Un pomeriggio di ripetizioni 3.0
di
Istanbul
genere
saffico
3° tentativo di pubblicazione.
Questo è il mio primo racconto. Mi scuso in anticipi per eventuali errori ortografici.
Storia inventata con nomi di fantasia, pertanto ogni riferimento è puramente casuale.
“Purtroppo, la situazione non è delle migliori!”. Così esordì la docente di lingua e letteratura inglese e francese, durante l’incontro con i genitori di Francesca.
“Dopo i primi mesi, il rendimento di vostra figlia ha avuto un netto calo” disse lei, mostrando loro il quadro generale delle valutazioni “di questo passo, le probabilità che Francesca debba ripetere l’anno sono molto alte”.
I genitori dell’alunna, si scambiarono un rapido sguardo che denotava un’evidente preoccupazione. Rivolgendosi nuovamente all’insegnante, la madre chiese:
“C’è qualcosa che possiamo fare per aiutarla a rimediare?”
“Per quanto riguarda entrambe le mie materie, come vedete sotto la sufficienza, vi proporrei una serie di ripetizioni private, delle quali potrei occuparmi direttamente; per le altre, invece, dovreste sentire i docenti di riferimento.”
“Lei offre ripetizioni private anche ai suoi alunni?”
“Le offro a chi ne ha bisogno, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno miei alunni.”
“Mi sembra una buona soluzione” fece il padre di Francesca “Stasera gliene parleremo, ma per come la vedo io, si potrebbe procedere così.”
“Vedrò vostra figlia durante l’ultima ora di oggi; se per voi va bene, potrei accennarle il discorso, fermo restando che spetterà comunque a voi l’ultima parola.”
“Sono d’accordo” rispose il padre “Che ne pensi, tesoro?”
“Va bene anche a me.”
“Perfetto, direi che, per il momento, rimaniamo d’accordo così. Mi scuso per la premura, ma devo controllare dei compiti in classe che dovrò consegnare la prossima ora. Signori, è stato un piacere conoscervi! Vi auguro una buona giornata!”
“A Lei, professoressa” risposero di congedo i genitori di Francesca.
L’ultima ora stava per terminare. La lezione incentrata sul romanzo Il ritratto di Dorian Grey, non sembrava coinvolgere particolarmente Francesca, una ragazza di 19 anni, altezza circa 1,70 m, occhi azzurri, capelli castano scuro, che scendevano all’altezza delle scapole, raccolti in una semplice coda, da un nastro color celeste. Un fisico asciutto e slanciato, merito dei tanti anni di Volley, sport che tuttora frequentava con la stessa passione di quando iniziò, all’età di 6 anni, e che le occupava parecchio tempo. Con 4 allenamenti e due partite settimanali, la pallavolo si classificava, probabilmente, al primo posto tra le cause del suo calo scolastico. Indossava una t-shirt nera, un paio di jeans chiari e calzava due sneakers nere ai piedi taglia 39. Non essendo allacciate, in quel momento stava facendo dondolare la scarpa destra, avendo la stessa gamba accavallata sull’altra, lasciando intravedere il calzino bianco che arrivava all’altezza delle caviglie.
Arrivò il suono dell’ultima campanella della giornata, accompagnata da un immediato fragore dato dallo spostamento delle sedie degli alunni, intenti a dirigersi all’uscita.
Francesca infilò la scarpa, prese i suoi effetti, e imitò il resto della classe.
“Francesca, avresti due minuti per favore?”. Con un cenno della mano, la professoressa la chiamò alla cattedra.
“Ho incontrato i tuoi genitori stamattina, abbiamo parlato della tua situazione, non molto allegra, come sai” iniziò la docente “Ho proposto loro, vedendo le difficoltà che stai riscontrando con me, di poterti dare delle ripetizioni private, che tengo solitamente a casa mia” proseguì lei “Cosa ne pensi? Tua madre e tuo padre sarebbero già d’accordo e te ne parleranno stasera, ma se per te va bene, possiamo già definire la cosa qui, valutando un giorno ed un orario per il primo incontro.”
Perfettamente conscia della propria situazione, Francesca ascoltò senza replicare, annuendo di tanto in tanto con espressione mista tra il colpevole e il rassegnato.
“Lei è molto gentile, La ringrazio” rispose Francesca.
“Potremmo già questa settimana, se sei d’accordo, venerdì pomeriggio ore 15?” propose la professoressa.
“Direi che può andare! Abbiamo appena terminato uno dei due campionati di Volley, per cui ho più pomeriggi liberi” disse Francesca.
“Molto bene! Ti aspetto a casa mia, Via Kennedy, condominio Cavour, interno 23.”
“A venerdì, buona giornata prof!” la salutò Francesca, dirigendosi all’uscita.
Jennifer guardò l’alunna andar via. Le piacque il modo in cui le sorrise.
Terminò di controllare dei compiti in classe ed uscì per recarsi a casa, esattamente un’ora dopo il suono della campanella.
Era nata in Canada 35 anni prima, ma si era trasferita in Europa all’età di 19, dove visse a Londra, per due anni, prima di trasferirsi nella città che sognava fin da bambina: Roma.
Grazie alla sua tenacia, e probabilmente ad un’innata dote per la materia, non impiegò molto per imparare correttamente la lingua italiana.
