La più classica festa di Halloween
di
Mr.Goodbye
genere
etero
Cosa c'è di più scontato della notte di Halloween trascorsa in una vecchia chiesa sconsacrata? Forse soltanto presentarsi vestita da strega, magari un po’ sexy.
Ci aveva pensato per giorni, se non settimane, a cercare di inventarsi qualcosa di nuovo e originale ma, tra lavoro, amici e i libri che stava leggendo, i giorni le erano scivolati via senza che se ne rendesse conto. Fu così che, ridotta all’ultimo minuto, senza più tempo per dedicarsi a qualcosa di originale e non scontato, aveva ceduto all’ordinario.
Per prima cosa scelse con cura l’intimo.
Il colore rigorosamente nero. Per tutto. Dal vestito alle mutande. Prese un reggiseno dal taglio molto semplice e pulito, senza pizzi o altre galanterie, ma con il (non piccolo) pregio di dare volume al proprio seno. Se lo allacciò con cura e poi, davanti allo specchio, sorrise, soddisfatta del risultato. In fondo, un po’ di magia, un piccolo trucco, nella notte delle streghe, non avrebbe fatto male a nessuno!
Era il turno delle mutande. Rovistò nel suo cassetto in cerca di quelle giuste, ma tutte quelle che le capitavano tra le mani avevano un dettaglio che non la convincevano appieno. Avrebbe potuto scendere a patti. Non avendo un ragazzo (l’ultima storia era finita un paio di mesi prima e lei non aveva alcuna voglia di rimettersi in gioco) e non avendo in previsione di fare conquiste, non aveva bisogno di chissà quale meraviglia. Poi, però, proprio mentre pensava a questa possibilità, si rese conto che non l’avrebbe fatto per gli altri: l’avrebbe fatto solo per sé, per piacersi e sentirsi bella. Per appagare il proprio intimo desiderio di piacersi. E le vennero in mente quelle brasiliane che le piacevano tanto ma che non metteva mai per paura di sciuparle. Erano di pizzo nero, con un filo rosso che correva sui contorni. Le stese davanti agli occhi. Sì, erano proprio belle, forse persino le sue preferite! Le indossò con cura e, con entrambe le mani, se le lisciò addosso. Le stavano davvero bene, le disegnavano un sedere che magari non sarà stato perfetto, ma a lei piaceva davvero.
Adesso doveva pensare alle autoreggenti. Qui, doveva riconoscerlo, non aveva una scelta molto ampia. Sorrise amara ricordando come il suo ex ragazzo le avesse strappato quelle belle, lasciandosi trasportare un po’ troppo dalla passione. Poi la loro relazione si era conclusa e… lei non aveva più avuto voglia di comprarne altre. Sospirò scacciando quel pensiero triste e ne indossò un paio nere, semplici, senza alcun dettaglio di pregio. Se non quello di essere autoreggenti.
Così (s)vestita tornò allo specchio e si rimirò con calma, soddisfatta.
Prese il più classico vestito da strega che era riuscito da trovare e, per l’ennesima volta, se lo appoggiò addosso per vedere come le stava. Non era convinta… era così banale… scontato… ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Lo infilò con attenzione. C’era tulle da tutte le parti e, ovunque si girasse, un gioco di vedo-non-vedo era immancabile. La gonna le arrivava a metà coscia e scoprì subito che avrebbe dovuto far attenzione ad ogni mossa o avrebbe rischiato di esporre eccessivamente le sue grazie. Tutto sommato questo dettaglio non le dispiacque. Avrebbe contribuito a rendere un po’ più movimentata la serata. Il tulle, poi, iniziava da subito i seni, le avvolgeva delicatamente il collo e scendeva fino ai polsi. Sembrava fatto apposta per mettere in risalto il tatuaggio che portava sulla spalla sinistra: una rosa rossa, con il gambo lungo, irto di spine. E proprio su una di queste era in procinto di cadere una goccia di sangue.
