Cadorna, stazione di Cadorna (capitolo 4)
di
Mister Pink
genere
masturbazione
4. Lo specchio
Rapiti dall’ennesima serata calcistica, Marco e Matteo lanciarono un distratto “Ciao mamma” a Silvia, che seguendo una scia profumata si diresse in cucina.
“Ciao Piero, scusa il ritardo” sussurrò Silvia, mentre sollevandosi sulle punte indirizzava un bacio sulla guancia al marito che, dandole le spalle si stava esibendo ai fornelli. “Ho finito tardi e poi ho pure sbagliato uscita della metro” disse, mentre con il petto aderiva alla schiena del marito.
“Senti senti, deve fare fresco fuori stasera” sogghignò Piero, al quale non era sfuggito lo sfregare dei capezzoli della moglie sulla schiena. Ma quando si girò, Silvia sculettando aveva già preso la strada del bagno.
“Fai presto o la cena si fredda” le urlò mentre sentiva la porta chiudersi.
“No, non fa fresco, anzi! È solo che ho una tremenda voglia di essere scopata” fu il pensiero che attraversò la mente di Silvia.
Davanti al grande specchio, lo sguardo eccitato puntato verso la sua figura, Silvia cominciò un lento spogliarello. Sbottonò i bottoni della giacca e con i lembi aperti indugiò per qualche sulla visione della camicetta bianca, il bottone ancora slacciato dall’incursione della mano di pochi minuti prima. “Guardati qua” si disse mentre lentamente fece scivolare la giacca a terra e poi, con una lentezza esasperata, iniziò a sbottonare la camicia. “È così che ti piacerebbe guardarmi?” si rivolse con l’immaginazione al misterioso uomo della metropolitana, mentre un bottone dopo l’altro la camicetta si apriva, lasciando spazio a un reggiseno nero di pizzo. Quando tutti i bottoni furono aperti, Silvia afferrò i lembi della camicia e la tirò fuori dalla gonna, i seni ancora protetti dal reggiseno che svettavano all’infuori, uno sguardo famelico sul volto. In trance, salì con le mani verso le sue coppe, poi avvolse i capezzoli tra le dita e, con una mossa fulminea che le strappò un piccolo gemito, li strinse con forza, roteandoli verso l’interno. “Ti piacciono le mie tette, ammettilo” continuò il monologo silenzioso di Silvia, ormai partita per la tangente dell’immaginazione. “E non hai ancora visto nulla” pensò, mentre la mano destra afferrò la cerniera della gonna, la fece scendere e poi, con la complicità della sinistra liberò il gancetto che teneva il tailleur ancorato ai fianchi. “Guarda!” continuò lo strip tease riservato al suo specchio, mentre la gonna cadeva ai suoi piedi rivelando un paio di mutandine anch’esse nere che mostravano un alone di eccitazione all’altezza del pube. “Sì, ho la fica bagnata, non senti l’odore?” fece Silvia, gli occhi verdi piantati in quelli gemelli che le si rifrangevano addosso, mentre la mano scivolava piano sotto l’elastico per andare a contornare le labbra fradice di desiderio. “È buono sai?” disse mentre ritraeva la mano per portarsela tra le labbra. “Ma a te ancora non basta, vero?”. Incrociando le braccia, fece scendere le spalline del reggiseno, poi lo sgancio e quando abbassò le mani lungo i fianchi, i suoi seni spuntarono liberi maestosi, appena inclini a obbedire alla legge di gravità, i capezzoli enormi, pungenti, duri come il marmo. Quindi, inarcando il culo all’indietro, le mani sui fianchi, iniziò ad abbassare lentamente le mutandine, con movimenti studiati, mentre i suoi occhi non abbandonavano l’immagine riflessa nello specchio, neppure quando, ormai il culo oscenamente inarcato, le gambe dritte, le mutandine non raggiunsero le caviglie.
Ormai calata nella parte di una strip teaser, Silvia si rialzò, le mani aperte che accarezzavano la pelle, poi prima la gamba destra, poi la sinistra scavalcarono le mutandine e la gonna. “Come avevi detto che mi volevi? Nuda con solo queste scarpe addosso? Che dici, ti piace lo spettacolo?” continuò il suo discorso silenzioso. Con una mossa felina allargò leggermente le gambe, mentre la mano tornò all’altezza dell’inguine. Le dita solleticarono dolcemente la piccola striscia verticale di peli, poi tornarono ad abbassarsi, sfiorando il bottoncino che gonfio di desiderio spuntava tra le labbra e si infilarono in profondità nella sua voglia.
Preda di un desiderio irrefrenabile, Silvia cominciò a masturbarsi con ferocia, le dita da due diventarono tre, il movimento sempre più rapido e convulso, lo sciacquio dei suoi umori sempre più forte nella stanza, i sospiri spezzati, le ginocchia sempre più flesse per consentire alla mano di affondare sempre più prepotentemente i colpi. Quando l’orgasmo la raggiunse, gli occhi per un attimo furono avvolti da un velo nero, mentre le gambe cedettero all’improvviso e Silvia si ritrovò a boccheggiare inginocchiata davanti allo specchio.
“Piero, preparati che stanotte ti distruggo…” fu il messaggio mentale che lanciò al marito. Poi, le mani ancora pregne del suo sapore, si tolse le scarpe, raccolse i vestiti, si infilò la vestaglia e raggiunse Piero a tavola.