Era una donna di medio-alta statura, circa 1,75m, capelli biondo cenere raccolti in una treccia, che poggiava sulla spalla sinistra. Indossava una camicetta color salmone, coperta da una giacca nera e dei pantaloni aderenti dello stesso colore. Ai piedi, misura 40, portava delle ballerine senza calze.
Salì in auto, accese la sua radio preferita, stavano dando I Want It All dei Queen. Il suo volto si illuminò: amava Freddie Mercury da sempre! Si inserì nella carreggiata e si avviò a casa.
Quella sera, Francesca dovette subire la predica da suo padre, visibilmente seccato per i voti della figlia.
Lei riferì di aver preso accordi con la professoressa per le ripetizioni, e che avrebbe iniziato venerdì, ovvero due giorni dopo. Su questo, conclusero il discorso.
Alle 14.30 del venerdì, Francesca stava per uscire di casa, alla volta della residenza della professoressa: per pura fortuna, non distava più di 15-20 minuti a piedi.
Si vestì comodamente: t-shirt nera recante una qualche scritta in bianco, shorts jeans color blu sbiadito e ballerine scure. Prese il necessario ed si incamminò, nell’insolita calura di un pomeriggio di metà Aprile, arrivando a destinazione con 5 minuti di anticipo.
“Sì?” disse una voce all’altro capo del citofono.
Francesca riconobbe la professoressa e le rispose, comunicandole il suo arrivo.
“Sali pure” disse infine, anticipando il suono metallico dello scatto della serratura.
Francesca percorse a piedi due rampe di scale, giungendo infine alla porta della prof.
Jennifer era sull’uscio, la vide arrivare e la accolse sorridendole.
Francesca ricambiò il sorriso, sentendosi subito a suo agio in quel luogo.
Notò subito l’outfit da casa della prof: portava dei leggins scuri, una t-shirt bianca piuttosto larga e un paio di infradito, che metteva in evidenza il blu dello smalto alle unghie dei piedi.
Francesca, ne rimase come ipnotizzata e rimase a fissarlo per qualche secondo: aveva dei piedi bellissimi!
“Tutto bene? C’è qualcosa che non va?” domando la prof, notandola deconcentrata.
“Eh? Sì… mi scusi…ero distratta…” rispose Francesca con una lieve punta di imbarazzo.
“Da che cosa?” volle sapere la prof.
“Ehm…in realtà…dal Suo smalto…mi piace molto…!” le rispose.
“Ti ringrazio!” fece l’altra con un sorriso “puoi darmi del tu, comunque, e chiamarmi Jenny” proseguì lei “anche perché trovo strano il fatto di tenere un linguaggio formale per un apprezzamento ai piedi di una donna” concluse, facendole l’occhiolino, gesto che provocò un piacevole brivido a Francesca.
Andarono in soggiorno ed iniziarono con le lezioni.
Trascorsero due ore ininterrotte di studio ed esercitazioni, culminate con una piccola interrogazione a cui Francesca si fece trovare pronta, compiacendo la prof.
“Ok, per oggi può bastare così”. Nella sua voce, vi era una certa soddisfazione, dovuta probabilmente all’impegno dimostrato dalla ragazza.
“Ti andrebbe qualcosa da bere?”
“Sì, La ringrazio…” rispose Francesca “…cioè, ti ringrazio” si corresse poi, strappando un sorriso a Jenny “qualsiasi cosa va bene!”
“Una birra?” chiese Jenny
“Magari, con questo caldo è perfetta!” rispose la ragazza
Così, la prof gliene porse una bottiglia da 33cc, che si rivelò la preferita dalla ragazza.
“Se vuoi puoi metterti comoda in salotto, io ti raggiungo fra un attimo, il tempo di riordinare la mia roba” le disse Jenny.
Francesca, quindi, si alzò e percorse il breve corridoio che divideva il soggiorno dal salotto.
Qui, vi trovo un divano a due posti, con due pouf posti tra quello ed un tavolino in vetro di forma quadrata.
Francesca pensò che servisse ad appoggiarvi bevande o snack vari da consumare davanti alla tv.
Jenny ripose i “ferri del mestiere”, prese la sua birra e raggiunse la ragazza in salotto.
Giunta in salotto, notò che la ragazza l’aveva presa in parola circa l’espressione “se vuoi puoi metterti comoda”; infatti, la trovo comodamente seduta sul divano, senza ballerine, con i piedi nudi poggiati sopra uno dei due pouf, con le piante in bella vista.
Jenny ebbe un sussulto. Rimase qualche secondo a fissarle. Erano splendide!
Notando che le stava fissando, Francesca, lievemente imbarazzata, e fece per toglierli ma l’altra la fermò subito dicendo:
“Tranquilla, resta pure com’eri, non è assolutamente un problema” fece la prof con fare premuroso.
“Scusami, mi ero scordata di non essere a casa mia” le rispose Francesca con un sorriso colpevole.
“Mi piace il tuo smalto nero! Devo dire che hai dei bellissimi piedi!” disse poi Jenny
“Be, grazie…!” rispose Francesca.
Sorrise, e mentre lo fece incrociò lo sguardo di Jenny. Stava sorridendo anche lei.
Una piacevole sensazione pervase la ragazza. Si sentiva emozionata. Anzi quasi eccitata da quell’incrocio di sguardi. Non capiva cosa le stesse succedendo, era qualcosa di completamente nuovo.
