Karina e Vladimir cap.1 - L'uragano sessuale

di
genere
etero

Un uragano.
Ecco.
La sensazione dell'uragano poteva sicuramente dare l'idea di quello che Karina aveva attraversato in quelle ultime due ore.
Era stata colpa sua. Lo aveva stuzzicato per settimane in previsione di quella serata alla quale si era presentata con un vestito troppo sexy, dei tacchi troppo alti, uno spacco troppo sensuale ed una voglia di essere sedotta incredibile.
Vladimir non aveva fatto altro che assecondare il fiume di sensazioni dentro al quale Karina lo aveva portato, senza esagerare e senza cadere in fallo.
Avevano giocato per giorni tra battute con secondi fini, occhiate fugaci, risatine complici e qualche parola di troppo ed era ormai giunto il momento di concretizzare.
Quella sera si sarebbero accoppiati, lo sapevano entrambi da giorni. Non si poteva tirare così tanto la corda, come aveva fatto Karina, senza pensare che ad un certo punto essa si sarebbe rotta. Alla fine lo volevano entrambi, ma nessuno dei due sapeva come sarebbe accaduto.
Quando aveva scelto quell'abito in lamé dorato, sapeva benissimo a cosa sarebbe andata incontro e quando era arrivata e lo aveva guardato negli occhi per alcuni istanti, Vladimir non aveva tradito il proprio essere un maschio alpha. L'aveva scopata con lo sguardo.
Sedersi vicino a lui era praticamente stato un obbligo.
Nessuno in sala si era accorto di quando Vladimir aveva allungato la mano destra infilandola direttamente in mezzo alle calde cosce di Karina. Lei aveva sussultato ma non aveva potuto dire nulla. Lui si era voltato verso di lei e, conscio della superiorità che vantava nei suoi confronti essendo il suo responsabile diretto, le aveva sorriso. Lei aveva mantenuto la calma e le gambe accavallate, tenendo di fatto la mano di lui al caldo.
Avevano mangiato e bevuto. Bevuto forse anche un po’ troppo ed entrambi avrebbero poi dato la colpa all’alcool per la leggerezza con la quale si erano allontanati dalla sala da pranzo, allestita al piano terra di quel grande albergo di Mosca di cui la loro società possedeva una quota di maggioranza, per salire nella camera che Vladimir aveva riservato per loro due per quella sera all’ultimo piano.
Non erano più tornati e non si erano nemmeno preoccupati di quello che avrebbero detto o pensato i colleghi di lavoro che avrebbero notato la loro assenza. In ascensore si erano stretti la mano, intrecciando le dita e poi si erano dati il loro primo bacio della loro storia. Appassionato ed impetuoso come era stato quell’ultimo periodo tra di loro.
Quando ci pensava, Karina immaginava sempre la loro storia come la miccia di un esplosivo. La accendi quasi inconsapevole, poi comincia a serpeggiare correndo sempre più veloce verso l’esplosivo ed alla fine c’è la vera e propria detonazione.
Quella sera sarebbe giunto il momento della detonazione.
Karina lo aveva capito quando lui non aveva smesso di baciarla nemmeno quando l’ascensore aveva aperto le sue porte. Davanti a loro c’era la porta bianca della stanza. Vladimir aveva armeggiato con la tessera magnetica e l’aveva aperta, non senza fatica ma senza smettere di baciarla.
Si volevano entrambi.
Le mani dell’uomo avevano viaggiato lungo il suo corpo, morbido e formoso, ansiose di scoprire che forme avesse ogni parte di lei. Karina, con le sue Louboutin nere classiche dal tacco altissimo, era alta quanto Vladimir, ma lui era decisamente più prestante rispetto a lei. Quasi novanta chili di muscoli per una altezza di più di centottanta centimetri, decisamente ben distribuiti.
Erano entrati nella stanza grandissima, quasi un appartamento, baciandosi e lui aveva chiuso la porta dandole un calcio. Erano restati fermi per qualche attimo in mezzo all’ingresso e lui ne aveva approfittato per stringerle le chiappe tra le mani. Karina aveva sempre avuto un fondoschiena sodo e sporgente e Vladimir non si era mai limitato semplicemente ad osservarlo. Spesso si era lasciato andare a commenti piccanti ed occhiatine non troppo fugaci.
“Non vedevo l’ora di toccare questo bel culo”, le aveva detto con il suo accento ucraino non appena avevano smesso di baciarsi.
Karina aveva sorriso, poi lui l’aveva presa per mano e l’aveva condotta fino al grande divano dove si erano seduti. Davanti a loro una bottiglia di vodka e due bicchieri. Vladimir li aveva riempiti entrambi e ne avevano ingurgitato il contenuto in una frazione di secondo. Alla goccia, senza fiatare. Poi l’uomo si era lanciato su di lei senza darle il tempo di respingerlo cosa che, ovviamente, non avrebbe mai fatto. Partì baciandola sul collo e lei lo lasciò fare. La mano sinistra dell’uomo si poggiò sul suo ginocchio e lentamente risalì lungo il suo interno coscia, dove si soffermò per alcuni minuti. Indossava un collant nero estremamente leggero e trasparente. Sapeva che a Vladimir piaceva e lo aveva scelto proprio per lui.
