Karina e Vladimir cap.2 - La scopata in ufficio

di
genere
etero

“Quando sei con me, sia che siamo al lavoro, sia che siamo a spasso, devi essere porca. Punto. Non voglio vedere pantaloni, sneakers, ballerine, gonne lunghe o cose del genere. Sono stato chiaro?”.
Vladimir glielo aveva detto ridendo, ma con tono autoritario. Era accaduto in quel pomeriggio di sesso, nell’ufficio dirigenziale situato al terzo piano della palazzina dove aveva sede la società per cui lavoravano nel centro di Mosca.
Karina non aveva potuto non notare l’inflessione dell’accento ucraino che l’uomo portava con sé fin da quando era emigrato con la famiglia molti anni prima da Kiev. Era la stessa cosa per lei che veniva da Cracovia in Polonia e che non aveva comunque ancora perso la sua inflessione, nonostante fossero anni che vivesse in Russia. Erano stranieri entrambi ed il karma li aveva fatti incontrare.
Dopo quella sera in albergo, non si erano più visti fino al lunedì mattina.
Nel corso del weekend Karina si era riposata ed aveva smaltito gli effetti della ripassata che Vladimir le aveva inferto quel venerdì sera, nel corso del loro primo incontro di sesso. Lui non l'aveva contattata nel corso del weekend e lei aveva fatto lo stesso. Al lunedì mattino lui non era in ufficio e non si era fatto vedere nemmeno al martedì. Sulla sua agenda c'erano diversi appuntamenti fuori sede per i quali aveva preso anche un volo aereo. Si erano rivisti solo al mercoledì quando lui era rientrato in ufficio.
Si erano incontrati, insieme a diverse altre persone alla macchinetta del caffè attorno alle 9:30 e lui, come aveva fatto qualche giorno prima, l'aveva scopata già con lo sguardo. Effettivamente Karina era una delle donne più belle della sede, forse la più sensuale e femminile tra le ragazze assunte in quegli uffici.
Quel giorno indossava una gonna con una strana fantasia piuttosto corta, un dolcevita color oro, e degli stivaletti con il tacco neri in tessuto che sembravano un tutt'uno con il collant nero coprente che aveva scelto per quella mattina.
Un paio di ore dopo pranzo, lui l'aveva convocata nel suo ufficio. Le aveva dato un ordine particolare che lei aveva eseguito alla perfezione, prima di recarsi da lui. Quando era entrata Vladimir era al telefono e senza smettere di parlare e di squadrarla da capo a piedi, le aveva indicato la seggiola davanti alla sua scrivania. Terminata la conversazione aveva premuto il pulsante per non essere disturbato e le aveva chiesto come stesse.
“Bene. E tu?”.
Era la prima volta che si parlavano dopo alla nottata al termine della quale lei se n'era andata lasciandolo dormiente in albergo.
“Adesso che ti vedo decisamente meglio. Sei molto bella anche oggi, complimenti”.
“Grazie”, gli aveva risposto, quasi intimidita e lusingata da quel complimento.
Quando quella sera, nuovamente demolita, pensò a quel pomeriggio si chiese se fosse giusto, se le piacesse veramente e dove l'avrebbe condotta quella storia con Vladimir. Si chiese se qualcuno sospettasse qualcosa del loro rapporto anche se, da quanto le era parso di capire, nessuno aveva notato né la loro assenza alla festa, né la sua per quella ora quel pomeriggio.
Poi lui si era alzato, aveva girato attorno alla scrivania ed alla sedia sulla quale lei era seduta, si era messo in piedi dietro di lei e, dopo averle scostato i capelli, le aveva poggiato le mani, forti e calde, sulle spalle. Gliele aveva massaggiate per un paio di minuti, senza dire nulla e lei si era rilassata.
“Hai fatto quello che ti ho chiesto?”, le aveva detto senza smettere di massaggiarle spalle e collo.
“Sì”.
Allora lui aveva fatto scendere le sue mani dalle spalle alle sue tette e le aveva stretto i seni tra le mani, quasi soppesandoli. Lei aveva cominciato ad eccitarsi.
“Mi piacciono le tue tette, lo sai vero?”.
“Sì, me lo hai detto in albergo, qualche giorno fa”.
“Sollevati la gonna, dai. Fammi vedere che lo hai fatto veramente”.
Karina allora aveva sollevato la gonna mostrandogli che, come lui le aveva chiesto prima, si era recata in bagno e si era tolta gli slip restando solamente con il collant. Poi si era voltata verso di lui e gli aveva detto:”Visto che l'ho fatto?”.
