L'iniziazione di Francesco Cap.: VII
di
bepi0449
genere
prime esperienze
Cap.: VII
Sodomia, orgia
Un improvviso frastuono seguito da un lungo intenso strepito di fronde, bagliori repentini rincorsi da tuoni e deflagrazioni, ticchettio continuo e violento sugli infissi, uggiolare di cani, putiferio di rami spezzati, scroscio di pioggia impetuosa e veemente, abbassamento brusco di temperatura guidarono il risveglio e lo stringersi ancora di più dei corpi. La pioggia cadeva con l’intensità di un diluvio e il suo sonoro e armonioso fragore abbinato al gracidare delle ranocchie guidò e condusse i sensi a cercare prima e ad esplorare poi, impercettibilmente, i loro fisici. Dalle tenere carezze ai pudici baci, dai muti sensuali inviti ai primi ardenti sospiri i nostri ritornarono a percepire, a vivere il desiderio. Era saltata la corrente e la pioggia non accennava a diminuire. La monotonia del nubifragio ora era interrotta dalla voce dei sensi. Le anguille del Sile si arrotolavano, annodavano, intrecciavano in un continuo movimento adatto a conoscersi.
Quei serpenti vellutati scivolavano, slittavano tra due pareti burrose per incespicare poi su un piccolo trasverso sussultando. Ritornavano indietro per riprendere l’offensiva. Si arrestarono alla fine su quel muscolo superficiale del perineo per affondare, immergersi ed essere avvolti da tenere, butirrose, calde mucose. Erano energici, caparbi, caldi, sensuali eppure scaldavano, spingevano, stimolavano, infiammavano … davano piacere … tanto … tanto piacere. Era bello, delizioso, splendido, avvertire e provare tra le proprie chiappe e dentro di sé, dentro il proprio stretto culetto la carnalità, la lascivia e il godimento che solo un membro umido, liscio, marmoreo, odoroso di desiderio può regalare.
La pioggia non accennava a diminuire, anzi, diventava più intensa. Fuori nel parco l’acqua del fiume iniziava ad invadere il prato. Da un angolo del giardino un gruppo di ranocchie alternava il suo gracidare con quelle del fiume o con quelle ferme tra le foglie delle bianche lattee calle e lui, Francesco … preso dalla lussuria e dalla brama di appagare i sensi, … incurante dei frastuoni e degli improvvisi bagliori, … eccitato anche dagli afrori di urine che le lenzuola effondevano, emesse da tutti loro poche ore prima, si concedeva a Massimo, spingendosi contro, stringendo e distendendo il suo sfintere. Quel buchetto palpitava, vibrava, s’agitava, a volte si fermava stringendo dopo una stoccata più infiammata, arrivata più in fondo.
“Ahhhhggg, … ahhhhuhgmmmmmmm, … ahhhhhhhhhhhhhgggaaahhhhhhggg, …!” Francesco, ogni qualvolta veniva ripenetrato, esprimeva la sua soddisfazione con voci musicali nuove per lui, appartenenti però allo spartito dell’appagamento dei sensi. Dirimpetto al viso di Federico ringraziava costui, quando poteva, con sbaciucchi sulle labbra o sul naso o permettendogli di intrecciare la lingua con la sua.
Al domestico piacevano quelle tenerezze delle quali era grato e soddisfatto contraccambiandole però in modo diverso, mentre l’aratro di Alessandro scivolava e si muoveva in avanti ed indietro pigramente tra le sue glabre lisce natiche o si riposava per assaporare il calore rugiadoso del nido. Quel tozzo duro membro, che lo deliziava, desiderava che fosse tutto per Francesco, per cui non lo avrebbe lasciato entrare.
