Mirela, tacchi e piedi - cap.2 (approfondimento)
di
FrancoT
genere
feticismo
Tutto cominciò da quella giornata.
Da quell'urto con l'auto che ci aveva portato alla constatazione amichevole che era poi degenerata in una scopata galattica. Questo anche secondo lei, visto che me lo aveva confermato. Non avevamo avuto la necessità di scambiarci i cellulari visto che entrambi erano sulle constatazioni da presentare alle nostre rispettive assicurazioni e quindi li memorizzammo da lì.
Nella settimana successiva a quel primo incontro, notai che indossò ogni giorno delle scarpe diverse, sia nei colori che nei modelli. Tutte con il tacco alto, seppur di misure diverse. Certe volte abbinandole a delle gonne, altre a pantaloni stretti, in una occasione anche a dei leggings che mettevano decisamente in risalto la sua forma fisica.
“Sai che non ho mai acquistato un paio di ballerine nella mia vita?”, mi disse lei un giorno.
“La cosa ti fa onore”, le risposi.
“L'unica calzatura senza tacchi che ho acquistato sono un paio di stivali neri, alti fin sopra al ginocchio, ma molto sensuali. Ti piacciono?”.
“Di solito preferisco le scarpe, ma sempre meglio quello di una ballerina”.
Ci incontrammo per la prima volta una decina di giorni dopo. Lei mi stuzzicò fin dai primi giorni della settimana ma fu solo al giovedì pomeriggio che il tutto si concretizzò. Stavo tornando al mio ufficio quando la incontrai mentre, a braccetto del marito, si dirigeva verso il proprio ufficio. Era estremamente sexy e nonostante non ci salutammo, come era sempre accaduto fino a dieci giorni prima, non potei non notare il suo look che era principalmente costituito da una gonna in pelle color vinaccia e delle scarpe nere dal tacco piuttosto alto, stavolta chiuse davanti. Non vidi altro perché un grande cappotto nero la copriva.
Con il marito parlottavano e ridevano e quando mi passarono vicini percepii forte il profumo di entrambi.
Presi il cellulare e le scrissi su Whatsapp.
“Oggi sei porca”.
“Maleducato”, fu la risposta.
“Era un complimento. Belle scarpe comunque”.
“Grazie”.
“Che fai oggi?”, le chiesi.
“Mi guardo le scarpe”.
“Bellissimo. Posso guardarle anch'io?”.
“No. Ti avevo detto che ti avrei fatto impazzire”.
“E lo stai facendo. Sei davvero brava. E bella”, le scrissi compiacendola.
“Vuoi vederle da vicino?”.
“Se tu me consentissi sì. Amo osservarti”.
“Prendiamo un caffè al bar di via Longoni? Non voglio che ci vedano insieme qui in zona”.
“Ok”, le dissi accettando immediatamente.
Ci incontrammo al bar. Avevamo stabilito che in pubblico ci saremmo dati rigorosamente del lei. Quando entrai la trovai già seduta ad un tavolino. Le gambe accavallate ed il piede che dondolava avanti ed indietro. Non riuscivo a staccare lo sguardo da quei piedi e da quelle scarpe.
Parlammo del più e del meno e nel corso del discorso mi disse che suo marito non ci sarebbe stato per tutto il pomeriggio. Era un messaggio chiarissimo che si concretizzò quando mi disse che aveva una marea di lavoro da fare e non voleva essere disturbata da nessuno. Quando mi strizzò l'occhio, mi alzai ed andai a pagare.
Mezz'ora dopo eravamo nel suo ufficio. Lei era sdraiata sulla sua scrivania ed io le stavo baciando le scarpe ed il collo del piede. Le avevo già tolto la gonna e la camicetta bianca che indossava. Sotto al collant velatissimo color carne aveva uno slip in pizzo bianco della stessa collezione del reggiseno. Le stavo baciando i piedi con estrema cura per fare attenzione a non rovinare il collant. Gliene sfilai uno dalla scarpa e lo presi in bocca.
“Santo cielo, quanto mi ecciti”, disse ella portandosi una mano sulla passera e cominciando a carezzarsela attraverso il collant.
“Ti piace?”.
“Mmmh…… un casino!”.
Le unghie delle sue dita delle mani ed anche dei piedi erano dipinte di un rosso scuro, molto cupo e per niente volgare. Notai il suo dito medio percorrere veloce il taglio del suo sesso che si intravedeva attraverso collant e slip.