“Le tue gambe mi fanno impazzire, lo sai vero?!?!”, le aveva chiesto in sottofondo.
“Certo. Per quello ho scelto questo vestito stasera”.
La sua mano allora era risalita ancora e lei aveva aperto leggermente le cosce. La mano era calda e lei lo era allo stesso modo. Sentì il palmo dell’uomo fermarsi sul suo sesso e con tutta la mano cominciare ad accarezzarle la passera.
“Non vedevi l’ora di toccarmi, eh?!?!?”.
Era una situazione terribilmente eccitante e lo divenne ancora di più quando Vladimir si fermò all’istante e le disse:”Togliti il vestito, dai”.
Karina allora si alzò in piedi davanti a lui e mentre lui si sfilò la giacca e la cravatta, prese il vestito dal basso e se lo sollevò fin sul capo, gettandolo lontano. Sotto ad esso non indossava il reggiseno perché il vestito aveva la schiena quasi completamente nuda. Rimase quindi solo con il collant, un perizoma nero e le scarpe.
“Ti piaccio?”, gli chiese mettendosi in posa con le mani sui fianchi.
Vladimir se ne stava sprofondato nel divano, la camicia completamente aderente al suo fisico da palestrato, una mano poggiata sul cazzo che cominciava a generare un certo rigonfiamento nel pantalone nero. Era un bell’uomo, non c’era dubbio. Non era l’uomo della sua vita, questo era chiaro, ma era un uomo da scopare. Quella era la missione a cui puntava Karina negli ultimi tempi e quella sera l’avrebbe compiuta.
“Altroché”, rispose lui con il suo solito accento ed un sorriso compiacente.
La vodka le aveva dato sia un certo calore fisico che un certo torpore dei sensi.
A quel punto si era avvicinata al divano ed era salita cavalcioni su di lui, spingendo i seni rigogliosi verso il volto dell’uomo che le aveva preso subito i seni tra le mani per cominciare poi a baciarli.
“Che bei capezzoloni!”, aveva mormorato staccando per un attimo la bocca dalle sue tette. Karina aveva sempre avuto, sin da piccola, i capezzoli grossi ed erano sempre stati un suo cruccio. Quando però molti uomini avevano cominciato ad apprezzare questa sua caratteristica, la sua preoccupazione era passata.
Aveva abbracciato la testa completamente calva di Vladimir e lo aveva tenuto stretto contro alle sue tette mentre aveva cominciato a sfregare il proprio sesso, ancora coperto da perizoma e collant, contro al cazzo già duro dell’uomo.
Due ore dopo a quel momento, mentre giaceva sul divano con l’impressione di essere stata vittima di un uragano, si sarebbe pentita di tutta quella intraprendenza e della libertà di azione lasciata a Vladimir, ma erano aspetti che non poteva conoscere del suo responsabile professionale.
Stanco di succhiarle le tette e desideroso di possederla, lui l’aveva fatta sdraiare sul divano ed in pochi secondi aveva strappato il suo collant, scostato il perizoma con le mani ed affondato la lingua tra le pieghe della fica di Karina che, per l’occasione, era stata completamente depilata.
“Lo sapevo che non avrei trovato nemmeno un pelo qui sotto!!!”, aveva esclamato lui, contento di trovarsi davanti una fichetta glabra. Poi l’aveva leccata con maestria ed esperienza, portandola due volte all’orgasmo nel giro di pochi attimi. Karina aveva imparato in quel momento che Vladimiri, come lo chiamava spesso, non era un amante qualsiasi. Era attento e scrupoloso. Al secondo momento di godimento di Karina si era alzato ed era rimasto immobile, con le braccia conserte ad ammirare gli spasmi dell’amante che si contorceva per il piacere.
Poi si era spostato verso il tavolino, si era ingurgitato un altro bicchiere di vodka, si era abbassato i pantaloni mostrando una vistosa erezione e le aveva detto:”Penso sia giunto il momento che mi mostri quanto sei brava. Ed io sono certo che tu lo sia Karina”.
Lei allora si era sollevata e si era messa a sedere sul divano. Praticamente il cazzo di Vladimir, già quasi eretto, era davanti al suo viso. Aveva alzato lo sguardo mentre il suo responsabile si sbottonava la camicia, liberando poi il proprio fisico, curato e strutturato, frutto di ore di palestra serali. Con la mano destra allora aveva preso quel cazzo piuttosto grande e se lo era guidato in bocca scoprendone il sapore acre, ma non troppo forte.
“Succhia, succhia!!!”, lo aveva sentito dire mentre aveva percepito il suo cazzo gonfiarsi dentro alla sua bocca ed aveva sentito i primi mugugni di piacere dell’uomo. Sapeva di essere brava e Vladimir glielo confermava in ogni attimo, apprezzandone l’azione.
“Ancora un attimo, dai…. Succhia ancora un attimo che poi ti prendo”, le aveva detto e lui le aveva poggiato la mano sul capo incitandola all’azione.