“Te lo serbo e custodisco affinché, dopo che Massimo ti avrà donato gli umori dei suoi testicoli, lui ti possa prendere, … per riempirti ... facendoti urlare, ansimare, chiedere, implorare di essere rotto, … sfasciato, … lacerato. E’ onesto e legittimo che nell’arco di tempo della tua spontanea, voluta e cercata adesione al nostro ambiente tu stringa, trattenga dentro di te i falli che ti vengono offerti e dati in più momenti. Godili, … godili, … godili, divertiti e appaga i tuoi sensi. Gustati, nel frattempo, il mio uomo, … la sua lunga e robusta lacerta agilis; la avvertirai, … la percepirai giungerti sino all’imboccatura dello stomaco. I tuoi sospiri, … i tuoi sbruffi saranno cadenzati dai colpi che riceverai e chiederai di più. Quanti ancora, … ancora, … ancora, … più su … sentiremo? Ti quieterai solamente quando Massimo libererà il suo sperma nel tuo intestino e che ti servirà a lubrificare maggiormente per accogliere e ospitare nel tuo guanto rettale il possente perno che ora sto facendo inturgidire. … e, mentre il professore ti fotte, coccoliamoci … servirà, distraendoti, a sedare un po’ l’eccitazione, il godimento che un simile membro provoca quando è in te.”
“Mi sembra di scivolare, scorrere e guizzare nel morbido, cedevole, delicato burro, ma nello stesso tempo mi sento stretto come in un caldo, avvolgente guanto. … Hai un retto che munge, spreme come la mano esperta del bovaro quando schiaccia un capezzolo della mucca per estrarne il latte. … Hai un sederino da mangiare con gli occhi … con la bocca … da mordere e leccare … bello ed invitante … desideroso di essere profanato … di essere arrossato tramite morsi, … di essere menato, picchiato, schiaffeggiato, … unto con dolci, soavi, luminosi e profumati unguenti. … Alessandro ha trovato il suo Antinoo! Sarai per mio fratello quello che era il mite, angelico, innocente Antinoo per il grande Adriano, imperatore romano. … Sono compiaciuto e lieto che tu sia condiviso. … Sto per venire … sarai anche mio … e io sarò tuo. … Ecco, … ohhhhhhhhhhh, … siiiiiiiiiiiiiiiii, … ssiiiiiiii, … oohhhhhhh. … Sii, … siii, … sssssssssssi. Non è stato facile controllarsi e dominare il godimento che simile docile apertura, … simile sederino lucido e voglioso ti risveglia e sollecita. Ecco il mio dono, … ancora … ohhhhhhhhh. … utilizzalo come addolcente, … come lenente quando quello di mio fratello tra poco accederà in questo dolce, caldo, umido antro … e poi assimila i suoi costituenti … i suoi elementi. Sei un bellissimo ragazzino … fatto per il sesso, … per essere posseduto, gustato, formato … per il sesso.”
Massimo ci mise del tempo per scaricare e godere nelle viscere dell’adolescente. Dalla postura stesa sul fianco era passato a quella a capretta e da quella stantuffava con un ritmo cadenzato e continuo in quel culetto. A volte lo estraeva, senza mai perdere il contatto con il forellino per rimetterlo dentro di botto. La “ohhhhhhh” di Francesco rimaneva sospesa qualche attimo, per il senso di pieno e di bagnato, quando entrava per riprenderla nell’uscita
Abbandonati sul letto, stanchi, bagnati, soddisfatti si coccolavano, accarezzavano, sbaciucchiavano. Dal buchino ancora pulsante sgorgava una scia bianca.
“E’ bellissimo fratello mio! Ha un fisico che farebbe impazzire chiunque, … una carnagione miele-rosata … un sederino chiaro e luminoso, duro, ma nello stesso tempo cedevole, sensuale, voluttuoso, provocante … ancora implume, ma affamato … voglioso di essere scoperto, svestito, provocato, scaldato … iniziato, aperto, rotto, saziato. E’ un prezioso violino adatto per suonare una stupenda, meravigliosa sinfonia erotica. Grazie Alessandro … per avermi permesso di irrigargli … inondargli l’intestino con il mio desiderio. Mi auguro che il mio nettare denso, cremoso, inebriante sia per te aiuto nel prenderlo, … nel accedere penetrando nuovamente questo cucciolo che si è concesso completamente a noi sin dal primo momento.”
“E’ conveniente e consigliabile lasciare questo letto bagnato, visto l’abbassamento della temperatura, conseguenza dell’uragano e del temporale successivo che ancora continua, e andare in altre stanze per poter riposare.”