Le sfilai anche l'altra scarpa e mi dedicai anche all'altro piede, poi le rimisi entrambe le magnifiche calzature e la feci scendere dalla scrivania.
A quel punto si inginocchiò davanti a me e mi abbassò i pantaloni. Quella fu la prima volta in cui mi accolse nella sua bocca. Dimostrò di essere parecchio brava anche con la bocca e per almeno dieci minuti dovetti resistere per non venire subito.
Quando Mirela fu certa della stabilità della mia erezione, mi fece capire che era giunto il momento di scopare. Si alzò e con le unghie lacerò il collant all'altezza del suo sesso.
“Ti voglio”, mi disse semplicemente, lasciandomi la libertà di scelta su dove metterci.
Scelsi ancora il divano ma questa volta misi lei sotto. Si sdraiò aprendo le cosce e scostando di lato il perizoma bianco in pizzo che indossava. Notai che si era depilata rispetto alla volta precedente e volli tastarle il sesso. Mi leccai il dito medio e lo infilai dentro di lei lentamente.
“Che fai?”, mi chiese.
“Verifico che tu sia pronta”.
“Lo sono, lo sono, muoviti!”.
A quel punto allora mi sdraiai sopra di lei e dopo aver poggiato la punta del cazzo contro al suo sesso, entrai nel suo corpo. Era calda e morbida anche quel giorno. Sentii il suo profumo entrare nelle mie narici e percepii la sua voglia di essere posseduta. La scopai con ardore e veemenza, senza preoccuparmi se le spinte fossero troppo energiche o meno. Ella comunque non disse nulla. Non smise mai di mugugnare di piacere. Raggiunse un primo orgasmo in seguito al quale mi chiese di cambiare posizione. Mi sedetti io allora sul divano ed ella venne a cavalcioni su di me, come la volta precedente.
“Ho la fica in fiamme”, mi disse prima di sedersi sopra al mio cazzo, facendosi penetrare. Notai con immenso piacere che non si era sfilata le scarpe.
“Grazie per avere tenuto le scarpe”, le dissi.
“Di nulla. So che ti eccitano e più tu sei eccitato, meglio è per me”, mi rispose.
Il mio membro entrava ed usciva dal suo corpo alla velocità della luce e dal suo sesso colava liquido in continuo sopra al mio pube.
“Non pensavo fossi così porca, lo sai?”.
“E non sai ancora molte cose”, mi rispose spingendo poi le tette verso di me.
Le sfilai il reggiseno e le presi tra le mani stringendole. Si vedeva che erano state rifatte, ma non era un lavoro forte ed invasivo. Era un ritoccata di perfezione. Secondo me aveva preso una misura e le aveva in qualche modo sostenute. Le strizzai, poi portai la bocca ad uno dei suoi capezzoli e lo presi tra i denti. Lo succhiai leggermente ed ella si lasciò andare proprio in quel momento ad un altro orgasmo. Il suo corpo vibrò ed il suo sesso si strinse intorno al mio uccello. Sentii la sua fica palpitare ed il quantitativo dei suoi liquidi incrementarsi.
Quando le fu passato si alzò facendomi uscire dal suo corpo. Mi prese per mano e mi condusse fino alla sua postazione di lavoro e mi disse di sedermi al suo posto. Io ero completamente nudo e la situazione mi stuzzicò. Poggiai le chiappe sulla pelle fredda della sua poltrona, mentre ella si sedette sulla scrivania davanti a me.
“Che vuoi fare?”, le chiesi.
“Ti piacciono le scarpe ma ti piacciono anche i piedi, vero?”.
“Ovvio”.
“Allora mi perdonerai se per qualche minuto mi sfilo le scarpe?”.
“Certo. Ma qui siamo a casa tua, quindi sei tu che decidi”.
“Esatto. Ottima risposta. E sempre qui resteremo. Qualora ci sposteremo in un posto alternativo, deciderò comunque io, ok?”.
“Ok, padrona”, le risposi sorridendo.
A quel punto allora si sfilò le scarpe e le appoggiò delicatamente sulla scrivania, in modo che fossero in primo piano per me che le guardavo. Poi si appoggiò all’indietro sulle mani e portò i piedi sul mio cazzo, prendendolo di fatto tra le piante dei piedi. Io sorrisi, complice consapevole e partecipe di quel gioco erotico.
“Ti piace, eh?!?!?”.
