Il primo boyfriend - Capitolo 7
di
Aramis
genere
gay
Alla fine uscimmo dalla vasca, e non perché lo desideravamo, ma perché la nostra pelle stava cominciando a diventare così grinzoso che sembravamo un paio di acini d’uva appassiti al sole. Luca mi permise di usare il suo accappatoio e lui si avvolse un asciugamano intorno alla vita. Era così eccitante avvolto solo in un asciugamano, con l’acqua che gocciolava giù per il suo torace. Avrei voluto prenderlo subito ma per qualche ragione sentii che dovevo resistere.
Scendemmo in soggiorno. Io mi sedetti nel mezzo del divano e Luca andò allo stereo e lo avviò, poi andò in cucina, ancora vestito del solo asciugamano. Vidi una foto di lui e dei suoi genitori in vacanza, era appoggiata sul tavolino di fronte al divano dove c’ero io e la presi. Erano su una spiaggia ed il sorriso sulla faccia di Luca poteva essere descritto solamente come falso. Non so perché ma sembrava scontento.
I miei pensiero furono interrotti rapidamente quando Luca ritornò con una bottiglia di vino e due calici. “Borgogna” Annunciò: “Ti va bene?” “Grande!” Mentii per non ammettere che l'unico genere di vino che avessi mai avevo assaggiato era un sorso di Merlot che mia mamma mi aveva lasciato bere per una volta, mentre eravamo in un ristorante per il suo ultimo compleanno.
Vide la foto nella mia mano e spiegò: “Bahamas. L'estate scorsa.” Io rimisi la foto al suo posto ed accettai il bicchiere di vino che mi porgeva. “Sembri così... imbronciato.” Osservai. Siamo rimasti là due settimane. Non so come hanno fatto, ma neppure là i miei genitori sono riusciti a staccarsi dal lavoro. C’erano solo telefoni e laptop, lasciandomi solo come al solito. Bene, l'ultimo giorno che abbiamo passato sima andati in spiaggia in costume da bagno, abbiamo fatto al foto, dopo di che tornammo in albergo, ci siamo fatti una doccia, abbiamo preparato i bagagli e siamo andati all’aeroporto. Per il divertimento che abbiamo avuto in quelle due settimane, avremmo potuto rimanere a casa.”
Io ero senza parole, una cosa non molto comune per me, non sapevo che fare, mi girai per incontrare il suo sguardo ed i nostri occhi si incollarono a quelli dell’altre per qualche secondo, c’era l’ombra di una lacrima nel suo occhio sinistro. Tirai la sua testa alla mia spalla e gli baciai una guancia. Poi lui esplose, cominciò a singhiozzare incontrollabilmente. Gli strofinai la schiena e gli parlai piano in un orecchio: “È tutto ok. Tu ora hai me. Io sono qui per te, non importa il resto.”
Lui alzò la testa dalla mia spalla per mostrarmi il sorriso che aveva scacciato la tristezza dal suo viso: “Stai cominciando a parlare come uno psichiatra!” Disse ridendo. Gli sorrisi e lui tornò a mettere la testa sulla mia spalla. Stavo cominciando a capire perché Luca era così felice sia a scuola che sul lavoro, perché c'erano che prestavano attenzione a lui. Sapevo cosa dovevo fare, ma non sapevo quando o come farlo.
Luca cominciò a riguadagnare calma, rialzò la sua testa e si asciugò le lacrime: “Mi spiace di aver scaricato tutto su di te.” Disse e la sua voce era piena di rimorso. “Luca” Cominciai: “Sono contento che tu me l’abbia detto. Non dovremmo tenere le cose dentro di noi, anche se pensiamo che sia per il meglio. Se fra noi funzionerà, dobbiamo essere aperti ed onesti un con l'altro.” Lui scosse la testa e sorrise. Io afferrai il mio bicchiere di vino che stava aspettando sul tavolino e lo vuotai in un sorso. Mentre il bicchiere era in aria, misi a fuoco l'orologio sul muro e quasi soffocai. Era la una e mezza del pomeriggio! Dovevamo essere rimasti nella vasca più a lungo di quanto avessi pensato!
“Oh merda!” Balbettai dopo aver alla fine indirizzato il liquido nel canale giusto. “Mia mamma si aspettava che tornassi questa mattina!” Appoggiai il bicchiere, corsi di sopra, afferrai i miei vestiti e me li infilai di fretta. Corsi di nuovo giù e vidi Luca seduto allo stesso posto sul divano, evidentemente divertito dalla mia furia. Cominciai a perlustrare la casa alla ricerca delle mie chiavi. Non erano sulla tavola, non sul mobile, non nelle mie tasche ed ero quasi sicuro che non fossero neppure nella stanza di Luca... Pensai che potessero essere sotto il cuscino del divano. Andai nel posto vicino a Luca dove ero seduto prima e quando gli passai davanti fece tintinnare le chiavi.
Gli lanciai un sorrisetto e quando allungai la mano per afferrarli, lui le tirò indietro e corrugò le labbra, come per dire che un bacio era il ‘prezzo’ che dovevo ‘pagare’ per riscattate le chiavi. Gli diedi un rapido bacio mentre afferravo le chiavi. Mi girai ma poi, come se comprendessi che avevo fatto qualche cosa di stupido, io mi rivolsi di nuovo a lui e riportai le mie labbra alle sue. Questo durò circa 30 secondi, finché di malavoglia le allontanai: “Devo andare, ti chiamerò più tardi, OK?” “Certo” Rispose lui: “Ti amo dolcezza!”