“No … Alessandro, preferisco che rimaniate qui … che rimaniamo ancora insieme. … anche per me e Massimo è bello, emozionante lo stare qui, come testimoni del vostro donarvi uno all’altro. Il vedere questo piccolo accettare di essere tuo, Alessandro, è toccante, piacevole e incantevole. … Ora, andate nel parco a controllare i danni che il nubifragio ha provocato … che al letto ci penso io.… Copritevi, … poiché fuori la temperatura si è notevolmente abbassata., … anche perché siete nostri – indicando- e non di altri.”
“Grazie Federico, … approfitteremo della tua proposta per inalare l’umidità che sale dal terreno, … per farci accarezzare dall’aria fresca, … per ascoltare il gocciolio che cade dalle piante, … per vedere le stelle, brillanti più che mai, tra squarci di nubi, … per spiare tra il nero verde delle piante, come incalliti voyeur, il nostro piccolo Antinoo nelle vesti di Eros.”
“Sento uno strano senso di vuoto e di umido colare dal mio culetto, scivolare lungo le cosce …”
“Ahhh, … Scappa, … corri che il lupo vuole prenderti, … sbranarti. … farti diventare la sua viziosa, smaliziata, scaltra lupa. Scappa … corri … corri … corriiiii …!”
Giocavano spontaneamente a rincorrersi, … fermandosi in pose ambigue, … a stringersi mimando rapimenti. Del pareo con cui Francesco era coperto si persero le tracce ed egli si ritrovò in poco tempo nudo, stretto e sospeso tra i due, … sbaciucchiato, lambito, lisciato … con mani che perlustravano lascive, invereconde, indiscrete ogni anfratto del suo corpo favorite da quello che scivolava dalla sua stellata apertura.
Erano immersi nella frescura post temporale. Scalzi, con i piedi nel prato intriso d’acqua e sotto freddi gocciolii, tra il gracidare delle ranocchie, osservavano, al riparo da occhi esterni, lo scorrere del Sile ingrossato.
“Torniamo dentro … ho un po’ di freddo.” Il cielo stava schiarendosi. Le nuvole abbandonavano Il Sile e San Nicolò. S’intravedevano un po’ di stelle accompagnate da un riflesso di luna. Sulle braccia di Alessandro inspirò un gran sorso di infinito per stringersi poi a lui.
Il nostromo attento e lungimirante, oltre a risistemare il lettone, aveva preparato un abbondante spuntino affinché tutti riprendessero un po’ di energie. Ridevano senza motivo, scherzavano, si contemplavano, sospiravano. Stanchi ed appagati presero sonno uno attaccato all’altro. Ogni tanto si muovevano o sobbalzavano per addossarsi e stringersi di più. Lamenti, aspirazioni intense, sussurri, inviti associati a movimenti di mani, a palpitazioni o ansimi suggerivano che i nostri riposavano placidi e sognavano.
Era appena stato aperto e già sognava, oltre alle mani, lo stelo che appagava la sua vista, il suo tatto, il suo desiderio, … che lo sbatteva … che l’urtava regalandogli sensazioni di pienezza e di benessere non descrivibili, … che gli faceva emettere parole sporche, oscene che solo la lussuria suggerisce, … che gli aveva aperto la mente e … come meglio non avrebbe potuto. Lo teneva nell’incavo perineale, … bagnato, … schiuso, ma non ancora teso, allungato, duro, gonfio come quando gli era entrato. Era interessato, allettato a rivederlo; ma il suo mentore dormiva ancora e lui era disteso parzialmente sull’uomo con la testa e un braccio sul petto, l’addome a contatto del pube peloso mentre il suo vate lo tratteneva in modo inerte con il braccio destro appoggiato al suo fianco sinistro, perché ancora assopito. Non voleva svegliarlo. Che astuto … che sagace era stato Federico a riposare steso sul letto, ma con la testa sul pube di Massimo. Lo aveva osservato mentre si posizionava felice, appagato, con quel membro lungo fra le labbra. Ogni tanto percepiva un risucchio, come a voler inghiottire un qualcosa che ti esce dalla bocca con il riprendere a succhiare come fanno i bambini con il ciuccio quando dormono. Avvertiva di appartenere a quell’uomo, a quelle mani, a … che lo aveva introdotto nel mondo a cui da sempre era stato destinato e riservato. Contemplava l’immagine del membro possente di Alessandro tra le sue natiche nello specchio posto sopra il lettone e Federico con Massimo. Una leggera inspirazione con trasalimento gli comunicò che il suo amato si stava destando. L’osservò intenerito.
