Gioco sporco
di
Malena N
genere
etero
È che sono fradicia. Le labbra gonfie e morbide pulsano violentemente in cerca di attenzione. Mi è venuta voglia e ora. E ora e subito vorrei soddisfarla. Mi hai scritto delle cose oscene mentre ero intenta a parlare di lavoro con delle persone con cui avevo appuntamento. Le guardavo e sentivo, senza ascoltare neanche una parola. Ho perso la testa come ogni volta ormai. E ora che sono qui, seduta su questa sedia e con le cosce aperte, voglio che tu me le ripeta in bocca le tue oscenità. Mi vuoi puttana fino alle ossa e sai che lo sono. Vuoi che faccia la troia e la sto già facendo, da prima che tu me lo chiedessi. Flirto con un uomo. Uno che non sei tu. Accetto il suo invito, un aperitivo. Cosa ti fa eccitare, dimmi. Vedermi con un altro, disinibita e sciolta, mentre gli sorrido e mi passo la lingua sulle labbra solo per fargli desiderare di essere nella mia bocca? Perché è un pompino che devo fargli, giusto? Lo faccio impazzire con i movimenti sinuosi di cui sono capace. La mano nei capelli, poi sulla guancia per spostarli e scoprire ancora di più il viso. La mano sulla scollatura appena accennata per sistemare il bordo di pizzo della canotta che indosso sotto la camicetta. Le dita sulla bretellina sottile e poi sulla spalla liscia e bianca. Gli occhi fissi sulle sue labbra mentre porta alla bocca il bicchiere di bollicine che mi ha tanto decantato.
Sto facendo la puttana, guarda, eppure mi portano a bere champagne. Come se bastassero un paio di calici di Laurent Perrier per farmi cedere. Un paio di calici di Laurent Perrier senza sapere che ho già ceduto. A te.
Dovremmo dirgli, poi, che sto giocando. Che si sta sforzando inutilmente e che avrebbe ottenuto lo stesso risultato portandomi a bere una birra sul lungomare. Che non mi serve il suo aperitivo di classe, che non mi servono i suoi complimenti esagerati. Dovremmo dirgli che tu sei uno stronzo e che io mi diverto a seguire le tue indicazioni. Che sono qui per eccitarti e perché voglio sentirti dire che ti faccio venire il cazzo duro. Ed è al tuo cazzo duro che penso mentre rido e chiacchiero con disinvoltura.
Solo che ora, ancora su questa sedia e ancora più eccitata, mi è venuta una fottuta voglia di te. Della tua pelle contro la mia. Della tua carne nella mia carne. Del tuo fiato sul collo, della tua lingua nella mia bocca. Ti ho detto che mi piace prenderti fra le tette e stringerti, farti strusciare su e giù e abbassare il mento per leccarti la cappella liscia e calda. Al solo pensiero di ciò che ti ho promesso, i capezzoli sono diventati durissimi e spingono nel reggiseno nero che mi fa sentire stretta e costretta. Dovrei dirgli che sono così accomodante solo perché sto pensando già al dopo. All’eccitazione che sfogherai su di me e alle oscenità che mi ripeterai all’orecchio con la tua voce sensuale. E ti chiederò di ripeterle, all’infinito, finché non mi sentirai godere nella tua bocca.
Si dovrei dirglielo. Dovrei dirgli che ho accettato l’invito solo perché un figlio di puttana vuole vedere fin dove posso spingermi con un altro.
Le mani ora scivolano più giù in un gesto finto che di occasionale non ha nulla. Accavallo le gambe e le stringo con l’intento di fargli credere che sto sistemando la gonna. Ora voglio farti incazzare. Ma incazzare proprio. Così, magari, metti a tacere questa donna impertinente, tappandole la bocca. Con una mano sporca dei tuoi umori o, meglio ancora, con un bacio avvelenato e arrabbiato.
Vuoi sentirmi dire che mi sono divertita? Che sono salita in macchina e gli ho messo la lingua in bocca dandogli così il permesso di mettermi una mano fra le cosce? Che gli ho toccato il cazzo e che era duro e che, prendendomi per la nuca, mi ha accompagnato nelle sue mutande per succhiarglielo? Ma questo non ti fa incazzare vero? Sei scuro in volto perché sto ricominciando con la solita lagna. Mezza nuda e sempre sulla sedia ti vomito ancora in faccia la realtà.