In quel momento si era accorta che il loro rapporto era qualcosa di perverso. Aveva visto nei suoi occhi un misto di sensazioni. La felicità di vedere che lei avesse fatto quanto richiesto, ma anche il desiderio di possederla. Gli occhi indemoniati di chi di lì a pochi minuti si sarebbe lanciato in una cavalcata frenetica ed eccitante al tempo stesso.
“Sei brava Karina, sei davvero brava. Per questo avremo un sacco di successo insieme”, le aveva detto. Poi si era sporto in avanti ed aveva appoggiato la mano destra sulla fica della ragazza, senza smettere di palpeggiarle la tetta sinistra.
Mentre lei aveva cominciato a mugugnare di piacere, lui aveva scoperto quanto fosse già eccitata.
“Sei già calda. Sei una super figa!”, le aveva detto spingendo le mani attraverso il nylon e facendo entrare le dita dentro al suo sesso.
Poi si erano lasciati andare al loro secondo incontro intimo. Senza smettere di strofinare il palmo della mano contro al collant di Karina, sotto al quale la sua fica aveva cominciato ad inumidirsi, Vladimir si era piegato in avanti e quando lei si era voltata, l'aveva baciata con passione. Lei aveva sentito i propri liquidi impregnare il collant e quando lui aveva interrotto il bacio per dirle quanto la desiderasse, lei gli aveva risposto: ”Anche io. Completamente, come l'altra volta”.
Sempre quella sera, quando si ritrovò sola prima di dormire, ripensò allo strano effetto che le faceva Vladimir. Da un certo punto voleva trattenersi, senza lasciarsi andare così follemente in quella storia ed in quei momenti di sesso ma dall'altro non riusciva minimamente a frenarsi. Lui aveva su di lei l'effetto della miccia per il detonatore. La faceva esplodere. Eliminava completamente le sue resistenze.
Prima di spogliarsi totalmente, lui l'aveva fatta godere una volta senza farla alzare dalla sedia, semplicemente accarezzandole il sesso e, dopo aver lacerato il collant, giocherellando con il suo clitoride.
“Quanto mi piace la tua fica rasata”, le aveva detto mentre Karina sussultava in preda al piacere più puro ed entusiasmante.
“Adesso mi spoglio”, le aveva detto poi “Togliti la gonna ed il dolcevita e vieni a succhiarmi il cazzo”.
Anche in quella occasione aveva obbedito e quando lui si era seduto, completamente nudo, sulla poltrona presidenziale in pelle dietro alla scrivania, lei si era inginocchiata davanti a lui e lo aveva accolto totalmente nella bocca. Faceva su e giù con la testa come se stesse scopandogli il cazzo con la bocca e allo stesso tempo lo masturbava con le mani, senza trascurare i suoi testicoli.
“Succhiami i coglioni”, le aveva detto ad un certo punto. E lei lo aveva fatto. Per la prima volta nella sua vita aveva preso in bocca i testicoli di un uomo. Non avevano sapore, se non quello del suo corpo. Erano duri e sembravano pieni del suo liquido che poi avrebbero rigettato fuori.
Qualche attimo dopo l’aveva fatta alzare ed aveva voluto scoparla in piedi, davanti alla scrivania. Le aveva fatto togliere dolcevita, reggiseno e gonna ed ella era rimasta solo con collant lacerati e stivaletti. Le aveva chiesto di alzare una gamba e di poggiare il piede su una delle sedie poste davanti alla scrivania, poi le si era parato davanti e dopo essersi piegato leggermente sulle gambe, era entrato nel suo corpo senza alcun timore di farle male.
“Oh Cristo! Scopami, scopami!!!”, gli aveva detto lei sentendosi riempire totalmente.
Lui l’aveva accontentata subito. Non si era limitato nell’azione e nemmeno nelle spinte, facendola sobbalzare più di una volta e costringendola, qualche minuto dopo, a sdraiarsi sulla scrivania ed a divaricare al massimo le gambe per agevolare la penetrazione.
“Quanto mi ecciti Karina!”, le aveva detto prendendole le caviglie con le mani e sollevandole invece le gambe a squadra. Lei aveva incrociato i piedi e lui se li era poggiati sulla spalla destra, continuando a spingersi dentro di lei con foga. Aveva veramente un cazzo di una dimensione e durezza notevole, aveva pensato Karina.
“Ti piaccio, vero? Ti eccito? Ti piace scoparmi nei modi che vuoi tu, vero?”.
Erano tre domande, banali forse, ma incrementarono l’eccitazione dell’uomo.
“Si! Si! Era una vita che volevo fotterti!”, le aveva risposto lui.
“Fammi venire dai, spingi! Spingi!”.
