Lara cap.1 - Nello scompartimento del treno
di
FrancoT
genere
etero
Ero partita per quel weekend a Barcellona con un sacco di aspettative.
Ero la testimone di nozze della mia amica Raquel che, dopo un fidanzamento di otto anni, era finalmente convolata a nozze con Felipe. Ci conoscevamo fin dalle elementari ed eravamo rimaste in strettissimo contatto fino a quando lei si era trasferita per andare a vivere con lui. Insieme ne avevamo combinate un sacco, prima del suo fidanzamento.
Avevo raggiunto la Catalogna da Madrid al giovedì pomeriggio e sarei rimasta fino a domenica, giorno del mio rientro nella capitale. I preparativi erano già completati e quindi io e Raquel saremmo rimaste insieme dal giovedì sera fino al sabato mattino, giorno del matrimonio. Era novembre ma non faceva troppo freddo. Si poteva uscire tranquillamente con la gonna ed una giacchetta non troppo pesante. Meglio mettere le calze, anche se non eran necessarie.
Abbiamo trascorso il giovedì sera fino a tarda notte in locali del centro e ci siamo divertite un sacco. Io avevo pensato anche di venire rimorchiata da qualcuno ma nonostante la mia bellezza ed il mio look piuttosto succinto, nessuno si era fatto avanti. Persino Raquel me lo aveva fatto notare chiedendomi se avessi scelto il look in maniera proporzionale al tempo con cui non andavo con un uomo. Era vero. Aveva centrato in pieno l’obbiettivo. Erano due mesi che non avevo una frequentazione fissa e quindi avevo riposto in quel weekend un po’ di speranze.
Sono una bella ragazza mora di trent’anni, con un fisico regolare, senza eccessi e non ho problemi a mostrare il mio fisico. Eppure in questo weekend non ho ottenuto nulla. Né al giovedì sera, né al venerdì, né al matrimonio nel corso del quale ero obbiettivamente la damigella più bella. Avevo notato un sacco di sguardi nel corso della giornata del matrimonio da parte degli uomini presenti, ma nessuna proposta e la cosa mi aveva infastidita. Avevo scelto un tubino nero che metteva in mostra il mio fisico e soprattutto il mio lato b, abbinato a delle scarpe nere, delle calze lucide ed un bel girocollo di perle. Molti uomini erano accoppiati e questi erano quelli che mi squadravano maggiormente, quelli liberi non erano per nulla attraenti. Quello che mi aveva dato maggior soddisfazione, ma era al di là della irraggiungibilità, era stato il padre dello sposo. Un attraente settantenne in perfetta forma fisica dotato di quel fascino che deriva anche dalla maturità. Con garbo ed educazione si era complimentato non senza farmi capire che, se solo avesse potuto, mi avrebbe sbattuta nel bagno come la peggiore delle prostitute, lasciandomi peraltro soddisfatta. Ci avevo anche pensato ma era un rischio troppo grande e non sapevo nemmeno se lui lo avrebbe corso.
E così tutte e tre le sere ero tornata a dormire da sola nel mio letto d’albergo in una camera troppo grande solo per me.
Nella borsa mi ero portata persino i preservativi per eventuali casi di emergenza e adesso, mentre sono sul treno di ritorno da Barcellona a Madrid, sono ancora nella borsa intonsi.
Comincio a pensare di avere perso lo smalto o di essere invecchiata. Un tempo questo non sarebbe accaduto. Avevo sempre trovato qualcuno che a fine serata finiva nel letto con me, anche senza impegnarmi. Invece stavolta nessuno.
Sono triste.
A rompere la mia tristezza sopraggiunge il controllore. Sono nell’ultimo scompartimento della mia carrozza e sono sola. Apre la porta e si ferma osservandomi.
“Buonasera signorina. Biglietto prego”. Sorride vagamente.
Lo guardo e mi sembra di vedere il padre di Felipe, anche se questo ha certamente più di una decina di anni di meno. Non penso superi i 55 anni e sembra anche fisicamente ben messo. È uno sportivo, non c’è dubbio.
Contraccambio il saluto e dalla borsa estraggo il biglietto che mi vidima immediatamente, poi entra nel mio stesso scompartimento e si siede, lontano da me, verso la porta, senza dire nulla. Io continuo a guardare il paesaggio, nonostante il buio, che scorre veloce fuori dal finestrino. Lui resta zitto. Ha la solita divisa e fino a prima di sedersi anche il cappello d’ordinanza. Sembra un portalettere.
