Legata e Vendicata -- Prima Parte

di
genere
dominazione

LEGATA & VENDICATA
Prima Parte

Si prese cura di me, mi lavò e curò le mie ferite.
Mi guardava e vedevo nel suo sguardo la rabbia per ciò che avevo subito ed anche per la violazione alla sua proprietà.
Sembra una cosa brutta anche solo da pensare, ma per una sottomessa è fondamentale appartenere.
Sentivo le sue dita rallentare sui tagli ai polsi provocati dalle fascette, con le quali mi avevano Legata i tre camionisti che abusarono di me.
Digrignava i denti, stringeva i pugni, era furioso.
Bacio’ i lividi delle percosse.
Sottovoce diceva il mio nome ;”.Mia Mia..Mia..”
Non lo aveva mai pronunciato, mi dava nomignoli, ma mai per nome.

“ Devi chiamare casa”
“ Sono a casa”
“ Chiama tuo marito..Mia.. e digli cosa è accaduto”
“ Ho paura Alex”
‘ Non devi averne ..digli la verità...è ora..digli che non torni da lui… perché sei finalmente a casa..”
“ Alex...ho paura..”
“ Lo so..la sento ..ma è troppo tempo che nessuno si cura di te..sei abbandonata agli eventi...ed io ora...non lo sopporto...non posso...non più...CHIAMA!!”

Composi il numero di mio marito ed il telefono squillo’.

“ Pronto??!! ohh era ora..è viva .. dove cazzo sei finita?..cosa hai fatto?? cosa ti serve??”
“ Sono io..Mia..”
“ Lo so chi sei cretina...lo vedo sul cellulare...Mia???”..hai bevuto?? fumato?..non ti chiami Mia…”
“ Non mi chiamo Mia per te..ma sono Mia...è successo qualcosa hai ragione...e non bella..”
“ Hai disfatto la moto?? Come stai?? dove sei??”
“ No la moto sta bene e adesso anche io...ho subito un'aggressione...non torno.a casa..”
“ Cosa vuol dire non torni?? chi ti ha aggredito?? Tu non sei normale cazzo fai sempre dei casini che poi devo sistemare..deficiente...dove cazzo sei???”
“ Ho detto che sto bene e che non torno..il resto non ti riguarda più..non cercarmi non ti servo più e l’ho capito... di ai ragazzi che...per loro ci sarò sempre se vorranno ma ora mi prendo cura di Me..ciao..”

Riagganciai senza dire altro.

“ Era giusto Mia...è stato difficile lo comprendo...ma era il momento e lo sai..il tuo posto è qui...ho sbagliato...non avrei dovuto lasciarti andare già da stamattina...lo avevo capito.. e di questo mi pentirò finché ..finché…”
“ Che c'è Alex..???”

Mi guardava fisso, non riusciva a parlare, mi accarezzava i lividi e si mordeva le labbra.

“ Finché non vendicheremo l'abuso che hai subito...chi ti ha fatto questo non avrà più sangue nelle vene ne aria nei polmoni...soffrirà più di quanto non hai sofferto tu..questo te lo garantisco...Mia...li cercherò...li troverò e metterò fine alla loro misera vita…”
“ Metteremo...Alex...Metteremo...verrò con te non puoi escludermi per proteggermi... è la mia la carne che hanno violato…”
“ Si Mia...lo faremo insieme...adesso riposati un po’...vieni…”

