Il diario di un antenato
di
Aramis
genere
gay
Un racconto che esce dai schemi usuali, spero che piaccia.
Hank Jefferson era eccitato per la recente scoperta in baule appartenuto a suo nonno. Aveva trovato un vecchio diario di un antenato. Il nome scritto sulla copertina era Oliver Jefferson IV.
Poco dopo Hank era seduto e cominciava a leggere.
“Mi chiamo Oliver Jefferson quarto e scrivo questo diario per nessuno altro se non per me. Ho 69 anni, fra pochi giorni ne compirò 70. Spesso torno ad un momento della mia vita quando ero felice, ma contemporaneamente era anche un momento molto triste. Tento di non pensare ad una certa persona che conoscevo, ma se devo essere onesto con me stesso, penso a lui ogni giorno, molte volte al giorno. Se potessi vederlo oggi gli direi che io non sono pentito. Tuttavia sono pieno di rammarico. Pentimento di non essere stato più forte, pentimento di non essere stato un vero uomo, rammarico per averlo fatto uscire dalla mia vita.
Mio padre, Oliver Jefferson terzo era un proprietario di schiavi. Io fui allevato in una piantagione di cotone. Quando crebbi non imparai nient’altro che possedere schiavi, solo questo conoscevo. Poi il mondo vero invase la mia vita idilliaca. Conobbi persone che non credevano nella schiavitù e che volevano abolirla. Mio padre chiaramente odiava l'idea di liberare gli schiavi. Io non parteggiavo per un partito o l’altro, ma cominciai a guardare gli schiavi sotto una luce diversa.
Avevo 20 anni quando le cose cominciarono realmente a cambiare. Mio padre cominciò a prepararmi alla gestione della piantagione. Ero figlio unico ed i miei genitori mi avevano avuto tardi. Mio padre stava diventando vecchio e voleva prendere un ruolo meno attivo nella piantagione.
I miei genitori volevano che mi sistemassi, mi sposassi e prendessi in mano gli affari. Il guaio era che io non volevo niente di tutto questo. Non avevo interesse nel prendere la piantagione e far scorrere la mia vita come aveva fatto mio padre e suo padre prima di lui.
Fra l’altro i miei genitori volevano un matrimonio con una brava donna e bambini, ed io non ero proprio interessato a quelle cose. Non che non mi piacessero le ragazze, ne avevo baciata qualcuna. Ma a 20 anni ero ancora vergine. Avevo un bell’aspetto e più di qualche genitore desiderava che prendessi le loro figlie, ma nessuna donna prendeva veramente la mia attenzione. Mi sembravano capricciose e stupide.
In quel tempo mio padre acquistò un nuovo lotto di schiavi da un proprietario di una piantagione di un altro stato. Io c’ero quando gli schiavi arrivarono. Uno di loro attirò la mia attenzione non appena lo vidi.
Era molto alto, almeno un metro e novantacinque e massiccio. Non c'era un grammo di grasso su di lui. La prima volta che lo vidi non indossava la camicia ed aveva un paio di pantaloni stracciati. Era coperto di muscoli, le braccia e le gambe erano gonfie. I capelli scarmigliati erano lunghi, neri e folti. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Lui si accorse che lo guardavo. Incontrò il mio sguardo e non lo distolse finché non gli fu ordinato di andare alle capanne degli schiavi.
Cominciai immediatamente a chiedere di lui. Mio padre era entusiasta per il fatto che stavo prendendo interesse alla piantagione. Seppi che lo schiavo si chiamava Joshua e doveva avere circa 25 anni.
Mio padre fu ancora più entusiasta quando mi offrii di soprintendere ai campi mentre lui era via. Probabile lui non sarebbe stato così entusiasta se avesse saputo che il mio solo interesse era poter vedere quell’uomo alto e nero. L'idea di essere omosessuale non mi aveva sfiorato, sapevo solo che mi piaceva guardarlo. Mi piaceva il suo torace nero e luccicante quando lavorava sotto il sole caldo e volevo disperatamente vedere quello che gli dondolava tra le gambe.