Lui allora aveva incrementato le spinte e Karina era venuta una seconda volta. D’impulso lo aveva scansato, obbligandolo ad uscire dal suo corpo e portandosi una mano sulla fica in fiamme, si era goduta al massimo quell’orgasmo incredibile. Aveva dondolato il suo corpo sulla scrivania senza volersi perdere nemmeno un attimo.
Vladimir era rimasto in piedi ad osservarla, compiaciuto del suo godimento, con il cazzo in tiro. Quando il suo piacere si era placato, l’aveva aiutata a scendere dalla scrivania e l’aveva condotta fino ad una grande poltrona, posta vicino alla finestra.
Vi si era seduto e poi, mostrandole il proprio membro, le aveva chiesto di raggiungerlo. Quell’uomo era davvero dotato fisicamente. Non che non avesse mai avuto uomini con un cazzo delle stesse dimensioni, ma Vladimir univa a quella dotazione anche un fisico scolpito ed una resistenza incredibile. Sembrava uno che si faceva di Viagra quotidianamente.
“Vieni qui. Adesso voglio il tuo culo”, le aveva detto.
Aveva degli atteggiamenti da attore di film hard, cosa che secondo lei aveva guardato spesso.
Lei gli si posizionò davanti, dandogli la schiena e poi arretrò di qualche passo finendo per sedersi a cavalcioni sopra di lui. Si era abbassata lentamente in modo che Vladimir potesse avere il tempo per puntare il proprio cazzo contro al suo orifizio. Abbassandosi lentamente lo aveva sentito entrare dentro di sé. Aveva cercato di rilassarsi al fine di rendere più facile l’ingresso. Era grosso ma lo aveva già preso e sapeva che lui era instancabile.
“Quanto mi piace scoparti il culo!”, le aveva detto.
Era l'uomo più volgare che avesse mai avuto, ma quel modo in cui lui le si rivolgeva e come la faceva sentire oggetto del suo desiderio e delle sue fantasie, la attraeva.
Lui la prese per i fianchi e la aiutò nel saliscendi sul suo cazzo, mentre lei per aiutarsi poggiò le mani sulle sua ginocchia.
“Ti fa male?”, le chiese.
“Un po'. Sei troppo grosso amore mio...”, le rispose ironica.
“Amore mio?!?!?”, le disse lui.
“Non mi riferivo a te, ma a quello che sta entrando nel mio di dietro!”.
Vladimir proruppe allora in una fragorosa risata.
Quando lui fu completamente dentro al suo culo, lei sollevò le gambe e si appoggiò all’indietro su di lui, mentre Vladimir la tenne in braccio senza smettere di fare avanti ed indietro nelle sue carni. Le piaceva la penetrazione anale, le dava degli stimoli che la solita scopata non le generava. Poggiò la gamba destra a terra per sorreggersi e prese la mano di Vladimir guidandosela fin davanti al suo sesso.
“Toccami la figa, dai. Mi piace quando mi scopano il culo e mi toccano in contemporanea!”.
Lui lo fece. Lei aveva detto quella frase appositamente. Serviva a fargli capire che non era l'unico uomo ad averla e che ella poteva in qualsiasi momento farsi scopare da altri.
Vladimir incrementò il ritmo confermando che il messaggio di Karina aveva colpito a segno. Nel frattempo la sua mano prese ad accarezzarle velocemente la passera e due delle sue dita entrarono direttamente nella sua vagina.
“Sì! Sì!”, disse lui.
Karina pensava che la situazione creatasi avrebbe accorciato la resistenza di Vladimir, ma non fu così. Lui le scopò il culo per altri venti minuti e venne solamente quando lei fu costretta a simulare un orgasmo grazie alla masturbazione frenetica a cui l'aveva sottoposta.
Gli disse che la stava facendo impazzire in entrambi i buchi e lo esortò a spingere ed a spingere sempre più forte. Si sentì in qualche modo rompere il culo e quando le sembrò di svenire, le venne l'idea della finzione. Era talmente tanto il dolore dietro che non avrebbe mai più potuto godere quel pomeriggio. Vladimir rallentò solo quando ebbe scaricato completamente il proprio seme nel suo ano.
Quando lei si ripulì, prima di rivestirsi, qualche minuto dopo, nella carta trovò sangue e sperma. Il primo era certamente il proprio ed era dovuto ad una lacerazione che impiegò un paio di giorni a guarire.
Quando tornò alla sua postazione di lavoro, dovette sedersi di fianco. Nessuno notò nulla perché prima di uscire dall’ufficio di Vladimir si ricompose totalmente. Lui restò completamente nudo ad osservarla rivestirsi.
“Che guardi?”, gli chiese lei.
“La più bella figa dell’ufficio”.
scritto il
2019-07-26
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