Godo
di
Malena N
genere
etero
Piove a dirotto ma poco importa. Se anche questo cielo fosse azzurro e limpido e il freddo secco, rimarrei comunque qui. In casa. Sola e scalza. Lontana da tutto e tutti. Mezza nuda e sfatta. I capelli in disordine, così, come la mia vita.
Odio i giorni che si susseguono veloci. Odio i mille impegni, i miei, ma di certo ancora di più, i tuoi. Odio il tempo che non c'è. O forse odio solo il fottuto tempo che non hai per me.
Sono eccitata. Penso a prima. E non mi basta stendermi qui e strusciarmi, toccarmi. Ci ho provato, sai. Nel tepore del letto la mano è scivolata istintivamente fra le cosce. Si è fatta strada nelle mutande umide, ha accarezzato, esplorato ma senza gloria. Non mi basta leccare queste dita e ficcarmele dentro fino a venire. Non mi basta fare la puttana, anche se la tua.
Devo vederti. Riprendere da dove ho lasciato. Indossare il vestito che ho scelto con cura e stringerti nel suo velluto. Farmi scopare.
“Chiamami” ti scrivo senza pensare. E senza pensare perché se avessi pensato, la verità sarebbe arrivata forte. Già, la verità. La verità è che non decido più un cazzo. La verità è che non ho più il permesso di fare e disfare. La verità è che ti incazzerai come una bestia e allora bene! Le bestie passeranno a due. Nell'attesa snervante di una risposta che non arriva, c'è qualcosa a cui penso di continuo. Qualcosa che mi trafigge il petto, che mi sventra nel profondo, che mi scuoia la pelle dalla carne viva. Il pensiero fisso che mi riporta a quando tutto è iniziato.
A quando ci frequentavamo assiduamente e a quando, persi nel nostro tempo e nel nostro spazio, non lasciavamo posto a nulla, se non alla voglia di essere l’una nella bocca dell’altro. Le bugie dette con facilità, come fa chi è abituato a mentire. L’egoismo che non mi era mai appartenuto prima e che poi è diventato marcato, malato. Come se si potesse vivere solo nei 10 minuti rubati dopo il lavoro. Dieci minuti che sono diventati venti, poi trenta. Gli stessi minuti che sono diventati ore. E ore che volevano esser giorni, ma che giorni veri non sono mai stati!
E tornavo a casa, sempre più svuotata, fra gli altri ma mai con gli altri.
Cosa è cambiato da allora? Cosa è cambiato se il vuoto è lo stesso? Cosa è cambiato se continuo a fare l'amore senza amore?
Se sfogo la rabbia e la gelosia di saperti fra le braccia di un altra, su un corpo che non è il tuo! Se mi sento squallida ogni volta che godo solo per dimostrarti che so godere anche senza di te!
Cosa è cambiato se vivo ancora di questi momenti? Cosa cazzo è cambiato se non guardo in faccia a niente e a nessuno pur di prendermi il niente!
Lascio andare via i pensieri malati concentrandomi su oggi. Mi lascio cullare dalla parte più vera di una verità che fa male. Non posso farne a meno.
Voglio sentirmi viva e vera come quando, prima, ho goduto per te in questo vestito volgare. Voglio accendermi e bruciare come prima, davanti al tuo sguardo maledettamente sexy anche nel display. Comodo, sul divano, hai goduto dello spettacolo che ho messo su per te. La tua faccia, tutto ciò che mi hai concesso. La tua faccia, tutto ciò che è servito ad alimentare la mia frenesia. E mi sono segata con i tuoi occhi addosso e le mie dita dentro, immaginando il tuo cazzo grande e duro. Immaginando gli altri. I tuoi amici.
E ora ti voglio. Ora, tutto dentro.
Il telefono vibra dopo un tempo che è sembrato eterno.
“Alle 18, ma ho solo un ora” leggo, mentre le gambe molli mi costringono a sedere.
Sei cosi, tu. Senza mezze misure. Non hai mai tempo e poi ce l’hai. Sai quello che dico anche quando non lo dico. Sai quello che voglio e come lo voglio. Te l'ho detto con le mani sulle tette, con le dita nella fica.Te l'ho detto con in bocca il perizoma nero, strappato alla carne fradicia di voglia. Te l'ho detto.
E sono da te alle 18 in punto per consumarmi e consumarti nell'ora che mi farò bastare.
Mi tolgo il cappotto e mi guardi con quell'espressione divertita che mi fa sentire pazza.
"Sei venuta veramente con il vestito?"
"Certo! Cosa credevi! Perchè? I tuoi amici non ci sono?"
"Lo faresti davvero?"
"Tu me lo hai chiesto davvero?"
"Certo che te l'ho chiesto davvero!"
"Se me lo hai chiesto davvero, lo farei davvero!"