I proprietari di schiavi potevano facilmente fare quello che volevano coi loro schiavi. I miei cugini avevano portato a letto delle giovani schiave più di una volta. Io volevo vedere Joshua senza vestiti, ma avevo paura che facendolo apertamente la cosa avrebbe potuto identificarmi come un malvagio o pervertito.
Dopo aver passato molti giorni a guardarlo lavorare, decisi che dovevo fare qualche cosa. Speravo che vederlo nudo avrebbe potuto allontanare tutti i miei pensieri lussuriosi. Non fu quello che accade, comunque.
Ad un certo punto del giorno chiesi a Joshua di seguirmi nel capannone di legno. Era un posto privato e non c’era nessuno intorno. Ci inoltrammo nella costruzione quasi vuota allontanandoci dalla porta.
“Togliti i pantaloni”, ordinai.
“Signore?” Lui era stato istruito dal suo precedente padrone e parlava molto meglio della maggior parte degli schiavi.
“Togliti i pantaloni, Joshua” ripetei.
“Perché, signore?”
“Obbedisci!” Ordinai di nuovo.
Lui assentì e se li tolse. Sotto non portava nulla e la sua virilità nera si dimenava. Guardai ad occhi sbarrati la proboscide massiccia che aveva tra le gambe.
Il suo grosso pene sembrava gigantesco comparato agli altri che avevo visto. Ad essere onesto ne avevo visti solamente alcuni; il mio chiaramente, quello di mio padre quando pisciavamo nel bosco e quello dei miei cugini quando facevamo gare orinando da adolescenti. Joshua li batteva tutti piuttosto facilmente.
Era lungo più di 15 centimetri e molto spesso. La testa del suo uccello era grossa, rotonda e non era circonciso. Era molle quando cominciai a guardarlo. Mentre stavamo fermi senza parlare, cominciò a crescere, presto l’asta fu dura e la pelle tirata indietro. Aveva un paio di grossi testicoli pelosi un po’ pendenti.
“Signore?” Disse: “Vuole che faccia qualche cosa?”
Mi risvegliai dal mio stupore, gli ordinai rimettersi i pantaloni e ritornare nel campo. Lui fece come gli era stato detto e mi lasciò da solo. Il mio pene pulsava, lasciai cadere i pantaloni, estrassi il mio uccello di 12 centimetri, piuttosto piccolo a confronto del suo, e mi occupai ad una “auto-mutilazione”, come mia madre l'aveva chiamata una volta. Sparai il mio sperma, mi vestii rapidamente e ritornai al campo.
Quando mio padre ritornò mi disse che dovevo fare un viaggio per prendermi cura degli affari per conto suo. Obiettai, ma lui insistette. Mi preparai per il viaggio e mio padre disse che avrei avuto bisogno di un schiavo che guidasse il cocchio perché il suo conducente non poteva farlo. Io scelsi subito Joshua.
Viaggiammo tutto il giorno e ci fermammo per dormire la notte. Io dormii nel cocchio mentre Joshua dormì fuori con una coperta.
Il secondo giorno dovevamo attraversare un piccolo torrente gonfio d’acqua per un recente temporale. L'acqua divenne troppo forte per le ruote ed il cocchio si capovolse. Joshua ed io fummo gettati nell'acqua fredda e la corrente cominciò a trascinarmi a valle.
Fui trascinato contro una grande pietra dove sbattei la testa e persi coscienza. Il resto di quello che accadde mi tornò in mente molto più tardi.
Joshua riuscì ad afferrarmi prima che affogassi e mi tirò fuori dall'acqua. Eravamo ambedue completamente bagnati. Tutti i nostri vestiti erano fradici ed il cocchio distrutto. Lui portò me e delle borse in una caverna vicina, dopo di che accese un fuoco per scaldarci.
Io rabbrividivo, avevo un gran freddo e la febbre. Joshua spogliò ambedue e distese i vestiti vicini al fuoco. Sdraiò anche me vicino al fuoco, ma io non smettevo di rabbrividire. Entravo ed uscivo dalla coscienza e balbettavo incoerentemente.
