Maria e la sua disabilità cap.2 - Al cinema

di
genere
feticismo

Da quel giorno in avanti Maria divenne la mia compagna ed amante. La nostra storia si intensificò sia dal punto di vista sentimentale che sessuale. Da questo lato io la trasformai in quel feticcio sessuale al quale io avevo sempre anelato: una donna bellissima con una gamba sola. Maria e la sua menomazione riuscivano ad eccitarmi a 360 gradi. Mi bastava guardarla, osservarla o semplicemente sentirla raccontare delle sue difficoltà o della sua storia per eccitarmi incredibilmente.
Scoprii di essere un feticista delle amputazioni ed in particolare di quelle di questo tipo. Erano gli anni Ottanta ed a quel tempo non c’era internet per capire tutte le sfaccettature del mio feticismo. Scoprii per caso su una rivista medica questo tipo di “devianza” sessuale e in una biblioteca cittadina approfondii la questione con qualche testo sull’argomento. Mi feci le basi di quello che negli anni 2000, con l’avvento di internet, scoprii essere un feticismo piuttosto diffuso.
Maria fu la mia musa. Quella che mi garantì l’ingresso in questo mondo. Ogni tanto la osservavo mentre saltellava per casa sul piede sinistro, senza utilizzare le stampelle e la cosa mi eccitava un sacco. Ero perennemente eccitato quando ero insieme a lei e la cosa rendeva piuttosto felici entrambi.
Erano gli anni in cui andavano di moda i leggings ed ella ne aveva di svariati colori e fantasie, tutti abilmente ricuciti da una sarta della città, sotto al suo moncone. Amavo accarezzarlo con le mani anche se quella zona per lei era estremamente sensibile. Non sempre mi lasciava fare ciò che volevo anche se spesso mi accontentava. Quando guardavamo la tv sul divano, lei sedeva sempre alla mia destra. Certe volte cominciavo ad accarezzarle la gamba sinistra ed il suo interno coscia per poi passare in fretta al moncone ed ella mi lasciava fare. Ci eccitavamo subito e da quello passavo alla sua passera, carezzandogliela attraverso il nylon del leggings. A quel punto Maria poggiava a sua volta la mano sulla mia patta, scoprendomi eccitato e lentamente mi sbottonava i pantaloni, estraendo il mio membro.
Iniziavamo così, lentamente ed in silenzio, senza baciarci né abbracciarci e senza nemmeno togliere lo sguardo dalla tv. Maria si bagnava quasi subito ed i suoi umori attraversavano sia l’intimo che indossava che il legging stesso. A quel punto io inserivo la mano dentro di essi e mi facevo strada con le dita dentro di lei. I nostri respiri cominciavano a farsi affannati ma quello era un gioco che ci piaceva terribilmente. Ci masturbavamo fin quasi all’orgasmo, restando impassibili l’uno vicino all’altro e poi, quando non resistevamo più, ci accoppiavamo.
Una volta provammo questo gioco anche in un cinema.
Era una sera di marzo e ci recammo in un cinema del centro per vedere un film che aveva scelto Maria. Era il solito film sentimentale, noioso e strappalacrime, che lei amava e che io guardavo semplicemente per renderla felice. Mentre pagammo il biglietto ed entrammo in sala, notai gli sguardi delle persone su di noi, in particolare degli uomini su Maria. Era una ragazza molto bella ed il fatto di vederla avanzare, con le stampelle, una scarpa con il tacco e su una gamba sola, attirava parecchi sguardi. Quella sera eravamo anche stati fuori a cena ed ella era piuttosto elegante. Indossava una scarpa nera con dei collant color carne, una gonna nera con la cerniera davanti, una dolcevita nera ed un trench color corda. La primavera cominciava a farsi sentire ma c’era del vento, motivo per cui aveva scelto il trench.
La maschera ci fece accomodare in ultima fila, negli ultimi due posti vicino alla scala sulla destra. Io mi misi al penultimo e lei alla mia destra, come quando a casa guardavamo la tv. Poggiò le sue stampelle e a terra poi si sedette sulla poltroncina. Io le cinsi le spalle con un braccio ed iniziammo a guardare il film. Passata un’ora io ero incredibilmente stufo. Cercai di baciarla, ma lei mi disse che voleva vedere il film. Quando però, durante una scena amorosa del film, poggiai la mano sul suo ginocchio sinistro e la feci lentamente risalire lungo il suo interno coscia, lei non mi disse nulla. La cerniera della sua gonna si aprì leggermente mentre la mia mano risaliva e quando fu esattamente al livello del suo moncone, ella mi disse:”Che stai facendo? Ma sei matto?!?!?”.
“Tanto non ci vede nessuno”, le risposi. Effettivamente quelli seduti nella fila davanti a noi erano impossibilitati a vederci, mentre eravamo gli unici ad essere seduti nell’ultima fila.
“Tu sei pazzo!”.
“Io sono pazzo di te Maria!”, le sussurrai.
Lei non rispose ma con la mano destra sollevò leggermente la cerniera della gonna e spostandosi leggermente mi consentì di poggiarle la mano sul sesso. Era già calda. La accarezzai lentamente e con dolcezza mentre ella poggiò la testa sulla mia spalla. Sentii il suo respiro aumentare di intensità e la sua mano sinistra venire a poggiarsi sulla mia patta. Il cazzo mi si gonfiò immediatamente. Vidi le sue dita della mano con le unghie dipinte di un rosso scuro, picchiettare sulla mia patta e sfregare su di essa e mi eccitai incredibilmente. Nel frattempo la mia mano le accarezzava il sesso attraverso il collant e lo slip e percepivo già i suoi umori che stavano bagnando i tessuti.
