie. E poi rido perché fingo di essere composta quando invece non faccio altro che guardarti fra le cosce. E sono i jeans neri che stretti come sono mi sfregano la fica e non mi danno pace.
Scuoti la testa e bofonchi qualcosa e io so già cosa. Guardo le mani sul volante soffermandomi sulle dita. Le picchietti, sei nervoso. Imprechi perché hai fretta di arrivare dove devi andare ma la città è dalla mia parte. Il traffico intenso ci fa muovere a passo d’uomo e non lo posso dire ma io sono felice.
Sembra tutto fermo. Ed è tutto fermo non perché è dicembre. È tutto fermo non perché è sabato e si avvicina la fine dell’anno. È tutto fermo perché, io, voglio che sia tutto fermo. Perché ho solo questo fottuto tempo per goderti e voglio goderti! Anche se è veramente poco il fottuto tempo! Se fosse per me, quella mano che hai sul volante sarebbe già nelle mie mutande fradicie. Se fosse per me questa bocca sguaiata sarebbe già fra le tue cosce a succhiarti il cazzo con devozione. Ma se per te non è così che funziona, spiegami allora come funziona! È che io continuo a bagnarmi da quando mi si è prospettata la possibilità di vederti. E potrei dirti che mi sono divertita già abbastanza stamattina, sfogando con audacia tutta la mia buona condotta di ieri.
E mi sono divertita è vero ma è proprio per questo che voglio divertirmi ancora. Sbottono la giacca nera e apro i jeans abbassando la chiusura. Ti guardo e mi guardi prima di aprir bocca.
“Ehi, fai la brava che non sei qui per questo. E stai attenta che ti vedono!”
La tua voce calda. Il tono freddo.
Mi eccitano ancora di più i tuoi divieti. I paletti che sempre metti. I muri che sempre alzi.
Mi giro verso il finestrino ed hai ragione tu. Siamo bloccati in un ingorgo infernale e posso guardare negli occhi il signore nella macchina a fianco. Ma tanto lo sai che mi piace. Tanto lo sai che ci trovo più gusto. Incrociare uno sguardo e accennare un sorriso mentre mi sego o ti sego.
Sollevo un po’ il bacino per infilare la mano nelle calze e spostare le mutande nere e umide appiccicate alla fica. Sospirando chiudo gli occhi e finalmente mi tocco. Ho caldo. Il maglione e la giacca ostacolano i miei movimenti ma non li impediscono. Mi giro appena sul lato, nella tua direzione. È la tua faccia che mi fa scaldare più di quanto io non sia già calda. Quell’espressione indifferente di chi poco si interessa di ciò che gli succede intorno. Potrei essere nuda e a cosce aperte, non faresti una piega. Però se fossi nuda e a cosce aperte, non avresti scampo.
Hai sempre detto che mi muovo troppo e troppo mi muovo anche adesso.
“Ma che c'è? Non ti senti bene? Che hai? Dovresti calmarti!”
Sei sempre uno stronzo. Dovrei calmarmi ma te lo scordi. So già cosa dire. Ho già la risposta. Prima però ti faccio vedere che cosa ho. Perché sospiro, perché mi muovo.
Mi sollevo ancora un po’ per affondare le dita nella fica gonfia e pulsante. Mi risiedo spingendo sulla mano e seguendone i movimenti.
“Sto bene. Controllo solo se sono così eccitata come mi sento. Se è solo la mente che fai godere o anche il corpo!”
Mi guardi perplesso.
“Ti ho detto che qualche volta mi masturbo con il cuscino, no?”
“Si, me lo hai detto.”
“Allora devo dirti questa cosa sporca. L’altra sera mentre ero a letto e cercavo di prender sonno, ho sentito l’odore della mia fica. Mi ero masturbata nel pomeriggio cavalcandolo. Ci sono venuta sopra ed era pregno del mio orgasmo. Ho inspirato il mio profumo e mi è venuta voglia ancora!”
Sfilo via la mano e la porto alla bocca, mi lecco le dita, le annuso.
“Allora? È mentale o no?”
Chiedi guardandomi fra le cosce.
