Ermetico amplesso
di
Vandal
genere
etero
Storia ermetica d’amplesso.
A torso nudo e piedi scalzi, le mani sprofondate nelle tasche. Contemplo il mondo là fuori attraverso un vetro rigato di pioggia. La stanza è poco illuminata, solo un’abatjure sul comodino che emana una fievole luce.
Lei arriva, lieve appoggia le mani sulle spalle nude, il mento nell’incavo della spalla. Sento le sue labbra che sfiorano il collo e le mani che scendono sulle braccia, sui fianchi e sul petto. Il suo corpo nudo è premuto contro me. I suoi capezzoli sono turgide punte che quasi, graffiano la pelle.
L’eccitazione preme sulla stoffa dei calzoni. Le afferro una mano, la stringo mentre la porto alla guancia sinistra. E lascio che la mano rimasta libera, si abbassi fino all’erezione e me la accarezzi.
Un movimento veloce, il bottone e la zip che si aprono, l’erezione libera di mostrarsi davanti a lei. Premiamo i nostri corpi, ci abbraccio, ci baciamo, lasciamo che i nostri sessi premano e si strusciano. La sento già umida, pronta ad essere amata.
La sospingo fino al letto continuando a baciarla e accarezzarla. La faccio sedere sul bordo. Lei mi blocca, gli occhi pieni di ardore. Mi afferra il sesso, ne libera la punta, incomincia ad accarezzare, masturbare, baciare. Un guizzo della lingua, un fremito sulla cappella. La voglia di eiacularle in faccia.
Si stacca, si lascia scivolare all’indietro. Si regge sui gomiti, apre le gambe, gli occhi di un predatore in attesa della sua preda. Ha seni grandi come pompelmi, i capezzoli sono marroni scuri, quasi neri. La fica è un taglio privo di peluria.
Io stillo di desiderio, della voglia di entrare dentro di lei.
In un attimo, veloce, entro e affondo. Lei urla, la mani che stringono convulsamente le lenzuola. Si lascia cadere all’indietro, mi accoglie, le gambe agganciate dietro la schiena. Io che oscillo dentro di lei come una barca in balia delle onde. Gemiti, sospiri, graffi sulla pelle. Perdo il conto, il tempo, lo spazio. Esplodo dentro di lei che urla come una bestia ferita.
Rimango per un po’ dentro di lei, assaporando il calore del suo corpo, il suo respiro nel mio, i nostri liquidi mescolati.
Poi mi discosto, mi lascio cadere su un fianco “Amor mio” dice lei abbracciandomi.
E rimaniamo così fino a mattina.
A torso nudo e piedi scalzi, le mani sprofondate nelle tasche. Contemplo il mondo là fuori attraverso un vetro rigato di pioggia. La stanza è poco illuminata, solo un’abatjure sul comodino che emana una fievole luce.
Lei arriva, lieve appoggia le mani sulle spalle nude, il mento nell’incavo della spalla. Sento le sue labbra che sfiorano il collo e le mani che scendono sulle braccia, sui fianchi e sul petto. Il suo corpo nudo è premuto contro me. I suoi capezzoli sono turgide punte che quasi, graffiano la pelle.
L’eccitazione preme sulla stoffa dei calzoni. Le afferro una mano, la stringo mentre la porto alla guancia sinistra. E lascio che la mano rimasta libera, si abbassi fino all’erezione e me la accarezzi.
Un movimento veloce, il bottone e la zip che si aprono, l’erezione libera di mostrarsi davanti a lei. Premiamo i nostri corpi, ci abbraccio, ci baciamo, lasciamo che i nostri sessi premano e si strusciano. La sento già umida, pronta ad essere amata.
La sospingo fino al letto continuando a baciarla e accarezzarla. La faccio sedere sul bordo. Lei mi blocca, gli occhi pieni di ardore. Mi afferra il sesso, ne libera la punta, incomincia ad accarezzare, masturbare, baciare. Un guizzo della lingua, un fremito sulla cappella. La voglia di eiacularle in faccia.
Si stacca, si lascia scivolare all’indietro. Si regge sui gomiti, apre le gambe, gli occhi di un predatore in attesa della sua preda. Ha seni grandi come pompelmi, i capezzoli sono marroni scuri, quasi neri. La fica è un taglio privo di peluria.
Io stillo di desiderio, della voglia di entrare dentro di lei.
In un attimo, veloce, entro e affondo. Lei urla, la mani che stringono convulsamente le lenzuola. Si lascia cadere all’indietro, mi accoglie, le gambe agganciate dietro la schiena. Io che oscillo dentro di lei come una barca in balia delle onde. Gemiti, sospiri, graffi sulla pelle. Perdo il conto, il tempo, lo spazio. Esplodo dentro di lei che urla come una bestia ferita.
Rimango per un po’ dentro di lei, assaporando il calore del suo corpo, il suo respiro nel mio, i nostri liquidi mescolati.
Poi mi discosto, mi lascio cadere su un fianco “Amor mio” dice lei abbracciandomi.
E rimaniamo così fino a mattina.
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