Sesso e amore
di
Briciola 86
genere
etero
Massimo scivolò all'interno del suo appartamento immerso nell'oscurità e poi andò lì dove lei era stesa addormentata, fu la luce brillante del fiammifero e il pungente odore di zolfo che la strattonò dal sonno.
“Sono io, Daniela”, la sua voce era ruvida e piena di dolore della notte, i suoi occhi tristi e scuri nella poca luce della candela appena accesa.
Daniela rilasciò un respiro trattenuto, sedendosi e scacciando ciocche ribelli di fuoco dal suo viso.
“Massimo, che cosa ci fai qui? Qualcosa che non va?”
“Shhh,” le mormorò mettendo con delicatezza due dita sopra la sua bocca.
“Non sono venuto qui per parlare, questa notte faremo a modo mio.”
Il suo tocco fu abbastanza per farla tacere; la richiesta di Massimo e la sua accettazione mandarono un rapido brivido di desiderio lungo il suo corpo, tolse le dita solo dopo un lungo momento e si sedette sopra il letto.
Daniela lo guardò silenziosa mentre sistemava la candela sul comodino, lanciandogli perplessi sguardi quando si tolse la giacca e la fece scivolare rapidamente sopra il pavimento.
Poi si voltò per guardarla, una gamba piegata e raccolta sotto l’altra, appoggiò le dita sopra la tempia di Daniela e la fece scivolare lungo il suo viso, piegandola piano intorno alla sua nuca, l’avvicinò e si inclinò per diminuire la distanza.
Le sue labbra erano calde e morbide, il suo respiro era un sospiro sopra la sua pelle mentre le costellava il viso di piccoli baci prima di coprire le sue labbra, una mano scorse fino a seppellirsi tra i suoi capelli intanto che l’altra cominciò a slacciare i piccoli bottoni della camicia del suo pigiama.
Forse era stata la sua assoluta confidenza che aveva fatto cessare ogni protesta nella gola di Daniela, forse era solo il suo desiderio di toccare ed essere toccata, era passato troppo tempo da quando si era concessa di provare piacere, e così tanto era accaduto tra di loro in così pochi mesi.
I cambiamenti della vita avevano alterato il flusso e il riflusso della loro relazione, niente poteva essere lo stesso, ma fu lieta di accettare quella visita di mezzanotte e risparmiare le sue domande per dopo, adesso, tutto quello non aveva importanza…
Quando quella sua mano trovò il seno, caldi palmi si strinsero attorno a loro per lungo tempo, agili dita stuzzicarono i suoi capezzoli fino a renderli turgidi.
Lasciò andare un sospiro di eccitazione.
“Ho bisogno di toccarti, Daniela, ho bisogno di sentire la tua vita.” I suoi occhi trovarono e trattennero quelli di Daniela, erano impenetrabili e pesanti per il desiderio.
“Per favore, non mandarmi via; non stanotte.”
La sua risposta fu quella di allungarsi verso di lui, Massimo emise un gemito dal profondo della sua gola quando le sue labbra trovarono le sue, piegò le braccia fino a circondarla e l’appoggiò sulle lenzuola mentre si sdraiò accanto a lei.
Daniela tracciò gli ampi muscoli della sua schiena mentre le loro lingue si incontravano e si separavano.
Il braccio di Massimo si posizionò attorno ai suoi fianchi per pressare il suo centro caldo contro di sé, il suo eccitamento era evidente, premuto fermamente contro il suo basso addome.
Daniela scivolò e mise una gamba sopra di lui, aprendosi alla coscia che si insinuò tra le sue gambe, anche attraverso la barriera dei loro vestiti, il contatto contro il suo centro era come fuoco.
Senza pudore si spinse contro quella sua gamba, ansimando la sua approvazione quando lui spinse la sua coscia più in alto attorno al sul fianco, accrescendo la pressione.
Massimo cominciò ad emettere suoni senza senso, sospirando contro la pelle che le sue labbra incontravano. Lei afferrò la sua testa e guidò le sue labbra sopra il suo petto, scivolando fino a che non fu sdraiata sotto di lui.
“Si, così,” lo spronò mentre catturava il suo capezzolo tra le labbra e lo colpiva con la lingua calda, il desiderò la attraversò sfrecciando tra le sue gambe, scatenando una rapida onda di umidità.
Le dita di Massimo danzavano sul suo corpo, toccando tutto quello che poteva raggiungere, ma mai rimanendo abbastanza a lungo per far altro se non stuzzicare.
Daniela si arcuò contro di lui, contorcendosi sul letto.
“Per favore.”
“‘Per favore cosa?” la sua voce tratteneva un accenno di divertimento.
“Toccami. Oh, Massimo.”
Lui le afferrò il polso e guidò la sua mano tra i loro corpi, spingendo verso il suo palmo mentre lei lo circondava attraverso i jeans.
Daniela catturò il suo labbro inferiore tra i denti quando la mano di Massimo si voltò per trovare con le dita il calore dell’apice tra le sue cosce.
Ed inghiottì entrambi i loro duri ansimi quando lui incontrò l’umidità che filtrava attraverso le sue mutande e i pantaloni del pigiama.
La nuda onesta del suo stupore fu come una lancia che le trafisse il cuore.
Non avrebbe già dovuto sapere quanto essenziale era per lei – come aria o acqua o cibo?
Poteva essere stata capace di nasconderlo così bene anche dopo tutto quello che avevano vissuto insieme, tanto che lui non ne era cosciente?
La mano di Massimo scivolò su e immediatamente giù – questa volta sotto i suoi vestiti e contro la sua carne nuda. I fianchi di Daniela si alzarono dal letto quando due dita scivolarono facilmente dentro di lei. Massimo abbassò la testa e colpì con la lingua prima un capezzolo e poi l’altro. Le sue dita stavano lavorando squisitamente, scivolando dentro e strisciando fuori in un ritmo perfetto.
Alzò lo sguardo attento su di lui, i suoi occhi socchiusi, ribelli ciocche di marrone cioccolato ricadevano sopra la sua fronte. “Dimmi, Daniela,” domandò. “Dimmi come toccarti.”
La mente di Daniela stava gridando che lui già lo sapeva. Lui sapeva ogni cosa che c’era da conoscere su di lei. Lo aveva sempre saputo. Cosa poteva dirgli –che cosa intendeva?
Scelse di prenderlo letteralmente. “Tocca…” esitò, vergognosa del suo stesso imbarazzo.
“Il mio clit…Voglio che tocchi il mio clitoride.”
Le sue dita scivolarono immediatamente dalla sua accaldata guaina fino ad approdare alla piccola gemma sulla cima del suo sesso. La strofinò con dita scivolose, muovendole in piccoli cerchi.
Daniela chiuse con forza gli occhi per l’intensità di quel tocco, il potere di quegli occhi seppelliti nei suoi mentre Massimo con perizia toccava la sua gonfia cavità e il sensibile clitoride.
“Guardami.” Le sue parole erano rudi e serie; un ordine, non una richiesta.