Joshua era preoccupato per me e comprese che doveva tenermi caldo oppure sarei morto. Mi prese e mi tirò vicino al suo corpo; stava seduto contro la parete della caverna, mi fece sedere sul suo grembo avvolgendomi nelle sue braccia e pigiando insieme i nostri toraci.
Mi implorò di guarire, disse che non voleva che morissi. A quel punto ritornai in me e gli dissi che non pensavo di essere a quel punto. Lui afferrò la mia testa e mi disse di non morire. Le nostre facce erano a meno di due centimetri e potevo sentire il suo alito caldo sulle mie labbra. Mi mossi in avanti e misi le labbra contro le sue. Lui non fece resistenza, invece pigiò le sue labbra contro le mie e mi baciò con trasporto. Sentii il mio pene rispondere e poi anche il suo lo fece.
Sentivo il suo grosso cazzo contro il sedere nudo. Mentre ci baciavamo le sue anche si mossero strofinando il suo cazzo contro la fessura del mio culo.
Portai una mano dietro di me ed afferrai il suo grosso uccello. Alzai le anche a sufficienza per appoggiare il suo cazzo al mio buco del culo. Tentai poi di sedermi indietro e guidare il uccello dentro di me. Ma essendo vergine ed avendo lui un cazzo così grosso, non fu una cosa facile, ma Joshua non resistette.
Afferrò le mie anche e mi tenne a mezz’aria mentre cominciava a scivolare dentro di me. Finalmente la sua grossa cappella irruppe oltre il mio anello. Io ululai di dolore e tentai di togliermi, ma lui mi tenne là.
“No, signore” Disse: “Non deve togliersi. Lei l’ha voluto, io glielo darò.”
Io smisi di lottare mentre il dolore scemava. Joshua non si mosse per parecchio tempo e poi cominciò a scivolare dentro di me sempre di più. Presto il dolore scomparve e tutto il suo cazzo fu profondamente dentro di me. La sensazione meravigliosa di essere penetrato sommerse il mio corpo ed io rimasi seduto sul suo pene lamentandomi.
“È bello, non è vero, signore?” Chiese ed io assentii.
Scivolò dentro e fuori di me, dapprima lentamente, poi più rapidamente e poi lentamente di nuovo. La sensazione del suo grosso cazzo che pulsava dentro di me era incredibile. Mi carezzai l’uccello e sparai il mio succo sopra il suo stomaco. Lui mi tirò a sé e ci baciammo sfregando lo sperma tra i nostri stomachi. Poi cominciò a scoparmi veramente con forza. Mi colpiva con forza e velocemente. Presto sentii il suo corpo tendersi e lui si lamentò mentre entrava profondo nei miei intestini.
Ci baciammo di nuovo mentre respiravamo ansimando.
Mi piegai contro il suo corpo e mi addormentai senza sentire altro che il suo cazzo che comincia ad ammorbidirsi.
Continuai ad essere cosciente ed incosciente per molti giorni. Non mi svegliai completamente finché non mi trovai in ospedale coi miei genitori ai lati del mio letto. Mi dissero che Joshua era riuscito chiedere aiuto ad una persona che passava a cavallo ed era stato possibile salvarmi; dissero che mi aveva salvato la vita.
Io non avevo alcun ricordo di quello che era accaduto nella caverna tra Joshua e me. Avevo qualche bagliore ed il mio culo doleva come se fosse stato invaso da un bastone.
Tornai presto a casa e fui felice di vedere che a Joshua era stata data una posizione in casa invece che nel campo. Lo ringraziai per avermi salvato la vita e lui disse che era solo la cosa giusta da fare. Poi la mia mente cominciò a funzionare, vedevo lui ed io che ci baciavamo. Poi mi ricordai della sensazione del suo cazzo profondamente dentro di me. Alcune settimane più tardi finalmente ricordai tutto quello che era accaduto.