Si sente solo il rumore del treno. Lui socchiude gli occhi ed appoggia la testa all’indietro.
Capisco che ha terminato il suo turno e che attende il proseguo del viaggio, riposandosi un attimo. Ha delle belle mani e non porta alcuna fede ed io comincio a fantasticare su una ipotetica veloce avventura sessuale in quello scompartimento. Un po’ mi vergogno di me stessa, ma è probabilmente troppo tempo che sono lontana dal piacere generato da un uomo.
Sento una certa eccitazione che comincia a farsi strada dentro di me. Accavallo le gambe, quasi ad impedirle di liberarsi, ma percepisco che non accenna a diminuire. Socchiudo gli occhi e lo immagino che si alza, mi abbassa il collant, mi strappa gli slip e mi prende da dietro mentre io lo accolgo piegata a novanta con le mani ferme contro al finestrino. Questo non accade e comincio a sperare che se ne vada in fretta. Giuro che non appena esce mi infilo una mano nello slip e mi soddisfo da sola, penso.
Anche questo non accade, ma dopo alcuni minuti si sveglia ed apre gli occhi. Mi guarda fisso e poi sorride come a scusarsi di essersi appisolato.
“Buonasera”, gli dico simpaticamente, quasi a rompere il silenzio.
Lui si scusa, dice di aver finito il turno da poco e di essere stanco.
Da quella semplice frase inizia una chiacchierata piacevole e non banale. Anche lui è di Madrid, fa quel lavoro da molto tempo, gli piace la musica rock ma anche la classica. Anche io gli racconto velocemente di me e del mio weekend a Barcellona. Manca circa un’ora all’arrivo a Madrid. Continuiamo a parlare e di lì a poco cambia completamente la situazione quando lui si complimenta con me per le mie scarpe. Sono sempre stata una amante, quasi una feticista, delle scarpe e dei tacchi e quel giorno indosso un paio di decolleté fucsia con un vistoso fiocco in punta di uno stilista spagnolo.
“Comunque, se mi permette, volevo complimentarmi con lei per la scelta delle scarpe, sono meravigliose”.
“Grazie”, gli rispondo quasi stupita, nonostante avessi notato i suoi sguardi sia sui miei piedi che sulle mie gambe.
“E lei lo è altrettanto”, dice infine.
È quella la frase che, in pochi attimi, cambia tutto portandoci a fare quello che nessuno di noi due quel mattino stesso o solo qualche ora o minuto prima avrebbe pensato di fare. Gli rispondo che sono lusingata da quel complimento e questo genera una conversazione che di attimo in attimo diventa più piccante. È quasi una gara tra noi due a chi vuole dimostrare di sbilanciarsi, ma senza avere il coraggio di farlo ed è quando vedo il suo sguardo inchiodato sul mio piede che dondola avanti ed indietro che la discussione sterza verso la via del non ritorno.
Lui si sposta di un posto. Adesso è più vicino. Io ho una voglia pazzesca. Nessuno dei due si azzarda a fare la prima mossa, ma lui ormai brama di piacere ed io mi porto dietro l’insoddisfazione cocente del weekend. Mi studia, mi osserva anche se sembra temere che si scateni qualcosa che non riesca a governare.
Lo scontro fisico comincia ad approssimarsi con le parole. Il discorso cade volutamente su argomenti dai doppi fini, parole complici e tese a generare quell’incontro da entrambi inaspettato. Scavallo le gambe ed il mio ginocchio sinistro si ferma contro al suo, quasi involontariamente. Ho una gonna non troppo corta, di quelle leggere e svolazzanti che arriva al ginocchio. Gli chiedo scusa e a quel punto lui mi dice di non scusarmi. La cosa gli fa piacere. Cala il silenzio. Ci guardiamo fissi negli occhi, quasi come accade nei film western. Durerà quattro, forse cinque secondi, ma sembra un eternità. Poi lui si alza all’improvviso e si viene a sedere vicino a me. Sento il suo odore di maschio e di una lunga giornata lavorativa, ma non mi interessa.
Mi dice che sono bellissima ed io non gli rispondo. Lui è un bell’uomo, non c’è dubbio. Avvicina la testa alla mia e ci baciamo. Ha un buon sapore. Una bocca carnosa ed è bravo. Come sospettavo in pochi secondi la sua mano si appoggia sul mio ginocchio sinistro e da lì risale lentamente il mio interno coscia. Sono un fuoco e sento vampate di calore ovunque.