Lei si era dedicata a lui ancora un attimo, poi lui aveva deciso che era venuto il momento di prenderla e lei lo aveva lasciato fare, lasciando di fatto a lui l’iniziativa e commettendo di fatto un errore madornale.
Lui l’aveva fatta sdraiare sul divano, poi si era liberato dei pantaloni che si erano afflosciati alle caviglie, di calze e scarpe. Completamente nuda si era inginocchiato tra le gambe di Karina e dopo aver poggiato il suo cazzo contro al sesso della ragazza, era entrato dentro di lei con un colpo secco.
Lei lo aveva accolto aprendo le cosce al massimo. Era grosso e duro. Dovette ammettere che Vladimir ci sapeva fare. Sapeva mescolare dolcezza e violenza allo stesso tempo.
Karina aveva inarcato la schiena e si era sistemata in modo da poter essere più comoda nell’azione.
Da quel momento in avanti Vladimir non smise mai di scoparla per almeno un’ora e mezza, senza mai mostrare il minimo segno di cedimento.
Da quella posizione passarono ad una posizione più comoda con lui seduto sul divano e lei a cavalcioni. In quella posizione era lei a dettare il ritmo ma con repentini colpi di reni, lui entrava dentro di lei facendole sentire il cazzo fin nei reni.
Fu in quella posizione che Karina provò il suo ultimo orgasmo della serata. Arrivò alla fine di una lunga e velocissima serie di colpi che Vladimir le assestò uno dietro l’altro. Lui la lasciò godere affondando il volto tra le sue tette e succhiandole i capezzoli.
A quel punto Karina era esausta, si sentiva sfinita. Ma Vladimir aveva bisogno di altro ancora e dal divano fece sì che si trasferissero in camera dove un gran letto con delle lenzuola in seta li attendeva.
Karina aveva ancora le scarpe, ma Vladimir gliele sfilò prima di farla salire sul letto.
Il letto fu la sua condanna.
L’uragano Vladimir la colpì in pieno, impossessandosi di lei in ogni modo. L’alcool ed il sesso iniziale l’avevano messa in uno stato d’animo piuttosto confusionale. Si sentiva come ovattata e lui la trattò come una bambola gonfiabile. Si trovò in più occasioni a sperare che lui venisse dentro di lei per interrompere quel martellamento continuo, ma questo non accadde per un’altra ora.
Lui la scopò da sopra e dal dietro e venne solo quando lui decise di penetrarla analmente.
Karina non aveva una grande esperienza, ma non era certamente vergine da quel lato.
“Sei davvero bella Karina” le aveva detto “E sai qual è il tuo lato che apprezzo maggiormente, vero?”.
Lei era sdraiata di pancia, con la guancia destra sprofondata nel materasso e lo sguardo perso nel nulla. Lui le stava tenendo aperte le chiappe con le mani e le stava leccando l’orifizio. Sentì la sua lingua umida attorno ed anche dentro al suo buco, poi lo sentì sputarci sopra.
Quando si era sentita aprire le carni, aveva urlato e lui le aveva tappato la bocca con la mano destra.
Aveva spalancato gli occhi e si era messa carponi per tentare di agevolare la penetrazione che era cominciata lentamente ma stava già cominciando a prendere il solito ritmo martellante. Le dolevano sia lo sfregamento che la dilatazione a cui il suo orifizio era sottoposto.
Quando, tre ore dopo, si era svegliata in quel letto e si era alzata per rivestirsi, chiamare un taxi e tornare a casa, lasciando Vladimir nel letto che dormiva, dal suo culo erano usciti dei liquidi che avevano sporcato le coperte. Erano un mix di sangue e sperma visto che alla fine lui, dopo aver lanciato un grido di battaglia, era finalmente venuto copiosamente nel suo culo. Aveva sentito il getto dentro al suo corpo, poi lo aveva sentito lentamente sgonfiarsi.
Si erano addormentati pochi secondi dopo che lui era uscito dal suo corpo.
Una volta alzatasi dal letto, si era sfilata il collant che era completamente lacerato ed inutilizzabile ed era tornata nell’ingresso indossando il vestito e le scarpe. Aveva l’impressione di essere stata schiacciata da un caterpillar. Come se un camion l’avesse investita. Le faceva male ovunque. Il di dietro più di tutto. Scrisse un veloce biglietto per Vladimir, ringraziandolo per la serata.
Quando era uscita dall’albergo non era stata vista da nessuno. La festa dell’azienda era finita da ore ormai. Si addormentò anche nel taxi che la condusse a casa e quando arrivò alla propria abitazione non ci mise troppo tempo ad addormentarsi nuovamente.
Due giorni dopo avrebbe rivisto Vladimir e si chiese se avrebbe cambiato il proprio atteggiamento di fronte a quell’uomo che l’aveva posseduta come un oggetto e l’aveva ridotta ad uno straccio. Lo doveva governare, non c’era dubbio, ma lui aveva mostrato di essere una vera e propria forza della natura. Avrebbe dovuto usare tutte le sue armi di seduzione e di femminilità per ammaestrarlo ed era certa che, con fatica, ci sarebbe riuscita.
scritto il
2019-06-03
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