Ma le piaceva.
“Va tutto bene, Francesca?” chiese improvvisamente la prof.
“Eh? Sì sì, certo… scusami…” borbottò lei.
“Mi sembravi un pochino assente” continuò l’altra, con un sorrisetto divertito, mentre terminava la birra.
Si allungò per poggiare la bottiglia sul tavolino, passando vicinissimo ai piedi della ragazza.
Li adorava! Erano magnifici!
Dentro di sé, sapeva che sarebbe inopportuno. Non c’era un tale livello di confidenza.
Ma la tentazione era fortissima. Li voleva toccare. Le sarebbe piaciuto sfiorarli con le dita.
Lo fece. Liberata la mano dalla bottiglia vuota, l’allungo verso i suoi piedi e le fece il solletico.
Francesca mosse il piede, emettendo una risatina.
“Oh-oh, vedo che qualcuno soffre il solletico qui” disse la prof con fare divertito.
“Ihihih… colpevole, prof!” ammise divertita la ragazza.
Al che Jenny, avendo finalmente rotto il ghiaccio, prese a far scorrere le dita anche sotto l’altro piede.
La risatina di Francesca, si trasformò in una risata divertita.
Rideva e agitava i piedini su e giù, avanti ed indietro, come per sfuggire a quella piacevole tortura.
Sì, piacevole! Dentro di lei, sentiva che le stava piacendo.
Inspiegabilmente, iniziò a sentirsi eccitata: com’era possibile? La sua professoressa le stava solleticando i piedi! Si era eccitata moltissime volte, ma non avrebbe mai pensato che potesse succedere per una cosa del genere.
Improvvisamente, Jenny abbandonò i piedi e fece scattare le sue dita sui fianchi della ragazza, strappandole un urletto prima di farla precipitare in vortice di risate.
“Ahahahahahaha!!!” Francesca si dimenava per evitare il solletico, ai fianchi era devastante!
“Ma come siamo sensibili!” disse Jenny proseguendo la sua opera.
Francesca cercò di bloccare la prof, improvvisando una piccola lotta sul divano.
Il risultato fu un maldestro capitombolo a terra.
Finirono entrambe sul pavimento, tra le risate generali.
Si ritrovarono incredibilmente vicine. I loro sguardi si incrociarono.
Accadde in un attimo. Le loro labbra si avvicinarono fino a toccarsi.
Dapprima un bacio sobrio, per poi diventare qualcosa di più quando la passione le prese, facendo venire meno le inibizioni.
Si strinsero in un abbraccio, mentre un fiume di emozioni le travolgeva.
Le loro lingue, presero ad intrecciarsi con furore. Il fiato si fece corto. I respiri affannosi.
Jenny infilò le mani sotto la maglietta di Francesca, le sganciò il reggiseno e in un attimo la ragazza si trovò a palesare la sua terza abbondante. Prese a baciarle il collo, scese lentamente fino ai capezzoli, strappandole dei vagiti di piacere.
Lentamente, risalì verso il collo e, baciandola dietro l’orecchio, le sussurrò: “Vieni con me…”
Si alzarono da terra, Jenny la prese per mano.
Attraversarono il corridoio, fin dalla parte opposta dell’appartamento.
Si sentiva solamente il rumore delle sue infradito, dal momento che Francesca era a piedi nudi.
Giunsero in camera da letto della prof.
Non appena dentro, questa si voltò verso l’alunna e la baciò.
Francesca ricambiò, stavolta erano le sue mani ad esplorare sotto la maglietta di Jenny.
Si rese conto che non aveva il reggiseno.
Si staccò momentaneamente da lei per sfilarle la t-shirt e, con temperamento tutt’altro che timido e impacciato, si gettò sulla prof, facendola sdraiare sul letto.
Ora era lei a condurre.
Salì a cavalcioni su Jenny, bloccandole le braccia con le mani, mentre le baciava il collo, proseguendo pian piano verso i suoi seni. Prese a succhiare i capezzoli turgidi, dapprima delicatamente, per poi aumentarne l’intensità.
Jenny era eccitata. Si stava bagnando tutta, e sperava di sentire quelle morbide labbra, che tanto divinamente la stavano stuzzicando, scendere più in basso.
Fu come se la ragazza le lesse ne pensiero.
Iniziò una lenta discesa fatta di piccoli baci.
Giunta sotto l’ombelico, Francesca si alzò le tolse le ciabatte infradito, seguite dai leggins.
Si inginocchiò. Aveva il viso proprio davanti al sesso della prof.
Aveva dei modi sensuali a dir poco. L’eccitazione di Jenny salì al solo contatto delle mani della ragazza con le sue mutandine, mentre gliele sfilava.
Era completamente nuda, distesa supina sul letto.
Francesca era sopra di lei.
Si scambiarono un altro lungo bacio, mentre le loro mani presero ad intrecciarsi, sfiorandosi delicatamente tra le dita.
Francesca, poi, tornò lentamente al punto in cui si era fermata prima.
Scese fin sopra il monte di venere, avvertendo nella sua prof, un’eccitazione sempre più crescente.
Con un movimento improvviso, la trasse a sé, arpionandola per le cosce, e affondò il viso nella vagina di lei, stimolando il clitoride con la lingua, su e giù, a destra e a sinistra, quasi fosse un interruttore.