“Io…oh, Dio, non posso.”
“Daniela, guardami.”
Costrinse i suoi occhi ad aprirsi. Lui si mosse sopra si lei, il suo viso rosso per l’eccitamento. I suoi occhi erano selvaggi e attenti – come quelli di un animale in gabbia ma non sconfitto.
Ripeté la sua precedente supplica. “Dimmi come toccarti.”
Daniela si accigliò, le sue sopracciglia piegate in confusione. “Non… Oh…” le dita si immersero ancora dentro di lei, non troppo delicatamente. “Non so che vuoi dire.”
“Dimmi cosa ci vuole.”
Quelle dita l’abbandonarono come le parole avevano lasciato la sua bocca.
Lei gemette per la repentina perdita di sensazioni, desiderosa che tornasse.
Massimo salì sulle sue ginocchia e afferrò con i pugni la cintura del suo pigiama, strattonandolo giù insieme alle sue mutande. Le liberò le caviglie e lanciò l’indumento sul pavimento. Spalancò le sue cosce e si distese. Allungandosi sul suo stomaco, la sua guancia sfiorava la massa di castani riccioli tra le sue gambe, alzò ancora lo sguardo su di lei.
“Dimmi cosa devo fare, Daniela.”
La disperazione nella sua voce fu shoccante, estranea, e ancora più sconcertante perché conteneva anche più di una traccia di cruda determinazione, e poi la consapevolezza si fece strada attraverso di lei.
Massimo aveva paura.
Di cosa, lei non sapeva dire. Di lei? Di questa notte? Di cosa stava facendo o di cosa voleva fare? Rilasciò il pugno di lenzuola che stava stringendo e portò le sue dita sopra il viso di Massimo. “Fai l’amore con me. E basta.”
Un lampo di disapprovazione gli attraversò il volto ma scomparve velocemente.
Daniela cominciò a chiedergli spiegazioni, le parole sbiadirono in un basso gemito quando le sue labbra scesero su di lei, pensò di averlo sentito mormorare, “non è abbastanza,” contro di lei, ma non poteva esserne certa. Momenti dopo non era più importante. Perché come poteva pensare, se non sentire, quando lui stava leccando e succhiando la sua tenera carne?
Come poteva essere razionale quando quella lingua stava colpendo il suo clitoride con una tale abile precisione?
Quelle labbra e quella lingua la lasciarono troppo presto, proprio mentre stava innalzandosi per abbracciare la purezza della liberazione. Imprecazioni nate dalla frustrazione scivolarono dalla sua bocca mentre stringeva la testa di Massimo e cercava di spingerla ancora giù, e poi dita di acciaio si avvolsero attorno al suo polso e cacciarono vie le sue mani.
Massimo scese dal letto e velocemente perse i suoi jeans e boxer. Il suo pene ritto, rigido e tremante, congestionato dal suo sangue di vita. Si inginocchiò tra le sue cosce, e con un solo violento movimento, afferrando i suoi fianchi con le mani, la spinse verso di sé e si seppellì profondamente dentro di lei.
Daniela urlò per il dolore, sbigottita da quell'improvviso assalto. Lui era così grande e non succedeva da così tanto tempo, i suoi muscoli interni, stretti fermamente contro quella invasione, telegrafavano al suo confuso cervello ogni piena e pulsante vena del suo pene mentre cominciò a spingere dentro di lei. Le informazioni erano tradotte in una caotica nube di piacere e dolore. Alzò gli occhi spalancati su Massimo, il suo respiro usciva forzato in piccoli ansimi; perfetti contrappunti ai suoi fianchi che sbattevano contro i suoi. Daniela non riusciva quasi a riconoscerlo, gocce di sudore concentrate sul suo viso. Gli occhi erano marmo nero, selvaggi e pietrificanti, incastonati nel viso di un uomo disperato.
Massimo non aveva chiuso i suoi occhi mentre lo stata studiando, rifiutandosi di guardare altrove o scappare nell'oscurità che gli occhi chiusi avrebbero potuto offrirgli. Il suo respiro le bagnava il viso in ritmici sbuffi. Le sue parole, quando parlò, erano poco più di grugniti sparsi tra le spinte dei suoi fianchi.
“E’ questo… è questo quello che ci vuole…Daniela? E’ questo quello che…devo fare? Se ti scopo abbastanza forte e abbastanza a lungo… riuscirai a tornare da me?”
La mente di Daniela si pietrificò quando capì anche se il suo corpo gridava bramoso di sollievo, non c’era lotta: i suoi bisogni fisici schiacciarono ogni altra cosa. Stava sospesa sull'orlo del precipizio, minacciando di frantumarsi in un milione di pezzi. La sua unica speranza di sopravvivenza era di affrettarsi per raggiungere quell'oblio che le costanti spinte di Massimo le promettevano.
Si aggrappò alle sue spalle, unghie affondate nella carne, mentre le sue gambe si avvolgevano più in alto intorno ai suoi fianchi. Lo incontrò spinta dopo spinta, alzando i fianchi e inclinando il suo bacino per incrementare la pressione sul clitoride, gli occhi chiusi e serrati, la sua testa ruotava avanti e indietro sul cuscino.
Oh, era così vicina ed era così bello. Si, così, di più, ancora un po’ di più.
Daniela era così andata che nemmeno realizzava che lo stava dicendo a voce alta, le sue suppliche diventavano una cantilena che riempiva la stanza con la sua intensità.
Massimo si unì, i suoi “dai… dai… dai,” la spronavano.
Le mani di Daniela scivolarono più in basso per afferrare il suo sedere, il suo corpo si tese con la spinta finale contro di lui.
“Si,” Massimo sibilò attraverso i denti serrati. “Dammelo, Daniela. Tutto.”
E poi lei era li. Volando, cadendo, aprendosi al vuoto, accettandolo mentre forti braccia la avvolsero e appassionati baci venivano pressati sulla sua spalla, il collo, le sue lisce guance. Cavalcò le onde con assoluto abbandono, sentendo il suo corpo fondersi e unirsi a quello di Massimo fino a diventare una cosa sola prima di liquefarsi ancora.
Lui le diede qualche momento di immobilità prima di ricominciare a spingere di nuovo, lottando per il suo sollievo. Lei lo strinse forte – con le braccia e con il suo centro, le sue mani scorrevano sul suo sudore – scivolando sopra al suo sedere rotondo e forte con lunghe e piene carezze. Il viso di Massimo era seppellito nell'incavo del suo collo e lei voltò la testa e gli sospirò incoraggiamenti all'orecchio.
Ancora e ancora lui venne, sbattendo dentro di lei con feroce determinazione, fino a che Daniela pensò di che si sarebbe divisa in due. Proprio mentre stava considerano di fermarlo abbastanza a lungo per ruotarli entrambi e prendere la guida, sentì il tremore correre attraverso Massimo e seppe che il suo viaggio era quasi terminato. Una dozzina di piccole, profonde spinte lo portarono alla fine, un ansimo gutturale gli lacerò la gola mentre sbatté dentro di lei in quella profonda e violenta ultima volta.