A eterna memoria che più una cosa è bella più ha il potere di farti soffrire.
Tornò davanti allo specchio.
Si piacque molto. Sexy e provocante.
Per sfida, e per capire cosa avrebbe potuto fare, fece una piroetta. La gonna si alzò fin quasi a mostrare l’intimo. Avrebbe dovuto farci attenzione o non sarebbe stata l’unica a vedere che mutande indossava quella sera.
Era il momento dell’ultima fase: il trucco. Ci pensò su un po’. Solitamente non lo amava, lo portava leggero leggero, solo quel tanto che bastava per coprire quel paio di difetti che si vedeva addosso e valorizzare i propri tratti. Questo, appunto, di solito. Quella, invece, era una sera speciale. E se voleva essere una brava strega…
Decise di esagerare.
Il suo viso, passo dopo passo, assunse un aspetto tetro e oscuro.
Gli occhi furono avvolti da un alone di oscurità, trasformandosi in due nere cavità.
Le guance si sbiancarono, assumendo un colorito pallido e smorto, ma con un’ombra di tenebra a evidenziare la curva degli zigomi.
Rossetto rigorosamente nero.
Infine, con la matita dello stesso colore, sopra e sotto le labbra riprese, seppur vagamente, il tratto dei denti.
Non era forse il lavoro migliore che si potesse vedere in giro, ma doveva riconoscere che non le era venuto affatto male.
Concluse indossando un paio di stivaletti con un buon tacco, per quanto non esagerato, e si coprì il capo con il classico cappello nero a punta con la tesa larga. C’era persino un piccolo ragnetto di peluche con due occhietti vispi a tenerle compagnia! Si guardò ancora una volta allo specchio e sì, era decisamente una bella strega! Bella e provocante!
Mandò un bacio al piccolo ragno che parve sorriderle e uscì di casa.
Il viaggio in macchina se n'era andato in un mare di chiacchiere con le sue amiche. Avevano parlato di tutto e di niente e di qualcos’altro. Avevano spettegolato sui loro amici, sui nemici e su quelli che appena conoscevano. Si erano raccontate le ultime novità amorose, proprie e altrui e si erano scambiate pareri sugli argomenti più disparati. Allo stesso modo era scivolata via la fila per entrare. Con la differenza che qui si erano aggiunti gli sguardi dei ragazzi. Era indubbio che fosse appagante essere guardata e ammirata, persino desiderata. Non sempre era piacevole. Spesso, anzi, trovava irritante la maleducazione di cui erano capaci certi uomini, ma aveva imparato a ignorarli. Quella sera, però, era tutto diverso. Vedere i loro occhi che indugiavano sulle sue forze, scivolavano sul corpo cercando di indovinare cosa indossasse sotto soddisfava la sua vena esibizionista. Sì, quella sera le piaceva essere osservata. Pensò, per un attimo, di fare un gesto innocente, all’apparenza, sciocco e involontario. Giusto per attirare qualche sguardo in più. Si guardò intorno, ma in nessuno dei presenti vide qualcuno di interessante. Erano tutti così… ordinari… scontati… vuoti. Ecco, quella era la parola giusta! Erano vuoti. Certo, si trattava solo di una prié.ma, fugace impressione e, come tale, poteva rivelarsi errata, ma quella era l’idea che le trasmettevano tutti quelli che aveva attorno a sé. Vuoti, privi di note interessanti. E se non la coinvolgevano già dall’inizio, come poteva pensare che non sarebbe subito subentrata la noia? Proprio come era successo con il suo ex.
Poi aveva incrociato lo sguardo di quel ragazzo… di quell’uomo. Due occhi ammalianti, profondi, in cui brillava una luce viva e pulsante come mai ne aveva visti. Aveva un portamento impeccabile, ben diverso da tutti gli altri. Indossava un completo elegante, di un nero molto intenso, una camicia rosso scuro e un papillon a forma di zucca di Halloween. Il trucco che aveva sul viso, tutto quel cerone bianco alla Erik Draven, rendeva i suoi lineamenti indistinguibili e risultava impossibile dargli un’età. Poteva avere vent’anni… come cinquanta.