"Allora balla. Balla ancora, balla come prima. Fammi vedere come ti muovi, come ti tocchi. Balla come se ci fossero anche loro. Balla per loro. Falli eccitare.”
Bastardo. Lo sai che mi piace.
La tua voce, calda e sensuale, mi investe e mi perdo nella voglia matta di farmi guardare.
Le mani scivolano sui fianchi, mi muovo sinuosa. Succhio un dito e lo porto fra le tette, proprio qui dove voglio il tuo cazzo. Afferro con foga il vestito, scopro le cosce e mi giro perché tu possa vedere bene il perizoma nero che ho strusciato su tutti i miei buchi.
Non ho il tempo di replicare che già mi sei addosso. Le mani nell’audace scollatura premono sulle tette calde. Continuo a muovermi lentamente strusciandomi sulla tua erezione, tu mi baci il collo, lo mordi.
“Dimmi che ti sei segato prima. Dimmi che ti è venuta una fottuta voglia di impugnarti il cazzo e segartelo. Dimmi che piaccio ai tuoi amici.”
Affondi il naso nei miei capelli, mi tiri a te per le braccia, ti cerco la bocca, la trovo. Le lingue si cercano, si trovano e si scopano.
Mi alzi il vestito sui fianchi, mi tocchi, mi stringi. Le tue dita lente percorrono la stoffa nera del filo sottile che tanto ti piace. Lo sposti, sempre più lento, mentre un brivido, veloce e violento, mi percorre la schiena.
Lo sposti e lo rimetti a posto, sfiorandomi, con una calma devastante, il buco del culo. Ti sento dietro. Il fiato caldo sul collo, il respiro soffocato in gola. La lentezza di poco prima lascia spazio all’irruenza. Il tuo cazzo vivo e pulsante spinge sulla mia carne calda. Le mani fanno strada e mi sento aperta come mai prima. Mi entri dentro senza chiedere il permesso, colpi decisi, senza esitazione. Mi togli il fiato, mi togli l’aria. Il piacere mi attraversa e ti cerco ancora, per soffocarlo nella tua gola. Ti spingo a me per la nuca anche se la tua presa forte impedisce ogni mio movimento.
La tua bocca sul mio orecchio emette un suono che percepisco appena. L’orgasmo monta. Tremo e gocce di sudore scivolano lungo la schiena. Il calore che arriva dal profondo mi travolge, mi sconvolge e mi esplode fra le cosce. Ti stringo più forte, ti graffio. Godo. Nella tua bocca. Godo. Con il tuo cazzo nel culo. Godo.
Odio i giorni che si susseguono veloci. Odio i mille impegni, i miei, ma di certo ancora di più, i tuoi. Odio il tempo che non c'è. O forse odio solo il fottuto tempo che non hai per me.
Sono eccitata. Penso a prima. E non mi basta stendermi qui e strusciarmi, toccarmi. Ci ho provato, sai. Nel tepore del letto la mano è scivolata istintivamente fra le cosce. Si è fatta strada nelle mutande umide, ha accarezzato, esplorato ma senza gloria. Non mi basta leccare queste dita e ficcarmele dentro fino a venire. Non mi basta fare la puttana, anche se la tua.
Devo vederti. Riprendere da dove ho lasciato. Indossare il vestito che ho scelto con cura e stringerti nel suo velluto. Farmi scopare.
“Chiamami” ti scrivo senza pensare. E senza pensare perché se avessi pensato, la verità sarebbe arrivata forte. Già, la verità. La verità è che non decido più un cazzo. La verità è che non ho più il permesso di fare e disfare. La verità è che ti incazzerai come una bestia e allora bene! Le bestie passeranno a due. Nell'attesa snervante di una risposta che non arriva, c'è qualcosa a cui penso di continuo. Qualcosa che mi trafigge il petto, che mi sventra nel profondo, che mi scuoia la pelle dalla carne viva. Il pensiero fisso che mi riporta a quando tutto è iniziato.
A quando ci frequentavamo assiduamente e a quando, persi nel nostro tempo e nel nostro spazio, non lasciavamo posto a nulla, se non alla voglia di essere l’una nella bocca dell’altro. Le bugie dette con facilità, come fa chi è abituato a mentire. L’egoismo che non mi era mai appartenuto prima e che poi è diventato marcato, malato. Come se si potesse vivere solo nei 10 minuti rubati dopo il lavoro. Dieci minuti che sono diventati venti, poi trenta. Gli stessi minuti che sono diventati ore. E ore che volevano esser giorni, ma che giorni veri non sono mai stati!
E tornavo a casa, sempre più svuotata, fra gli altri ma mai con gli altri.
Cosa è cambiato da allora? Cosa è cambiato se il vuoto è lo stesso? Cosa è cambiato se continuo a fare l'amore senza amore?