Daniela seppellì le sue dita tra i capelli di Massimo mentre si spegneva in lei con goffe spinte che perdevano intensità di volta in volta e….
Massimo rimase solo pochi attimi collassato sopra il suo corpo. Ruotò per sdraiarsi al suo fianco, e Lei dovette reprimere un lamento per la repentina perdita di calore. Ma rimase immobile, leccò le sue labbra secche e spinse via i suoi capelli umidi dalla faccia.
Guardò Massimo, il suo braccio sinistro piegato sotto la sua testa, quello destro appoggiato sopra il petto, gli occhi erano aperti e concentrati sul soffitto.
“Vuoi dirmi perché?” Daniela chiese piano.
La sua sola risposta fu voltarsi verso di lei e darle uno sguardo imperscrutabile, e poi si voltò ancora verso il soffitto.
“O vuoi che ti illustri la mia interpretazione?”
La mano di Massimo si alzò dal petto in uno stanco e dimesso cenno. “Prego.”
Daniela chiuse gli occhi, confusa da quella sua improvvisa apatia. Silenzio e mistero possono essere attraenti in qualche situazione, ma non in questa.
Riaprì gli occhi e continuò. “Penso che tu sia arrabbiato con me, perché sono stata distante ultimamente, perché non senti di avere il mio supporto – o anche la mia presenza, qualche volta. Ma lo sai cosa ho passato, Massimo, lo sai ”
“Non è più abbastanza ormai.”
Ci volle un secondo per afferrarlo. “Cosa?”
Non rispose a quella domanda non letteralmente, almeno. Riprese con un, “Ti ho visto morire, Daniela.”
Lei voleva solo che lui si voltasse e la guardasse, mentre stava cercando solo le parole giuste da dirgli, non le trovò, scelse il silenzio.
“Ti ho visto morire,” ripeté Massimo. “E anche se sapevo a livello intellettuale che non stava accadendo, che ero spinto a vederlo, ogni volta che chiudo gli occhi…” Lei lo guardò deglutire forte e a fatica.
“Ti ho visto con quella pistola puntata alla testa. E il sangue… così tanto sangue, maledizione.”
Daniela ruotò sul fianco e prese la sua mano, trascinandola tra di loro e intrecciando le sue dita tra le sue. “Mi spiace, Massimo.”
Sbuffò piano. “Non ho bisogno di scuse.”
“E allora di cosa hai bisogno?”
“Ho bisogno di avere di più,” immediatamente rispose, ruotando finalmente sopra di lei, bilanciando il suo peso sui gomiti. “Mi sono convinto che era abbastanza, ma non lo è. Non dopo quella notte.” Sospirò e guardò altrove. Le successive parole erano piene di calma intensità. “Posso amarti meglio di così, Daniela, più di così. Ma non posso farlo se non me lo permetti.”
“Massimo, capisco casa stai dicendo”
La fermò ancora. “A sì? Me lo domando qualche volta.”
Era evidente che Massimo avesse qualcosa che era obbligato e determinato a dire.
Lo conosceva abbastanza bene per sapere quando doveva tacere.
Massimo alzò la mano. “Questo…” indicò entrambi, e il letto in cui erano sdraiati gli aventi appena accaduti, “… questo è un gioco che abbiamo sempre giocato seguendo le tue regole, Daniela. Dalla prima volta che è successo, hai insistito che non poteva essere più di questo, che avresti potuto darmi il tuo corpo e mai la tua anima, e che avremmo dovuto tenerlo separato da tutto il resto. Tu sei stata quella mi hai costretto a promettere che non sarei mai venuto da te, che sarebbe stata una tua scelta quando e dove sarebbe potuto accadere ancora…Lo so. So di essere stato d’accordo con te, non l’ho mai messo in discussione, pensavo di essere abbastanza fortunato ad avere così tanto e che sarebbe stato stupido chiedere di più, e così ho aspettato, qualche volta sei venuta da me e qualche volta non l’hai fatto.”
I suoi occhi erano castano miele e severi, ma le sue dita sul viso di Daniela lo tradivano con tenere carezze. “Ti ho aspettato dopo la remissione. Ti ho aspettato dopo che hai perso Emily. Volevo confortarti, Daniela, avevo *bisogno* di farlo—sia per me che per te. Ho aspettato dopo quella notte in quel magazzino, quando pensavo che fossi morta, ho aspettato, Daniela, e non sei mai venuta da me – in nessuna di queste occasioni, o in nessun’altra in mezzo.” Sospirò e si lasciò cadere su un fianco accanto a lei. “Massimo, lo so che è dura per te capire.”
“No, non lo è,” ribatté. “Non è dura per niente. Ed è questa la parte più triste, ho capito che tu hai paura, quello che non capisco è perché.”
Era una domanda lecita, ma dannazione se Daniela poteva formulare una risposta. Cosa, veramente, temeva così tanto adesso?
Catturò il suo sguardo e gli disse sinceramente, “Non lo capisco nemmeno io, Massimo.”
Massimo spostò lo sguardo dal suo viso per un momento prima che un sorriso spaccasse la sua dura espressione. Accennò una secca risata e disse, “Questa è la sola cosa veramente sincera che tu mi abbia detto da tanto tempo, Daniela. Grazie.”
Il suo sorriso era contagioso, le sue parole erano prova dell’assurdità dell’intera situazione, Lei restituì il sorriso.
Ci fu un lungo silenzio prima che Massimo si schiarisse la voce e mormorasse, “Vieni qui,” allungandosi per spingerla contro di sé, si sistemò con la guancia accanto al suo petto.
Rimanendo immobile tra le sue sicure braccia, si chiese come aveva potuto privarsi di questo per così tanto tempo. Allo stesso tempo, si meravigliava di come non lo avesse fatto completamente impazzire con la sua forzata ambivalenza. Avevano entrambi sofferto così tanto nell'ultimo anno, e benché si fosse costretta ad essere distante – benché avesse scelto di negare a sé stessa ogni tipo di conforto da Massimo, lui non aveva avuto scelta in merito.
Era un uomo onorabile, e avrebbe accettato e seguito ogni direttiva che lei avesse riservato per loro. Credeva che non sarebbe stata una sorpresa, Lui era sempre stato solito al diniego fino a farlo diventare quasi una forma d’arte. Lei aveva solo insistito che non esprimesse i suoi sentimenti per lei se non nel modo più innocuo. Daniela avrebbe gradito la sua passione per il suo lavoro o solo dopo nel sesso, mai permettendo che questo interferisse con quello che credeva “il resto della sua vita”. E lui era rimasto ai patti, solenne e sensibile.
Incominciava a sembrare come se la sola persona che Daniela stesse prendendo in giro fosse sé stessa.
“Hey, Daniela, ho una proposta da farti.”
Alzò la testa e lo guardò attentamente. “Cosa?”
“Propongo di buttare alle ortiche le vecchie regole e di farne delle nuove.”
Daniela automaticamente si tese e lo guardò cautamente – per abitudine, più che altro.
