I Vizi Capitali: L'Accidia

di
genere
etero

“I due più bei…”

Bah. Che cazzo di nome. Completamente decontestualizzato, voglio dire, va bene che c’è “peccati di gola” dopo, ma nessuno ci penserebbe mai di leggerli in sequenza.

Che palle, sapevo di dovermene stare a casa stasera, invece di mangiare in questo posto inutile. Ma che diavolo dico, non ha alcuna importanza, mangiare qua o a casa o in un lurido cassonetto.

“Ciao Michele! Tu che prendi?”

“Ciao Fiorella. Fai tu, quello che ti pare, tanto non ho molta fame.”

“Eddai è una giornata di festa! Ti porto le fettuccine, sono buonissime!”

“Sì, va bene.”

Fiorella è sempre così energica, vitale e spensierata. Oggi lo sembra più del solito con quel camice rosso, tutta tirata a lucido per quel porco del proprietario. Dicono abbiano una relazione, quei due. Tutto il paese spettegola al riguardo, si dice persino che lui abbia comprato questo buco di locale solo per potersela scopare tra il turno del pranzo e quello della cena. La gente in questo paese del cazzo mi fa venire il latte ai coglioni, stanno sempre ad impicciarsi dei fatti altrui, delle vite degli altri. Non capisco cosa ci sia di interessante in tutto ciò. Per quanto mi riguarda, quel pervertito del proprietario si potrebbe pure essere scopato la pasticciera cinque minuti fa nel retro del locale, la mia vita non si tingerebbe d’amore, né d’invidia, né di gioia, né d’eccitazione. Invece, quella massa di subumani, sapendo una cosa del genere, avrebbe la stessa reazione di un bambino che riceve la pista elettrica delle macchinine per Natale.

Anzi, un’emozione in realtà la sto provando intensamente, forse ne verrò sopraffatto prima che arrivi il mio banalissimo piatto di fettuccine proposto da Fiorella.

Ho sonno.

Sarà il quarto sbadiglio da quando sono in questo posto fatiscente. Per un attimo, al buio e al freddo dell’appartamento nel quale vivo, avevo pensato che stasera tutto questo marasma di gente avrebbe potuto darmi una certa scossa, o che mi avrebbero quantomeno trasmesso un po’ di voglia di vivere. Mi ritrovo invece privato anche di quel poco che m’era rimasto.

“Ecco qua Miché! Ci ho messo un po’ di sugo in più, ho abbondato! Buon appetito.”

Non le rispondo nemmeno, le faccio un cenno e mi sforzo a sorridere quel tanto che basta per mandarla via. Nel mettermi il piatto in tavola però, Fiorella si è chinata e ha mostrato la scollatura. Delle belle tette le ha sempre avute ma ora che l’età l’ha portata nel punto appena precedente il declino fisico del corpo, mi sembrano ancora più morbide e soffici.

Ho deciso. Stasera quando torno a casa mi faccio una bella sega su quelle tette, sempre se mi si addrizza. Ultimamente ho avuto un po’ di disfunzioni erettili. Ogni volta che ho chiamato Marika, l’ho dovuta mandare a casa con venti euro per il disturbo di esser venuta fino a casa mia e non aver consumato nulla. Non che mi importi dei soldi, dato che non so proprio che farmene con quelli che guadagno all’ufficio postale del paese, però trovo un vero spreco darli a quella puttana per non fare nulla.

Ecco cosa farò: prima cercherò di farmi una sega, se mi si addrizza, chiamo Marika, altrimenti me ne vado direttamente a letto.

Oltre al sugo, avrebbero dovuto abbondare anche con il sale. Questo piatto di fettuccine è insipido come la mia vita. Quantomeno non mi costerà molto, dato i prezzi dimezzati, ma nemmeno questi quattro euro ne valgono la pena forse.

Al tavolo di fronte invece, c’è il mio collega dell’ufficio postale. Stasera pare meno effemminato del solito, sarà la presenza di Ada, l’amica di Fiorella, che lo rende più virile. Dev’esserci qualcosa anche tra loro, ormai li vedo troppo spesso insieme, senza contare che lei sceglie sempre il suo sportello per inviare i suoi pacchi alle poste.

Forse sarei meno apatico anche io se solo mi trovassi una donna, qualcuna che mi facesse veramente sentire il sangue circolare vorticosamente tra le vene. Pensandoci bene però, sarebbe uno sforzo alquanto inutile e non ho alcuna voglia di impegnarmi in qualcosa di così borioso.

L’orologio alla parete del locale, subito sopra le stipiti della porta della cucina, è fermo alle sei e ventidue, chissà da quanto tempo. Forse da quando l’ex proprietario ha chiuso i battenti, o forse da quando quell’ex carcerato del nuovo proprietario li ha aperti.

Ad ogni modo, finirò questo piatto di fettuccine e me ne andrò a casa a piedi come sono venuto.

Ci ho ripensato comunque. Non credo avrò voglia di masturbarmi né di vedere Marika.

E anche un’altra giornata, tutto sommato, è finalmente finita.

scritto il
2020-01-15
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