“Sei bagnata?”
Non aspettavo altro. Non aspettavo altro che farti sentire il mio odore. Non aspettavo altro che bagnarti la carne del mio piacere sporco. Ti tocco la mano spalmando sulla tua pelle liscia tutto il mio sapore.
“Non dirmi che devo stare buona. Perché buona non sono.”
In fondo è questo gioco che mi piace. Non avere mai la tua palese autorizzazione. Essere lì a fare sempre qualcosa che non dovrei fare. Essere lì a rompere gli schemi. A mandare ogni cazzo di regola a farsi fottere! Essere lì a sentirmi puttana. La tua puttana.
E ti odio perché riesci a scatenare tutto questo senza fare nulla. Perché mi guidi senza aprir bocca! Perché mi porti dove vuoi e senza muovere un maledetto dito!
“Tu lo sai. Passo il mio tempo a provocarti.”
Sussurro piano ma con decisione. È questa la risposta che ho pronta.
“Quando ne hai voglia mi trovi lì, sempre pronta a godere per te. Tu li ascolti i miei audio indecenti. Gli orgasmi malati. Senti il rumore della dita che mi scopano sfregando e toccando la mia fica bollente. Dentro e fuori. Allora come potrei stare buona ora? Ora che ti ho qui, di fianco, in questo spazio stretto. Ho un lago fra le cosce. E posso avere i tuoi occhi addosso e sentire la tua voce.”
La mano nelle mutande continua a torturare ogni centimetro di carne stretta nella pressione che fanno calze e jeans. Voglio venire. È da minuti che sono stati eterni che mi trattengo. È che mi confondi. È che mi sento irrequieta. È che penso a quella volta nel parcheggio, a quando la voglia di succhiarti il
cazzo non si è placata finché non sei esploso nella mia bocca. E poi sei sparito. E allora cosa voglio? Voglio prendermi tutto quello che posso prendermi ora, come allora? Il fatto è che ho la testa piena di cose. Il fatto è che potrebbe bastarmi questo. La tua faccia. Il tuo sorriso. La tua voce. Il tuo odore.
Sfilo via la mano ma accavallo le cosce. Le sfrego e le muovo per prolungare la tortura. Siamo arrivati al punto in cui devo scendere e non ho più tempo. E tu, come sempre, non me ne concedi altro. Ho giocato male, ho giocato bene? Non so niente.
Esco in fretta dalla macchina baciandoti sulla guancia e già mi manchi. Risalgo piazza Vittoria fra la gente impazzita che fa file chilometriche davanti a negozi come Gucci. Premo il dito sul microfono per registrare.
“Sono così eccitata che mi basta stringere le cosce per venire. L’elastico stretto delle calze mi aiuta e non poco. Penso al tuo cazzo nella mia mano e voglio venire qui. Fra la gente per bene di questa strada chiattilla!”
Aumento il passo e godo strusciando la carne ormai in fiamme. Fa freddo eppure brucio. Ascolti l’audio ma non rispondi e mai risponderai. E quante cose volevo dire che non ho detto. E quante cose volevo fare che non ho fatto! Una in particolare davvero sconcia e ancora ci penso mentre cammino a passo svelto. È così con te. Sei voglia viva che mai si placa. Devo prendermi ciò che viene così come viene. E mi sento bene e mi sembra bello questo tempo passato con te che è già passato! E lo so che mi faccio bastare il niente. Un niente che mi sembra già tanto. Il niente, quando vuoi tu e come dici tu.
È che non poteva andare peggio questo inizio dell’anno. Con un vuoto di quel vuoto che è così vuoto dopo ogni tuo passaggio..
E poi che cazzo! I buoni propositi per l’anno nuovo, semmai li avessi avuti, sono andati a puttane subito, appena ho messo il piede nella tua macchina. È questo spazio stretto. È averti a fianco e guardarti sottocchi cercando di nascondere l’eccitazione. L’eccitazione folle e la smania incontenibile di fare chissà cosa.
È il cappuccio della felpa alzato sulla testa. Il cappuccio della felpa che copre il cappello nero che tanto vorrei vedere. E se fosse dei NY Yankees? No, non ho il coraggio di scoprirlo.