“Non guardarmi in quel modo,” l’ammonì dolcemente. “Ascoltami solamente, okay?”
Annuì prima di abbassare ancora la testa contro il suo petto. “Okay.”
“Va bene,” cominciò. “Regola numero uno.” La sua voce rombava nel profondo del suo petto, vibrante contro la guancia di Daniela. “Lasceremo che le cose scorrano da sole, vedremo dove ci porteranno, e ci metteremo tutto quello che abbiamo. Non dovrebbe essere diverso da tutto quello che facciamo, quello che
abbiamo merita almeno la stessa attenzione che mettiamo nel lavoro.”
Daniela sbuffò piano. “Lo fai suonare come se stessimo pensando di aprire una attività insieme.”
“Non è così?” replicò. “Una seria relazione è come una attività, più o meno.” Ci fu un breve silenzio. “Comunque, stavo solo cercando di far breccia nella tua parte pratica. Ma c’è una buona probabilità che la stia prendendo nel modo sbagliato, forse dovrei cercare di far breccia nella donna invece.”
Daniela pressò un bacio sul suo piatto capezzolo e sentì le braccia di Massimo stringersi più forte intorno a lei.
“Forse dovresti.”
Ridacchiò piano. “Okay, posso fare anche questo.” Il petto si alzò e si abbassò per un pesante sospiro. “Daniela, so che è stata dura per te ultimamente – lo è stato per entrambi. Ma, maledizione, sono qui, e ci sono sempre stato. Non ti sto chiedendo nessuna garanzia, non mi aspetto che tu subisca una repentina trasformazione e che cambi il tuo modo di trattare la tua vita, Noi tutti abbiamo modi differenti per far testa agli eventi. Così non sarò irritato se tu tenderai a ritirarti un po’ quando le cose diventano un po’ difficili. So quanto sia importante la tua indipendenza e non interferirò in quella mai…”
“Lo so…” sospirò Daniela.
“Questo mi porta ancora alla stessa domanda: perché hai così paura? Di cosa hai paura?”
Subito Daniela si alzò e si sedette sul bordo del letto, avvolgendosi attorno le lenzuola. “Non lo so, maledizione, non lo so!”
Lo sentì muoversi sopra il letto fino a posizionarsi dietro di lei. Sentì il calore della sua mano quando si fermò sulla valle della sua vita. Daniela non capiva, sé stessa, perché era così difficile per lei tutto questo, come poteva anche solo iniziare a dare delle spiegazioni a Massimo?
La mano di Massimo si spostò, muovendosi per accarezzare la sua schiena in lunghi e lenti tocchi. Daniela chinò la testa e socchiuse gli occhi per imprigionare improvvise lacrime.
Dopo un lungo silenzio Massimo le disse piano, “beh, penso che forse io potrei saperlo.”
La sua replica voleva suonare scettica. Invece, venne fuori come una supplica stanca. “Oh si? Illuminami.” “Penso che tu non sia realmente certa dei miei sentimenti per te, e che ti stai trattenendo per questo.” Ci fu una pausa, abbastanza tempo perché la tensione del suo corpo raggiungesse un nuovo limite. “Dani, potresti guardarmi, per favore?”
Prese un respiro purificante e si strofinò gli occhi con forza prima di voltarsi per guardarlo. Massimo si strascinò più in alto e si inclinò contro alla testiera. Si allungò e prese una mano di Daniela tra le sue, avvolgendola mentre il suo pollice ne strofinava piano le nocche. La guardò negli occhi e trattenne il suo sguardo per un lungo momento. Indossava il suo migliore sguardo da cucciolo, quello che era capace di liquefare la determinazione di qualsiasi donna, quello che usava con lei innumerevoli volte. E che aveva sempre funzionato.
“Lo sai, Daniela… senza di te io non potrei…” e si fermò, abbassando la testa in cerca di parole.
“Non potresti cosa, Massimo?”
Lui le regalò un piccolo sorriso e fece una faccia imbarazzata, i suoi occhi danzavano tra il suo viso e le loro mani unite. “Tutto. Svegliarmi la mattina, andare al lavoro, trovare la forza per andare avanti, Daniela. E io…”
Si fermò e abbassò lo sguardo, fece uscire un breve sospirò dalle sue labbra socchiuse. “Uh, è più difficile di quanto pensassi,” ammise.
“Massimo, non devi “
“Si, devo, devo, perché tu hai bisogno di sentirlo ed io di dirlo.” Si schiarì la voce e alzò ancora gli occhi su di lei.
E tutto quello che Daniela voleva sapere era chiaro e lampante su quel viso ed in quegli occhi, la sua mano si spostò sopra la sua bocca per fermare un improvviso gemito. Il suo cuore saltò nel suo petto, riprendendo in un ritmo di rapida pace.
“Ti amo, Daniela.” le sue parole erano lente, ognuna di esse distaccata e precisa e mortalmente seria. “Mi rendi completo, e non importa cosa accadrà adesso, proverò sempre lo stesso. Sarai sempre la mia migliore amica.” Portò la sua mano alle labbra e stendendola piano appoggiò un bacio nel centro del suo palmo. “Voglio una vita con te, insieme a tutte le cose strane che ci capitano giorno per giorno. Non voglio solo dividere un ufficio con te durante il giorno, o un letto la notte quando uno di noi è solo troppo stanco o troppo disperato per poter reprimere questo sentimento. Voglio essere con te. Voglio darti ogni cosa…” terminò.
E nel giro di un istante, tutte le paure di Daniela l’abbandonarono. Lacrime riempirono i suoi occhi sgorgando e scivolando sulle sue guance. Massimo allungò una mano e le spinse via.
“Aw, Daniela…”
Daniela si lanciò nelle sue pazienti braccia, facendo perdere ad entrambi l’equilibrio.
La testa di Massimo sbatté sonoramente contro la testiera mentre cadevano indietro.
“Ow!” guaì. “Cavolo, Daniela, stai cercando di uccidermi?”
Lei appoggiò baci su tutto il suo viso mentre Massimo massaggiava cautamente il retro del suo collo dolorante.
“Certo che no. Tutto questo non sarebbe lontanamente così divertente se tu fossi morto.”
Si spostò indietro e si scambiarono un ampio sorriso. Massimo diminuì le distanze e le diede un lungo, umido, profondo bacio prima di spingerla sulle coperte e crollare sul suo corpo. Si sistemò comodamente tra le sue gambe aperte, oscillando nella culla dei suoi fianchi.
Lei ansimò piano quando lo sentì diventare rapidamente duro contro di lei, e spinse in alto per incontrarlo.
Lui abbassò lo sguardo su di lei e con occhi da predatore si inumidì le labbra con la punta della lingua.
“Hey, Daniela?”
“Si, Massimo?”
“Solo per evitare ogni tipo di equivoco… Questo significa quello che penso significhi?”
Lei gli mostrò un sorriso che poi sentì lentamente scolorirsi sopra le sue labbra,bloccandolo con lo sguardo gli regalò la sola risposta che aveva da dargli, la sola che aveva bisogno di sentire. “Tutto quello che ho, Massimo. Tutto.” Silenziosamente lui l’avvolse.