“Hai riposato bene?”
“Sì.” … e il piccolo allungandosi sfiorò le labbra del suo amore … per ritornare gioendo a contemplare il suo adorato amante e stringere tra i muscoli del suo sederino quello che lo aveva aperto.
“Ummmmmmhhhhhh, … sei bellissimo, … dolce, … puro. Sei un capolavoro, … mai avrei pensato di riuscire a trovare un gioiello di così rara bellezza e purezza, … così caldo e passionale, … vero e naturale e di … desiderarlo così tanto.” … e mentre parlava accarezzava dolcemente quel tenero germoglio, appena sbocciato alla vita. “Ti sento nuovamente desideroso, … risvegliato. … Guardami negli occhi. … Mhhhhhhh, vedo che mi vuoi dire qualcosa. Su, … dai, … piccolo palpitante ardente cucciolo.”
“E’ da tanto che ti osservavo!”
“… e allora?”
“Mi sono infatuato di te, … ti desidero, … ti …”
“Ti … che cosa, … completa.”
“Ti aaaaaaaa… ti amo!”
“Ohhhhhh, … questo va bene, ma rammenti i patti? … e devi ancora essere condiviso con Federico, … con Placido … anche lui deve conoscerti bene per proteggerti quando potrai essere in casa da solo, … e per gratitudine nel nostro prossimo incontro sarai posseduto anche da una persona che già incontri, … frequenti e … Consenti a concederti a lui per gratitudine?”
“Sì!”
“… ma noto che c’è dell’altro!”
“… è che …”
“Ohhhh, … avevo visto bene allora … esterna il problema … racconta, … svela! L’hai avuto una volta e ora lo desideri ancora?”
“No, … non è proprio così, ma mi piacerebbe averlo davanti agli occhi!”
“Tutto qui? … se questo è il tuo cruccio, correggi la tua sistemazione. Se è per vederti sereno e raggiante, come poche ore fa, fallo subito, così io appagherò l’olfatto con il profumo del tuo dolce, plastico sederino. … ma poi devi descrivermelo e cosa avverti e nutri per lui.”
Francesco con un leggero movimento del capo acconsentì alla richiesta e tutto felice si sistemò come meglio credette, dando nel frattempo i suoi glutei al tatto e il suo pube alla vista, al gusto e all’olfatto dell’adulto.
”Ehhhmbhè! … che fai? … sei partito, … andato? … Sei talmente assorto, preso … parla … non contemplare solamente, … dimmi qualcosa, … mio piccolo cucciolo.” … e mentre chiedeva, osservava, rifletteva ammirando il ragazzino, Alessandro palpeggiava, strizzava, impastava i verdi, giovanili glutei trasmettendo eccitazione, desiderio, brama, concupiscenza. “Dimmi! …”
“Ehhh! …”
“Si?”
Un grande fiore, a forma di pene, si ergeva davanti agli occhi imbambolati, trasognati del piccolo. Lo stava immaginando con stami pelosi, arricciati, profumati di muschio, vivi, fantastici. Quello che si ergeva eretto davanti a lui era un magnifico fiore dell’Eden, un fiore straordinario, fiabesco.
“Dimmi!”
“E’ uno stigma lucido, quasi scintillante per i bagliori di fuoco che emana.”
“Che mi stai sostenendo? Stai forse fantasticando?”
“Somiglia a un fiore del paradiso terrestre – indicando e prendendolo delicatamente -. E’ turgido, di un rosso cupo e abbagliante. E’ teso, gonfio con una superfice cremisi che assomiglia alla seta … e la sua piccola apertura ricorda … non so, … con i bordi in rilievo, piccoli ma visibili.”
“Un sesso femminile in miniatura … è questo che volevi dire?”
