Il Prete Bello. (Epilogo)

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Il maresciallo non mancò di verificare anche le altre armi compatibili con l’omicidio. La carabina TIKKA T3 Tactical apparteneva ad un commerciante, l’altra la carabina Savage 12 ad un membro del consiglio comunale dello stesso gruppo politico del morto, nonché assessore al bilancio del comune. C’era in tutto questo qualcosa che non andava, lo sentiva a pelle. Si recò dal commerciante, il quale aveva un alibi senza possibilità di contestazione. Il pomeriggio del delitto era distante un centinaio di km, presente ad un convegno di settore, esistevano decine di testimoni che potevano provarlo. Gli fu chiesto se qualcuno avesse la pratica possibilità di poter accedere alle armi, gli fu assicurato di no. Aveva un’unica chiave e lui la custodiva personalmente. Con l’assessore decise di controllare in seguito, sentiva che doveva andarci con cautela, quelli come lui, arroganti e presuntuosi, ci mettevano poco a protestare con i propri notabili di partito e questi pezzi grossi, a loro volta, con i comandi dell’arma. Sapeva che in un attimo potevano rilevargli la conduzione delle indagini.

Eppure, cos’era che non quadrava? Era un tarlo che gli stava rodendo il cervello. In casa rispondeva a monosillabi alla moglie e lei conoscendolo evitava di parlargli.
Più ci pensava, più la conclusione si allontanava.

Il Prete Bello fu convocato alla stazione dei carabinieri. Un milite attese e lo accompagnò. Dietro ad un tavolo c’era un giovane uomo che si presentò come il magistrato inquirente, di lato sedeva il maresciallo, un altro militare vicino alla parete scriveva. Le domande fattegli erano più o meno quelle alle quali aveva risposto in precedenza.
Si rendeva conto che non riusciva a convincere chi lo ascoltava.
Non era più il rispetto per lui persona che ancora tratteneva gli inquirenti da usare metodi più persuasivi, no... solo il timore del suo abito talare e di quello che rappresentava, la reazione che poteva far suscitare. A volte toccare un prete è come mettere le mani in un vespaio. Presto i giornalisti presenti permanentemente nel paese seppero dell’interrogatorio e presero a parlarne nei loro giornali, nei notiziari. La cosa fece molto rumore e presto l’attenzione sul delitto divenne nazionale.

Il GIP scambiò con il maresciallo alcune considerazioni, fuori dell’ufficio, in una sosta dell’interrogatorio mentre bevevano un caffè. Il magistrato era ormai convinto che il Prete Bello fosse l’autore dell’omicidio. L’acquisizione del fucile custodito nell’armeria del Sig. X era cosa fatta, ora andava esaminato dai periti balistici per controllare se aveva sparato di recente. Aveva inoltre la deposizione firmata dalla figlia che confermava ogni parola di quanto detto in precedenza. Il maresciallo molto pacatamente gli fece osservare che avevano il movente, avevano anche un modus operandi possibile ma una vera e propria prova schiacciante non c’era.

E poi... quella maledetta sensazione di star prendendo un granchio colossale? Certamente non poteva esternarla al giudice che non l’avrebbe mai accettata, cercò di consigliargli allora di proseguire con prudenza. Il magistrato rispose che voleva consultarsi con il capo della procura, sentire la sua opinione e se questa era favorevole procedere al fermo ed all’incriminazione. Intanto si doveva trattenere il parroco, non lo si poteva certo lasciarlo andare, c’era il pericolo di fuga.

Il Prete Bello sentiva che era ad un punto determinante della sua vita, comunque andasse a finire nulla poteva tornare ad essere come prima. Ora voleva lei, voleva condividere con lei, costasse quello che costasse, ogni attimo della sua vita futura. Ma avevano ancora un futuro? Ora che era sospettato di un delitto atroce? Non si permetteva più neanche di chiedere l’aiuto divino dato che aveva tradito così proditoriamente il suo dovere di prete e uomo. Gli sembrava ipocrita anche il solo pregare ed evitò di farlo.