“Sono io, Daniela”, la sua voce era ruvida e piena di dolore della notte, i suoi occhi tristi e scuri nella poca luce della candela appena accesa.
Daniela rilasciò un respiro trattenuto, sedendosi e scacciando ciocche ribelli di fuoco dal suo viso.
“Massimo, che cosa ci fai qui? Qualcosa che non va?”
“Shhh,” le mormorò mettendo con delicatezza due dita sopra la sua bocca.
“Non sono venuto qui per parlare, questa notte faremo a modo mio.”
Il suo tocco fu abbastanza per farla tacere; la richiesta di Massimo e la sua accettazione mandarono un rapido brivido di desiderio lungo il suo corpo, tolse le dita solo dopo un lungo momento e si sedette sopra il letto.
Daniela lo guardò silenziosa mentre sistemava la candela sul comodino, lanciandogli perplessi sguardi quando si tolse la giacca e la fece scivolare rapidamente sopra il pavimento.
Poi si voltò per guardarla, una gamba piegata e raccolta sotto l’altra, appoggiò le dita sopra la tempia di Daniela e la fece scivolare lungo il suo viso, piegandola piano intorno alla sua nuca, l’avvicinò e si inclinò per diminuire la distanza.
Le sue labbra erano calde e morbide, il suo respiro era un sospiro sopra la sua pelle mentre le costellava il viso di piccoli baci prima di coprire le sue labbra, una mano scorse fino a seppellirsi tra i suoi capelli intanto che l’altra cominciò a slacciare i piccoli bottoni della camicia del suo pigiama.
Forse era stata la sua assoluta confidenza che aveva fatto cessare ogni protesta nella gola di Daniela, forse era solo il suo desiderio di toccare ed essere toccata, era passato troppo tempo da quando si era concessa di provare piacere, e così tanto era accaduto tra di loro in così pochi mesi.
I cambiamenti della vita avevano alterato il flusso e il riflusso della loro relazione, niente poteva essere lo stesso, ma fu lieta di accettare quella visita di mezzanotte e risparmiare le sue domande per dopo, adesso, tutto quello non aveva importanza…
Quando quella sua mano trovò il seno, caldi palmi si strinsero attorno a loro per lungo tempo, agili dita stuzzicarono i suoi capezzoli fino a renderli turgidi.
Lasciò andare un sospiro di eccitazione.
“Ho bisogno di toccarti, Daniela, ho bisogno di sentire la tua vita.” I suoi occhi trovarono e trattennero quelli di Daniela, erano impenetrabili e pesanti per il desiderio.
“Per favore, non mandarmi via; non stanotte.”
La sua risposta fu quella di allungarsi verso di lui, Massimo emise un gemito dal profondo della sua gola quando le sue labbra trovarono le sue, piegò le braccia fino a circondarla e l’appoggiò sulle lenzuola mentre si sdraiò accanto a lei.
Daniela tracciò gli ampi muscoli della sua schiena mentre le loro lingue si incontravano e si separavano.
Il braccio di Massimo si posizionò attorno ai suoi fianchi per pressare il suo centro caldo contro di sé, il suo eccitamento era evidente, premuto fermamente contro il suo basso addome.
Daniela scivolò e mise una gamba sopra di lui, aprendosi alla coscia che si insinuò tra le sue gambe, anche attraverso la barriera dei loro vestiti, il contatto contro il suo centro era come fuoco.
Senza pudore si spinse contro quella sua gamba, ansimando la sua approvazione quando lui spinse la sua coscia più in alto attorno al sul fianco, accrescendo la pressione.
Massimo cominciò ad emettere suoni senza senso, sospirando contro la pelle che le sue labbra incontravano. Lei afferrò la sua testa e guidò le sue labbra sopra il suo petto, scivolando fino a che non fu sdraiata sotto di lui.
“Si, così,” lo spronò mentre catturava il suo capezzolo tra le labbra e lo colpiva con la lingua calda, il desiderò la attraversò sfrecciando tra le sue gambe, scatenando una rapida onda di umidità.
Le dita di Massimo danzavano sul suo corpo, toccando tutto quello che poteva raggiungere, ma mai rimanendo abbastanza a lungo per far altro se non stuzzicare.
Daniela si arcuò contro di lui, contorcendosi sul letto.
“Per favore.”
“‘Per favore cosa?” la sua voce tratteneva un accenno di divertimento.
“Toccami. Oh, Massimo.”
Lui le afferrò il polso e guidò la sua mano tra i loro corpi, spingendo verso il suo palmo mentre lei lo circondava attraverso i jeans.
Daniela catturò il suo labbro inferiore tra i denti quando la mano di Massimo si voltò per trovare con le dita il calore dell’apice tra le sue cosce.
Ed inghiottì entrambi i loro duri ansimi quando lui incontrò l’umidità che filtrava attraverso le sue mutande e i pantaloni del pigiama.
La nuda onesta del suo stupore fu come una lancia che le trafisse il cuore.
Non avrebbe già dovuto sapere quanto essenziale era per lei – come aria o acqua o cibo?
Poteva essere stata capace di nasconderlo così bene anche dopo tutto quello che avevano vissuto insieme, tanto che lui non ne era cosciente?
La mano di Massimo scivolò su e immediatamente giù – questa volta sotto i suoi vestiti e contro la sua carne nuda. I fianchi di Daniela si alzarono dal letto quando due dita scivolarono facilmente dentro di lei. Massimo abbassò la testa e colpì con la lingua prima un capezzolo e poi l’altro. Le sue dita stavano lavorando squisitamente, scivolando dentro e strisciando fuori in un ritmo perfetto.
Alzò lo sguardo attento su di lui, i suoi occhi socchiusi, ribelli ciocche di marrone cioccolato ricadevano sopra la sua fronte. “Dimmi, Daniela,” domandò. “Dimmi come toccarti.”
La mente di Daniela stava gridando che lui già lo sapeva. Lui sapeva ogni cosa che c’era da conoscere su di lei. Lo aveva sempre saputo. Cosa poteva dirgli –che cosa intendeva?
Scelse di prenderlo letteralmente. “Tocca…” esitò, vergognosa del suo stesso imbarazzo.
“Il mio clit…Voglio che tocchi il mio clitoride.”
Le sue dita scivolarono immediatamente dalla sua accaldata guaina fino ad approdare alla piccola gemma sulla cima del suo sesso. La strofinò con dita scivolose, muovendole in piccoli cerchi.
Daniela chiuse con forza gli occhi per l’intensità di quel tocco, il potere di quegli occhi seppelliti nei suoi mentre Massimo con perizia toccava la sua gonfia cavità e il sensibile clitoride.
“Guardami.” Le sue parole erano rudi e serie; un ordine, non una richiesta.
“Io…oh, Dio, non posso.”
“Daniela, guardami.”
