Cuckold in vacanza?
di
Raccontatore
genere
orge
Ero in quel momento della vita in cui tutto incuriosisce, sembra magico e infatua in maniera accattivante. Quando sei ancora al liceo e sei così giovane, non sembrano esserci limiti al tuo potere, puoi fare ed essere tutto ciò che ti pare perché ancora, di fatto, sei un bel nulla, quindi non hai aspettative su te stesso e quasi nessuno ne ripone in te, sei libero in un certo senso e di questa libertà ti convinci che potrai goderne fino alla morte.
Con questa spensieratezza avevo conosciuto un tale mentre ero in vacanza al mare con i miei. Un certo Franco, un uomo brizzolato, sui cinquant’anni, di quelli che chiacchiera molto e che sembra averne passate di cotte e di crude, ma che per tutto il tempo in cui parla, non puoi fare a meno di pensare che dica una marea di cavolate, una dopo l’altra, condite da dettagli fintamente particolari per convincerti siano storie vere e morbosamente ripetute per assuefarti a quella menzogna.
In più, il fatto che terminasse ogni frase dicendo “fidati, è successo” , al contrario, non rendeva certo il tutto più credibile. Mi era capitato di cominciarci a parlare per puro caso, nel bel mezzo di un’escursione su un isolotto a duecento metri dalla costa, di quelli che emergono in estate, composti principalmente di scogli e ben poca terra. Essendo le uniche persone che si avventuravano fino a quel masso di rocce, Franco si era sentito in dovere di fare conversazione ogni qual volta mi trovasse lì.
Siccome giovane non significa necessariamente ingenuo, dubitavo di quelle storie e chiesi di darmene prova in qualche modo. La balla più grossa che aveva cercato di propinarmi consisteva nel raccontare di questo locale per coppie, situato nello stesso paesello di mare nel quale soggiornavamo per quella vacanza. In questo posto, sessualmente parlando, tutto era lecito.
Situato in un ex bunker della seconda guerra mondiale, appena sotto uno stabilimento balneare, vi si accedeva tramite una logora scalinata a chiocciola in ferro che si avviluppava su se stessa per svariati metri. Per entrare occorreva essere membri del club ed avere quanto meno diciotto anni. Di queste due caratteristiche, non ne possedevo nemmeno una ai tempi, mentre invece, casualmente, Franco le aveva entrambe.
Vedendomi giovane e ben prestante, di quella prestanza che solo la carne fresca sa avere, quella vitalità ed energia che sfioriscono con il tempo, aveva creduto potessi essere un valido acquisto del locale e che la mia presenza avrebbe suscitato interesse in qualche gran porco che voleva vedere la propria moglie penetrata in tutti i modi, insultata e possibilmente sodomizzata davanti ai suoi vouyeristici occhi.
Franco aveva iniziato un lento lavorio di convincimento nei miei confronti affinché potessi seguirlo in quel luogo di perdizioni e grazie ad alcune sue conoscenze, il quinto giorno di vacanza mi si era presentato con una tessera di quel club segreto che ne certificava la mia appartenenza e la mia maggiore età.
Ci eravamo dati appuntamento nel cuore della notte fuori a quello stesso stabilimento balneare che frequentavamo. Avevo faticato ad alzarmi dal letto e ancora assonnato e in stato confusionale, mi ero trascinato fino al luogo prescelto per l’incontro. Nonostante fossi alquanto titubante e intimidito da una situazione del genere, ignoravo il pericolo che correvo poiché accecato da quella sensazione di onnipotenza che il più delle volte finisce solo per gettare fumo negli occhi dei giovani, portandoli a compiere azioni sconsiderate.
Decisi comunque di raggiungerlo e una volta intrufolatomi lì dentro con un nodo allo stomaco e un pacchetto di preservativi nei pantaloncini, scesi dietro di lui quelle anguste scalette. La musica si percepiva sempre più intensamente e all’improvviso mi saltò al naso un misto di odori di stantio e di sesso. Più che dell’odore del sesso che non avevo mai avuto il piacere di annusare, in realtà era più odore di sperma e in pochi secondi capì il perché.