Mi confrontai privatamente con lui e gli chiesi se mi aveva inculato mentre ero febbricitante. Lui si scusò, mi disse che non aveva compreso completamente quanto fossi fuori di me, ma che aveva pensato che fosse l'unico modo per scaldarmi. Io gli dissi che non ero adirato.
Gli chiesi anche se l’aveva già fatto prima di allora; ammise di essere stato con molti uomini quando era adolescente e disse che gli piaceva.
Ora con Joshua in casa, riuscivo a vederlo molto più spesso. Lo chiamai spesso nella mia stanza di notte per chiedergli qualche cosa . Quando arrivava io gettavo a parte la coperta rivelando il mio corpo nudo. Allargavo le gambe, lui ci strisciava in mezzo, faceva scivolare il suo pene profondamente nel mio sedere e piantava il suo seme dentro di me. Diventammo amanti ed io mi innamorai moltissimo di lui. Quando gli confessai che mi ero innamorato, lui disse che lo sapeva da tempo.
Presto capii che la schiavitù era una cosa sbagliata. Tentai di convincere mio padre a dare a molti schiavi, incluso Joshua, la libertà ma lui rifiutò.
Una sera venne da me e disse che lui e molti altri stavano scappando verso la libertà. Mi disse che voleva che andassi con lui, disse che mi amava e che avremmo potuto vivere insieme. Io rifiutai, ma promisi di non dimenticarlo; quella sera fece l'amore con me un'ultima volta.
Mio padre era furioso che i suoi schiavi fossero scappati, ma non sospettò mai che io l’avevo saputo prima che avvenisse.
L'anno seguente incontrai una donna, Clara. Ci sposammo presto, arrivarono tre bambini dopo di che lei divenne frigida e rifiutò di farlo con me. Non fu un dispiacere, io non avevo mai avuto un vero desiderio sessuale per lei.
Quando mio padre morì io presi la piantagione, liberai gli schiavi e ne fui felice.
Riuscivo a soddisfare occasionalmente i miei desideri sessuali per gli uomini, con uomini che avevano gli stessi desideri. Ma non era mai lo stesso per me, Joshua era l'uomo che avevo amato, ma non lo rividi mai più.”
Hank Jefferson era eccitato per la recente scoperta in baule appartenuto a suo nonno. Aveva trovato un vecchio diario di un antenato. Il nome scritto sulla copertina era Oliver Jefferson IV.
Poco dopo Hank era seduto e cominciava a leggere.
“Mi chiamo Oliver Jefferson quarto e scrivo questo diario per nessuno altro se non per me. Ho 69 anni, fra pochi giorni ne compirò 70. Spesso torno ad un momento della mia vita quando ero felice, ma contemporaneamente era anche un momento molto triste. Tento di non pensare ad una certa persona che conoscevo, ma se devo essere onesto con me stesso, penso a lui ogni giorno, molte volte al giorno. Se potessi vederlo oggi gli direi che io non sono pentito. Tuttavia sono pieno di rammarico. Pentimento di non essere stato più forte, pentimento di non essere stato un vero uomo, rammarico per averlo fatto uscire dalla mia vita.
Mio padre, Oliver Jefferson terzo era un proprietario di schiavi. Io fui allevato in una piantagione di cotone. Quando crebbi non imparai nient’altro che possedere schiavi, solo questo conoscevo. Poi il mondo vero invase la mia vita idilliaca. Conobbi persone che non credevano nella schiavitù e che volevano abolirla. Mio padre chiaramente odiava l'idea di liberare gli schiavi. Io non parteggiavo per un partito o l’altro, ma cominciai a guardare gli schiavi sotto una luce diversa.
Avevo 20 anni quando le cose cominciarono realmente a cambiare. Mio padre cominciò a prepararmi alla gestione della piantagione. Ero figlio unico ed i miei genitori mi avevano avuto tardi. Mio padre stava diventando vecchio e voleva prendere un ruolo meno attivo nella piantagione.
I miei genitori volevano che mi sistemassi, mi sposassi e prendessi in mano gli affari. Il guaio era che io non volevo niente di tutto questo. Non avevo interesse nel prendere la piantagione e far scorrere la mia vita come aveva fatto mio padre e suo padre prima di lui.