Costrinse i suoi occhi ad aprirsi. Lui si mosse sopra si lei, il suo viso rosso per l’eccitamento. I suoi occhi erano selvaggi e attenti – come quelli di un animale in gabbia ma non sconfitto.
Ripeté la sua precedente supplica. “Dimmi come toccarti.”
Daniela si accigliò, le sue sopracciglia piegate in confusione. “Non… Oh…” le dita si immersero ancora dentro di lei, non troppo delicatamente. “Non so che vuoi dire.”
“Dimmi cosa ci vuole.”
Quelle dita l’abbandonarono come le parole avevano lasciato la sua bocca.
Lei gemette per la repentina perdita di sensazioni, desiderosa che tornasse.
Massimo salì sulle sue ginocchia e afferrò con i pugni la cintura del suo pigiama, strattonandolo giù insieme alle sue mutande. Le liberò le caviglie e lanciò l’indumento sul pavimento. Spalancò le sue cosce e si distese. Allungandosi sul suo stomaco, la sua guancia sfiorava la massa di castani riccioli tra le sue gambe, alzò ancora lo sguardo su di lei.
“Dimmi cosa devo fare, Daniela.”
La disperazione nella sua voce fu shoccante, estranea, e ancora più sconcertante perché conteneva anche più di una traccia di cruda determinazione, e poi la consapevolezza si fece strada attraverso di lei.
Massimo aveva paura.
Di cosa, lei non sapeva dire. Di lei? Di questa notte? Di cosa stava facendo o di cosa voleva fare? Rilasciò il pugno di lenzuola che stava stringendo e portò le sue dita sopra il viso di Massimo. “Fai l’amore con me. E basta.”
Un lampo di disapprovazione gli attraversò il volto ma scomparve velocemente.
Daniela cominciò a chiedergli spiegazioni, le parole sbiadirono in un basso gemito quando le sue labbra scesero su di lei, pensò di averlo sentito mormorare, “non è abbastanza,” contro di lei, ma non poteva esserne certa. Momenti dopo non era più importante. Perché come poteva pensare, se non sentire, quando lui stava leccando e succhiando la sua tenera carne?
Come poteva essere razionale quando quella lingua stava colpendo il suo clitoride con una tale abile precisione?
Quelle labbra e quella lingua la lasciarono troppo presto, proprio mentre stava innalzandosi per abbracciare la purezza della liberazione. Imprecazioni nate dalla frustrazione scivolarono dalla sua bocca mentre stringeva la testa di Massimo e cercava di spingerla ancora giù, e poi dita di acciaio si avvolsero attorno al suo polso e cacciarono vie le sue mani.
Massimo scese dal letto e velocemente perse i suoi jeans e boxer. Il suo pene ritto, rigido e tremante, congestionato dal suo sangue di vita. Si inginocchiò tra le sue cosce, e con un solo violento movimento, afferrando i suoi fianchi con le mani, la spinse verso di sé e si seppellì profondamente dentro di lei.
Daniela urlò per il dolore, sbigottita da quell'improvviso assalto. Lui era così grande e non succedeva da così tanto tempo, i suoi muscoli interni, stretti fermamente contro quella invasione, telegrafavano al suo confuso cervello ogni piena e pulsante vena del suo pene mentre cominciò a spingere dentro di lei. Le informazioni erano tradotte in una caotica nube di piacere e dolore. Alzò gli occhi spalancati su Massimo, il suo respiro usciva forzato in piccoli ansimi; perfetti contrappunti ai suoi fianchi che sbattevano contro i suoi. Daniela non riusciva quasi a riconoscerlo, gocce di sudore concentrate sul suo viso. Gli occhi erano marmo nero, selvaggi e pietrificanti, incastonati nel viso di un uomo disperato.
Massimo non aveva chiuso i suoi occhi mentre lo stata studiando, rifiutandosi di guardare altrove o scappare nell'oscurità che gli occhi chiusi avrebbero potuto offrirgli. Il suo respiro le bagnava il viso in ritmici sbuffi. Le sue parole, quando parlò, erano poco più di grugniti sparsi tra le spinte dei suoi fianchi.
“E’ questo… è questo quello che ci vuole…Daniela? E’ questo quello che…devo fare? Se ti scopo abbastanza forte e abbastanza a lungo… riuscirai a tornare da me?”
La mente di Daniela si pietrificò quando capì anche se il suo corpo gridava bramoso di sollievo, non c’era lotta: i suoi bisogni fisici schiacciarono ogni altra cosa. Stava sospesa sull'orlo del precipizio, minacciando di frantumarsi in un milione di pezzi. La sua unica speranza di sopravvivenza era di affrettarsi per raggiungere quell'oblio che le costanti spinte di Massimo le promettevano.
Si aggrappò alle sue spalle, unghie affondate nella carne, mentre le sue gambe si avvolgevano più in alto intorno ai suoi fianchi. Lo incontrò spinta dopo spinta, alzando i fianchi e inclinando il suo bacino per incrementare la pressione sul clitoride, gli occhi chiusi e serrati, la sua testa ruotava avanti e indietro sul cuscino.
Oh, era così vicina ed era così bello. Si, così, di più, ancora un po’ di più.
Daniela era così andata che nemmeno realizzava che lo stava dicendo a voce alta, le sue suppliche diventavano una cantilena che riempiva la stanza con la sua intensità.
Massimo si unì, i suoi “dai… dai… dai,” la spronavano.
Le mani di Daniela scivolarono più in basso per afferrare il suo sedere, il suo corpo si tese con la spinta finale contro di lui.
“Si,” Massimo sibilò attraverso i denti serrati. “Dammelo, Daniela. Tutto.”
E poi lei era li. Volando, cadendo, aprendosi al vuoto, accettandolo mentre forti braccia la avvolsero e appassionati baci venivano pressati sulla sua spalla, il collo, le sue lisce guance. Cavalcò le onde con assoluto abbandono, sentendo il suo corpo fondersi e unirsi a quello di Massimo fino a diventare una cosa sola prima di liquefarsi ancora.
Lui le diede qualche momento di immobilità prima di ricominciare a spingere di nuovo, lottando per il suo sollievo. Lei lo strinse forte – con le braccia e con il suo centro, le sue mani scorrevano sul suo sudore – scivolando sopra al suo sedere rotondo e forte con lunghe e piene carezze. Il viso di Massimo era seppellito nell'incavo del suo collo e lei voltò la testa e gli sospirò incoraggiamenti all'orecchio.
Ancora e ancora lui venne, sbattendo dentro di lei con feroce determinazione, fino a che Daniela pensò di che si sarebbe divisa in due. Proprio mentre stava considerano di fermarlo abbastanza a lungo per ruotarli entrambi e prendere la guida, sentì il tremore correre attraverso Massimo e seppe che il suo viaggio era quasi terminato. Una dozzina di piccole, profonde spinte lo portarono alla fine, un ansimo gutturale gli lacerò la gola mentre sbatté dentro di lei in quella profonda e violenta ultima volta.
Daniela seppellì le sue dita tra i capelli di Massimo mentre si spegneva in lei con goffe spinte che perdevano intensità di volta in volta e….