Quel Franco non aveva mentito: nel bunker rimodernato con carta da parati rossa e divanetti in stoffa, c’erano almeno trenta persone di cui più della metà uomini e il restante donne. Subito ci venne incontro la moglie di Franco che paradossalmente aveva un’età più vicina alla mia che non alla sua. A causa del frastuono e del suo prosperoso seno nudo davanti a me, non riuscì a comprendere il suo nome, o forse lo compresi ma lo dimenticai subito dopo. La donna era in compagnia di altri due uomini che fino a poco fa se la stavano facendo, almeno fino a quando Franco non era sceso dalle scalette. Con disinvoltura, dopo essersi presentati, i tre si riadagiarono sul divanetto riprendendo ad amoreggiare. Franco nel frattempo si era avvicinato al piano bar e si stava mischiando un drink alcolico che con un cenno mi offrì. Io declinai l’invito senza riuscire a nascondere un po’ di sconcerto nei confronti della scena e della situazione in cui mi trovavo e temevo che quel drink potesse essere mischiato a qualche droga strana di cui nemmeno sapevo l’esistenza.
Catturò la mia attenzione l’orgia al centro della stanza, a cui almeno dieci persone stavano partecipando. Riconobbi un paio di ragazze , nostre vicine d’ombrellone in spiaggia, che si davano da fare nel pompare e masturbare altri ragazzi che non avevo mai visto, mentre da dietro venivano penetrate con una certa foga da altri due uomini sicuramente più vecchi di loro che si incitavano a vicenda battendosi il cinque. Mi avvicinai per vedere meglio quella scena sicuramente degna di nota e captai anche le loro porche battute nei confronti di quelle due ragazze che senza controbattere o difendersi, ridevano, masturbavano e succhiavano con avidità, apparentemente molto soddisfatte della situazione.
Mi chiesi in quel momento se si stessero veramente divertendo o se venissero pagate a fine serata, quindi mi voltai verso Franco per porrgli quel mio quesito che stranamente occupava nella mia mente un grosso spazio che non mi permetteva di pensare ad altro. Quando mi girai però, Franco era già su un altro divanetto con un’altra donna dal prosperoso seno che si dedicava in una coinvolgente spagnola. Teneva i due enormi seni con le mani e muoveva il busto su e giù incitando l’uomo che mi aveva portato in quel posto a scaricarle una grossa dose di succo –così lei lo chiamava – dritto in mezzo alle tette. Franco dal canto suo, rideva e godeva, osservando la donna riccioluta e tettona compiere il suo dovere con trasporto e devozione.
Con l’intenzione che sarei ripassato a gustarmi il finale di quello spettacolo, il mio sguardo cadde su un gruppo di donne coricate su altri divanetti blu, in una zona più appartata e tranquilla. Alcune venivano leccate da uomini, altre da donne, ma tutti emettevano versi che coprivano la musica di sottofondo. Mi colpì la varietà di fisici che trovai in quel posto. Giovani, muscolosi, anziani, corpulenti, magri, bassi, tarchiati, tonici e imperfetti. Tutta quella naturalezza però, non impediva a nessuno di godere, di divertirsi, di procurare e ricevere piacere in quell’ammucchiata alla quale stavo assistendo.
Da quando la moglie di Franco mi aveva stretto la mano, il mio pene si era inevitabilmente gonfiato nei pantaloncini e non avevo potuto fare altro che toccarmelo da sopra il tessuto. Mi vergognavo a masturbarmi così, in pubblico, ma la situazione era talmente eccitante che non potevo esimermi dallo sfiorarlo. Qualcuno si era accorto di me e mi aveva passivamente invitato a spogliarmi e prendere parte ai giochi in corso, ma fino a quel momento non avevo ancora avuto il coraggio di lanciarmi a capofitto in quella situazione.