I mugolii di piacere di Jenny divennero versi di puro godimento.
Ansimava e godeva!
Aveva le gambe aperte e sollevate. Francesca le sorreggeva, tenendole all’altezza dei polpacci, sfiorandone la superfice con le unghie, fino a quando giunse al tallone e quindi alla pianta del piede.
Jenny sobbalzò, emettendo una risatina.
“Wow…soffri il solletico anche tu, eh prof??”
“Mmmm…sì…..” fece lei, mentre ansimava di piacere
“Ti piacerebbe…?” disse la ragazza, con un tono tra il malizioso e il sensuale
“I miei piedi sono tutti tuoi….” rispose la prof.
Francesca iniziò quindi ad alternare stimolazioni al clitoride e solletico ai piedi.
Jenny rideva e godeva, spiazzata da quella devastante sensazione di piacere e tortura.
“Ahahahah….ahhh… sì, sì, continua ti prego!!....mmmmmhahahahah!!”
Era al culmine del godimento.
Sentì il corpo contrarsi, le dita dei piedi che si arricciavano, sia per il solletico, sia per il piacere.
E poi venne.
Un urlo disumano accompagnò il suo orgasmo più incredibile, un mix di sensazioni assoluto!
Jenny ansimava ancora, mentre Francesca concludeva via via la sua opera.
Fece per staccarsi, quando la sua prof le cinse i fianchi, provocandole solletico, e la sdraiò sul letto, invertendo così le posizioni.
Ora Jenny era sopra.
Un paio di secondi furono sufficienti per far volare shorts e mutandine al centro della stanza.
“Sei uno schianto, Tesoro! Chissà quanti ragazzi vorrebbero essere al mio posto…” la sua voce denotava malizia, mentre le sue mani sfioravano ora il ventre, ora l’interno coscia della ragazza. Che gradiva! Cazzo se gradiva! Era tutto un lago!
La prof se ne accorse e prese a sfiorarle il clitoride, infilando talvolta il dito all’interno della vagina.
“mh…sì… non fermarti…” disse la ragazza, in preda alla libidine.
“Ti piace Francy…?”
“Sì prof, continui, la prego!”
“E’ eccitante che tu mi dia del lei ora…” fece la prof con una punta di divertimento
“Voglio che mi torturi! La prego, prof… voglio che mi faccia il solletico ai piedi!” se ne uscì improvvisamente la ragazza, ormai senza freni inibitori.
Jenny non se lo fece ripetere due volte.
Si sedette tra le gambe della ragazza e prese a solleticarle le piante dei piedi, prima dolcemente, poi in modo più deciso, godendosi la bellissima risata di Francesca, avvolta oramai nel tunnel di quella dolce, spietata ed eccitante tortura.
“Ahahahahaha!! Basta ti prego…!! … Ihihih… sì, continua! Fammi il solletico!! Fammi godere, cazzo!”
Jenny allungò i piedi e iniziò a masturbarla con gli alluci, infilandone uno nella vagina e strofinando l’altro sul punto di godimento della giovane. Denotava una certa pratica a riguardo.
“Oohhhhh…ooohhhhhh…sì, sììììahahahaha!!”
Pensò che una scossa elettrica le avesse attraversato il corpo, quando esternò tutta la sua estasi sul dorso dei piedi della sua prof. Che non si fermò.
Continuò a masturbarla e solleticarla per diversi minuti, regalando alla ragazza la più lunga serie di orgasmi mai provata.
Stremata dopo l’ennesima manifestazione di piacere, Francesca si abbandonò tra le braccia di Jenny.
Si addormentarono, abbracciata l’una all’altra.
“Francesca, tesoro, svegliati!” Era la prof, che la destava dal sonno. “E’ tardi, i tuoi saranno in pensiero”.
Dopo aver realizzato, la ragazza scattò a sedere, guardo l’orologio del cellulare.
“Cazzo! È tardi” esclamò, prima di rendersi conto che la prof era lì davanti a lei “ehm… mi scusi…cioè scusami…io…” non fece in tempo a finire la frase che incontrò una risata della prof.
“Non preoccuparti, non volevo svegliarti. Ma penso dovresti avvertire i tuoi genitori”.
“Certo, sì sì, hai ragione”.
Si alzò e si vestì. Prese il telefono ed inviò un messaggio su Whatsapp a sua madre, avvertendola del ritardo. La spunta blu di conferma che ne seguì, la fece tranquillizzare.
Attraversò l’appartamento per recuperare le scarpe, rimaste in soggiorno.
Raggiunse nuovamente la sua professoressa, che si trovava in cucina, dedita alla preparazione della cena.
“Ah… Jenny… ecco io…ehm…” iniziò esitante Francesca.
“Mi sembra di tornare alla tua ultima interrogazione su Dickens.” disse divertita la prof.
Francesca sorrise per quel ricordo: non era effettivamente stata la sua migliore interpretazione.
“…quello che è successo oggi… ecco…è stato bellissimo…” e mentre lo diceva, avvertiva le farfalle nello stomaco.
Jenny sorrise “è piaciuto molto anche a me…” disse avvicinandosi alla ragazza.
Si salutarono con un altro lungo bacio.
Francesca uscì dall’appartamento, facendole un ultimo cenno con la mano.