“Ehi, ma mi stai ascoltando?”
Si girò verso Irene, la sua amica, che la guardò con fare seccato.
“Sì… sì certo! È solo che…”
Si guardò attorno di nuovo, ma di quell’uomo non pareva esserci più alcuna traccia. Possibile che non riuscisse a scorgerlo in mezzo alla gente? Lo vide più da nessuna parte.
“Solo che cosa?”
“Io… niente. Niente.”
Avrebbe voluto dirle chi aveva visto, ma decise di tacere. Per quanto quella rapida visione le avesse messo una certa curiosità addosso, il fatto che fosse sparito tanto in fretta gliel’aveva fatta passare. Tornò a dedicarsi alle amiche e si lasciò trasportare dalla serata.
Dimenticandosi dell’uomo.
Come in tutte le chiese attraversarono il grande portone principale e, nella piccola anticamera piena di finte ragnatele, girarono a sinistra.
Molte volte aveva sentito parlare di questo locale, ma lei non era mai venuta ad una delle feste che si tenevano dentro questa chiesa. Rimase sorpresa non appena si rese conto che il locale, all’interno, era più grande di quanto non si fosse aspettata. Certo, era una chiesa. Non tra la più grandi, ma comunque una chiesa. Normale che fosse grande, no? Vederla trasformata in un locale della vita notturna era semplicemente incredibile.
Per quanto ogni ornamento sacro fosse stato portato via e gli affreschi, quei pochi rimasti, fossero stati coperti con lastre di plexiglass, alle pareti angeli, demoni e altre raffigurazioni bibliche erano rimaste al loro posto, conferendo quell’aspetto gotico e dark che difficilmente si sarebbe potuto ottenere in un locale tradizionale.
La musica assalì il gruppetto di amiche come un’onda, senza concedere loro nemmeno un minimo di preavviso. Peccato che non fosse a tema ma, per attirare più gente possibile, fosse solo della banale musica da discoteca.
Ci aveva pensato per giorni, se non settimane, a cercare di inventarsi qualcosa di nuovo e originale ma, tra lavoro, amici e i libri che stava leggendo, i giorni le erano scivolati via senza che se ne rendesse conto. Fu così che, ridotta all’ultimo minuto, senza più tempo per dedicarsi a qualcosa di originale e non scontato, aveva ceduto all’ordinario.
Per prima cosa scelse con cura l’intimo.
Il colore rigorosamente nero. Per tutto. Dal vestito alle mutande. Prese un reggiseno dal taglio molto semplice e pulito, senza pizzi o altre galanterie, ma con il (non piccolo) pregio di dare volume al proprio seno. Se lo allacciò con cura e poi, davanti allo specchio, sorrise, soddisfatta del risultato. In fondo, un po’ di magia, un piccolo trucco, nella notte delle streghe, non avrebbe fatto male a nessuno!
Era il turno delle mutande. Rovistò nel suo cassetto in cerca di quelle giuste, ma tutte quelle che le capitavano tra le mani avevano un dettaglio che non la convincevano appieno. Avrebbe potuto scendere a patti. Non avendo un ragazzo (l’ultima storia era finita un paio di mesi prima e lei non aveva alcuna voglia di rimettersi in gioco) e non avendo in previsione di fare conquiste, non aveva bisogno di chissà quale meraviglia. Poi, però, proprio mentre pensava a questa possibilità, si rese conto che non l’avrebbe fatto per gli altri: l’avrebbe fatto solo per sé, per piacersi e sentirsi bella. Per appagare il proprio intimo desiderio di piacersi. E le vennero in mente quelle brasiliane che le piacevano tanto ma che non metteva mai per paura di sciuparle. Erano di pizzo nero, con un filo rosso che correva sui contorni. Le stese davanti agli occhi. Sì, erano proprio belle, forse persino le sue preferite! Le indossò con cura e, con entrambe le mani, se le lisciò addosso. Le stavano davvero bene, le disegnavano un sedere che magari non sarà stato perfetto, ma a lei piaceva davvero.