Non tutti erano nudi, alcuni portavano ancora le magliette o le braghe calate sulle caviglie, mentre lo donne erano quelle che come al solito avevano abbigliamenti più variegati e interessanti. Alcune indossavano tacchi e autoreggenti, altre erano nude, altre ancora vestiti con spaccature nei punti erogeni, in modo da lasciarli scoperti, ma nessuna di quelle sembrava essere truccata.
Alla fine, in tutto quel trambusto, mi avvicinai nuovamente a Franco, l’unica persona che realmente conoscessi. La donna che gli stava facendo una spagnola aveva appena terminato il suo lavoretto e si era rimessa a fatica in piedi suoi tacchi. I suoi seni erano imbrattati di sperma e stava prendendo in giro il suo partner per aver eiaculato in tempi brevissimi. Indicò subito dopo un altro uomo, un certo Piero, conosciuto in tutto il club per essere il più precoce, ma che aveva avuto una prestazione comunque più duratura.
Franco le diede un’amichevole pacca sul sedere e le disse di rivedersi tra una ventina di minuti per un secondo round, ma lei continuando a prenderlo in giro, rispose che sarebbe stata impegnata a godere con altri uomini piuttosto che con lui. Ma Franco non ascoltò la provocazione della donna perché mi aveva già preso per il braccio e mi stava riportando da sua moglie.
“Ho visto che le guardavi le zinne, porcone! Vuoi scopartela? Ora la chiamiamo.”
“Nono aspetta, che dici.” Risposi vergognandomi.
“Vai tranquillo, ora ti scopi mia moglie così mi torna durissimo e posso farmi fare un’altra spagnola da quella stronza. La prossima volta miro in faccia, così vediamo se mi prende ancora in giro. Carla! Vieni, vieni qua!” Fece Franco chiamandola e trascinandomi verso di lei.
Carla, scusandosi con il tipo che le stava baciando il collo e facendole un ditalino, ci raggiunse con leggerezza e disinvoltura, quasi planando sul pavimento e facendo sobbalzare i seni ad ogni passo, sfoggiando la sua nudità con naturalezza e spensieratezza.
“Dimmi tesoro.” Disse rispondendo al richiamo del marito.
“Tu che sei giovane quasi come questo ragazzo, su, scopatelo, ho voglia di guardarvi. Che ne dici?”
Terminate queste parole rise e ci fece posto su un divanetto nelle vicinanze, riprese il suo cocktail e si sedette pronto a guastarsi la scena. Carla nel frattempo mi aveva spogliato e con sensualità, si era inginocchiata per succhiarmelo. Con avidità roteava intorno al pene, leccando le palle, l’asta, la cappella e tutto ciò che la sua lingua trovava. Io ebbi la sensazione quasi di svenimento, preso da un turbinio di emozioni, non sapevo a cosa tenermi, così piantai i piedi ben saldi e mi ressi alla sua testa, accompagnandone i movimenti.
Quando Franco ci disse che era arrivato il momento della penetrazione, Carla si apparecchiò a pecora e allargandomi le porte del paradiso, mi porse l’entrata della sua vagina ricordandomi di non doverle venire dentro.
Franco si intromise dicendo che avrei potuto venire ovunque volessi, esprimendo però la sua preferenza per un qualcosa di scenico e teatrale, possibilmente non dentro, ma appunto, all’esterno.
Presi un respiro forte e mirando al buco decisi di entrare con un colpo secco. Proprio nel momento in cui stavo per compiere quest’azione, da una zona remota del mio conscio si udì il suono fastidioso e ripetitivo della sveglia che mi destò facendomi irritare non poco.
Mi rigirai nel letto controvoglia e allungai la mano verso il comodino, spegnendo quell’arnese infernale. Mi alzai di scatto e imbronciato guardai l’orologio e vidi che segnava le 6 e 30 del mattino. Quel mattino dovevo ripartire per Torino. Ci aspettavano almeno una quindicina di ore di viaggio in macchina e mio padre non voleva trovare traffico.
Sbuffai e mi tirai in piedi a forza. Pensai al sogno dal quale mi ero appena destato, di quel Franco che probabilmente aveva atteso tutta la notte davanti allo stabilimento.