“Io non l’ho mai visto …, ma queste minuscole labbra, questo piccolo orifizio che si apre sulla sommità del glande divenuto color rubino mi strega; … e poi le vene ingrossate dal sangue … le goccioline che fuoriescono, quasi invisibili per la trasparenza, rendono ancora più lucente la sua superficie. … ma tu, Alessandro, mio tutto, a cui devo infinita gratitudine per avermi fatto entrare nell’ ambiente a me da sempre serbato, … fammi sentire le mani. … Ohhhh, … siiiiii, … cosìììììììì! … che bello sentirle correre, … sculacciare, … pizzicare, … colpire, … invadere, … rovistare, … mi fanno andare in …. … fermati, che una piccola, gonfia lacrima mi sta chiamando. … E’ trasparente, … ride, … vuole che l’annusi, … che la umetti con la lingua, … che ascolti le note musicali che la spingono ad uscire dal dotto urinario. … Ohhh, siiiiiii! … Non so che profumo emana, ma mi attrae, … mi avvince, …”
“E’ il profumo del maschio, … del desiderio, … della passione, … della lussuria, … dell’eros, … e il suo sapore ti indurrà a prendere tra le labbra quel frutto proibito, tanto da te voluto, altamente afrodisiaco, per stimolarlo con l’aiuto della lingua a lasciarti, a donarti il nettare dei miei testicoli.” Gli sguardi dei due colombi si incrociavano, mentre le loro mani erano impegnate a massaggiare, a stringere, a eccitare, a giocare con l’area di loro interesse. Ridevano, sorridevano guardandosi beati e felici a vicenda.
“Mi piace strofinarmi le guance … le orecchie … le labbra … le palpebre … il collo con il tuo lucido gonfio membro, … infradiciarmi del tuo desiderio … della tua concupiscenza, … auscultare le note che il tuo madido rosso fallo effonde mentre lo lambisco con l’organo del gusto, … strusciare il naso tra i tuoi peli pubici, … annusare e aspirare il tuo profumo. Lo contemplo, lo desidero, lo voglio.”
Le labbra del piccolo si schiusero, si aprirono per abbracciare e stringere la punta di quel glande per sentirne poi il tronco dove le vene sembravano esplodere. Con le mani si aiutava premendo e guidando la punta quasi cianotica sino all’ugola. Quell’implume, innocente ragazzino abbassava e alzava la testa, la girava a destra e a sinistra sino a forzare e poi tornava indietro, spronato dalle mani dell’adulto che sfioravano, titillavano e perforavano il suo anello sfinterico, rendendolo umido e lubrificato. Ansimi, uggiolii, monosillabi e altri suoni si diffondevano nella stanza. Altre mani lo salutarono facendogli apprezzare ancora di più quello che comprimeva fra le labbra. Sotto quelle cure i fringuelli fremevano con piccoli battiti, quasi spasmi ritmici. Si volevano. Il giovanetto chiedeva di impadronirsi del rosso, lucente fiore dell’Eden.
Il glande non rientrava più nel fodero, nemmeno quando le labbra facevano il movimento di respinta. Sembrava che quel membro fosse stato fornito di poca guaina. Il prepuzio non riusciva più a coprire la prugna. Il frenulo era tirato all’inverosimile e se fosse stato sfiorato da una bacchetta avrebbe suonato come un violino. La corona alla base della cappella era violacea.
D’improvviso quel tenero virgulto scavalcò con una gamba il suo vate; si aprì leggermente il didietro, anche se non ce n’era bisogno. L’apertura del suo corpo era ben visibile. Sostò per un attimo sul glande e si lasciò andare. S’impalò e inghiottì voluttuosamente quel frutto purpureo, gustandone la consistenza e il calore. Si arrestò un attimo, stendendosi sull’uomo, per baciarlo sugli occhi, mordicchiargli le orecchie, le labbra. Si lasciò introdurre la lingua per un bacio focoso e veemente. Ricambiò assetato. Carpì la lingua dell’amico per succhiarla con una forza che sembrava volesse staccarla. Accarezzava il petto del compagno mentre ritornava, ansando, nella posizione dell’impalamento per farsi penetrare completamente e per iniziare la cavalcata del desiderio. Premeva il bacino sino al fondo corsa, non voleva che nemmeno un millimetro di quella carne rimanesse fuori dal suo corpo. Risaliva fino alla cima del pene per lasciarsi ricadere. Il suo corpo brillava di riflessi argentati. Si osservava negli specchi, mentre quel muscolo entrava o emergeva dal suo avido, libidinoso sederino. Inarcò la schiena all’indietro e premette ancora di più con il bacino. Cominciava a respirare e sospirare forte. Si agitava sempre di più.