Sono davvero strane le cose che accadono nella vita.
Avevo trascorso un weekend intero con l’intenzione di essere scopata da qualcuno, avevo a disposizione una stanza d’albergo in cui soggiornavo da sola e mi trovavo a fare sesso in uno scompartimento del treno con i minuti contati per l’arrivo nella stazione di Atocha. Eravamo ripartiti da Saragozza da un po’ e quindi non avevamo più di una cinquantina di minuti a nostra disposizione. Alla fine ne utilizziamo quasi quarantacinque.
Cominciamo con un bacio prolungato durante il quale la sua mano si insinua sotto la mia gonna. Apro le gambe per permettergli di toccarmi dove, in uno scompartimento di un treno, non mi aveva mai toccata nessuno. Mi accarezza attraverso il collant ed il perizoma e nel frattempo continua a baciarmi. Quando stacca la sua bocca dalla mia, mi bacia sul collo e dietro le orecchie. Sento il sesso bagnarsi e farsi desideroso di essere soddisfatto. A quel punto porto la mia mano destra sul suo pacco, scoprendolo già eccitato e duro.
“Possiamo?”, gli chiedo riferendomi al luogo nel quale stavamo per approcciarci al fare sesso.
“Nei due scompartimenti prima di questo non c’è nessuno. Sono vuoti. Il bagno è sul lato opposto. Non c’è motivo per il quale qualcuno venga qui, ma tiriamo lo stesso le tende, è meglio”, risponde lui.
Poi si alza, guarda fuori, chiude le tende e con un attrezzo particolare che toglie dalla giacca, chiude la porta a chiave.
“Perfetto. Adesso non ci disturberà nessuno”, dice voltandosi. Poi resta di stucco. Io ho sollevato un piede poggiandolo sul sedile. La mia gonna maculata si è sollevata e lo sto praticamente aspettando a gambe spalancate. L’ho fatto perché lo volevo stupire ed ottengo questo risultato. Lo vedo deglutire. Mi dice che sono splendida e poi si inginocchia tra i sedili davanti a me, andando ad affondare il viso tra le mie cosce. Mi bacia e mi lecca le cosce e poi mi mordicchia la fica. Mi pento subito di avere scelto il collant e non delle autoreggenti come faccio spesso, ma chi se lo sarebbe immaginato quel mattino di trovarmi in quella situazione?
Sotto sono perfettamente depilata e di lì a poco lui se ne accorge quanto interrompe la sua azione per rompere con le mani il collant e scosta di lato il mio perizoma nero.
“Ma chi sei tu?!?!?”, mi chiede guardandomi dal basso “Da dove ti hanno catapultata qui davanti a me?”.
Io lancio una grassa risata e gli rispondo che preferisco non raccontarglielo. Poi gli appoggio una mano sul capo e gli spingo il viso contro alla mia fica. Ho una voglia pazza di sentire la sua lingua dentro di me e attorno alle mie labbra. Voglio che prenda tra i denti il mio clitoride e lo succhi con avidità.
“Leccami, dai. Non vedo l’ora…. Sembra una vita che ti sto aspettando!!!!”.
E lui mi lecca. Obbedisce. È bravo e diligente e, soprattutto, sa come muovere la lingua. Mi fa impazzire per dieci minuti e godo. Godo come una cagna. Non vedevo l’ora di un orgasmo che avevo atteso invano per tutto il weekend. Lo assaporo tutto, senza urlare, ma stritolandogli la faccia tra le mie cosce toniche grazie alla attività fisica che svolgo spesso.
Dimentico di essere nello scompartimento di un treno e di avere i minuti contati. A quel punto voglio il cazzo e lui stesso vuole portare a termine il suo compito.
Lo faccio alzare davanti a me e gli slaccio velocemente i pantaloni, poi gli abbasso i boxer grigi e mi trovo davanti il suo cazzo. Non è enorme ma è importante ed è già bello duro. Lo prendo con le mani e me lo guido subito nella bocca. Considerando che ha fatto una giornata di lavoro non ha nemmeno un cattivo sapore. Lo lavoro come so fare e lui sembra gradire. Mugugna di piacere.
Poco dopo però mi obbliga a togliermelo di bocca ed io rimango quasi stupita pensando ci sia qualcosa che non vada. Lo guardo e lui mi dice:”Non abbiamo tantissimo tempo ed io non voglio buttare via i minuti facendomi succhiare l’uccello. Io ti voglio”.