Lo sguardo di Jenny la accompagnò fino a quando non sparì oltre il viale alberato.
Questo è il mio primo racconto. Mi scuso in anticipi per eventuali errori ortografici.
Storia inventata con nomi di fantasia, pertanto ogni riferimento è puramente casuale.
“Purtroppo, la situazione non è delle migliori!”. Così esordì la docente di lingua e letteratura inglese e francese, durante l’incontro con i genitori di Francesca.
“Dopo i primi mesi, il rendimento di vostra figlia ha avuto un netto calo” disse lei, mostrando loro il quadro generale delle valutazioni “di questo passo, le probabilità che Francesca debba ripetere l’anno sono molto alte”.
I genitori dell’alunna, si scambiarono un rapido sguardo che denotava un’evidente preoccupazione. Rivolgendosi nuovamente all’insegnante, la madre chiese:
“C’è qualcosa che possiamo fare per aiutarla a rimediare?”
“Per quanto riguarda entrambe le mie materie, come vedete sotto la sufficienza, vi proporrei una serie di ripetizioni private, delle quali potrei occuparmi direttamente; per le altre, invece, dovreste sentire i docenti di riferimento.”
“Lei offre ripetizioni private anche ai suoi alunni?”
“Le offro a chi ne ha bisogno, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno miei alunni.”
“Mi sembra una buona soluzione” fece il padre di Francesca “Stasera gliene parleremo, ma per come la vedo io, si potrebbe procedere così.”
“Vedrò vostra figlia durante l’ultima ora di oggi; se per voi va bene, potrei accennarle il discorso, fermo restando che spetterà comunque a voi l’ultima parola.”
“Sono d’accordo” rispose il padre “Che ne pensi, tesoro?”
“Va bene anche a me.”
“Perfetto, direi che, per il momento, rimaniamo d’accordo così. Mi scuso per la premura, ma devo controllare dei compiti in classe che dovrò consegnare la prossima ora. Signori, è stato un piacere conoscervi! Vi auguro una buona giornata!”
“A Lei, professoressa” risposero di congedo i genitori di Francesca.
L’ultima ora stava per terminare. La lezione incentrata sul romanzo Il ritratto di Dorian Grey, non sembrava coinvolgere particolarmente Francesca, una ragazza di 19 anni, altezza circa 1,70 m, occhi azzurri, capelli castano scuro, che scendevano all’altezza delle scapole, raccolti in una semplice coda, da un nastro color celeste. Un fisico asciutto e slanciato, merito dei tanti anni di Volley, sport che tuttora frequentava con la stessa passione di quando iniziò, all’età di 6 anni, e che le occupava parecchio tempo. Con 4 allenamenti e due partite settimanali, la pallavolo si classificava, probabilmente, al primo posto tra le cause del suo calo scolastico. Indossava una t-shirt nera, un paio di jeans chiari e calzava due sneakers nere ai piedi taglia 39. Non essendo allacciate, in quel momento stava facendo dondolare la scarpa destra, avendo la stessa gamba accavallata sull’altra, lasciando intravedere il calzino bianco che arrivava all’altezza delle caviglie.
Arrivò il suono dell’ultima campanella della giornata, accompagnata da un immediato fragore dato dallo spostamento delle sedie degli alunni, intenti a dirigersi all’uscita.
Francesca infilò la scarpa, prese i suoi effetti, e imitò il resto della classe.
“Francesca, avresti due minuti per favore?”. Con un cenno della mano, la professoressa la chiamò alla cattedra.
“Ho incontrato i tuoi genitori stamattina, abbiamo parlato della tua situazione, non molto allegra, come sai” iniziò la docente “Ho proposto loro, vedendo le difficoltà che stai riscontrando con me, di poterti dare delle ripetizioni private, che tengo solitamente a casa mia” proseguì lei “Cosa ne pensi? Tua madre e tuo padre sarebbero già d’accordo e te ne parleranno stasera, ma se per te va bene, possiamo già definire la cosa qui, valutando un giorno ed un orario per il primo incontro.”
Perfettamente conscia della propria situazione, Francesca ascoltò senza replicare, annuendo di tanto in tanto con espressione mista tra il colpevole e il rassegnato.
“Lei è molto gentile, La ringrazio” rispose Francesca.
“Potremmo già questa settimana, se sei d’accordo, venerdì pomeriggio ore 15?” propose la professoressa.
“Direi che può andare! Abbiamo appena terminato uno dei due campionati di Volley, per cui ho più pomeriggi liberi” disse Francesca.
“Molto bene! Ti aspetto a casa mia, Via Kennedy, condominio Cavour, interno 23.”
“A venerdì, buona giornata prof!” la salutò Francesca, dirigendosi all’uscita.
Jennifer guardò l’alunna andar via. Le piacque il modo in cui le sorrise.
Terminò di controllare dei compiti in classe ed uscì per recarsi a casa, esattamente un’ora dopo il suono della campanella.
Era nata in Canada 35 anni prima, ma si era trasferita in Europa all’età di 19, dove visse a Londra, per due anni, prima di trasferirsi nella città che sognava fin da bambina: Roma.
Grazie alla sua tenacia, e probabilmente ad un’innata dote per la materia, non impiegò molto per imparare correttamente la lingua italiana.