Ti amo. Quelle parole echeggiarono nella mia testa mentre camminavo verso casa. Sapevo che dovevo farlo al più presto. Sapevo quando: oggi! Non appena tornato a casa, ma il come ancora era poco chiaro. Dovevo parlare con loro. Dovevo!
Scendemmo in soggiorno. Io mi sedetti nel mezzo del divano e Luca andò allo stereo e lo avviò, poi andò in cucina, ancora vestito del solo asciugamano. Vidi una foto di lui e dei suoi genitori in vacanza, era appoggiata sul tavolino di fronte al divano dove c’ero io e la presi. Erano su una spiaggia ed il sorriso sulla faccia di Luca poteva essere descritto solamente come falso. Non so perché ma sembrava scontento.
I miei pensiero furono interrotti rapidamente quando Luca ritornò con una bottiglia di vino e due calici. “Borgogna” Annunciò: “Ti va bene?” “Grande!” Mentii per non ammettere che l'unico genere di vino che avessi mai avevo assaggiato era un sorso di Merlot che mia mamma mi aveva lasciato bere per una volta, mentre eravamo in un ristorante per il suo ultimo compleanno.
Vide la foto nella mia mano e spiegò: “Bahamas. L'estate scorsa.” Io rimisi la foto al suo posto ed accettai il bicchiere di vino che mi porgeva. “Sembri così... imbronciato.” Osservai. Siamo rimasti là due settimane. Non so come hanno fatto, ma neppure là i miei genitori sono riusciti a staccarsi dal lavoro. C’erano solo telefoni e laptop, lasciandomi solo come al solito. Bene, l'ultimo giorno che abbiamo passato sima andati in spiaggia in costume da bagno, abbiamo fatto al foto, dopo di che tornammo in albergo, ci siamo fatti una doccia, abbiamo preparato i bagagli e siamo andati all’aeroporto. Per il divertimento che abbiamo avuto in quelle due settimane, avremmo potuto rimanere a casa.”
Io ero senza parole, una cosa non molto comune per me, non sapevo che fare, mi girai per incontrare il suo sguardo ed i nostri occhi si incollarono a quelli dell’altre per qualche secondo, c’era l’ombra di una lacrima nel suo occhio sinistro. Tirai la sua testa alla mia spalla e gli baciai una guancia. Poi lui esplose, cominciò a singhiozzare incontrollabilmente. Gli strofinai la schiena e gli parlai piano in un orecchio: “È tutto ok. Tu ora hai me. Io sono qui per te, non importa il resto.”
Lui alzò la testa dalla mia spalla per mostrarmi il sorriso che aveva scacciato la tristezza dal suo viso: “Stai cominciando a parlare come uno psichiatra!” Disse ridendo. Gli sorrisi e lui tornò a mettere la testa sulla mia spalla. Stavo cominciando a capire perché Luca era così felice sia a scuola che sul lavoro, perché c'erano che prestavano attenzione a lui. Sapevo cosa dovevo fare, ma non sapevo quando o come farlo.
Luca cominciò a riguadagnare calma, rialzò la sua testa e si asciugò le lacrime: “Mi spiace di aver scaricato tutto su di te.” Disse e la sua voce era piena di rimorso. “Luca” Cominciai: “Sono contento che tu me l’abbia detto. Non dovremmo tenere le cose dentro di noi, anche se pensiamo che sia per il meglio. Se fra noi funzionerà, dobbiamo essere aperti ed onesti un con l'altro.” Lui scosse la testa e sorrise. Io afferrai il mio bicchiere di vino che stava aspettando sul tavolino e lo vuotai in un sorso. Mentre il bicchiere era in aria, misi a fuoco l'orologio sul muro e quasi soffocai. Era la una e mezza del pomeriggio! Dovevamo essere rimasti nella vasca più a lungo di quanto avessi pensato!
“Oh merda!” Balbettai dopo aver alla fine indirizzato il liquido nel canale giusto. “Mia mamma si aspettava che tornassi questa mattina!” Appoggiai il bicchiere, corsi di sopra, afferrai i miei vestiti e me li infilai di fretta. Corsi di nuovo giù e vidi Luca seduto allo stesso posto sul divano, evidentemente divertito dalla mia furia. Cominciai a perlustrare la casa alla ricerca delle mie chiavi. Non erano sulla tavola, non sul mobile, non nelle mie tasche ed ero quasi sicuro che non fossero neppure nella stanza di Luca... Pensai che potessero essere sotto il cuscino del divano. Andai nel posto vicino a Luca dove ero seduto prima e quando gli passai davanti fece tintinnare le chiavi.
Gli lanciai un sorrisetto e quando allungai la mano per afferrarli, lui le tirò indietro e corrugò le labbra, come per dire che un bacio era il ‘prezzo’ che dovevo ‘pagare’ per riscattate le chiavi. Gli diedi un rapido bacio mentre afferravo le chiavi. Mi girai ma poi, come se comprendessi che avevo fatto qualche cosa di stupido, io mi rivolsi di nuovo a lui e riportai le mie labbra alle sue. Questo durò circa 30 secondi, finché di malavoglia le allontanai: “Devo andare, ti chiamerò più tardi, OK?” “Certo” Rispose lui: “Ti amo dolcezza!”
Ti amo. Quelle parole echeggiarono nella mia testa mentre camminavo verso casa. Sapevo che dovevo farlo al più presto. Sapevo quando: oggi! Non appena tornato a casa, ma il come ancora era poco chiaro. Dovevo parlare con loro. Dovevo!
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