ICO “Tribute” - Collapse and Rebirth

di
genere
sentimentali

Tremava.
Tremava tutto.
Crollava.
Crollava tutto.
La sala del trono stava piano piano cadendo a pezzi.
E insieme a lei tutto il castello.
Ico era inerme.
Disteso per terra come un morto.
Il sangue si era fermato, le due corna spezzate abbandonate sul pavimento di pietra.
Il suo corpo aveva una posizione quasi innaturale.
La sala dei sarcofagi, alle sue spalle, stava piano piano collassando.
Yorda rimaneva nella sua immobile e fredda forma di pietra.
Collassò anche lei.

Si rialzò.
Confusa.
Stordita.
Diversa.
Si guardò le mani.
Mani nere come la pece. Nere come l’ombra che l’aveva oppressa per tutti quegli anni.
Era diventata un’ombra.
I tratti del suo viso non erano più distinguibili.
Yorda era solo una silhouette ombrosa.
Il corpo nudo. Dov’era sparito il suo vestito? Era scoperta e allo stesso tempo non si vedeva niente. Il suo seno e le sue natiche non lasciavano trasparire altro se non le morbide e ancora acerbe curve.
Si sentiva più forte. Il suo corpo aveva come acquistato una forza più adulta.
Si guardò intorno con aria quasi tranquilla, constatando obiettivamente che la struttura stava cadendo in pezzi.
Un pensiero.
Un qualcuno.
Cominciò a camminare verso la sala del trono.

Che strana sensazione. Fino a quel momento si era fatta sempre aiutare da Ico. A malapena riusciva a correre, a saltare o a salire le scale. Era sempre stata debole.
E adesso aveva il suo corpo tra le braccia. Lo aveva sollevato, tenendolo come un cavaliere tiene tra le braccia una fanciulla.
La testa a ciondoloni, le braccia che penzolavano. Un peso morto.
Lo guardò.
Difficile intuire l’espressione di quegli occhi invisibili.
Un misto tra conforto, tenerezza e calma.
Accarezzandolo con le mani nere, si diresse fuori.
All’esterno.

La barca era ancorata al molo.
Massi e pezzi di roccia si staccavano numerosi dalle mura per piombare in acqua.
Il castello stava affondando.
Camminò nell’acqua.
Adagiò il corpo di Ico sulla barca.
E la spinse via.
“Grazie...” un sospiro che riecheggiò nel vento, nelle onde, nella pietra. Un sospiro che pareva un grido.
Yorda lo osservò allontanarsi verso la libertà.
Lei immobile nell’acqua.
Sarebbe affondata insieme al castello.
E con lei la sua maledizione.

Ico non poteva vederlo. Non poteva pregare Yorda di venire con lui. Non poteva dirle che l’amava. Era ancora ad occhi chiusi. I gabbiani volavano sulle rovine della fortezza distrutta.
Il sole brillava sul mare come non faceva da tempo immemore.
La nebbia si era diradata.
L’ombra era sparita. E con essa, ogni prova che fosse mai esistita.
Ico era libero.

Si svegliò dentro la barca. Il rumore delle onde assordante nelle sure orecchie. Era estremamente confuso.
Era sulla spiaggia.
Fuori.
Fuori!
Della fortezza non vi era più traccia.
E neanche di Yorda.
Gli prese il panico. Dov’era?!
Fece per scendere dalla barca e il risultato fu di cadere nell’acqua bassa con un urlo di sorpresa. Quanto era alta quella barca?!
Si guardò attorno.
Niente.
Spiaggia, mare, scogliera e un sentiero che lo avrebbe portato alla foresta.
Il sole picchiava sulla sabbia rendendola accecante.
Ico urlò. Urlò il suo nome. La chiamò in mille modi, correndo a perdifiato lungo il bagnasciuga. Sentiva le lacrime nascere nei suoi occhi.
Lei non era lì.
Non c’era.

Qualcosa era spiaggiato.
Ico aguzzò meglio la vista.
Era difficile vedere con quella sabbia bianca e accecante e le onde non aiutavano per niente.
Quel qualcosa brillava di luce propria.
Ico si mise a correre.
Correre come non aveva mai fatto.
Correre come un disperato.
Aveva le vertigini. Non gliene fregava niente.
Corse e quasi inciampò nella sabbia bagnata.
Si fermò.
La bocca e gli occhi spalancati tra la sorpresa e la gioia.
Le lacrime cominciarono a scendere.
Una di esse cadde sulla mano di lei.
Mosse un dito.
Aprì gli occhi.
Yorda si svegliò calma e tranquilla: “Se...i?”

Fine.

— - — - — - — - —

N.d.A. : La storia di ICO termina qui. So che può essere risultata noiosa per alcuni di voi, ma ci tenevo molto a iniziare questo ciclo “Tribute” in maniera più o meno sobria con uno dei primi videogiochi a cui ho giocato da piccola.
È stato uno dei miei primi amori, non potevo non inserirlo.
Per semplice curiosità, i dialoghi in lingua runica sono in realtà un misto tra la lingua giapponese e l’alfabeto occidentale. In poche parole, hanno preso i vocaboli giapponesi, scombinato i suoni e associato questi suoni alle lettere del nostro alfabeto. Nel videogioco, la lingua runica viene rappresentata attraverso, appunto, delle rune e disegni particolari che qua non potevo riproporre.
Rigiocando il gioco, i dialoghi in runico sono comprensibili perché tradotti in italiano o inglese.
Da qui in poi, si passa alle cose fuori di testa!
Il prossimo videogioco di cui parlerò sarà completamente erotico e a livello comico, quindi spero vi possa annoiare di meno!
scritto il
2019-03-15
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