Poi si siede sul sedile e mi fa capire di saltargli in groppa.
“Anch’io non vedo l’ora”, gli dico. Ed è vero.
A quel punto prendo i preservativi dalla borsa, ne apro uno a casa e glielo metto con cura, facendolo aderire perfettamente al suo membro. Lui non si oppone e quasi sembra che ci conosciamo da sempre come fossimo una coppia affiatata.
Salgo a cavalcioni sopra di lui poggiando le mie ginocchia sul sedile e mi siedo esattamente sopra al suo membro che con una mano tiene puntato in verticale. Con una mano scosto il perizoma e con due dita dell’altra mano mi tengo aperte le labbra sentendo la sua cappella che si appoggia proprio in mezzo ad esse. Mi abbasso leggermente e poi lo sento riempirmi quasi totalmente. La mia felicità sale alle stelle.
Sto finalmente scopando e sono la donna più felice del mondo.
Non mi sono neanche sfilata la gonna e lui ha i pantaloni afflosciati ai piedi, talmente siamo presi. Vorrei baciarlo ma non riesco perché per fare sesso in quella posizione, lui è scivolato leggermente sul sedile ed è fisicamente impossibile per la mia bocca raggiungere la sua. Porta le mani sui miei fianchi e mi aiuta nel movimento.
Mi dice che sono bellissima e sento il suo arnese indurirsi dentro di me.
Vorrei che il tempo rallentasse per poter prendere tutto ciò che non avevo preso da mesi.
Le sue mani salgono lungo la mia camicetta bianca e strizzano i miei seni. Sento i capezzoli indurirsi ed è bellissimo.
“Scopami, scopami!!!”, sussurro gettando la testa all’indietro e lasciando i miei capelli svolazzare liberi.
Allora lui mi cinge con un braccio, mi solleva di peso e senza uscire dal mio corpo, mi posiziona sul sedile opposto sdraiandosi poi di fatto sopra di me. Spalanco le cosce e lui comincia a penetrarmi velocissimamente, quasi come se stesse per godere. Poi rallenta, quasi si ferma e poi riparte. È fantastico.
Con questo ritmo raggiungo un primo orgasmo. Ci baciamo e lo tengo stretto a me, ma entrambi ne vogliamo ancora e poi ancora. Godo ancora una volta.
Mancano quasi dieci minuti all’arrivo, lui lo sa e me lo dice. Lo faccio uscire dal mio corpo e gli chiedo di mettersi in piedi davanti a me. Abbiamo una intesa incredibile. Mentre gli tolgo il preservativo e lo riprendo in bocca scoprendo che adesso sa più di me che di lui, penso a quanto sia strana la vita in certi casi. Sento che sta per godere e allora mi muovo meglio, utilizzando anche la lingua per leccarlo da sotto. Porto una mano ai suoi testicoli che scopro durissimi. L’agitazione nel suo corpo si incrementa.
“Ecco! Ecco! Ecco!”, mi dice come per avvisarmi, ma io sto già sentendo che è giunto il suo momento.
Poi sento il liquido caldo in gola. Il primo schizzo quasi me la riempie ma non mi fermo, poi sento il resto. Ha un sapore acido ma non cattivo e comunque ingoio tutto.
Poi smetto e lui si lascia andare di sasso sul sedile davanti al mio, esausto.
Cala uno strano silenzio. Si sentono solo i nostri respiri. Un minuto dopo, mentre il treno rallenta avvicinandosi alla capitale, io mi rimetto in sesto. Sistemo lo slip e riabbasso la gonna. Il collant è da buttare ma non posso toglierlo.
“Sei stata fantastica”, mi dice lui alzandosi e ricomponendosi.
“Anche tu”.
Poi mi guarda, alza una mano e muove il dito avanti e indietro chiedendomi:”Lo fai spesso?”.
Io non capisco e gli chiedo quasi indispettita:” Cosa? Scopare con uno sconosciuto su un treno?”.
Lui allarga la bocca in un grande sorriso, poi mi guarda quasi demoralizzato.
“No. Ma che stai pensando? Intendevo questo viaggio tra Barcellona e Madrid”.
Allora ridiamo insieme e ci apprestiamo ad uscire dallo scompartimento, dopo che lui ha sbloccato la porta.
Prima di scendere, dopo esserci scambiati i contatti, si volta e mi chiede:”Ha fatto buon viaggio signorina?”.