Alessandro, accorgendosi che stava venendo, presolo sotto le ascelle, lo tirò in alto per spingerlo verso il basso amplificando in perfetta sintonia il movimento di Francesco. Trasalimenti e sussulti devastavano e travolgevano quel giovane fresco corpo, lamenti gli uscivano dalla bocca. Arrivò l’orgasmo, repentino, veloce. Chiazze opalescenti, lunghe ornarono l’addome e il petto dell’amico. Francesco si sedette piano sul corpo del suo mentore per percepire maggiormente quel violaceo granitico glande.
Alessandro, steso e messo supino il giovinetto con le gambe flesse al petto, spinse fino in fondo per entrare di più in lui. Il ragazzino sfinito, rilassato, ancora in preda all’estasi del piacere poc’anzi avuto, con la testa reclinata, riceveva felice e beato. Il movimento dell’adulto acquistò in ritmo, batteva sui glutei morbidi. La carne del piccolo tornò a vibrare e l’orifizio, che riceveva, sembrava una bocca che succhiava. Mugolii sempre più forti colmavano la stanza. Il sesso dell’uomo era tutto dentro, si fermava un attimo per farlo riposare. Il ragazzino avvertiva la punta del pene sfregargli le pareti dell’intestino e nuovi brividi percorrevano quel fisico, specialmente quando nel movimento di va e vieni era stimolata un’area di fortissima sensibilità. Urlò all’orgasmo di Alessandro e strinse di più il culetto, quasi che non volesse far uscire una sola stilla di piacere dal suo corpo. Fu baciato sulla fronte e ricambiando offrì le sue labbra ad un ulteriore delicato bacio. La prugna del vate gli uscì provocando un rumore ovattato di tappo di spumante.
Mentre entrambi riprendevano il ritmo normale del respiro fissati e ammirati da Massimo, Federico invitò tutti ad assumere del cibo per riprendere un po’ di energie. Ridevano, folleggiavano, erano felici. Appagati i sensi, ora ammansivano e dissetavano la mente, dandole piacere con fantasie, sogni, ghiribizzi.
“Alessandro!”
“Dimmi piccolo poeta, amante del surrealismo onirico, … raccontami le tue fantasie, … rivela a tutti noi i tuoi sogni. Devo e dobbiamo conoscere anche le tue più recondite immaginazioni, … i tuoi desideri”
“Ohh, … ma voi, però, non ridete! Ho provato quello che mai avrei sognato o pensato e ora che ho capito chi sono, … io … è stata la mia prima volta, … e … Ti amo Alessandro, … vi amo. Sono tuo, … vostro, … ma mi piacerebbe che io e te fossimo un corpo unico, … che le mie gambe fossero unite alle tue mani, … le mie braccia alle tue gambe, … che la mia bocca fosse una guaina … una guêpière per il tuo fallo … un’ampolla-vaso comunicante con lo stomaco tramite l’esofago per ricevere la tua pipì, … che il mio culetto fosse una coppa-gelato per la tua lingua … che il mio pene divenisse una piccola mano per detergerti il sudore dalla fronte o per coccolare i tuoi occhi … il tuo naso … o umettare le tue labbra con le sue lacrime … che diventasse un pennello per donare al tuo viso un’espressione appagata e felice. … e fondermi, … fondermi … conglobarmi in te.”