Fra l’altro i miei genitori volevano un matrimonio con una brava donna e bambini, ed io non ero proprio interessato a quelle cose. Non che non mi piacessero le ragazze, ne avevo baciata qualcuna. Ma a 20 anni ero ancora vergine. Avevo un bell’aspetto e più di qualche genitore desiderava che prendessi le loro figlie, ma nessuna donna prendeva veramente la mia attenzione. Mi sembravano capricciose e stupide.
In quel tempo mio padre acquistò un nuovo lotto di schiavi da un proprietario di una piantagione di un altro stato. Io c’ero quando gli schiavi arrivarono. Uno di loro attirò la mia attenzione non appena lo vidi.
Era molto alto, almeno un metro e novantacinque e massiccio. Non c'era un grammo di grasso su di lui. La prima volta che lo vidi non indossava la camicia ed aveva un paio di pantaloni stracciati. Era coperto di muscoli, le braccia e le gambe erano gonfie. I capelli scarmigliati erano lunghi, neri e folti. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Lui si accorse che lo guardavo. Incontrò il mio sguardo e non lo distolse finché non gli fu ordinato di andare alle capanne degli schiavi.
Cominciai immediatamente a chiedere di lui. Mio padre era entusiasta per il fatto che stavo prendendo interesse alla piantagione. Seppi che lo schiavo si chiamava Joshua e doveva avere circa 25 anni.
Mio padre fu ancora più entusiasta quando mi offrii di soprintendere ai campi mentre lui era via. Probabile lui non sarebbe stato così entusiasta se avesse saputo che il mio solo interesse era poter vedere quell’uomo alto e nero. L'idea di essere omosessuale non mi aveva sfiorato, sapevo solo che mi piaceva guardarlo. Mi piaceva il suo torace nero e luccicante quando lavorava sotto il sole caldo e volevo disperatamente vedere quello che gli dondolava tra le gambe.
I proprietari di schiavi potevano facilmente fare quello che volevano coi loro schiavi. I miei cugini avevano portato a letto delle giovani schiave più di una volta. Io volevo vedere Joshua senza vestiti, ma avevo paura che facendolo apertamente la cosa avrebbe potuto identificarmi come un malvagio o pervertito.
Dopo aver passato molti giorni a guardarlo lavorare, decisi che dovevo fare qualche cosa. Speravo che vederlo nudo avrebbe potuto allontanare tutti i miei pensieri lussuriosi. Non fu quello che accade, comunque.
Ad un certo punto del giorno chiesi a Joshua di seguirmi nel capannone di legno. Era un posto privato e non c’era nessuno intorno. Ci inoltrammo nella costruzione quasi vuota allontanandoci dalla porta.
“Togliti i pantaloni”, ordinai.
“Signore?” Lui era stato istruito dal suo precedente padrone e parlava molto meglio della maggior parte degli schiavi.
“Togliti i pantaloni, Joshua” ripetei.
“Perché, signore?”
“Obbedisci!” Ordinai di nuovo.
Lui assentì e se li tolse. Sotto non portava nulla e la sua virilità nera si dimenava. Guardai ad occhi sbarrati la proboscide massiccia che aveva tra le gambe.
Il suo grosso pene sembrava gigantesco comparato agli altri che avevo visto. Ad essere onesto ne avevo visti solamente alcuni; il mio chiaramente, quello di mio padre quando pisciavamo nel bosco e quello dei miei cugini quando facevamo gare orinando da adolescenti. Joshua li batteva tutti piuttosto facilmente.
Era lungo più di 15 centimetri e molto spesso. La testa del suo uccello era grossa, rotonda e non era circonciso. Era molle quando cominciai a guardarlo. Mentre stavamo fermi senza parlare, cominciò a crescere, presto l’asta fu dura e la pelle tirata indietro. Aveva un paio di grossi testicoli pelosi un po’ pendenti.
“Signore?” Disse: “Vuole che faccia qualche cosa?”