Accosto’ le tende, mi prese per mano e mi tirò sul letto.
Riuscì anche a farmi sorridere, era preoccupato, arrabbiato, teso come una corda di violino ma restava sempre il Mio Signore ed i suoi modi, non erano sempre garbati e delicati, mi tirò sul letto, ecco perché sorrisi.
Mi svegliai che era quasi sera, mi bruciava ancora dappertutto.
Cercai Alex nel letto, non c'era, accesi meglio i miei sensi ancora assonnati e sentii della musica provenire dalle scale che portano al suo ufficio, forse “L’Inverno” di Vivaldi, ma non ero sicura.
Mi avvolsi nel lenzuolo e scesi.
Restai in silenzio sulla porta.
Lo vidi alla sua scrivania, restai senza parole, come sempre, perché per quanto fossi scossa, accendeva comunque i miei istinti.
Avvolto dalla musica, assorto nelle sue carte e illuminato dal monitor del PC, era bellissimo.
Indossava solo i suoi jeans sgualciti, quelli comodi che gli scendono sulle anche ed era a petto nudo.
Scriveva qualcosa, notai che era mancino perché la destra se la passava sul Quore sfiorando i peli.
Mi avvicinai quasi strisciando per non disturbarlo ma lui mi sentii.
Si voltò appena mettendosi di profilo, non disse nulla, sempre con la mano destra mi fece solo cenno, toccandosi la spalla, di raggiungerlo.

“ Cosa fai??...” chiesi.
“ Ho mandato una mail alla direzione dell'autogrill...per farmi dare la registrazione delle telecamere…”
“ Te l'hanno data???... Alex vorranno una denuncia..non voglio andare alla polizia…”
“ Mia...nemmeno io voglio la polizia tranquilla...con un incentivo in Italia non serve la denuncia...mi hanno già inviato il filmato e sono già risalito alle loro identità…”
“ Sai già chi sono???...come hai fatto??...credo abbiano rotto le telecamere che erano davanti alla toilette...”
“ Lo so...per questo forse saranno tranquilli...ma i tre idioti hanno parcheggiato i camion nell’area dietro il distributore dall'altra parte… e probabilmente non pensavano che…”
“ Che tu ti saresti preso cura di Me”

Mi tirò, ancora, mi tirava in continuazione, mi tirò a sedere sulle sue ginocchia e mi bacio’.

“ Si mi curo di te...Mia...copriamo questi lividi???..non posso più vederli...mi serve..”
“ Si Mio Signore...serve anche a me…”

Si alzò e chiuse a chiave la porta che dava sul salone.
Il suo ufficio era anche il suo rifugio quindi c'era tutto ciò che gli serviva per tramutare i segni della violenza subita, nei lividi del nostro amore.

“ Mia... ti farò male...ho voluto farti entrare nel mio mondo un passo per volta...ma ora non mi tratterrò più in nessun modo...tu non hai colpe per ciò che ti è accaduto...non punisco un tuo sbaglio..voglio che tu capisca questo…”
“ Si Mio Signore...ho capito…”
“ Sfogherò la mia rabbia sul tuo corpo per non vedere più sulla tua pelle le tracce di ciò che...IO...ho permesso che accadesse…il tuo dolore è il mio...non accadrà più...mai più ..Mia...non sarai più sola...adesso dammi il lenzuolo e girati…”

Restai nuda e In Attesa del volere del Mio Signore.

Smettemmo di parlare ed Alex cominciò ad armeggiare con le sue cose.
Estrasse da un armadio una specie di sbarra lunga circa un metro, che all’estremità aveva delle cinghie in pelle per i polsi, poi ne prese un'altra leggermente più lunga per le gambe.
Era come al solito molto concentrato.
Da una trave di legno fissata sul soffitto e ben incastrata alle pareti, pendeva una catena con un gancio.
Lo abbassò tirandolo verso sé e vi aggancio’ la sbarra per le braccia.
Mi fece cenno di avvicinarmi.
Obbedii.
Bloccò i miei polsi con le cinghie, strinse forte.
Prese la sbarra per le gambe e mi costrinse a divaricarle stringendo forte anche le fascette in pelle alle mie caviglie.
Ero nuda, aperta, appesa ed immobile come a formare una specie di X con il mio corpo.
Mi girava intorno, respirava rabbioso, mi pizzicava ora un capezzolo ora l'altro, mi graffiava i fianchi e la schiena.
Passava dolcemente sui lividi dello stupro.
Mordeva le mie natiche.