Ci sono andata perché il nostro gioco sporco lo prevede. Perché farti eccitare è quello che più mi fa eccitare. E farti godere è quello che più mi fa godere. Perché mi bagno oscenamente quando mi dici che ti ho fatto rizzare il cazzo e che ora è duro. Perché ti voglio dentro, furioso e arrabbiato, con la voglia di entrarmi in ogni buco. Perché voglio farti un pompino a mestiere come quello che ogni tanto mi mandi a fare. Perché ti voglio qui, ora, su questa sedia. Scomposta e scomoda a farmi scopare come voglio essere scopata. E scurisciti in volto. Urlami in faccia che sono sempre allo stesso punto e annoiati pure ascoltando quello che ho da dire. Sono sempre allo stesso punto, si, e non me ne vergogno.
Sono eccitata ed è te che voglio. Sopra di me, poi sotto di me. Le tette grandi in mano e tu di fronte.
Vieni qui, vieni. Avvicinati. Facciamo l’amore.
Sto facendo la puttana, guarda, eppure mi portano a bere champagne. Come se bastassero un paio di calici di Laurent Perrier per farmi cedere. Un paio di calici di Laurent Perrier senza sapere che ho già ceduto. A te.
Dovremmo dirgli, poi, che sto giocando. Che si sta sforzando inutilmente e che avrebbe ottenuto lo stesso risultato portandomi a bere una birra sul lungomare. Che non mi serve il suo aperitivo di classe, che non mi servono i suoi complimenti esagerati. Dovremmo dirgli che tu sei uno stronzo e che io mi diverto a seguire le tue indicazioni. Che sono qui per eccitarti e perché voglio sentirti dire che ti faccio venire il cazzo duro. Ed è al tuo cazzo duro che penso mentre rido e chiacchiero con disinvoltura.
Solo che ora, ancora su questa sedia e ancora più eccitata, mi è venuta una fottuta voglia di te. Della tua pelle contro la mia. Della tua carne nella mia carne. Del tuo fiato sul collo, della tua lingua nella mia bocca. Ti ho detto che mi piace prenderti fra le tette e stringerti, farti strusciare su e giù e abbassare il mento per leccarti la cappella liscia e calda. Al solo pensiero di ciò che ti ho promesso, i capezzoli sono diventati durissimi e spingono nel reggiseno nero che mi fa sentire stretta e costretta. Dovrei dirgli che sono così accomodante solo perché sto pensando già al dopo. All’eccitazione che sfogherai su di me e alle oscenità che mi ripeterai all’orecchio con la tua voce sensuale. E ti chiederò di ripeterle, all’infinito, finché non mi sentirai godere nella tua bocca.
Si dovrei dirglielo. Dovrei dirgli che ho accettato l’invito solo perché un figlio di puttana vuole vedere fin dove posso spingermi con un altro.
Le mani ora scivolano più giù in un gesto finto che di occasionale non ha nulla. Accavallo le gambe e le stringo con l’intento di fargli credere che sto sistemando la gonna. Ora voglio farti incazzare. Ma incazzare proprio. Così, magari, metti a tacere questa donna impertinente, tappandole la bocca. Con una mano sporca dei tuoi umori o, meglio ancora, con un bacio avvelenato e arrabbiato.
Vuoi sentirmi dire che mi sono divertita? Che sono salita in macchina e gli ho messo la lingua in bocca dandogli così il permesso di mettermi una mano fra le cosce? Che gli ho toccato il cazzo e che era duro e che, prendendomi per la nuca, mi ha accompagnato nelle sue mutande per succhiarglielo? Ma questo non ti fa incazzare vero? Sei scuro in volto perché sto ricominciando con la solita lagna. Mezza nuda e sempre sulla sedia ti vomito ancora in faccia la realtà.
Ci sono andata perché il nostro gioco sporco lo prevede. Perché farti eccitare è quello che più mi fa eccitare. E farti godere è quello che più mi fa godere. Perché mi bagno oscenamente quando mi dici che ti ho fatto rizzare il cazzo e che ora è duro. Perché ti voglio dentro, furioso e arrabbiato, con la voglia di entrarmi in ogni buco. Perché voglio farti un pompino a mestiere come quello che ogni tanto mi mandi a fare. Perché ti voglio qui, ora, su questa sedia. Scomposta e scomoda a farmi scopare come voglio essere scopata. E scurisciti in volto. Urlami in faccia che sono sempre allo stesso punto e annoiati pure ascoltando quello che ho da dire. Sono sempre allo stesso punto, si, e non me ne vergogno.
Sono eccitata ed è te che voglio. Sopra di me, poi sotto di me. Le tette grandi in mano e tu di fronte.
Vieni qui, vieni. Avvicinati. Facciamo l’amore.
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