Adesso doveva pensare alle autoreggenti. Qui, doveva riconoscerlo, non aveva una scelta molto ampia. Sorrise amara ricordando come il suo ex ragazzo le avesse strappato quelle belle, lasciandosi trasportare un po’ troppo dalla passione. Poi la loro relazione si era conclusa e… lei non aveva più avuto voglia di comprarne altre. Sospirò scacciando quel pensiero triste e ne indossò un paio nere, semplici, senza alcun dettaglio di pregio. Se non quello di essere autoreggenti.
Così (s)vestita tornò allo specchio e si rimirò con calma, soddisfatta.
Prese il più classico vestito da strega che era riuscito da trovare e, per l’ennesima volta, se lo appoggiò addosso per vedere come le stava. Non era convinta… era così banale… scontato… ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Lo infilò con attenzione. C’era tulle da tutte le parti e, ovunque si girasse, un gioco di vedo-non-vedo era immancabile. La gonna le arrivava a metà coscia e scoprì subito che avrebbe dovuto far attenzione ad ogni mossa o avrebbe rischiato di esporre eccessivamente le sue grazie. Tutto sommato questo dettaglio non le dispiacque. Avrebbe contribuito a rendere un po’ più movimentata la serata. Il tulle, poi, iniziava da subito i seni, le avvolgeva delicatamente il collo e scendeva fino ai polsi. Sembrava fatto apposta per mettere in risalto il tatuaggio che portava sulla spalla sinistra: una rosa rossa, con il gambo lungo, irto di spine. E proprio su una di queste era in procinto di cadere una goccia di sangue.
A eterna memoria che più una cosa è bella più ha il potere di farti soffrire.
Tornò davanti allo specchio.
Si piacque molto. Sexy e provocante.
Per sfida, e per capire cosa avrebbe potuto fare, fece una piroetta. La gonna si alzò fin quasi a mostrare l’intimo. Avrebbe dovuto farci attenzione o non sarebbe stata l’unica a vedere che mutande indossava quella sera.
Era il momento dell’ultima fase: il trucco. Ci pensò su un po’. Solitamente non lo amava, lo portava leggero leggero, solo quel tanto che bastava per coprire quel paio di difetti che si vedeva addosso e valorizzare i propri tratti. Questo, appunto, di solito. Quella, invece, era una sera speciale. E se voleva essere una brava strega…
Decise di esagerare.
Il suo viso, passo dopo passo, assunse un aspetto tetro e oscuro.
Gli occhi furono avvolti da un alone di oscurità, trasformandosi in due nere cavità.
Le guance si sbiancarono, assumendo un colorito pallido e smorto, ma con un’ombra di tenebra a evidenziare la curva degli zigomi.
Rossetto rigorosamente nero.
Infine, con la matita dello stesso colore, sopra e sotto le labbra riprese, seppur vagamente, il tratto dei denti.
Non era forse il lavoro migliore che si potesse vedere in giro, ma doveva riconoscere che non le era venuto affatto male.
Concluse indossando un paio di stivaletti con un buon tacco, per quanto non esagerato, e si coprì il capo con il classico cappello nero a punta con la tesa larga. C’era persino un piccolo ragnetto di peluche con due occhietti vispi a tenerle compagnia! Si guardò ancora una volta allo specchio e sì, era decisamente una bella strega! Bella e provocante!
Mandò un bacio al piccolo ragno che parve sorriderle e uscì di casa.