Rapiti dall’ennesima serata calcistica, Marco e Matteo lanciarono un distratto “Ciao mamma” a Silvia, che seguendo una scia profumata si diresse in cucina.
“Ciao Piero, scusa il ritardo” sussurrò Silvia, mentre sollevandosi sulle punte indirizzava un bacio sulla guancia al marito che, dandole le spalle si stava esibendo ai fornelli. “Ho finito tardi e poi ho pure sbagliato uscita della metro” disse, mentre con il petto aderiva alla schiena del marito.
“Senti senti, deve fare fresco fuori stasera” sogghignò Piero, al quale non era sfuggito lo sfregare dei capezzoli della moglie sulla schiena. Ma quando si girò, Silvia sculettando aveva già preso la strada del bagno.
“Fai presto o la cena si fredda” le urlò mentre sentiva la porta chiudersi.
“No, non fa fresco, anzi! È solo che ho una tremenda voglia di essere scopata” fu il pensiero che attraversò la mente di Silvia.
Davanti al grande specchio, lo sguardo eccitato puntato verso la sua figura, Silvia cominciò un lento spogliarello. Sbottonò i bottoni della giacca e con i lembi aperti indugiò per qualche sulla visione della camicetta bianca, il bottone ancora slacciato dall’incursione della mano di pochi minuti prima. “Guardati qua” si disse mentre lentamente fece scivolare la giacca a terra e poi, con una lentezza esasperata, iniziò a sbottonare la camicia. “È così che ti piacerebbe guardarmi?” si rivolse con l’immaginazione al misterioso uomo della metropolitana, mentre un bottone dopo l’altro la camicetta si apriva, lasciando spazio a un reggiseno nero di pizzo. Quando tutti i bottoni furono aperti, Silvia afferrò i lembi della camicia e la tirò fuori dalla gonna, i seni ancora protetti dal reggiseno che svettavano all’infuori, uno sguardo famelico sul volto. In trance, salì con le mani verso le sue coppe, poi avvolse i capezzoli tra le dita e, con una mossa fulminea che le strappò un piccolo gemito, li strinse con forza, roteandoli verso l’interno. “Ti piacciono le mie tette, ammettilo” continuò il monologo silenzioso di Silvia, ormai partita per la tangente dell’immaginazione. “E non hai ancora visto nulla” pensò, mentre la mano destra afferrò la cerniera della gonna, la fece scendere e poi, con la complicità della sinistra liberò il gancetto che teneva il tailleur ancorato ai fianchi. “Guarda!” continuò lo strip tease riservato al suo specchio, mentre la gonna cadeva ai suoi piedi rivelando un paio di mutandine anch’esse nere che mostravano un alone di eccitazione all’altezza del pube. “Sì, ho la fica bagnata, non senti l’odore?” fece Silvia, gli occhi verdi piantati in quelli gemelli che le si rifrangevano addosso, mentre la mano scivolava piano sotto l’elastico per andare a contornare le labbra fradice di desiderio. “È buono sai?” disse mentre ritraeva la mano per portarsela tra le labbra. “Ma a te ancora non basta, vero?”. Incrociando le braccia, fece scendere le spalline del reggiseno, poi lo sgancio e quando abbassò le mani lungo i fianchi, i suoi seni spuntarono liberi maestosi, appena inclini a obbedire alla legge di gravità, i capezzoli enormi, pungenti, duri come il marmo. Quindi, inarcando il culo all’indietro, le mani sui fianchi, iniziò ad abbassare lentamente le mutandine, con movimenti studiati, mentre i suoi occhi non abbandonavano l’immagine riflessa nello specchio, neppure quando, ormai il culo oscenamente inarcato, le gambe dritte, le mutandine non raggiunsero le caviglie.
Ormai calata nella parte di una strip teaser, Silvia si rialzò, le mani aperte che accarezzavano la pelle, poi prima la gamba destra, poi la sinistra scavalcarono le mutandine e la gonna. “Come avevi detto che mi volevi? Nuda con solo queste scarpe addosso? Che dici, ti piace lo spettacolo?” continuò il suo discorso silenzioso. Con una mossa felina allargò leggermente le gambe, mentre la mano tornò all’altezza dell’inguine. Le dita solleticarono dolcemente la piccola striscia verticale di peli, poi tornarono ad abbassarsi, sfiorando il bottoncino che gonfio di desiderio spuntava tra le labbra e si infilarono in profondità nella sua voglia.
Preda di un desiderio irrefrenabile, Silvia cominciò a masturbarsi con ferocia, le dita da due diventarono tre, il movimento sempre più rapido e convulso, lo sciacquio dei suoi umori sempre più forte nella stanza, i sospiri spezzati, le ginocchia sempre più flesse per consentire alla mano di affondare sempre più prepotentemente i colpi. Quando l’orgasmo la raggiunse, gli occhi per un attimo furono avvolti da un velo nero, mentre le gambe cedettero all’improvviso e Silvia si ritrovò a boccheggiare inginocchiata davanti allo specchio.
“Piero, preparati che stanotte ti distruggo…” fu il messaggio mentale che lanciò al marito. Poi, le mani ancora pregne del suo sapore, si tolse le scarpe, raccolse i vestiti, si infilò la vestaglia e raggiunse Piero a tavola.
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