“Buonissimo”, rispondo con ancora addosso il suo odore.
Ero la testimone di nozze della mia amica Raquel che, dopo un fidanzamento di otto anni, era finalmente convolata a nozze con Felipe. Ci conoscevamo fin dalle elementari ed eravamo rimaste in strettissimo contatto fino a quando lei si era trasferita per andare a vivere con lui. Insieme ne avevamo combinate un sacco, prima del suo fidanzamento.
Avevo raggiunto la Catalogna da Madrid al giovedì pomeriggio e sarei rimasta fino a domenica, giorno del mio rientro nella capitale. I preparativi erano già completati e quindi io e Raquel saremmo rimaste insieme dal giovedì sera fino al sabato mattino, giorno del matrimonio. Era novembre ma non faceva troppo freddo. Si poteva uscire tranquillamente con la gonna ed una giacchetta non troppo pesante. Meglio mettere le calze, anche se non eran necessarie.
Abbiamo trascorso il giovedì sera fino a tarda notte in locali del centro e ci siamo divertite un sacco. Io avevo pensato anche di venire rimorchiata da qualcuno ma nonostante la mia bellezza ed il mio look piuttosto succinto, nessuno si era fatto avanti. Persino Raquel me lo aveva fatto notare chiedendomi se avessi scelto il look in maniera proporzionale al tempo con cui non andavo con un uomo. Era vero. Aveva centrato in pieno l’obbiettivo. Erano due mesi che non avevo una frequentazione fissa e quindi avevo riposto in quel weekend un po’ di speranze.
Sono una bella ragazza mora di trent’anni, con un fisico regolare, senza eccessi e non ho problemi a mostrare il mio fisico. Eppure in questo weekend non ho ottenuto nulla. Né al giovedì sera, né al venerdì, né al matrimonio nel corso del quale ero obbiettivamente la damigella più bella. Avevo notato un sacco di sguardi nel corso della giornata del matrimonio da parte degli uomini presenti, ma nessuna proposta e la cosa mi aveva infastidita. Avevo scelto un tubino nero che metteva in mostra il mio fisico e soprattutto il mio lato b, abbinato a delle scarpe nere, delle calze lucide ed un bel girocollo di perle. Molti uomini erano accoppiati e questi erano quelli che mi squadravano maggiormente, quelli liberi non erano per nulla attraenti. Quello che mi aveva dato maggior soddisfazione, ma era al di là della irraggiungibilità, era stato il padre dello sposo. Un attraente settantenne in perfetta forma fisica dotato di quel fascino che deriva anche dalla maturità. Con garbo ed educazione si era complimentato non senza farmi capire che, se solo avesse potuto, mi avrebbe sbattuta nel bagno come la peggiore delle prostitute, lasciandomi peraltro soddisfatta. Ci avevo anche pensato ma era un rischio troppo grande e non sapevo nemmeno se lui lo avrebbe corso.
E così tutte e tre le sere ero tornata a dormire da sola nel mio letto d’albergo in una camera troppo grande solo per me.
Nella borsa mi ero portata persino i preservativi per eventuali casi di emergenza e adesso, mentre sono sul treno di ritorno da Barcellona a Madrid, sono ancora nella borsa intonsi.
Comincio a pensare di avere perso lo smalto o di essere invecchiata. Un tempo questo non sarebbe accaduto. Avevo sempre trovato qualcuno che a fine serata finiva nel letto con me, anche senza impegnarmi. Invece stavolta nessuno.
Sono triste.
A rompere la mia tristezza sopraggiunge il controllore. Sono nell’ultimo scompartimento della mia carrozza e sono sola. Apre la porta e si ferma osservandomi.
“Buonasera signorina. Biglietto prego”. Sorride vagamente.
Lo guardo e mi sembra di vedere il padre di Felipe, anche se questo ha certamente più di una decina di anni di meno. Non penso superi i 55 anni e sembra anche fisicamente ben messo. È uno sportivo, non c’è dubbio.
Contraccambio il saluto e dalla borsa estraggo il biglietto che mi vidima immediatamente, poi entra nel mio stesso scompartimento e si siede, lontano da me, verso la porta, senza dire nulla. Io continuo a guardare il paesaggio, nonostante il buio, che scorre veloce fuori dal finestrino. Lui resta zitto. Ha la solita divisa e fino a prima di sedersi anche il cappello d’ordinanza. Sembra un portalettere.