Era una donna di medio-alta statura, circa 1,75m, capelli biondo cenere raccolti in una treccia, che poggiava sulla spalla sinistra. Indossava una camicetta color salmone, coperta da una giacca nera e dei pantaloni aderenti dello stesso colore. Ai piedi, misura 40, portava delle ballerine senza calze.
Salì in auto, accese la sua radio preferita, stavano dando I Want It All dei Queen. Il suo volto si illuminò: amava Freddie Mercury da sempre! Si inserì nella carreggiata e si avviò a casa.
Quella sera, Francesca dovette subire la predica da suo padre, visibilmente seccato per i voti della figlia.
Lei riferì di aver preso accordi con la professoressa per le ripetizioni, e che avrebbe iniziato venerdì, ovvero due giorni dopo. Su questo, conclusero il discorso.
Alle 14.30 del venerdì, Francesca stava per uscire di casa, alla volta della residenza della professoressa: per pura fortuna, non distava più di 15-20 minuti a piedi.
Si vestì comodamente: t-shirt nera recante una qualche scritta in bianco, shorts jeans color blu sbiadito e ballerine scure. Prese il necessario ed si incamminò, nell’insolita calura di un pomeriggio di metà Aprile, arrivando a destinazione con 5 minuti di anticipo.
“Sì?” disse una voce all’altro capo del citofono.
Francesca riconobbe la professoressa e le rispose, comunicandole il suo arrivo.
“Sali pure” disse infine, anticipando il suono metallico dello scatto della serratura.
Francesca percorse a piedi due rampe di scale, giungendo infine alla porta della prof.
Jennifer era sull’uscio, la vide arrivare e la accolse sorridendole.
Francesca ricambiò il sorriso, sentendosi subito a suo agio in quel luogo.
Notò subito l’outfit da casa della prof: portava dei leggins scuri, una t-shirt bianca piuttosto larga e un paio di infradito, che metteva in evidenza il blu dello smalto alle unghie dei piedi.
Francesca, ne rimase come ipnotizzata e rimase a fissarlo per qualche secondo: aveva dei piedi bellissimi!
“Tutto bene? C’è qualcosa che non va?” domando la prof, notandola deconcentrata.
“Eh? Sì… mi scusi…ero distratta…” rispose Francesca con una lieve punta di imbarazzo.
“Da che cosa?” volle sapere la prof.
“Ehm…in realtà…dal Suo smalto…mi piace molto…!” le rispose.
“Ti ringrazio!” fece l’altra con un sorriso “puoi darmi del tu, comunque, e chiamarmi Jenny” proseguì lei “anche perché trovo strano il fatto di tenere un linguaggio formale per un apprezzamento ai piedi di una donna” concluse, facendole l’occhiolino, gesto che provocò un piacevole brivido a Francesca.
Andarono in soggiorno ed iniziarono con le lezioni.
Trascorsero due ore ininterrotte di studio ed esercitazioni, culminate con una piccola interrogazione a cui Francesca si fece trovare pronta, compiacendo la prof.
“Ok, per oggi può bastare così”. Nella sua voce, vi era una certa soddisfazione, dovuta probabilmente all’impegno dimostrato dalla ragazza.
“Ti andrebbe qualcosa da bere?”
“Sì, La ringrazio…” rispose Francesca “…cioè, ti ringrazio” si corresse poi, strappando un sorriso a Jenny “qualsiasi cosa va bene!”
“Una birra?” chiese Jenny
“Magari, con questo caldo è perfetta!” rispose la ragazza
Così, la prof gliene porse una bottiglia da 33cc, che si rivelò la preferita dalla ragazza.
“Se vuoi puoi metterti comoda in salotto, io ti raggiungo fra un attimo, il tempo di riordinare la mia roba” le disse Jenny.
Francesca, quindi, si alzò e percorse il breve corridoio che divideva il soggiorno dal salotto.
Qui, vi trovo un divano a due posti, con due pouf posti tra quello ed un tavolino in vetro di forma quadrata.
Francesca pensò che servisse ad appoggiarvi bevande o snack vari da consumare davanti alla tv.
Jenny ripose i “ferri del mestiere”, prese la sua birra e raggiunse la ragazza in salotto.
Giunta in salotto, notò che la ragazza l’aveva presa in parola circa l’espressione “se vuoi puoi metterti comoda”; infatti, la trovo comodamente seduta sul divano, senza ballerine, con i piedi nudi poggiati sopra uno dei due pouf, con le piante in bella vista.
Jenny ebbe un sussulto. Rimase qualche secondo a fissarle. Erano splendide!
Notando che le stava fissando, Francesca, lievemente imbarazzata, e fece per toglierli ma l’altra la fermò subito dicendo:
“Tranquilla, resta pure com’eri, non è assolutamente un problema” fece la prof con fare premuroso.
“Scusami, mi ero scordata di non essere a casa mia” le rispose Francesca con un sorriso colpevole.
“Mi piace il tuo smalto nero! Devo dire che hai dei bellissimi piedi!” disse poi Jenny
“Be, grazie…!” rispose Francesca.
Sorrise, e mentre lo fece incrociò lo sguardo di Jenny. Stava sorridendo anche lei.
Una piacevole sensazione pervase la ragazza. Si sentiva emozionata. Anzi quasi eccitata da quell’incrocio di sguardi. Non capiva cosa le stesse succedendo, era qualcosa di completamente nuovo.