Massimo rimase solo pochi attimi collassato sopra il suo corpo. Ruotò per sdraiarsi al suo fianco, e Lei dovette reprimere un lamento per la repentina perdita di calore. Ma rimase immobile, leccò le sue labbra secche e spinse via i suoi capelli umidi dalla faccia.
Guardò Massimo, il suo braccio sinistro piegato sotto la sua testa, quello destro appoggiato sopra il petto, gli occhi erano aperti e concentrati sul soffitto.
“Vuoi dirmi perché?” Daniela chiese piano.
La sua sola risposta fu voltarsi verso di lei e darle uno sguardo imperscrutabile, e poi si voltò ancora verso il soffitto.
“O vuoi che ti illustri la mia interpretazione?”
La mano di Massimo si alzò dal petto in uno stanco e dimesso cenno. “Prego.”
Daniela chiuse gli occhi, confusa da quella sua improvvisa apatia. Silenzio e mistero possono essere attraenti in qualche situazione, ma non in questa.
Riaprì gli occhi e continuò. “Penso che tu sia arrabbiato con me, perché sono stata distante ultimamente, perché non senti di avere il mio supporto – o anche la mia presenza, qualche volta. Ma lo sai cosa ho passato, Massimo, lo sai ”
“Non è più abbastanza ormai.”
Ci volle un secondo per afferrarlo. “Cosa?”
Non rispose a quella domanda non letteralmente, almeno. Riprese con un, “Ti ho visto morire, Daniela.”
Lei voleva solo che lui si voltasse e la guardasse, mentre stava cercando solo le parole giuste da dirgli, non le trovò, scelse il silenzio.
“Ti ho visto morire,” ripeté Massimo. “E anche se sapevo a livello intellettuale che non stava accadendo, che ero spinto a vederlo, ogni volta che chiudo gli occhi…” Lei lo guardò deglutire forte e a fatica.
“Ti ho visto con quella pistola puntata alla testa. E il sangue… così tanto sangue, maledizione.”
Daniela ruotò sul fianco e prese la sua mano, trascinandola tra di loro e intrecciando le sue dita tra le sue. “Mi spiace, Massimo.”
Sbuffò piano. “Non ho bisogno di scuse.”
“E allora di cosa hai bisogno?”
“Ho bisogno di avere di più,” immediatamente rispose, ruotando finalmente sopra di lei, bilanciando il suo peso sui gomiti. “Mi sono convinto che era abbastanza, ma non lo è. Non dopo quella notte.” Sospirò e guardò altrove. Le successive parole erano piene di calma intensità. “Posso amarti meglio di così, Daniela, più di così. Ma non posso farlo se non me lo permetti.”
“Massimo, capisco casa stai dicendo”
La fermò ancora. “A sì? Me lo domando qualche volta.”
Era evidente che Massimo avesse qualcosa che era obbligato e determinato a dire.
Lo conosceva abbastanza bene per sapere quando doveva tacere.
Massimo alzò la mano. “Questo…” indicò entrambi, e il letto in cui erano sdraiati gli aventi appena accaduti, “… questo è un gioco che abbiamo sempre giocato seguendo le tue regole, Daniela. Dalla prima volta che è successo, hai insistito che non poteva essere più di questo, che avresti potuto darmi il tuo corpo e mai la tua anima, e che avremmo dovuto tenerlo separato da tutto il resto. Tu sei stata quella mi hai costretto a promettere che non sarei mai venuto da te, che sarebbe stata una tua scelta quando e dove sarebbe potuto accadere ancora…Lo so. So di essere stato d’accordo con te, non l’ho mai messo in discussione, pensavo di essere abbastanza fortunato ad avere così tanto e che sarebbe stato stupido chiedere di più, e così ho aspettato, qualche volta sei venuta da me e qualche volta non l’hai fatto.”
I suoi occhi erano castano miele e severi, ma le sue dita sul viso di Daniela lo tradivano con tenere carezze. “Ti ho aspettato dopo la remissione. Ti ho aspettato dopo che hai perso Emily. Volevo confortarti, Daniela, avevo *bisogno* di farlo—sia per me che per te. Ho aspettato dopo quella notte in quel magazzino, quando pensavo che fossi morta, ho aspettato, Daniela, e non sei mai venuta da me – in nessuna di queste occasioni, o in nessun’altra in mezzo.” Sospirò e si lasciò cadere su un fianco accanto a lei. “Massimo, lo so che è dura per te capire.”
“No, non lo è,” ribatté. “Non è dura per niente. Ed è questa la parte più triste, ho capito che tu hai paura, quello che non capisco è perché.”
Era una domanda lecita, ma dannazione se Daniela poteva formulare una risposta. Cosa, veramente, temeva così tanto adesso?
Catturò il suo sguardo e gli disse sinceramente, “Non lo capisco nemmeno io, Massimo.”
Massimo spostò lo sguardo dal suo viso per un momento prima che un sorriso spaccasse la sua dura espressione. Accennò una secca risata e disse, “Questa è la sola cosa veramente sincera che tu mi abbia detto da tanto tempo, Daniela. Grazie.”
Il suo sorriso era contagioso, le sue parole erano prova dell’assurdità dell’intera situazione, Lei restituì il sorriso.
Ci fu un lungo silenzio prima che Massimo si schiarisse la voce e mormorasse, “Vieni qui,” allungandosi per spingerla contro di sé, si sistemò con la guancia accanto al suo petto.
Rimanendo immobile tra le sue sicure braccia, si chiese come aveva potuto privarsi di questo per così tanto tempo. Allo stesso tempo, si meravigliava di come non lo avesse fatto completamente impazzire con la sua forzata ambivalenza. Avevano entrambi sofferto così tanto nell'ultimo anno, e benché si fosse costretta ad essere distante – benché avesse scelto di negare a sé stessa ogni tipo di conforto da Massimo, lui non aveva avuto scelta in merito.
Era un uomo onorabile, e avrebbe accettato e seguito ogni direttiva che lei avesse riservato per loro. Credeva che non sarebbe stata una sorpresa, Lui era sempre stato solito al diniego fino a farlo diventare quasi una forma d’arte. Lei aveva solo insistito che non esprimesse i suoi sentimenti per lei se non nel modo più innocuo. Daniela avrebbe gradito la sua passione per il suo lavoro o solo dopo nel sesso, mai permettendo che questo interferisse con quello che credeva “il resto della sua vita”. E lui era rimasto ai patti, solenne e sensibile.
Incominciava a sembrare come se la sola persona che Daniela stesse prendendo in giro fosse sé stessa.
“Hey, Daniela, ho una proposta da farti.”
Alzò la testa e lo guardò attentamente. “Cosa?”
“Propongo di buttare alle ortiche le vecchie regole e di farne delle nuove.”
Daniela automaticamente si tese e lo guardò cautamente – per abitudine, più che altro.
“Non guardarmi in quel modo,” l’ammonì dolcemente. “Ascoltami solamente, okay?”