Si sente solo il rumore del treno. Lui socchiude gli occhi ed appoggia la testa all’indietro.
Capisco che ha terminato il suo turno e che attende il proseguo del viaggio, riposandosi un attimo. Ha delle belle mani e non porta alcuna fede ed io comincio a fantasticare su una ipotetica veloce avventura sessuale in quello scompartimento. Un po’ mi vergogno di me stessa, ma è probabilmente troppo tempo che sono lontana dal piacere generato da un uomo.
Sento una certa eccitazione che comincia a farsi strada dentro di me. Accavallo le gambe, quasi ad impedirle di liberarsi, ma percepisco che non accenna a diminuire. Socchiudo gli occhi e lo immagino che si alza, mi abbassa il collant, mi strappa gli slip e mi prende da dietro mentre io lo accolgo piegata a novanta con le mani ferme contro al finestrino. Questo non accade e comincio a sperare che se ne vada in fretta. Giuro che non appena esce mi infilo una mano nello slip e mi soddisfo da sola, penso.
Anche questo non accade, ma dopo alcuni minuti si sveglia ed apre gli occhi. Mi guarda fisso e poi sorride come a scusarsi di essersi appisolato.
“Buonasera”, gli dico simpaticamente, quasi a rompere il silenzio.
Lui si scusa, dice di aver finito il turno da poco e di essere stanco.
Da quella semplice frase inizia una chiacchierata piacevole e non banale. Anche lui è di Madrid, fa quel lavoro da molto tempo, gli piace la musica rock ma anche la classica. Anche io gli racconto velocemente di me e del mio weekend a Barcellona. Manca circa un’ora all’arrivo a Madrid. Continuiamo a parlare e di lì a poco cambia completamente la situazione quando lui si complimenta con me per le mie scarpe. Sono sempre stata una amante, quasi una feticista, delle scarpe e dei tacchi e quel giorno indosso un paio di decolleté fucsia con un vistoso fiocco in punta di uno stilista spagnolo.
“Comunque, se mi permette, volevo complimentarmi con lei per la scelta delle scarpe, sono meravigliose”.
“Grazie”, gli rispondo quasi stupita, nonostante avessi notato i suoi sguardi sia sui miei piedi che sulle mie gambe.
“E lei lo è altrettanto”, dice infine.
È quella la frase che, in pochi attimi, cambia tutto portandoci a fare quello che nessuno di noi due quel mattino stesso o solo qualche ora o minuto prima avrebbe pensato di fare. Gli rispondo che sono lusingata da quel complimento e questo genera una conversazione che di attimo in attimo diventa più piccante. È quasi una gara tra noi due a chi vuole dimostrare di sbilanciarsi, ma senza avere il coraggio di farlo ed è quando vedo il suo sguardo inchiodato sul mio piede che dondola avanti ed indietro che la discussione sterza verso la via del non ritorno.
Lui si sposta di un posto. Adesso è più vicino. Io ho una voglia pazzesca. Nessuno dei due si azzarda a fare la prima mossa, ma lui ormai brama di piacere ed io mi porto dietro l’insoddisfazione cocente del weekend. Mi studia, mi osserva anche se sembra temere che si scateni qualcosa che non riesca a governare.
Lo scontro fisico comincia ad approssimarsi con le parole. Il discorso cade volutamente su argomenti dai doppi fini, parole complici e tese a generare quell’incontro da entrambi inaspettato. Scavallo le gambe ed il mio ginocchio sinistro si ferma contro al suo, quasi involontariamente. Ho una gonna non troppo corta, di quelle leggere e svolazzanti che arriva al ginocchio. Gli chiedo scusa e a quel punto lui mi dice di non scusarmi. La cosa gli fa piacere. Cala il silenzio. Ci guardiamo fissi negli occhi, quasi come accade nei film western. Durerà quattro, forse cinque secondi, ma sembra un eternità. Poi lui si alza all’improvviso e si viene a sedere vicino a me. Sento il suo odore di maschio e di una lunga giornata lavorativa, ma non mi interessa.
Mi dice che sono bellissima ed io non gli rispondo. Lui è un bell’uomo, non c’è dubbio. Avvicina la testa alla mia e ci baciamo. Ha un buon sapore. Una bocca carnosa ed è bravo. Come sospettavo in pochi secondi la sua mano si appoggia sul mio ginocchio sinistro e da lì risale lentamente il mio interno coscia. Sono un fuoco e sento vampate di calore ovunque.