Ma le piaceva.
“Va tutto bene, Francesca?” chiese improvvisamente la prof.
“Eh? Sì sì, certo… scusami…” borbottò lei.
“Mi sembravi un pochino assente” continuò l’altra, con un sorrisetto divertito, mentre terminava la birra.
Si allungò per poggiare la bottiglia sul tavolino, passando vicinissimo ai piedi della ragazza.
Li adorava! Erano magnifici!
Dentro di sé, sapeva che sarebbe inopportuno. Non c’era un tale livello di confidenza.
Ma la tentazione era fortissima. Li voleva toccare. Le sarebbe piaciuto sfiorarli con le dita.
Lo fece. Liberata la mano dalla bottiglia vuota, l’allungo verso i suoi piedi e le fece il solletico.
Francesca mosse il piede, emettendo una risatina.
“Oh-oh, vedo che qualcuno soffre il solletico qui” disse la prof con fare divertito.
“Ihihih… colpevole, prof!” ammise divertita la ragazza.
Al che Jenny, avendo finalmente rotto il ghiaccio, prese a far scorrere le dita anche sotto l’altro piede.
La risatina di Francesca, si trasformò in una risata divertita.
Rideva e agitava i piedini su e giù, avanti ed indietro, come per sfuggire a quella piacevole tortura.
Sì, piacevole! Dentro di lei, sentiva che le stava piacendo.
Inspiegabilmente, iniziò a sentirsi eccitata: com’era possibile? La sua professoressa le stava solleticando i piedi! Si era eccitata moltissime volte, ma non avrebbe mai pensato che potesse succedere per una cosa del genere.
Improvvisamente, Jenny abbandonò i piedi e fece scattare le sue dita sui fianchi della ragazza, strappandole un urletto prima di farla precipitare in vortice di risate.
“Ahahahahahaha!!!” Francesca si dimenava per evitare il solletico, ai fianchi era devastante!
“Ma come siamo sensibili!” disse Jenny proseguendo la sua opera.
Francesca cercò di bloccare la prof, improvvisando una piccola lotta sul divano.
Il risultato fu un maldestro capitombolo a terra.
Finirono entrambe sul pavimento, tra le risate generali.
Si ritrovarono incredibilmente vicine. I loro sguardi si incrociarono.
Accadde in un attimo. Le loro labbra si avvicinarono fino a toccarsi.
Dapprima un bacio sobrio, per poi diventare qualcosa di più quando la passione le prese, facendo venire meno le inibizioni.
Si strinsero in un abbraccio, mentre un fiume di emozioni le travolgeva.
Le loro lingue, presero ad intrecciarsi con furore. Il fiato si fece corto. I respiri affannosi.
Jenny infilò le mani sotto la maglietta di Francesca, le sganciò il reggiseno e in un attimo la ragazza si trovò a palesare la sua terza abbondante. Prese a baciarle il collo, scese lentamente fino ai capezzoli, strappandole dei vagiti di piacere.
Lentamente, risalì verso il collo e, baciandola dietro l’orecchio, le sussurrò: “Vieni con me…”
Si alzarono da terra, Jenny la prese per mano.
Attraversarono il corridoio, fin dalla parte opposta dell’appartamento.
Si sentiva solamente il rumore delle sue infradito, dal momento che Francesca era a piedi nudi.
Giunsero in camera da letto della prof.
Non appena dentro, questa si voltò verso l’alunna e la baciò.
Francesca ricambiò, stavolta erano le sue mani ad esplorare sotto la maglietta di Jenny.
Si rese conto che non aveva il reggiseno.
Si staccò momentaneamente da lei per sfilarle la t-shirt e, con temperamento tutt’altro che timido e impacciato, si gettò sulla prof, facendola sdraiare sul letto.
Ora era lei a condurre.
Salì a cavalcioni su Jenny, bloccandole le braccia con le mani, mentre le baciava il collo, proseguendo pian piano verso i suoi seni. Prese a succhiare i capezzoli turgidi, dapprima delicatamente, per poi aumentarne l’intensità.
Jenny era eccitata. Si stava bagnando tutta, e sperava di sentire quelle morbide labbra, che tanto divinamente la stavano stuzzicando, scendere più in basso.
Fu come se la ragazza le lesse ne pensiero.
Iniziò una lenta discesa fatta di piccoli baci.
Giunta sotto l’ombelico, Francesca si alzò le tolse le ciabatte infradito, seguite dai leggins.
Si inginocchiò. Aveva il viso proprio davanti al sesso della prof.
Aveva dei modi sensuali a dir poco. L’eccitazione di Jenny salì al solo contatto delle mani della ragazza con le sue mutandine, mentre gliele sfilava.
Era completamente nuda, distesa supina sul letto.
Francesca era sopra di lei.
Si scambiarono un altro lungo bacio, mentre le loro mani presero ad intrecciarsi, sfiorandosi delicatamente tra le dita.
Francesca, poi, tornò lentamente al punto in cui si era fermata prima.
Scese fin sopra il monte di venere, avvertendo nella sua prof, un’eccitazione sempre più crescente.
Con un movimento improvviso, la trasse a sé, arpionandola per le cosce, e affondò il viso nella vagina di lei, stimolando il clitoride con la lingua, su e giù, a destra e a sinistra, quasi fosse un interruttore.