Mi risvegliai dal mio stupore, gli ordinai rimettersi i pantaloni e ritornare nel campo. Lui fece come gli era stato detto e mi lasciò da solo. Il mio pene pulsava, lasciai cadere i pantaloni, estrassi il mio uccello di 12 centimetri, piuttosto piccolo a confronto del suo, e mi occupai ad una “auto-mutilazione”, come mia madre l'aveva chiamata una volta. Sparai il mio sperma, mi vestii rapidamente e ritornai al campo.
Quando mio padre ritornò mi disse che dovevo fare un viaggio per prendermi cura degli affari per conto suo. Obiettai, ma lui insistette. Mi preparai per il viaggio e mio padre disse che avrei avuto bisogno di un schiavo che guidasse il cocchio perché il suo conducente non poteva farlo. Io scelsi subito Joshua.
Viaggiammo tutto il giorno e ci fermammo per dormire la notte. Io dormii nel cocchio mentre Joshua dormì fuori con una coperta.
Il secondo giorno dovevamo attraversare un piccolo torrente gonfio d’acqua per un recente temporale. L'acqua divenne troppo forte per le ruote ed il cocchio si capovolse. Joshua ed io fummo gettati nell'acqua fredda e la corrente cominciò a trascinarmi a valle.
Fui trascinato contro una grande pietra dove sbattei la testa e persi coscienza. Il resto di quello che accadde mi tornò in mente molto più tardi.
Joshua riuscì ad afferrarmi prima che affogassi e mi tirò fuori dall'acqua. Eravamo ambedue completamente bagnati. Tutti i nostri vestiti erano fradici ed il cocchio distrutto. Lui portò me e delle borse in una caverna vicina, dopo di che accese un fuoco per scaldarci.
Io rabbrividivo, avevo un gran freddo e la febbre. Joshua spogliò ambedue e distese i vestiti vicini al fuoco. Sdraiò anche me vicino al fuoco, ma io non smettevo di rabbrividire. Entravo ed uscivo dalla coscienza e balbettavo incoerentemente.
Joshua era preoccupato per me e comprese che doveva tenermi caldo oppure sarei morto. Mi prese e mi tirò vicino al suo corpo; stava seduto contro la parete della caverna, mi fece sedere sul suo grembo avvolgendomi nelle sue braccia e pigiando insieme i nostri toraci.
Mi implorò di guarire, disse che non voleva che morissi. A quel punto ritornai in me e gli dissi che non pensavo di essere a quel punto. Lui afferrò la mia testa e mi disse di non morire. Le nostre facce erano a meno di due centimetri e potevo sentire il suo alito caldo sulle mie labbra. Mi mossi in avanti e misi le labbra contro le sue. Lui non fece resistenza, invece pigiò le sue labbra contro le mie e mi baciò con trasporto. Sentii il mio pene rispondere e poi anche il suo lo fece.
Sentivo il suo grosso cazzo contro il sedere nudo. Mentre ci baciavamo le sue anche si mossero strofinando il suo cazzo contro la fessura del mio culo.
Portai una mano dietro di me ed afferrai il suo grosso uccello. Alzai le anche a sufficienza per appoggiare il suo cazzo al mio buco del culo. Tentai poi di sedermi indietro e guidare il uccello dentro di me. Ma essendo vergine ed avendo lui un cazzo così grosso, non fu una cosa facile, ma Joshua non resistette.
Afferrò le mie anche e mi tenne a mezz’aria mentre cominciava a scivolare dentro di me. Finalmente la sua grossa cappella irruppe oltre il mio anello. Io ululai di dolore e tentai di togliermi, ma lui mi tenne là.
“No, signore” Disse: “Non deve togliersi. Lei l’ha voluto, io glielo darò.”
Io smisi di lottare mentre il dolore scemava. Joshua non si mosse per parecchio tempo e poi cominciò a scivolare dentro di me sempre di più. Presto il dolore scomparve e tutto il suo cazzo fu profondamente dentro di me. La sensazione meravigliosa di essere penetrato sommerse il mio corpo ed io rimasi seduto sul suo pene lamentandomi.