“Sei fantastica!”.
“Tra poco lo sarò ancora di più”.
Poi cominciò a sfregare i piedi sul mio cazzo, di fatto masturbandomi, prima lentamente, poi ad un ritmo sempre più frenetico. Guardavo in alternanza sia lei, che i suoi piedi, che le sue magnifiche gambe davanti a me. Morale non ci misi troppo tempo. Dopo quattro, quasi cinque minuti, sentii il piacere giungere da dentro di me. Mirela lo capì subito e sollevò i piedi unendoli davanti a me.
“Vienimi sui piedi, dai”.
“Cazz……”, riuscì appena a dire. Mi alzai leggermente dalla poltrona, presi in mano l’uccello e lo orientai verso i suoi piedini. Il primo getto ne colpì uno sul collo pieno, il secondo getto arrivò fino alla caviglia ed il terzo sulle dita del secondo piede. Fu un orgasmo incredibile al termine del quale mi affossai sulla poltrona, sprofondandoci di fatto. La osservai mentre si sfregò i piedi, l’uno contro l’altro, spargendo di fatto il mio liquido seminale su di essi e sulle calze.
Poi si avvicinò al bordo della scrivania, li allungò poggiandoli sui braccioli della sua poltrona e sostenendosi all’indietro con le mani mi disse:”Io però non ho ancora finito….”.
Capii immediatamente quello che voleva. Allora mi inginocchiai davanti alla scrivania in modo da trovarmi con il viso immediatamente contro la suo sesso e la feci avvicinare ancora più vicino al bordo. Scostai leggermente il suo slip di pizzo, le aprii le labbra con le mani e insinuai la lingua dentro al suo sesso. Mirela sussultò e continuò a sussultare per i successivi dieci minuti, mentre dalla sua figa sbrodolava liquido lungo la mia faccia.
Quando mi disse: “Oh, Dio……Dio….incredibile!!!”, allora mi alzai un po’, le sollevai le cosce e infilai ancor di più la lingua dentro di lei. Fu a quel punto che ella raggiunse il suo ennesimo orgasmo della giornata e dal suo sesso schizzò un getto di liquido che mi colpì in pieno viso e che parzialmente mi entrò in bocca. Era inodore ed insapore e non mi fece schifo. Arretrai leggermente mentre ella si contorse sulla scrivania, in preda allo spasmo del piacere. Si riprese dopo un paio di minuti che io trascorsi, seduto alla sua poltrona, osservandola dopo essermi ripulito il viso dai suoi liquidi.
Era veramente una bella donna, pensai. Dal punto di vista fisico estremamente in forma. Le cosce tornite, i seni piuttosto scolpiti, niente grasso in eccesso. La faccenda che amasse essere al centro della mia attenzione feticistica mi dava una certa soddisfazione.
Osservai anche le sue scarpe, posate sulla scrivania, sexy ed eleganti allo stesso tempo. Mi alzai e ne presi una in mano, mentre anche Mirela si sollevò mettendosi a sedere sulla scrivania con i piedi, imbrattati di sperma, penzolanti.
“Penso che dovrai cambiarti il collant”, le dissi.
“Ne ho un paio nella borsa che tengo sempre in caso di emergenza”, mi rispose.
Poi, alludendo alla scarpa che tenevo in mano, mi chiese: “Sono di tuo gradimento?”,
“Assolutamente sì. Mi piacciono i decolleté classici. Ma anche il modello della nostra prima volta, leggermente aperte davanti. L’importante è che abbiano il tacco e che siano eleganti. Non mi piacciono quei modelli da prostituta dell’Est con il tacco quattordici oppure quei sandalacci con il plateau davanti”.
“Nemmeno a me. Mi sembra che tu sia un intenditore comunque….”.
“In quanto ad eleganza, ci puoi scommettere”.
“E tu mi ritieni una donna elegante?”, mi chiese dando l’impressione che stesse civettando.
“Sì. È una qualità che ti riconosco. Sei una donna elegante e di classe. Sai il fatto tuo e mi sembri una che ottiene ciò che vuole. Non capisco, ma non mi interessa, come tu faccia con tuo marito ma, lo ribadisco, non è affar mio”.
“Esatto”, mi disse a quel punto “hai centrato in pieno, in due modi, l’obbiettivo. Non è affare tuo e sono una che ottiene ciò che vuole. Come te d’altronde. Mi sembra che entrambi abbiamo centrato i nostri desideri. O sbaglio!?!?!”.