Con un gesto volutamente rude costatai la durezza del mio pene nelle mutande tastandolo con stizza.
Avevo sedici anni e non scopavo nemmeno nei miei sogni, ma perlomeno, mi dissi per consolarmi, facevo sogni interessanti.
Con questa spensieratezza avevo conosciuto un tale mentre ero in vacanza al mare con i miei. Un certo Franco, un uomo brizzolato, sui cinquant’anni, di quelli che chiacchiera molto e che sembra averne passate di cotte e di crude, ma che per tutto il tempo in cui parla, non puoi fare a meno di pensare che dica una marea di cavolate, una dopo l’altra, condite da dettagli fintamente particolari per convincerti siano storie vere e morbosamente ripetute per assuefarti a quella menzogna.
In più, il fatto che terminasse ogni frase dicendo “fidati, è successo” , al contrario, non rendeva certo il tutto più credibile. Mi era capitato di cominciarci a parlare per puro caso, nel bel mezzo di un’escursione su un isolotto a duecento metri dalla costa, di quelli che emergono in estate, composti principalmente di scogli e ben poca terra. Essendo le uniche persone che si avventuravano fino a quel masso di rocce, Franco si era sentito in dovere di fare conversazione ogni qual volta mi trovasse lì.
Siccome giovane non significa necessariamente ingenuo, dubitavo di quelle storie e chiesi di darmene prova in qualche modo. La balla più grossa che aveva cercato di propinarmi consisteva nel raccontare di questo locale per coppie, situato nello stesso paesello di mare nel quale soggiornavamo per quella vacanza. In questo posto, sessualmente parlando, tutto era lecito.
Situato in un ex bunker della seconda guerra mondiale, appena sotto uno stabilimento balneare, vi si accedeva tramite una logora scalinata a chiocciola in ferro che si avviluppava su se stessa per svariati metri. Per entrare occorreva essere membri del club ed avere quanto meno diciotto anni. Di queste due caratteristiche, non ne possedevo nemmeno una ai tempi, mentre invece, casualmente, Franco le aveva entrambe.
Vedendomi giovane e ben prestante, di quella prestanza che solo la carne fresca sa avere, quella vitalità ed energia che sfioriscono con il tempo, aveva creduto potessi essere un valido acquisto del locale e che la mia presenza avrebbe suscitato interesse in qualche gran porco che voleva vedere la propria moglie penetrata in tutti i modi, insultata e possibilmente sodomizzata davanti ai suoi vouyeristici occhi.
Franco aveva iniziato un lento lavorio di convincimento nei miei confronti affinché potessi seguirlo in quel luogo di perdizioni e grazie ad alcune sue conoscenze, il quinto giorno di vacanza mi si era presentato con una tessera di quel club segreto che ne certificava la mia appartenenza e la mia maggiore età.
Ci eravamo dati appuntamento nel cuore della notte fuori a quello stesso stabilimento balneare che frequentavamo. Avevo faticato ad alzarmi dal letto e ancora assonnato e in stato confusionale, mi ero trascinato fino al luogo prescelto per l’incontro. Nonostante fossi alquanto titubante e intimidito da una situazione del genere, ignoravo il pericolo che correvo poiché accecato da quella sensazione di onnipotenza che il più delle volte finisce solo per gettare fumo negli occhi dei giovani, portandoli a compiere azioni sconsiderate.
Decisi comunque di raggiungerlo e una volta intrufolatomi lì dentro con un nodo allo stomaco e un pacchetto di preservativi nei pantaloncini, scesi dietro di lui quelle anguste scalette. La musica si percepiva sempre più intensamente e all’improvviso mi saltò al naso un misto di odori di stantio e di sesso. Più che dell’odore del sesso che non avevo mai avuto il piacere di annusare, in realtà era più odore di sperma e in pochi secondi capì il perché.