“È bello, non è vero, signore?” Chiese ed io assentii.
Scivolò dentro e fuori di me, dapprima lentamente, poi più rapidamente e poi lentamente di nuovo. La sensazione del suo grosso cazzo che pulsava dentro di me era incredibile. Mi carezzai l’uccello e sparai il mio succo sopra il suo stomaco. Lui mi tirò a sé e ci baciammo sfregando lo sperma tra i nostri stomachi. Poi cominciò a scoparmi veramente con forza. Mi colpiva con forza e velocemente. Presto sentii il suo corpo tendersi e lui si lamentò mentre entrava profondo nei miei intestini.
Ci baciammo di nuovo mentre respiravamo ansimando.
Mi piegai contro il suo corpo e mi addormentai senza sentire altro che il suo cazzo che comincia ad ammorbidirsi.
Continuai ad essere cosciente ed incosciente per molti giorni. Non mi svegliai completamente finché non mi trovai in ospedale coi miei genitori ai lati del mio letto. Mi dissero che Joshua era riuscito chiedere aiuto ad una persona che passava a cavallo ed era stato possibile salvarmi; dissero che mi aveva salvato la vita.
Io non avevo alcun ricordo di quello che era accaduto nella caverna tra Joshua e me. Avevo qualche bagliore ed il mio culo doleva come se fosse stato invaso da un bastone.
Tornai presto a casa e fui felice di vedere che a Joshua era stata data una posizione in casa invece che nel campo. Lo ringraziai per avermi salvato la vita e lui disse che era solo la cosa giusta da fare. Poi la mia mente cominciò a funzionare, vedevo lui ed io che ci baciavamo. Poi mi ricordai della sensazione del suo cazzo profondamente dentro di me. Alcune settimane più tardi finalmente ricordai tutto quello che era accaduto.
Mi confrontai privatamente con lui e gli chiesi se mi aveva inculato mentre ero febbricitante. Lui si scusò, mi disse che non aveva compreso completamente quanto fossi fuori di me, ma che aveva pensato che fosse l'unico modo per scaldarmi. Io gli dissi che non ero adirato.
Gli chiesi anche se l’aveva già fatto prima di allora; ammise di essere stato con molti uomini quando era adolescente e disse che gli piaceva.
Ora con Joshua in casa, riuscivo a vederlo molto più spesso. Lo chiamai spesso nella mia stanza di notte per chiedergli qualche cosa . Quando arrivava io gettavo a parte la coperta rivelando il mio corpo nudo. Allargavo le gambe, lui ci strisciava in mezzo, faceva scivolare il suo pene profondamente nel mio sedere e piantava il suo seme dentro di me. Diventammo amanti ed io mi innamorai moltissimo di lui. Quando gli confessai che mi ero innamorato, lui disse che lo sapeva da tempo.
Presto capii che la schiavitù era una cosa sbagliata. Tentai di convincere mio padre a dare a molti schiavi, incluso Joshua, la libertà ma lui rifiutò.
Una sera venne da me e disse che lui e molti altri stavano scappando verso la libertà. Mi disse che voleva che andassi con lui, disse che mi amava e che avremmo potuto vivere insieme. Io rifiutai, ma promisi di non dimenticarlo; quella sera fece l'amore con me un'ultima volta.
Mio padre era furioso che i suoi schiavi fossero scappati, ma non sospettò mai che io l’avevo saputo prima che avvenisse.
L'anno seguente incontrai una donna, Clara. Ci sposammo presto, arrivarono tre bambini dopo di che lei divenne frigida e rifiutò di farlo con me. Non fu un dispiacere, io non avevo mai avuto un vero desiderio sessuale per lei.
Quando mio padre morì io presi la piantagione, liberai gli schiavi e ne fui felice.
Riuscivo a soddisfare occasionalmente i miei desideri sessuali per gli uomini, con uomini che avevano gli stessi desideri. Ma non era mai lo stesso per me, Joshua era l'uomo che avevo amato, ma non lo rividi mai più.”
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