Il viaggio in macchina se n'era andato in un mare di chiacchiere con le sue amiche. Avevano parlato di tutto e di niente e di qualcos’altro. Avevano spettegolato sui loro amici, sui nemici e su quelli che appena conoscevano. Si erano raccontate le ultime novità amorose, proprie e altrui e si erano scambiate pareri sugli argomenti più disparati. Allo stesso modo era scivolata via la fila per entrare. Con la differenza che qui si erano aggiunti gli sguardi dei ragazzi. Era indubbio che fosse appagante essere guardata e ammirata, persino desiderata. Non sempre era piacevole. Spesso, anzi, trovava irritante la maleducazione di cui erano capaci certi uomini, ma aveva imparato a ignorarli. Quella sera, però, era tutto diverso. Vedere i loro occhi che indugiavano sulle sue forze, scivolavano sul corpo cercando di indovinare cosa indossasse sotto soddisfava la sua vena esibizionista. Sì, quella sera le piaceva essere osservata. Pensò, per un attimo, di fare un gesto innocente, all’apparenza, sciocco e involontario. Giusto per attirare qualche sguardo in più. Si guardò intorno, ma in nessuno dei presenti vide qualcuno di interessante. Erano tutti così… ordinari… scontati… vuoti. Ecco, quella era la parola giusta! Erano vuoti. Certo, si trattava solo di una prié.ma, fugace impressione e, come tale, poteva rivelarsi errata, ma quella era l’idea che le trasmettevano tutti quelli che aveva attorno a sé. Vuoti, privi di note interessanti. E se non la coinvolgevano già dall’inizio, come poteva pensare che non sarebbe subito subentrata la noia? Proprio come era successo con il suo ex.
Poi aveva incrociato lo sguardo di quel ragazzo… di quell’uomo. Due occhi ammalianti, profondi, in cui brillava una luce viva e pulsante come mai ne aveva visti. Aveva un portamento impeccabile, ben diverso da tutti gli altri. Indossava un completo elegante, di un nero molto intenso, una camicia rosso scuro e un papillon a forma di zucca di Halloween. Il trucco che aveva sul viso, tutto quel cerone bianco alla Erik Draven, rendeva i suoi lineamenti indistinguibili e risultava impossibile dargli un’età. Poteva avere vent’anni… come cinquanta.
“Ehi, ma mi stai ascoltando?”
Si girò verso Irene, la sua amica, che la guardò con fare seccato.
“Sì… sì certo! È solo che…”
Si guardò attorno di nuovo, ma di quell’uomo non pareva esserci più alcuna traccia. Possibile che non riuscisse a scorgerlo in mezzo alla gente? Lo vide più da nessuna parte.
“Solo che cosa?”
“Io… niente. Niente.”
Avrebbe voluto dirle chi aveva visto, ma decise di tacere. Per quanto quella rapida visione le avesse messo una certa curiosità addosso, il fatto che fosse sparito tanto in fretta gliel’aveva fatta passare. Tornò a dedicarsi alle amiche e si lasciò trasportare dalla serata.
Dimenticandosi dell’uomo.
Come in tutte le chiese attraversarono il grande portone principale e, nella piccola anticamera piena di finte ragnatele, girarono a sinistra.
Molte volte aveva sentito parlare di questo locale, ma lei non era mai venuta ad una delle feste che si tenevano dentro questa chiesa. Rimase sorpresa non appena si rese conto che il locale, all’interno, era più grande di quanto non si fosse aspettata. Certo, era una chiesa. Non tra la più grandi, ma comunque una chiesa. Normale che fosse grande, no? Vederla trasformata in un locale della vita notturna era semplicemente incredibile.
Per quanto ogni ornamento sacro fosse stato portato via e gli affreschi, quei pochi rimasti, fossero stati coperti con lastre di plexiglass, alle pareti angeli, demoni e altre raffigurazioni bibliche erano rimaste al loro posto, conferendo quell’aspetto gotico e dark che difficilmente si sarebbe potuto ottenere in un locale tradizionale.
La musica assalì il gruppetto di amiche come un’onda, senza concedere loro nemmeno un minimo di preavviso. Peccato che non fosse a tema ma, per attirare più gente possibile, fosse solo della banale musica da discoteca.
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