Quel Franco non aveva mentito: nel bunker rimodernato con carta da parati rossa e divanetti in stoffa, c’erano almeno trenta persone di cui più della metà uomini e il restante donne. Subito ci venne incontro la moglie di Franco che paradossalmente aveva un’età più vicina alla mia che non alla sua. A causa del frastuono e del suo prosperoso seno nudo davanti a me, non riuscì a comprendere il suo nome, o forse lo compresi ma lo dimenticai subito dopo. La donna era in compagnia di altri due uomini che fino a poco fa se la stavano facendo, almeno fino a quando Franco non era sceso dalle scalette. Con disinvoltura, dopo essersi presentati, i tre si riadagiarono sul divanetto riprendendo ad amoreggiare. Franco nel frattempo si era avvicinato al piano bar e si stava mischiando un drink alcolico che con un cenno mi offrì. Io declinai l’invito senza riuscire a nascondere un po’ di sconcerto nei confronti della scena e della situazione in cui mi trovavo e temevo che quel drink potesse essere mischiato a qualche droga strana di cui nemmeno sapevo l’esistenza.
Catturò la mia attenzione l’orgia al centro della stanza, a cui almeno dieci persone stavano partecipando. Riconobbi un paio di ragazze , nostre vicine d’ombrellone in spiaggia, che si davano da fare nel pompare e masturbare altri ragazzi che non avevo mai visto, mentre da dietro venivano penetrate con una certa foga da altri due uomini sicuramente più vecchi di loro che si incitavano a vicenda battendosi il cinque. Mi avvicinai per vedere meglio quella scena sicuramente degna di nota e captai anche le loro porche battute nei confronti di quelle due ragazze che senza controbattere o difendersi, ridevano, masturbavano e succhiavano con avidità, apparentemente molto soddisfatte della situazione.
Mi chiesi in quel momento se si stessero veramente divertendo o se venissero pagate a fine serata, quindi mi voltai verso Franco per porrgli quel mio quesito che stranamente occupava nella mia mente un grosso spazio che non mi permetteva di pensare ad altro. Quando mi girai però, Franco era già su un altro divanetto con un’altra donna dal prosperoso seno che si dedicava in una coinvolgente spagnola. Teneva i due enormi seni con le mani e muoveva il busto su e giù incitando l’uomo che mi aveva portato in quel posto a scaricarle una grossa dose di succo –così lei lo chiamava – dritto in mezzo alle tette. Franco dal canto suo, rideva e godeva, osservando la donna riccioluta e tettona compiere il suo dovere con trasporto e devozione.
Con l’intenzione che sarei ripassato a gustarmi il finale di quello spettacolo, il mio sguardo cadde su un gruppo di donne coricate su altri divanetti blu, in una zona più appartata e tranquilla. Alcune venivano leccate da uomini, altre da donne, ma tutti emettevano versi che coprivano la musica di sottofondo. Mi colpì la varietà di fisici che trovai in quel posto. Giovani, muscolosi, anziani, corpulenti, magri, bassi, tarchiati, tonici e imperfetti. Tutta quella naturalezza però, non impediva a nessuno di godere, di divertirsi, di procurare e ricevere piacere in quell’ammucchiata alla quale stavo assistendo.
Da quando la moglie di Franco mi aveva stretto la mano, il mio pene si era inevitabilmente gonfiato nei pantaloncini e non avevo potuto fare altro che toccarmelo da sopra il tessuto. Mi vergognavo a masturbarmi così, in pubblico, ma la situazione era talmente eccitante che non potevo esimermi dallo sfiorarlo. Qualcuno si era accorto di me e mi aveva passivamente invitato a spogliarmi e prendere parte ai giochi in corso, ma fino a quel momento non avevo ancora avuto il coraggio di lanciarmi a capofitto in quella situazione.
Non tutti erano nudi, alcuni portavano ancora le magliette o le braghe calate sulle caviglie, mentre lo donne erano quelle che come al solito avevano abbigliamenti più variegati e interessanti. Alcune indossavano tacchi e autoreggenti, altre erano nude, altre ancora vestiti con spaccature nei punti erogeni, in modo da lasciarli scoperti, ma nessuna di quelle sembrava essere truccata.