“Ma che ti ridi?”
Esclami interrompendo il mio ghigno nervoso.
“No, niente. È che ho i tacchi e pensavo alla corsa che ho fatto per raggiungerti!”
Perché rido! Rido perché ho cambiato le scarpe per te e per essere più bella. Rido perché non ho pensato minimamente al fatto che avrei corso più velocemente se avessi lasciato ai piedi le scarpette grigie. E poi rido perché fingo di essere composta quando invece non faccio altro che guardarti fra le cosce. E sono i jeans neri che stretti come sono mi sfregano la fica e non mi danno pace.
Scuoti la testa e bofonchi qualcosa e io so già cosa. Guardo le mani sul volante soffermandomi sulle dita. Le picchietti, sei nervoso. Imprechi perché hai fretta di arrivare dove devi andare ma la città è dalla mia parte. Il traffico intenso ci fa muovere a passo d’uomo e non lo posso dire ma io sono felice.
Sembra tutto fermo. Ed è tutto fermo non perché è dicembre. È tutto fermo non perché è sabato e si avvicina la fine dell’anno. È tutto fermo perché, io, voglio che sia tutto fermo. Perché ho solo questo fottuto tempo per goderti e voglio goderti! Anche se è veramente poco il fottuto tempo! Se fosse per me, quella mano che hai sul volante sarebbe già nelle mie mutande fradicie. Se fosse per me questa bocca sguaiata sarebbe già fra le tue cosce a succhiarti il cazzo con devozione. Ma se per te non è così che funziona, spiegami allora come funziona! È che io continuo a bagnarmi da quando mi si è prospettata la possibilità di vederti. E potrei dirti che mi sono divertita già abbastanza stamattina, sfogando con audacia tutta la mia buona condotta di ieri.
E mi sono divertita è vero ma è proprio per questo che voglio divertirmi ancora. Sbottono la giacca nera e apro i jeans abbassando la chiusura. Ti guardo e mi guardi prima di aprir bocca.
“Ehi, fai la brava che non sei qui per questo. E stai attenta che ti vedono!”
La tua voce calda. Il tono freddo.
Mi eccitano ancora di più i tuoi divieti. I paletti che sempre metti. I muri che sempre alzi.
Mi giro verso il finestrino ed hai ragione tu. Siamo bloccati in un ingorgo infernale e posso guardare negli occhi il signore nella macchina a fianco. Ma tanto lo sai che mi piace. Tanto lo sai che ci trovo più gusto. Incrociare uno sguardo e accennare un sorriso mentre mi sego o ti sego.
Sollevo un po’ il bacino per infilare la mano nelle calze e spostare le mutande nere e umide appiccicate alla fica. Sospirando chiudo gli occhi e finalmente mi tocco. Ho caldo. Il maglione e la giacca ostacolano i miei movimenti ma non li impediscono. Mi giro appena sul lato, nella tua direzione. È la tua faccia che mi fa scaldare più di quanto io non sia già calda. Quell’espressione indifferente di chi poco si interessa di ciò che gli succede intorno. Potrei essere nuda e a cosce aperte, non faresti una piega. Però se fossi nuda e a cosce aperte, non avresti scampo.
Hai sempre detto che mi muovo troppo e troppo mi muovo anche adesso.
“Ma che c'è? Non ti senti bene? Che hai? Dovresti calmarti!”
Sei sempre uno stronzo. Dovrei calmarmi ma te lo scordi. So già cosa dire. Ho già la risposta. Prima però ti faccio vedere che cosa ho. Perché sospiro, perché mi muovo.
Mi sollevo ancora un po’ per affondare le dita nella fica gonfia e pulsante. Mi risiedo spingendo sulla mano e seguendone i movimenti.
“Sto bene. Controllo solo se sono così eccitata come mi sento. Se è solo la mente che fai godere o anche il corpo!”
Mi guardi perplesso.
“Ti ho detto che qualche volta mi masturbo con il cuscino, no?”
“Si, me lo hai detto.”