I mugolii di piacere di Jenny divennero versi di puro godimento.
Ansimava e godeva!
Aveva le gambe aperte e sollevate. Francesca le sorreggeva, tenendole all’altezza dei polpacci, sfiorandone la superfice con le unghie, fino a quando giunse al tallone e quindi alla pianta del piede.
Jenny sobbalzò, emettendo una risatina.
“Wow…soffri il solletico anche tu, eh prof??”
“Mmmm…sì…..” fece lei, mentre ansimava di piacere
“Ti piacerebbe…?” disse la ragazza, con un tono tra il malizioso e il sensuale
“I miei piedi sono tutti tuoi….” rispose la prof.
Francesca iniziò quindi ad alternare stimolazioni al clitoride e solletico ai piedi.
Jenny rideva e godeva, spiazzata da quella devastante sensazione di piacere e tortura.
“Ahahahah….ahhh… sì, sì, continua ti prego!!....mmmmmhahahahah!!”
Era al culmine del godimento.
Sentì il corpo contrarsi, le dita dei piedi che si arricciavano, sia per il solletico, sia per il piacere.
E poi venne.
Un urlo disumano accompagnò il suo orgasmo più incredibile, un mix di sensazioni assoluto!
Jenny ansimava ancora, mentre Francesca concludeva via via la sua opera.
Fece per staccarsi, quando la sua prof le cinse i fianchi, provocandole solletico, e la sdraiò sul letto, invertendo così le posizioni.
Ora Jenny era sopra.
Un paio di secondi furono sufficienti per far volare shorts e mutandine al centro della stanza.
“Sei uno schianto, Tesoro! Chissà quanti ragazzi vorrebbero essere al mio posto…” la sua voce denotava malizia, mentre le sue mani sfioravano ora il ventre, ora l’interno coscia della ragazza. Che gradiva! Cazzo se gradiva! Era tutto un lago!
La prof se ne accorse e prese a sfiorarle il clitoride, infilando talvolta il dito all’interno della vagina.
“mh…sì… non fermarti…” disse la ragazza, in preda alla libidine.
“Ti piace Francy…?”
“Sì prof, continui, la prego!”
“E’ eccitante che tu mi dia del lei ora…” fece la prof con una punta di divertimento
“Voglio che mi torturi! La prego, prof… voglio che mi faccia il solletico ai piedi!” se ne uscì improvvisamente la ragazza, ormai senza freni inibitori.
Jenny non se lo fece ripetere due volte.
Si sedette tra le gambe della ragazza e prese a solleticarle le piante dei piedi, prima dolcemente, poi in modo più deciso, godendosi la bellissima risata di Francesca, avvolta oramai nel tunnel di quella dolce, spietata ed eccitante tortura.
“Ahahahahaha!! Basta ti prego…!! … Ihihih… sì, continua! Fammi il solletico!! Fammi godere, cazzo!”
Jenny allungò i piedi e iniziò a masturbarla con gli alluci, infilandone uno nella vagina e strofinando l’altro sul punto di godimento della giovane. Denotava una certa pratica a riguardo.
“Oohhhhh…ooohhhhhh…sì, sììììahahahaha!!”
Pensò che una scossa elettrica le avesse attraversato il corpo, quando esternò tutta la sua estasi sul dorso dei piedi della sua prof. Che non si fermò.
Continuò a masturbarla e solleticarla per diversi minuti, regalando alla ragazza la più lunga serie di orgasmi mai provata.
Stremata dopo l’ennesima manifestazione di piacere, Francesca si abbandonò tra le braccia di Jenny.
Si addormentarono, abbracciata l’una all’altra.
“Francesca, tesoro, svegliati!” Era la prof, che la destava dal sonno. “E’ tardi, i tuoi saranno in pensiero”.
Dopo aver realizzato, la ragazza scattò a sedere, guardo l’orologio del cellulare.
“Cazzo! È tardi” esclamò, prima di rendersi conto che la prof era lì davanti a lei “ehm… mi scusi…cioè scusami…io…” non fece in tempo a finire la frase che incontrò una risata della prof.
“Non preoccuparti, non volevo svegliarti. Ma penso dovresti avvertire i tuoi genitori”.
“Certo, sì sì, hai ragione”.
Si alzò e si vestì. Prese il telefono ed inviò un messaggio su Whatsapp a sua madre, avvertendola del ritardo. La spunta blu di conferma che ne seguì, la fece tranquillizzare.
Attraversò l’appartamento per recuperare le scarpe, rimaste in soggiorno.
Raggiunse nuovamente la sua professoressa, che si trovava in cucina, dedita alla preparazione della cena.
“Ah… Jenny… ecco io…ehm…” iniziò esitante Francesca.
“Mi sembra di tornare alla tua ultima interrogazione su Dickens.” disse divertita la prof.
Francesca sorrise per quel ricordo: non era effettivamente stata la sua migliore interpretazione.
“…quello che è successo oggi… ecco…è stato bellissimo…” e mentre lo diceva, avvertiva le farfalle nello stomaco.
Jenny sorrise “è piaciuto molto anche a me…” disse avvicinandosi alla ragazza.
Si salutarono con un altro lungo bacio.
Francesca uscì dall’appartamento, facendole un ultimo cenno con la mano.
Lo sguardo di Jenny la accompagnò fino a quando non sparì oltre il viale alberato.
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