Da quell'urto con l'auto che ci aveva portato alla constatazione amichevole che era poi degenerata in una scopata galattica. Questo anche secondo lei, visto che me lo aveva confermato. Non avevamo avuto la necessità di scambiarci i cellulari visto che entrambi erano sulle constatazioni da presentare alle nostre rispettive assicurazioni e quindi li memorizzammo da lì.
Nella settimana successiva a quel primo incontro, notai che indossò ogni giorno delle scarpe diverse, sia nei colori che nei modelli. Tutte con il tacco alto, seppur di misure diverse. Certe volte abbinandole a delle gonne, altre a pantaloni stretti, in una occasione anche a dei leggings che mettevano decisamente in risalto la sua forma fisica.
“Sai che non ho mai acquistato un paio di ballerine nella mia vita?”, mi disse lei un giorno.
“La cosa ti fa onore”, le risposi.
“L'unica calzatura senza tacchi che ho acquistato sono un paio di stivali neri, alti fin sopra al ginocchio, ma molto sensuali. Ti piacciono?”.
“Di solito preferisco le scarpe, ma sempre meglio quello di una ballerina”.
Ci incontrammo per la prima volta una decina di giorni dopo. Lei mi stuzzicò fin dai primi giorni della settimana ma fu solo al giovedì pomeriggio che il tutto si concretizzò. Stavo tornando al mio ufficio quando la incontrai mentre, a braccetto del marito, si dirigeva verso il proprio ufficio. Era estremamente sexy e nonostante non ci salutammo, come era sempre accaduto fino a dieci giorni prima, non potei non notare il suo look che era principalmente costituito da una gonna in pelle color vinaccia e delle scarpe nere dal tacco piuttosto alto, stavolta chiuse davanti. Non vidi altro perché un grande cappotto nero la copriva.
Con il marito parlottavano e ridevano e quando mi passarono vicini percepii forte il profumo di entrambi.
Presi il cellulare e le scrissi su Whatsapp.
“Oggi sei porca”.
“Maleducato”, fu la risposta.
“Era un complimento. Belle scarpe comunque”.
“Grazie”.
“Che fai oggi?”, le chiesi.
“Mi guardo le scarpe”.
“Bellissimo. Posso guardarle anch'io?”.
“No. Ti avevo detto che ti avrei fatto impazzire”.
“E lo stai facendo. Sei davvero brava. E bella”, le scrissi compiacendola.
“Vuoi vederle da vicino?”.
“Se tu me consentissi sì. Amo osservarti”.
“Prendiamo un caffè al bar di via Longoni? Non voglio che ci vedano insieme qui in zona”.
“Ok”, le dissi accettando immediatamente.
Ci incontrammo al bar. Avevamo stabilito che in pubblico ci saremmo dati rigorosamente del lei. Quando entrai la trovai già seduta ad un tavolino. Le gambe accavallate ed il piede che dondolava avanti ed indietro. Non riuscivo a staccare lo sguardo da quei piedi e da quelle scarpe.
Parlammo del più e del meno e nel corso del discorso mi disse che suo marito non ci sarebbe stato per tutto il pomeriggio. Era un messaggio chiarissimo che si concretizzò quando mi disse che aveva una marea di lavoro da fare e non voleva essere disturbata da nessuno. Quando mi strizzò l'occhio, mi alzai ed andai a pagare.
Mezz'ora dopo eravamo nel suo ufficio. Lei era sdraiata sulla sua scrivania ed io le stavo baciando le scarpe ed il collo del piede. Le avevo già tolto la gonna e la camicetta bianca che indossava. Sotto al collant velatissimo color carne aveva uno slip in pizzo bianco della stessa collezione del reggiseno. Le stavo baciando i piedi con estrema cura per fare attenzione a non rovinare il collant. Gliene sfilai uno dalla scarpa e lo presi in bocca.
“Santo cielo, quanto mi ecciti”, disse ella portandosi una mano sulla passera e cominciando a carezzarsela attraverso il collant.
“Ti piace?”.
“Mmmh…… un casino!”.
Le unghie delle sue dita delle mani ed anche dei piedi erano dipinte di un rosso scuro, molto cupo e per niente volgare. Notai il suo dito medio percorrere veloce il taglio del suo sesso che si intravedeva attraverso collant e slip.