Sono davvero strane le cose che accadono nella vita.
Avevo trascorso un weekend intero con l’intenzione di essere scopata da qualcuno, avevo a disposizione una stanza d’albergo in cui soggiornavo da sola e mi trovavo a fare sesso in uno scompartimento del treno con i minuti contati per l’arrivo nella stazione di Atocha. Eravamo ripartiti da Saragozza da un po’ e quindi non avevamo più di una cinquantina di minuti a nostra disposizione. Alla fine ne utilizziamo quasi quarantacinque.
Cominciamo con un bacio prolungato durante il quale la sua mano si insinua sotto la mia gonna. Apro le gambe per permettergli di toccarmi dove, in uno scompartimento di un treno, non mi aveva mai toccata nessuno. Mi accarezza attraverso il collant ed il perizoma e nel frattempo continua a baciarmi. Quando stacca la sua bocca dalla mia, mi bacia sul collo e dietro le orecchie. Sento il sesso bagnarsi e farsi desideroso di essere soddisfatto. A quel punto porto la mia mano destra sul suo pacco, scoprendolo già eccitato e duro.
“Possiamo?”, gli chiedo riferendomi al luogo nel quale stavamo per approcciarci al fare sesso.
“Nei due scompartimenti prima di questo non c’è nessuno. Sono vuoti. Il bagno è sul lato opposto. Non c’è motivo per il quale qualcuno venga qui, ma tiriamo lo stesso le tende, è meglio”, risponde lui.
Poi si alza, guarda fuori, chiude le tende e con un attrezzo particolare che toglie dalla giacca, chiude la porta a chiave.
“Perfetto. Adesso non ci disturberà nessuno”, dice voltandosi. Poi resta di stucco. Io ho sollevato un piede poggiandolo sul sedile. La mia gonna maculata si è sollevata e lo sto praticamente aspettando a gambe spalancate. L’ho fatto perché lo volevo stupire ed ottengo questo risultato. Lo vedo deglutire. Mi dice che sono splendida e poi si inginocchia tra i sedili davanti a me, andando ad affondare il viso tra le mie cosce. Mi bacia e mi lecca le cosce e poi mi mordicchia la fica. Mi pento subito di avere scelto il collant e non delle autoreggenti come faccio spesso, ma chi se lo sarebbe immaginato quel mattino di trovarmi in quella situazione?
Sotto sono perfettamente depilata e di lì a poco lui se ne accorge quanto interrompe la sua azione per rompere con le mani il collant e scosta di lato il mio perizoma nero.
“Ma chi sei tu?!?!?”, mi chiede guardandomi dal basso “Da dove ti hanno catapultata qui davanti a me?”.
Io lancio una grassa risata e gli rispondo che preferisco non raccontarglielo. Poi gli appoggio una mano sul capo e gli spingo il viso contro alla mia fica. Ho una voglia pazza di sentire la sua lingua dentro di me e attorno alle mie labbra. Voglio che prenda tra i denti il mio clitoride e lo succhi con avidità.
“Leccami, dai. Non vedo l’ora…. Sembra una vita che ti sto aspettando!!!!”.
E lui mi lecca. Obbedisce. È bravo e diligente e, soprattutto, sa come muovere la lingua. Mi fa impazzire per dieci minuti e godo. Godo come una cagna. Non vedevo l’ora di un orgasmo che avevo atteso invano per tutto il weekend. Lo assaporo tutto, senza urlare, ma stritolandogli la faccia tra le mie cosce toniche grazie alla attività fisica che svolgo spesso.
Dimentico di essere nello scompartimento di un treno e di avere i minuti contati. A quel punto voglio il cazzo e lui stesso vuole portare a termine il suo compito.
Lo faccio alzare davanti a me e gli slaccio velocemente i pantaloni, poi gli abbasso i boxer grigi e mi trovo davanti il suo cazzo. Non è enorme ma è importante ed è già bello duro. Lo prendo con le mani e me lo guido subito nella bocca. Considerando che ha fatto una giornata di lavoro non ha nemmeno un cattivo sapore. Lo lavoro come so fare e lui sembra gradire. Mugugna di piacere.
Poco dopo però mi obbliga a togliermelo di bocca ed io rimango quasi stupita pensando ci sia qualcosa che non vada. Lo guardo e lui mi dice:”Non abbiamo tantissimo tempo ed io non voglio buttare via i minuti facendomi succhiare l’uccello. Io ti voglio”.