“Sei calda”, le sussurrai a bassa voce.
“Così mi fai impazzire”, mi disse.
“Anche tu”.
“Ci sentiranno, lo sai”.
“Non se andiamo nei bagni”.
“Mmmhhh….a fare cosa?”, mi chiese lei.
“Quello che qui non possiamo fare”.
“Ma sei matto?!?!”.
“Sì Maria, te l’ho già detto. Sono pazzo di te”.
“Continua, ti prego….”.
Proseguii, nonostante sentivo il cazzo esplodere sotto i pantaloni di tela che indossavo, finché Maria non fu completamente bagnata. Collant e slip erano totalmente intrisi dei suoi umori. Per evitare di bagnare anche la gonna, aveva aperto completamente la cerniera e l’aveva sollevata mettendosi praticamente a sedere sulla pelle della poltrona.
Nessuno ci vedeva, questo era certo.
Il primo orgasmo la colse inaspettata. Sobbalzò sulla sedia e si allungò, stendendo la gamba ed il piede sinistro e tenendosi stretta la mia mano contro al suo sesso. Si portò persino una mano alla bocca per evitare che uscissero mugugni che avrebbero potuto concentrare l’attenzione degli altri spettatori su di noi.
“Ti voglio. Subito”, le dissi perentorio.
“Dove?”.
“Ci alziamo e qui dietro c’è un bagno in fondo al corridoio. Andiamoci insieme”.
“Ok”, rispose Maria.
Si abbassò la gonna e con il mio aiuto si alzò. Prese le stampelle lasciando borsa e trench sulla poltrona e si diresse verso il corridoio. Io la seguii non senza aver controllato che nessuno facesse caso al nostro spostamento. Quel cinema aveva già un bagno per i portatori di handicap e vi entrammo subito, chiudendo a chiave la porta. Lei si poggiò con le natiche al lavandino facendomi capire che voleva essere presa lì mentre io le presi le stampelle e le poggiai ad un angolo del bagno. Mi inginocchiai davanti a lei e le sollevai la gonna fino in grembo. Il suo collant era completamente fradicio ed i suoi slip altrettanto. La gamba destra del collant era stata annodata sotto al suo moncone. Il piede del collant penzolava, orfano del suo contenuto. Con le mani lacerai il collant e scostai lo slip lateralmente, poi le passai la lingua sulle labbra. La sua fica profumava dei suoi umori, del suo godimento di qualche attimo prima.
“Alzati, ti voglio”, mi disse ella.
Allora mi alzai abbassandomi simultaneamente i pantaloni e piegandomi leggermente davanti a lei, entrai nel suo corpo. Quanto mi piaceva scopare Maria. Lei mi cinse con le braccia e sollevò il moncone poggiandolo al lavandino per stare più comoda e lasciarmi maggiore spazio d’azione. Restammo lì in piedi qualche minuto, poi vidi che il water dei disabili aveva il coperchio. Allora lo abbassai e mi sedetti, chiedendo a Maria di salire a cavalcioni su di me.
La aiutai a saltellare per quel paio di metri che separavano il lavandino dal water e poi ci sistemammo. Quando lei si abbassò entrai direttamente dentro di lei. Quella era una delle mie posizioni preferite. Potevo stare comodo, palpeggiarle i glutei e soprattutto carezzarle la coscia sinistra ed il moncone. Quel pezzo di carne che per Maria era fonte di dolore e di sconforto, per me era fonte di piacere. Quando non ero con lei e ci pensavo mi eccitavo immediatamente.
“Sei bellissima”, le dissi guardandola negli occhi.
“Ne sei sicuro?”.
“Si, si, sono sicuro! Sei stupenda!”.
“E se avessi entrambe le gambe?”.
“Lo saresti altrettanto!”, le risposi mentendo ma fingendomi sincero. Mentivo perché Maria era una ragazza stupenda, ma quella sua menomazione mi eccitava esponenzialmente. Maria mi sarebbe piaciuta comunque ma la sua amputazione accresceva il desiderio che provavo nei suoi confronti. Avevo imparato a convivere con questo pensiero, senza però mai rivelarglielo. Non sapevo cosa ne avrebbe pensato e nonostante spesso mi chiedesse perché non mi infastidisse osservarla o toccarla in quella zona del suo corpo, la cosa non la preoccupò mai.
Maria poggiò le mani sulle mie spalle, aiutandosi con esse nel movimento oltre che con il piede sinistro. Io la aiutavo con le mani a fare su e giù su di me e nei momenti in cui doveva riposarsi faceva avanti ed indietro con il bacino senza sollevarsi. Sentivo in continuazione il mio cazzo scorrere alla perfezione dentro di lei. La sentivo godere e lei sentiva il piacere che provavo io. Ci abbracciammo forte e per pochi attimi diventammo una cosa sola, due corpi che si muovevano allo stesso ritmo, alla ricerca della stessa cosa che giunse, non inaspettata, qualche minuto dopo.
Maria non riuscì a trattenere del tutto il proprio urlo di piacere ed io restai allibito per quanto a lungo fosse durato il suo orgasmo.
Quando rientrammo in sala nessuno si era accorto di nulla. Ci risedemmo agli stessi posti di prima e terminammo di vedere quel film di cui, ero certo, non mi ero perso nulla.
“Lo rivedremo in tv, quando lo daranno”, mi disse lei.
“Se non staremo facendo quello che abbiamo fatto in bagno”, le risposi.
scritto il
2019-05-25
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