Amore o Follia? -1-

di
genere
dominazione

Premessa: questo racconto nasce come esperimento e gioco per la piattaforma "The Incipit", in cui i lettori hanno la possibilità di votare il continuo della storia. Pubblicherò qui il continuo della storia e vi invito ad andare su quella piattaforma (theincipit.com) e cercare la mia storia (Amore o follia? di Mr. Goodbye) per esprimere la vostra opinione.
Buona lettura a tutti!

Tre mesi.

Tre mesi di silenzio e dolore. Tre mesi in cui Alessia non ebbe alcuna notizia dal suo ex fidanzato. Tre mesi in cui aveva iniziato ad aver paura ad addormentarsi per il rischio di sognarlo e svegliarsi in lacrime, con il cuore che le faceva male. Come se mille spilloni gli ci fossero piantati senza pietà.

Tre mesi in cui le mancava da morire, in cui non era più riuscita a sorridere o a essere felice.

Lo amava. La verità è che lo amava come non aveva mai amato nessun altro e senza di lui si sentiva perduta e inutile.

Dopo due anni insieme erano arrivati a un passo dall’andare a convivere. Avevano persino iniziato a cercare casa insieme.

Ma il castello era crollato e l’aveva mollata, scaricata, abbandonata. Come se fosse stata un cane in autostrada. L’aveva persino bloccata, su tutti i canali e il non riuscire ad avere sue notizie la stava lentamente mandando fuori di testa.

Si svegliò tardi. Si trascinò svogliatamente in bagno, restandoci più di quanto necessario. Passò dalla sala. Vedere che sua madre le aveva lasciato la tavola apparecchiata per la colazione le diede il voltastomaco.

Che senso aveva vivere senza di lui? Dov’era la gioia dell’essere al mondo senza di lui?

Le lacrime le rigano le guance senza che se ne rendesse conto.

Tornò a chiudersi in camera sua, svanendo sotto la coperta e abbandonandosi all’oblio.

All’improvviso aprì gli occhi.

C’era il cellulare di sua madre sul tavolo della cucina. Doveva averlo dimenticato lì quando era andata a lavoro. Sentì il cuore iniziare a martellarle nel petto con tanta forza da sentirlo persino nelle orecchie. Si alzò di scatto e corse in cucina.

Non si era sbagliata, il telefono era proprio lì, accanto alla moka. Senza perdere un solo altro istante lo afferrò e sbloccò il monitor. Non aveva bisogno di cercare nella rubrica, sapeva il numero a memoria.

Le tremavano le mani.

Si mise seduta e fissò la schermata di Whatsapp con il nome del suo ex fidanzato in cima. Non aveva bloccato sua madre. Aveva una possibilità, non doveva sprecarla.

Tremava tutta.

Scrisse un messaggio.

Lo cancellò e lo riscrisse. Era stata troppo smielosa.

Lo cancellò per la seconda volta. Troppo supplichevole.

Fissò la pagina vuota con mille pensieri che le vorticavano in mente.

– Ciao, sono Alessia. La verità è che mi manchi e che vorrei poterti parlare. –

Lo lesse, lo rilesse e lo lesse ancora una volta. Tremando come una foglia premette il pulsante di invio.

Una spunta.

Due spunte.

Due spunte azzurre.

Si mise a piangere, non sapeva dire se per la paura di essere bloccata anche lì o per quello che avrebbe ricevuto in risposta.

Il suo telefono suonò.

Scattò in camera sua, buttandosi sul letto per prendere il telefono da sotto il cuscino.

Samuele!

Gridò di gioia e si mise a ballare per la stanza senza neanche leggere il messaggio. Non l’aveva ignorata, non aveva bloccato anche il numero della madre, ma le aveva risposto!

Fece un respiro profondo, tornò in sé e si lasciò cadere in ginocchio in mezzo alla stanza. Il cuore batteva a mille. IL fiato corto. Era più emozionata di un bambino che gli viene data la libertà in un negozio di caramelle.

“Ti prego ti prego ti prego ti prego…”

Iniziò a ripetere quelle parole senza sosta. Le aveva risposto. Dopo tre mesi di blocco. Non potevano essere brutte notizie.

Fece un altro respiro profondo, si asciugò gli occhi e tirò su con il naso.

Con le mani tremanti sbloccò il telefono e aprì la notifica.

– Che cosa vuoi? –

Era una domanda. Era una domanda! Le stava lasciando spazio. Quella era una porta aperta. Le stava lasciando spazio!

Si sentì vibrare in tutto il corpo. Non riusciva a smettere di sorridere.

– Vorrei… vorrei solo vederti… parlarti… –

– Pensavo di essere stato chiaro. –

– Lo sei stato. Ma ti prego… ho bisogno di vederti. –

– Bisogno? –

– Sì… –

– Io no. –

Una pugnalata al cuore le avrebbe fatto meno male. Sentì le lacrime rigarle il viso e annebbiarle la vista.

– Ti prego. Un’ultima volta. Ti prego. –

Seguì un lungo silenzio in cui si sentì morire.

– Ti faccio sapere. –

– Ti prego. –

– Ho detto che ti faccio sapere. –

– Hai ragione. Scusami. –

– Ti faccio sapere presto. –

Fece per rispondergli ma le risultò impossibile. L’aveva bloccata di nuovo. Splancò gli occhi e la bocca, shoccata da quella reazione. Sentì male. Al corpo e all’anima.

Si accasciò su se stessa e iniziò a piangere senza controllo.
scritto il
2019-12-02
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