Annuì prima di abbassare ancora la testa contro il suo petto. “Okay.”
“Va bene,” cominciò. “Regola numero uno.” La sua voce rombava nel profondo del suo petto, vibrante contro la guancia di Daniela. “Lasceremo che le cose scorrano da sole, vedremo dove ci porteranno, e ci metteremo tutto quello che abbiamo. Non dovrebbe essere diverso da tutto quello che facciamo, quello che
abbiamo merita almeno la stessa attenzione che mettiamo nel lavoro.”
Daniela sbuffò piano. “Lo fai suonare come se stessimo pensando di aprire una attività insieme.”
“Non è così?” replicò. “Una seria relazione è come una attività, più o meno.” Ci fu un breve silenzio. “Comunque, stavo solo cercando di far breccia nella tua parte pratica. Ma c’è una buona probabilità che la stia prendendo nel modo sbagliato, forse dovrei cercare di far breccia nella donna invece.”
Daniela pressò un bacio sul suo piatto capezzolo e sentì le braccia di Massimo stringersi più forte intorno a lei.
“Forse dovresti.”
Ridacchiò piano. “Okay, posso fare anche questo.” Il petto si alzò e si abbassò per un pesante sospiro. “Daniela, so che è stata dura per te ultimamente – lo è stato per entrambi. Ma, maledizione, sono qui, e ci sono sempre stato. Non ti sto chiedendo nessuna garanzia, non mi aspetto che tu subisca una repentina trasformazione e che cambi il tuo modo di trattare la tua vita, Noi tutti abbiamo modi differenti per far testa agli eventi. Così non sarò irritato se tu tenderai a ritirarti un po’ quando le cose diventano un po’ difficili. So quanto sia importante la tua indipendenza e non interferirò in quella mai…”
“Lo so…” sospirò Daniela.
“Questo mi porta ancora alla stessa domanda: perché hai così paura? Di cosa hai paura?”
Subito Daniela si alzò e si sedette sul bordo del letto, avvolgendosi attorno le lenzuola. “Non lo so, maledizione, non lo so!”
Lo sentì muoversi sopra il letto fino a posizionarsi dietro di lei. Sentì il calore della sua mano quando si fermò sulla valle della sua vita. Daniela non capiva, sé stessa, perché era così difficile per lei tutto questo, come poteva anche solo iniziare a dare delle spiegazioni a Massimo?
La mano di Massimo si spostò, muovendosi per accarezzare la sua schiena in lunghi e lenti tocchi. Daniela chinò la testa e socchiuse gli occhi per imprigionare improvvise lacrime.
Dopo un lungo silenzio Massimo le disse piano, “beh, penso che forse io potrei saperlo.”
La sua replica voleva suonare scettica. Invece, venne fuori come una supplica stanca. “Oh si? Illuminami.” “Penso che tu non sia realmente certa dei miei sentimenti per te, e che ti stai trattenendo per questo.” Ci fu una pausa, abbastanza tempo perché la tensione del suo corpo raggiungesse un nuovo limite. “Dani, potresti guardarmi, per favore?”
Prese un respiro purificante e si strofinò gli occhi con forza prima di voltarsi per guardarlo. Massimo si strascinò più in alto e si inclinò contro alla testiera. Si allungò e prese una mano di Daniela tra le sue, avvolgendola mentre il suo pollice ne strofinava piano le nocche. La guardò negli occhi e trattenne il suo sguardo per un lungo momento. Indossava il suo migliore sguardo da cucciolo, quello che era capace di liquefare la determinazione di qualsiasi donna, quello che usava con lei innumerevoli volte. E che aveva sempre funzionato.
“Lo sai, Daniela… senza di te io non potrei…” e si fermò, abbassando la testa in cerca di parole.
“Non potresti cosa, Massimo?”
Lui le regalò un piccolo sorriso e fece una faccia imbarazzata, i suoi occhi danzavano tra il suo viso e le loro mani unite. “Tutto. Svegliarmi la mattina, andare al lavoro, trovare la forza per andare avanti, Daniela. E io…”
Si fermò e abbassò lo sguardo, fece uscire un breve sospirò dalle sue labbra socchiuse. “Uh, è più difficile di quanto pensassi,” ammise.
“Massimo, non devi “
“Si, devo, devo, perché tu hai bisogno di sentirlo ed io di dirlo.” Si schiarì la voce e alzò ancora gli occhi su di lei.
E tutto quello che Daniela voleva sapere era chiaro e lampante su quel viso ed in quegli occhi, la sua mano si spostò sopra la sua bocca per fermare un improvviso gemito. Il suo cuore saltò nel suo petto, riprendendo in un ritmo di rapida pace.
“Ti amo, Daniela.” le sue parole erano lente, ognuna di esse distaccata e precisa e mortalmente seria. “Mi rendi completo, e non importa cosa accadrà adesso, proverò sempre lo stesso. Sarai sempre la mia migliore amica.” Portò la sua mano alle labbra e stendendola piano appoggiò un bacio nel centro del suo palmo. “Voglio una vita con te, insieme a tutte le cose strane che ci capitano giorno per giorno. Non voglio solo dividere un ufficio con te durante il giorno, o un letto la notte quando uno di noi è solo troppo stanco o troppo disperato per poter reprimere questo sentimento. Voglio essere con te. Voglio darti ogni cosa…” terminò.
E nel giro di un istante, tutte le paure di Daniela l’abbandonarono. Lacrime riempirono i suoi occhi sgorgando e scivolando sulle sue guance. Massimo allungò una mano e le spinse via.
“Aw, Daniela…”
Daniela si lanciò nelle sue pazienti braccia, facendo perdere ad entrambi l’equilibrio.
La testa di Massimo sbatté sonoramente contro la testiera mentre cadevano indietro.
“Ow!” guaì. “Cavolo, Daniela, stai cercando di uccidermi?”
Lei appoggiò baci su tutto il suo viso mentre Massimo massaggiava cautamente il retro del suo collo dolorante.
“Certo che no. Tutto questo non sarebbe lontanamente così divertente se tu fossi morto.”
Si spostò indietro e si scambiarono un ampio sorriso. Massimo diminuì le distanze e le diede un lungo, umido, profondo bacio prima di spingerla sulle coperte e crollare sul suo corpo. Si sistemò comodamente tra le sue gambe aperte, oscillando nella culla dei suoi fianchi.
Lei ansimò piano quando lo sentì diventare rapidamente duro contro di lei, e spinse in alto per incontrarlo.
Lui abbassò lo sguardo su di lei e con occhi da predatore si inumidì le labbra con la punta della lingua.
“Hey, Daniela?”
“Si, Massimo?”
“Solo per evitare ogni tipo di equivoco… Questo significa quello che penso significhi?”
Lei gli mostrò un sorriso che poi sentì lentamente scolorirsi sopra le sue labbra,bloccandolo con lo sguardo gli regalò la sola risposta che aveva da dargli, la sola che aveva bisogno di sentire. “Tutto quello che ho, Massimo. Tutto.” Silenziosamente lui l’avvolse.
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