“ Sei miaaa miaaa Mia...e marchiero’ il tuo corpo perché mi appartiene..”

Tornò all'armadio e si mise a cercare qualcosa, sentivo il tintinnio di altre catene, il fendere l'aria di uno scudiscio ed il fruscio di alcune corde.
Ma non tornò con niente di tutto ciò.
Si mise di fronte a me mostrandomi due piccole pinze collegate fra loro da una catenella in ferro.
Le mise sui miei capezzoli che erano già turgidi, dapprima delicatamente, perché si abituassero, ma poi, lascio’ liberare la presa della molla ed io sentii tutto il dolore improvviso bruciare i miei seni.
Si allontanò di nuovo.
Aprì le ante di un altro armadio, potevo vederne chiaramente il contenuto.
C'erano diversi tipi di fustigatori, alcuni in pelle, altri in legno, di varie grandezze e spessori.
Tornò da me brandendo la sua scelta.
Era un frusta corta e spessa in pelle, formata dal manico all'estremità da un complicato intreccio di strisce di cuoio, nella parte finale più morbida e flessibile vi era posta una fascia più larga.

“ Mia credo tu non sappia cosa sia questa...il nome di questo particolare tipo di frustino...è una “Nagaika” ...è di origine Russa...
l’ho leggermente modificata o ti avrebbe ferito come non voglio...ma dopo averti purificata lo riporterò alla sua originale natura...rimetterò i pezzi di metello sulla fascetta...e il camionista Russo asseggera’ un po’ della vecchia tortura Cosacca…”

Mentre mi spiegava la sua accurata scelta la faceva roteare, la passava sulla mia pelle e sulle sue mani.
Avevo capito le sue intenzioni, quella particolare e antica frusta Russa gli serviva prima, per marchiare il mio corpo con i suoi segni e dopo, a suo tempo, per torturare fino alla morte uno dei miei stupratori, il Russo.
La vendetta va assaporata lentamente e curata nei dettagli ed in questo Alex era bravissimo.

Tornò il silenzio ed iniziò.

Mi frusto’ prima piano e lento.
Cominciò dalle cosce dove avevo i lividi lasciati dalle mani dei tre.
Colpì diverse volte.
Urlavo, bruciava, perché la fascetta arrivava veloce e precisa in un punto fisso.
Lasciava dei segni profondi che diventavano subito rossi.
Venne di fronte a me, tirò le mollette ai capezzoli ed io digrignai i denti.

“ Ahh si??...mostri i denti???...”

Mi arrivò dritto un colpo sul costato, appena sotto al seno.
Riprese la catenella delle pinze e tirò ancora e più forte.
Restai impassibile questa volta.

“ Brava… Mia Preziosa…”

Mi colpiva in ogni punto del corpo dove fosse visibile anche solo la minima traccia della violenza.
Percosse perfino le labbra della mia fica.
Sentivo dolore ma non piansi una lacrima, le avevo già versate tutte quella mattina nel cesso dell’autogrill.
Restai così come mi mise Alex finché non ritenne di essere in pace con se stesso.
Gettò infine la Nagaika, poi mi stupì.
La mia pelle ricoperta di segni rossi ovunque, alcuni più profondi sanguinavano un po’.
Si mise in ginocchio tra le mie gambe aperte e bloccate, mi prese dolcemente le natiche tra le mani.
Mi guardò.

“ Mi dispiace ..amore mio...mi dispiace lecchero’ ogni singolo taglio, ogni graffio..e inizierò dalla tua fica…”

Non capii più nulla, vedevo solo la sua testa tra le mie gambe, sentivo la sua lingua dolcemente avida e le sue mani stringere il mio culo.
Era bellissimo.
Dopo tanto dolore, quel piacere era immensamente infinito.
scritto il
2019-03-07
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