Le sfilai anche l'altra scarpa e mi dedicai anche all'altro piede, poi le rimisi entrambe le magnifiche calzature e la feci scendere dalla scrivania.
A quel punto si inginocchiò davanti a me e mi abbassò i pantaloni. Quella fu la prima volta in cui mi accolse nella sua bocca. Dimostrò di essere parecchio brava anche con la bocca e per almeno dieci minuti dovetti resistere per non venire subito.
Quando Mirela fu certa della stabilità della mia erezione, mi fece capire che era giunto il momento di scopare. Si alzò e con le unghie lacerò il collant all'altezza del suo sesso.
“Ti voglio”, mi disse semplicemente, lasciandomi la libertà di scelta su dove metterci.
Scelsi ancora il divano ma questa volta misi lei sotto. Si sdraiò aprendo le cosce e scostando di lato il perizoma bianco in pizzo che indossava. Notai che si era depilata rispetto alla volta precedente e volli tastarle il sesso. Mi leccai il dito medio e lo infilai dentro di lei lentamente.
“Che fai?”, mi chiese.
“Verifico che tu sia pronta”.
“Lo sono, lo sono, muoviti!”.
A quel punto allora mi sdraiai sopra di lei e dopo aver poggiato la punta del cazzo contro al suo sesso, entrai nel suo corpo. Era calda e morbida anche quel giorno. Sentii il suo profumo entrare nelle mie narici e percepii la sua voglia di essere posseduta. La scopai con ardore e veemenza, senza preoccuparmi se le spinte fossero troppo energiche o meno. Ella comunque non disse nulla. Non smise mai di mugugnare di piacere. Raggiunse un primo orgasmo in seguito al quale mi chiese di cambiare posizione. Mi sedetti io allora sul divano ed ella venne a cavalcioni su di me, come la volta precedente.
“Ho la fica in fiamme”, mi disse prima di sedersi sopra al mio cazzo, facendosi penetrare. Notai con immenso piacere che non si era sfilata le scarpe.
“Grazie per avere tenuto le scarpe”, le dissi.
“Di nulla. So che ti eccitano e più tu sei eccitato, meglio è per me”, mi rispose.
Il mio membro entrava ed usciva dal suo corpo alla velocità della luce e dal suo sesso colava liquido in continuo sopra al mio pube.
“Non pensavo fossi così porca, lo sai?”.
“E non sai ancora molte cose”, mi rispose spingendo poi le tette verso di me.
Le sfilai il reggiseno e le presi tra le mani stringendole. Si vedeva che erano state rifatte, ma non era un lavoro forte ed invasivo. Era un ritoccata di perfezione. Secondo me aveva preso una misura e le aveva in qualche modo sostenute. Le strizzai, poi portai la bocca ad uno dei suoi capezzoli e lo presi tra i denti. Lo succhiai leggermente ed ella si lasciò andare proprio in quel momento ad un altro orgasmo. Il suo corpo vibrò ed il suo sesso si strinse intorno al mio uccello. Sentii la sua fica palpitare ed il quantitativo dei suoi liquidi incrementarsi.
Quando le fu passato si alzò facendomi uscire dal suo corpo. Mi prese per mano e mi condusse fino alla sua postazione di lavoro e mi disse di sedermi al suo posto. Io ero completamente nudo e la situazione mi stuzzicò. Poggiai le chiappe sulla pelle fredda della sua poltrona, mentre ella si sedette sulla scrivania davanti a me.
“Che vuoi fare?”, le chiesi.
“Ti piacciono le scarpe ma ti piacciono anche i piedi, vero?”.
“Ovvio”.
“Allora mi perdonerai se per qualche minuto mi sfilo le scarpe?”.
“Certo. Ma qui siamo a casa tua, quindi sei tu che decidi”.
“Esatto. Ottima risposta. E sempre qui resteremo. Qualora ci sposteremo in un posto alternativo, deciderò comunque io, ok?”.
“Ok, padrona”, le risposi sorridendo.
A quel punto allora si sfilò le scarpe e le appoggiò delicatamente sulla scrivania, in modo che fossero in primo piano per me che le guardavo. Poi si appoggiò all’indietro sulle mani e portò i piedi sul mio cazzo, prendendolo di fatto tra le piante dei piedi. Io sorrisi, complice consapevole e partecipe di quel gioco erotico.
“Ti piace, eh?!?!?”.
“Sei fantastica!”.
“Tra poco lo sarò ancora di più”.