“Allora devo dirti questa cosa sporca. L’altra sera mentre ero a letto e cercavo di prender sonno, ho sentito l’odore della mia fica. Mi ero masturbata nel pomeriggio cavalcandolo. Ci sono venuta sopra ed era pregno del mio orgasmo. Ho inspirato il mio profumo e mi è venuta voglia ancora!”
Sfilo via la mano e la porto alla bocca, mi lecco le dita, le annuso.
“Allora? È mentale o no?”
Chiedi guardandomi fra le cosce.
“Sei bagnata?”
Non aspettavo altro. Non aspettavo altro che farti sentire il mio odore. Non aspettavo altro che bagnarti la carne del mio piacere sporco. Ti tocco la mano spalmando sulla tua pelle liscia tutto il mio sapore.
“Non dirmi che devo stare buona. Perché buona non sono.”
In fondo è questo gioco che mi piace. Non avere mai la tua palese autorizzazione. Essere lì a fare sempre qualcosa che non dovrei fare. Essere lì a rompere gli schemi. A mandare ogni cazzo di regola a farsi fottere! Essere lì a sentirmi puttana. La tua puttana.
E ti odio perché riesci a scatenare tutto questo senza fare nulla. Perché mi guidi senza aprir bocca! Perché mi porti dove vuoi e senza muovere un maledetto dito!
“Tu lo sai. Passo il mio tempo a provocarti.”
Sussurro piano ma con decisione. È questa la risposta che ho pronta.
“Quando ne hai voglia mi trovi lì, sempre pronta a godere per te. Tu li ascolti i miei audio indecenti. Gli orgasmi malati. Senti il rumore della dita che mi scopano sfregando e toccando la mia fica bollente. Dentro e fuori. Allora come potrei stare buona ora? Ora che ti ho qui, di fianco, in questo spazio stretto. Ho un lago fra le cosce. E posso avere i tuoi occhi addosso e sentire la tua voce.”
La mano nelle mutande continua a torturare ogni centimetro di carne stretta nella pressione che fanno calze e jeans. Voglio venire. È da minuti che sono stati eterni che mi trattengo. È che mi confondi. È che mi sento irrequieta. È che penso a quella volta nel parcheggio, a quando la voglia di succhiarti il
cazzo non si è placata finché non sei esploso nella mia bocca. E poi sei sparito. E allora cosa voglio? Voglio prendermi tutto quello che posso prendermi ora, come allora? Il fatto è che ho la testa piena di cose. Il fatto è che potrebbe bastarmi questo. La tua faccia. Il tuo sorriso. La tua voce. Il tuo odore.
Sfilo via la mano ma accavallo le cosce. Le sfrego e le muovo per prolungare la tortura. Siamo arrivati al punto in cui devo scendere e non ho più tempo. E tu, come sempre, non me ne concedi altro. Ho giocato male, ho giocato bene? Non so niente.
Esco in fretta dalla macchina baciandoti sulla guancia e già mi manchi. Risalgo piazza Vittoria fra la gente impazzita che fa file chilometriche davanti a negozi come Gucci. Premo il dito sul microfono per registrare.
“Sono così eccitata che mi basta stringere le cosce per venire. L’elastico stretto delle calze mi aiuta e non poco. Penso al tuo cazzo nella mia mano e voglio venire qui. Fra la gente per bene di questa strada chiattilla!”
Aumento il passo e godo strusciando la carne ormai in fiamme. Fa freddo eppure brucio. Ascolti l’audio ma non rispondi e mai risponderai. E quante cose volevo dire che non ho detto. E quante cose volevo fare che non ho fatto! Una in particolare davvero sconcia e ancora ci penso mentre cammino a passo svelto. È così con te. Sei voglia viva che mai si placa. Devo prendermi ciò che viene così come viene. E mi sento bene e mi sembra bello questo tempo passato con te che è già passato! E lo so che mi faccio bastare il niente. Un niente che mi sembra già tanto. Il niente, quando vuoi tu e come dici tu.
È che non poteva andare peggio questo inizio dell’anno. Con un vuoto di quel vuoto che è così vuoto dopo ogni tuo passaggio..
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