Alla fine, in tutto quel trambusto, mi avvicinai nuovamente a Franco, l’unica persona che realmente conoscessi. La donna che gli stava facendo una spagnola aveva appena terminato il suo lavoretto e si era rimessa a fatica in piedi suoi tacchi. I suoi seni erano imbrattati di sperma e stava prendendo in giro il suo partner per aver eiaculato in tempi brevissimi. Indicò subito dopo un altro uomo, un certo Piero, conosciuto in tutto il club per essere il più precoce, ma che aveva avuto una prestazione comunque più duratura.
Franco le diede un’amichevole pacca sul sedere e le disse di rivedersi tra una ventina di minuti per un secondo round, ma lei continuando a prenderlo in giro, rispose che sarebbe stata impegnata a godere con altri uomini piuttosto che con lui. Ma Franco non ascoltò la provocazione della donna perché mi aveva già preso per il braccio e mi stava riportando da sua moglie.
“Ho visto che le guardavi le zinne, porcone! Vuoi scopartela? Ora la chiamiamo.”
“Nono aspetta, che dici.” Risposi vergognandomi.
“Vai tranquillo, ora ti scopi mia moglie così mi torna durissimo e posso farmi fare un’altra spagnola da quella stronza. La prossima volta miro in faccia, così vediamo se mi prende ancora in giro. Carla! Vieni, vieni qua!” Fece Franco chiamandola e trascinandomi verso di lei.
Carla, scusandosi con il tipo che le stava baciando il collo e facendole un ditalino, ci raggiunse con leggerezza e disinvoltura, quasi planando sul pavimento e facendo sobbalzare i seni ad ogni passo, sfoggiando la sua nudità con naturalezza e spensieratezza.
“Dimmi tesoro.” Disse rispondendo al richiamo del marito.
“Tu che sei giovane quasi come questo ragazzo, su, scopatelo, ho voglia di guardarvi. Che ne dici?”
Terminate queste parole rise e ci fece posto su un divanetto nelle vicinanze, riprese il suo cocktail e si sedette pronto a guastarsi la scena. Carla nel frattempo mi aveva spogliato e con sensualità, si era inginocchiata per succhiarmelo. Con avidità roteava intorno al pene, leccando le palle, l’asta, la cappella e tutto ciò che la sua lingua trovava. Io ebbi la sensazione quasi di svenimento, preso da un turbinio di emozioni, non sapevo a cosa tenermi, così piantai i piedi ben saldi e mi ressi alla sua testa, accompagnandone i movimenti.
Quando Franco ci disse che era arrivato il momento della penetrazione, Carla si apparecchiò a pecora e allargandomi le porte del paradiso, mi porse l’entrata della sua vagina ricordandomi di non doverle venire dentro.
Franco si intromise dicendo che avrei potuto venire ovunque volessi, esprimendo però la sua preferenza per un qualcosa di scenico e teatrale, possibilmente non dentro, ma appunto, all’esterno.
Presi un respiro forte e mirando al buco decisi di entrare con un colpo secco. Proprio nel momento in cui stavo per compiere quest’azione, da una zona remota del mio conscio si udì il suono fastidioso e ripetitivo della sveglia che mi destò facendomi irritare non poco.
Mi rigirai nel letto controvoglia e allungai la mano verso il comodino, spegnendo quell’arnese infernale. Mi alzai di scatto e imbronciato guardai l’orologio e vidi che segnava le 6 e 30 del mattino. Quel mattino dovevo ripartire per Torino. Ci aspettavano almeno una quindicina di ore di viaggio in macchina e mio padre non voleva trovare traffico.
Sbuffai e mi tirai in piedi a forza. Pensai al sogno dal quale mi ero appena destato, di quel Franco che probabilmente aveva atteso tutta la notte davanti allo stabilimento.
Con un gesto volutamente rude costatai la durezza del mio pene nelle mutande tastandolo con stizza.
Avevo sedici anni e non scopavo nemmeno nei miei sogni, ma perlomeno, mi dissi per consolarmi, facevo sogni interessanti.
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