La lettera anonima era in viaggio verso il suo destinatario. Per i misteri della burocrazia mai risolti, doveva, prima di raggiungere un indirizzo situato a poche decine di metri dalla bussola postale dove era stata imbucata, raggiungere il capoluogo di provincia, qui essere smistata e poi rimandata per la consegna. Ci volevano tre giorni lavorativi.

Il capo della procura invitò a soprassedere. Per adesso dovevano seguitare ad interrogare il Prete Bello, dovevano insistere, farlo cedere, solo con una sua piena confessione si poteva essere sicuri dell’incriminazione e della condanna. Le prove erano solo indiziarie.
Il maresciallo condivise questa decisione.

La vedova del sindaco non si spiegava l’assenza del Prete Bello, non sapeva che fosse stato trattenuto dai carabinieri. Nessuno sapeva dove fosse, era preoccupata. Intanto era assediata dai giornalisti, non poteva neanche lasciare casa.

Poi la lettera arrivò a destinazione.
Un carabiniere l’aprì e immediatamente la consegnò al maresciallo, il quale capì che aveva trovato il bandolo della matassa, aveva in mano l’assassino.
Stranamente proprio in quell’attimo seppe chiarire anche la cosa che lo angustiava da giorni.
Il motivo che gli impediva di ritenere colpevole il Prete Bello!
L’armadio delle armi del Sig. X.!
Era coperto di polvere, polvere di moltissimi giorni, forse settimane! Nessuno poteva averlo aperto! Il Prete Bello non poteva aver usato quel fucile.

Il parroco, il Prete Bello, era innocente.

La lettera molto voluminosa, di diverse pagine, spiegava dettagliatamente ogni cosa. Il perché, il come.
L’assassino era tranquillo. Non era minimamente a conoscenza di quanto stava accadendo e l’arrivo del maresciallo a casa non lo inquietò più di tanto, ma mentre questi parlava la sua sicurezza andò scemando. Ora era in assoluta fibrillazione. Come potevano sapere tutte queste cose? Questi dettagli? Fu invitato a recarsi immediatamente in caserma. Il maresciallo stesso lo accompagnò.

Quanto può essere vendicativa una donna!
La moglie dell’assassino, amante del sindaco, esultò di una crudele gioia quando vide il marito dover seguire il carabiniere in caserma. Aveva portato, con quella lettera anonima, tante e tali prove da rendere schiacciante l’incriminazione. Le prove delle malversazioni, i numeri di conti correnti dove erano state depositate le somme e dove trovare una di quelle pallottole modificate dal marito simile a quella usata per l’assassinio.
L’uomo, messo alle strette, crollò dopo poche ore d’interrogatorio, neanche era a conoscenza della tresca della moglie con il sindaco, non era questa la causa dell’omicidio. La vera causa era una consistente appropriazione di beni del comune, veri e propri furti, reato scoperto dal sindaco che voleva denunciarlo.
Questo avrebbe causato la perdita di tutti i benefici faticosamente raggiunti.
Da qui il passo fino all’omicidio fu breve.

Il Prete Bello?
Lo scandalo, sia pur circoscritto nell’ambito ecclesiale, ci fu e la minaccia di trasferimento in chissà quale località lo fece decidere ad iniziare la sua guerra particolare con le autorità religiose contro l'ipocrisia imperante e infine, sotto pressione, si decise ad abbandonare la tonaca. Questo fra mille difficoltà e minacce di ritorsioni varie. Lui non cedette e la scelta di cosa fare fu sua, solo sua.

Il Prete Bello vive ora con la sua donna.
E’ quasi naturale che non abbia potuto vivere facilmente da subito la storia d’amore con la donna che ama, condizionati ambedue da mille cose negative.
Ma ora vive con lei e con i figli di lei.
Se gli manca qualcosa della vita da religioso non lo fa mai pesare, ogni attimo le dimostra il suo amore con dei piccoli gesti d’affetto. Sono una bella coppia, lei bionda e lui bruno. Belli e riservati.
E’ felice per quanto è possibile. La sua passione è ancora viva, arde di un fuoco perenne.
Sono passati mesi da allora, vivono lontano dal luogo dell'omicidio e il tempo ha coperto solo parzialmente con la sua polvere quanto è accaduto.
A volte ricordano quei giorni ma evitano di parlarne.
di
scritto il
2019-05-08
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