Poi si siede sul sedile e mi fa capire di saltargli in groppa.
“Anch’io non vedo l’ora”, gli dico. Ed è vero.
A quel punto prendo i preservativi dalla borsa, ne apro uno a casa e glielo metto con cura, facendolo aderire perfettamente al suo membro. Lui non si oppone e quasi sembra che ci conosciamo da sempre come fossimo una coppia affiatata.
Salgo a cavalcioni sopra di lui poggiando le mie ginocchia sul sedile e mi siedo esattamente sopra al suo membro che con una mano tiene puntato in verticale. Con una mano scosto il perizoma e con due dita dell’altra mano mi tengo aperte le labbra sentendo la sua cappella che si appoggia proprio in mezzo ad esse. Mi abbasso leggermente e poi lo sento riempirmi quasi totalmente. La mia felicità sale alle stelle.
Sto finalmente scopando e sono la donna più felice del mondo.
Non mi sono neanche sfilata la gonna e lui ha i pantaloni afflosciati ai piedi, talmente siamo presi. Vorrei baciarlo ma non riesco perché per fare sesso in quella posizione, lui è scivolato leggermente sul sedile ed è fisicamente impossibile per la mia bocca raggiungere la sua. Porta le mani sui miei fianchi e mi aiuta nel movimento.
Mi dice che sono bellissima e sento il suo arnese indurirsi dentro di me.
Vorrei che il tempo rallentasse per poter prendere tutto ciò che non avevo preso da mesi.
Le sue mani salgono lungo la mia camicetta bianca e strizzano i miei seni. Sento i capezzoli indurirsi ed è bellissimo.
“Scopami, scopami!!!”, sussurro gettando la testa all’indietro e lasciando i miei capelli svolazzare liberi.
Allora lui mi cinge con un braccio, mi solleva di peso e senza uscire dal mio corpo, mi posiziona sul sedile opposto sdraiandosi poi di fatto sopra di me. Spalanco le cosce e lui comincia a penetrarmi velocissimamente, quasi come se stesse per godere. Poi rallenta, quasi si ferma e poi riparte. È fantastico.
Con questo ritmo raggiungo un primo orgasmo. Ci baciamo e lo tengo stretto a me, ma entrambi ne vogliamo ancora e poi ancora. Godo ancora una volta.
Mancano quasi dieci minuti all’arrivo, lui lo sa e me lo dice. Lo faccio uscire dal mio corpo e gli chiedo di mettersi in piedi davanti a me. Abbiamo una intesa incredibile. Mentre gli tolgo il preservativo e lo riprendo in bocca scoprendo che adesso sa più di me che di lui, penso a quanto sia strana la vita in certi casi. Sento che sta per godere e allora mi muovo meglio, utilizzando anche la lingua per leccarlo da sotto. Porto una mano ai suoi testicoli che scopro durissimi. L’agitazione nel suo corpo si incrementa.
“Ecco! Ecco! Ecco!”, mi dice come per avvisarmi, ma io sto già sentendo che è giunto il suo momento.
Poi sento il liquido caldo in gola. Il primo schizzo quasi me la riempie ma non mi fermo, poi sento il resto. Ha un sapore acido ma non cattivo e comunque ingoio tutto.
Poi smetto e lui si lascia andare di sasso sul sedile davanti al mio, esausto.
Cala uno strano silenzio. Si sentono solo i nostri respiri. Un minuto dopo, mentre il treno rallenta avvicinandosi alla capitale, io mi rimetto in sesto. Sistemo lo slip e riabbasso la gonna. Il collant è da buttare ma non posso toglierlo.
“Sei stata fantastica”, mi dice lui alzandosi e ricomponendosi.
“Anche tu”.
Poi mi guarda, alza una mano e muove il dito avanti e indietro chiedendomi:”Lo fai spesso?”.
Io non capisco e gli chiedo quasi indispettita:” Cosa? Scopare con uno sconosciuto su un treno?”.
Lui allarga la bocca in un grande sorriso, poi mi guarda quasi demoralizzato.
“No. Ma che stai pensando? Intendevo questo viaggio tra Barcellona e Madrid”.
Allora ridiamo insieme e ci apprestiamo ad uscire dallo scompartimento, dopo che lui ha sbloccato la porta.
Prima di scendere, dopo esserci scambiati i contatti, si volta e mi chiede:”Ha fatto buon viaggio signorina?”.
“Buonissimo”, rispondo con ancora addosso il suo odore.
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