Se sfogo la rabbia e la gelosia di saperti fra le braccia di un altra, su un corpo che non è il tuo! Se mi sento squallida ogni volta che godo solo per dimostrarti che so godere anche senza di te!
Cosa è cambiato se vivo ancora di questi momenti? Cosa cazzo è cambiato se non guardo in faccia a niente e a nessuno pur di prendermi il niente!
Lascio andare via i pensieri malati concentrandomi su oggi. Mi lascio cullare dalla parte più vera di una verità che fa male. Non posso farne a meno.
Voglio sentirmi viva e vera come quando, prima, ho goduto per te in questo vestito volgare. Voglio accendermi e bruciare come prima, davanti al tuo sguardo maledettamente sexy anche nel display. Comodo, sul divano, hai goduto dello spettacolo che ho messo su per te. La tua faccia, tutto ciò che mi hai concesso. La tua faccia, tutto ciò che è servito ad alimentare la mia frenesia. E mi sono segata con i tuoi occhi addosso e le mie dita dentro, immaginando il tuo cazzo grande e duro. Immaginando gli altri. I tuoi amici.
E ora ti voglio. Ora, tutto dentro.
Il telefono vibra dopo un tempo che è sembrato eterno.
“Alle 18, ma ho solo un ora” leggo, mentre le gambe molli mi costringono a sedere.
Sei cosi, tu. Senza mezze misure. Non hai mai tempo e poi ce l’hai. Sai quello che dico anche quando non lo dico. Sai quello che voglio e come lo voglio. Te l'ho detto con le mani sulle tette, con le dita nella fica.Te l'ho detto con in bocca il perizoma nero, strappato alla carne fradicia di voglia. Te l'ho detto.
E sono da te alle 18 in punto per consumarmi e consumarti nell'ora che mi farò bastare.
Mi tolgo il cappotto e mi guardi con quell'espressione divertita che mi fa sentire pazza.
"Sei venuta veramente con il vestito?"
"Certo! Cosa credevi! Perchè? I tuoi amici non ci sono?"
"Lo faresti davvero?"
"Tu me lo hai chiesto davvero?"
"Certo che te l'ho chiesto davvero!"
"Se me lo hai chiesto davvero, lo farei davvero!"
"Allora balla. Balla ancora, balla come prima. Fammi vedere come ti muovi, come ti tocchi. Balla come se ci fossero anche loro. Balla per loro. Falli eccitare.”
Bastardo. Lo sai che mi piace.
La tua voce, calda e sensuale, mi investe e mi perdo nella voglia matta di farmi guardare.
Le mani scivolano sui fianchi, mi muovo sinuosa. Succhio un dito e lo porto fra le tette, proprio qui dove voglio il tuo cazzo. Afferro con foga il vestito, scopro le cosce e mi giro perché tu possa vedere bene il perizoma nero che ho strusciato su tutti i miei buchi.
Non ho il tempo di replicare che già mi sei addosso. Le mani nell’audace scollatura premono sulle tette calde. Continuo a muovermi lentamente strusciandomi sulla tua erezione, tu mi baci il collo, lo mordi.
“Dimmi che ti sei segato prima. Dimmi che ti è venuta una fottuta voglia di impugnarti il cazzo e segartelo. Dimmi che piaccio ai tuoi amici.”
Affondi il naso nei miei capelli, mi tiri a te per le braccia, ti cerco la bocca, la trovo. Le lingue si cercano, si trovano e si scopano.
Mi alzi il vestito sui fianchi, mi tocchi, mi stringi. Le tue dita lente percorrono la stoffa nera del filo sottile che tanto ti piace. Lo sposti, sempre più lento, mentre un brivido, veloce e violento, mi percorre la schiena.
Lo sposti e lo rimetti a posto, sfiorandomi, con una calma devastante, il buco del culo. Ti sento dietro. Il fiato caldo sul collo, il respiro soffocato in gola. La lentezza di poco prima lascia spazio all’irruenza. Il tuo cazzo vivo e pulsante spinge sulla mia carne calda. Le mani fanno strada e mi sento aperta come mai prima. Mi entri dentro senza chiedere il permesso, colpi decisi, senza esitazione. Mi togli il fiato, mi togli l’aria. Il piacere mi attraversa e ti cerco ancora, per soffocarlo nella tua gola. Ti spingo a me per la nuca anche se la tua presa forte impedisce ogni mio movimento.
La tua bocca sul mio orecchio emette un suono che percepisco appena. L’orgasmo monta. Tremo e gocce di sudore scivolano lungo la schiena. Il calore che arriva dal profondo mi travolge, mi sconvolge e mi esplode fra le cosce. Ti stringo più forte, ti graffio. Godo. Nella tua bocca. Godo. Con il tuo cazzo nel culo. Godo.
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