Poi cominciò a sfregare i piedi sul mio cazzo, di fatto masturbandomi, prima lentamente, poi ad un ritmo sempre più frenetico. Guardavo in alternanza sia lei, che i suoi piedi, che le sue magnifiche gambe davanti a me. Morale non ci misi troppo tempo. Dopo quattro, quasi cinque minuti, sentii il piacere giungere da dentro di me. Mirela lo capì subito e sollevò i piedi unendoli davanti a me.
“Vienimi sui piedi, dai”.
“Cazz……”, riuscì appena a dire. Mi alzai leggermente dalla poltrona, presi in mano l’uccello e lo orientai verso i suoi piedini. Il primo getto ne colpì uno sul collo pieno, il secondo getto arrivò fino alla caviglia ed il terzo sulle dita del secondo piede. Fu un orgasmo incredibile al termine del quale mi affossai sulla poltrona, sprofondandoci di fatto. La osservai mentre si sfregò i piedi, l’uno contro l’altro, spargendo di fatto il mio liquido seminale su di essi e sulle calze.
Poi si avvicinò al bordo della scrivania, li allungò poggiandoli sui braccioli della sua poltrona e sostenendosi all’indietro con le mani mi disse:”Io però non ho ancora finito….”.
Capii immediatamente quello che voleva. Allora mi inginocchiai davanti alla scrivania in modo da trovarmi con il viso immediatamente contro la suo sesso e la feci avvicinare ancora più vicino al bordo. Scostai leggermente il suo slip di pizzo, le aprii le labbra con le mani e insinuai la lingua dentro al suo sesso. Mirela sussultò e continuò a sussultare per i successivi dieci minuti, mentre dalla sua figa sbrodolava liquido lungo la mia faccia.
Quando mi disse: “Oh, Dio……Dio….incredibile!!!”, allora mi alzai un po’, le sollevai le cosce e infilai ancor di più la lingua dentro di lei. Fu a quel punto che ella raggiunse il suo ennesimo orgasmo della giornata e dal suo sesso schizzò un getto di liquido che mi colpì in pieno viso e che parzialmente mi entrò in bocca. Era inodore ed insapore e non mi fece schifo. Arretrai leggermente mentre ella si contorse sulla scrivania, in preda allo spasmo del piacere. Si riprese dopo un paio di minuti che io trascorsi, seduto alla sua poltrona, osservandola dopo essermi ripulito il viso dai suoi liquidi.
Era veramente una bella donna, pensai. Dal punto di vista fisico estremamente in forma. Le cosce tornite, i seni piuttosto scolpiti, niente grasso in eccesso. La faccenda che amasse essere al centro della mia attenzione feticistica mi dava una certa soddisfazione.
Osservai anche le sue scarpe, posate sulla scrivania, sexy ed eleganti allo stesso tempo. Mi alzai e ne presi una in mano, mentre anche Mirela si sollevò mettendosi a sedere sulla scrivania con i piedi, imbrattati di sperma, penzolanti.
“Penso che dovrai cambiarti il collant”, le dissi.
“Ne ho un paio nella borsa che tengo sempre in caso di emergenza”, mi rispose.
Poi, alludendo alla scarpa che tenevo in mano, mi chiese: “Sono di tuo gradimento?”,
“Assolutamente sì. Mi piacciono i decolleté classici. Ma anche il modello della nostra prima volta, leggermente aperte davanti. L’importante è che abbiano il tacco e che siano eleganti. Non mi piacciono quei modelli da prostituta dell’Est con il tacco quattordici oppure quei sandalacci con il plateau davanti”.
“Nemmeno a me. Mi sembra che tu sia un intenditore comunque….”.
“In quanto ad eleganza, ci puoi scommettere”.
“E tu mi ritieni una donna elegante?”, mi chiese dando l’impressione che stesse civettando.
“Sì. È una qualità che ti riconosco. Sei una donna elegante e di classe. Sai il fatto tuo e mi sembri una che ottiene ciò che vuole. Non capisco, ma non mi interessa, come tu faccia con tuo marito ma, lo ribadisco, non è affar mio”.
“Esatto”, mi disse a quel punto “hai centrato in pieno, in due modi, l’obbiettivo. Non è affare tuo e sono una che ottiene ciò che vuole. Come te d’altronde. Mi sembra che entrambi abbiamo centrato i nostri desideri. O sbaglio!?!?!”.
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