“Anch’io bramo averti per far sesso con te e, come ti è stato detto, condividerti anche con loro e con altri nostri amici. Tu sei mio … per cui non affliggertene, … non crucciarti. Tu sei mio e io sarò sempre tuo. Quando vorrai, sempre ti donerò la mia ambrosia, perché tu possa gustarla e goderla o che ti possa scaldare o accendere il retto.” Si riposarono uno abbracciato all’altro per godere anche dei loro tepori, cullati dalla musica di un nuovo temporale. Ritemprati dal riposo, rinvigoriti da un buon piatto di spaghetti innaffiato da un bicchiere di prosecco, sorridenti ed appagati, ricoperti ancora delle loro tracce organiche, esaminarono assieme alcuni documenti e reperti erotici che i fratelli custodivano con scrupolosa premura e tanto zelo; nonché al ragazzo furono mostrate alcune immagini di amplessi, nei quali il membro era oggetto di grande venerazione. Tra lo scherzare, il ridere, il toccarsi e la continua stimolazione visiva cresceva il desiderio e la loro libidine.
Sodomia, orgia
Un improvviso frastuono seguito da un lungo intenso strepito di fronde, bagliori repentini rincorsi da tuoni e deflagrazioni, ticchettio continuo e violento sugli infissi, uggiolare di cani, putiferio di rami spezzati, scroscio di pioggia impetuosa e veemente, abbassamento brusco di temperatura guidarono il risveglio e lo stringersi ancora di più dei corpi. La pioggia cadeva con l’intensità di un diluvio e il suo sonoro e armonioso fragore abbinato al gracidare delle ranocchie guidò e condusse i sensi a cercare prima e ad esplorare poi, impercettibilmente, i loro fisici. Dalle tenere carezze ai pudici baci, dai muti sensuali inviti ai primi ardenti sospiri i nostri ritornarono a percepire, a vivere il desiderio. Era saltata la corrente e la pioggia non accennava a diminuire. La monotonia del nubifragio ora era interrotta dalla voce dei sensi. Le anguille del Sile si arrotolavano, annodavano, intrecciavano in un continuo movimento adatto a conoscersi.
Quei serpenti vellutati scivolavano, slittavano tra due pareti burrose per incespicare poi su un piccolo trasverso sussultando. Ritornavano indietro per riprendere l’offensiva. Si arrestarono alla fine su quel muscolo superficiale del perineo per affondare, immergersi ed essere avvolti da tenere, butirrose, calde mucose. Erano energici, caparbi, caldi, sensuali eppure scaldavano, spingevano, stimolavano, infiammavano … davano piacere … tanto … tanto piacere. Era bello, delizioso, splendido, avvertire e provare tra le proprie chiappe e dentro di sé, dentro il proprio stretto culetto la carnalità, la lascivia e il godimento che solo un membro umido, liscio, marmoreo, odoroso di desiderio può regalare.
La pioggia non accennava a diminuire, anzi, diventava più intensa. Fuori nel parco l’acqua del fiume iniziava ad invadere il prato. Da un angolo del giardino un gruppo di ranocchie alternava il suo gracidare con quelle del fiume o con quelle ferme tra le foglie delle bianche lattee calle e lui, Francesco … preso dalla lussuria e dalla brama di appagare i sensi, … incurante dei frastuoni e degli improvvisi bagliori, … eccitato anche dagli afrori di urine che le lenzuola effondevano, emesse da tutti loro poche ore prima, si concedeva a Massimo, spingendosi contro, stringendo e distendendo il suo sfintere. Quel buchetto palpitava, vibrava, s’agitava, a volte si fermava stringendo dopo una stoccata più infiammata, arrivata più in fondo.
“Ahhhhggg, … ahhhhuhgmmmmmmm, … ahhhhhhhhhhhhhgggaaahhhhhhggg, …!” Francesco, ogni qualvolta veniva ripenetrato, esprimeva la sua soddisfazione con voci musicali nuove per lui, appartenenti però allo spartito dell’appagamento dei sensi. Dirimpetto al viso di Federico ringraziava costui, quando poteva, con sbaciucchi sulle labbra o sul naso o permettendogli di intrecciare la lingua con la sua.
Al domestico piacevano quelle tenerezze delle quali era grato e soddisfatto contraccambiandole però in modo diverso, mentre l’aratro di Alessandro scivolava e si muoveva in avanti ed indietro pigramente tra le sue glabre lisce natiche o si riposava per assaporare il calore rugiadoso del nido. Quel tozzo duro membro, che lo deliziava, desiderava che fosse tutto per Francesco, per cui non lo avrebbe lasciato entrare.
“Te lo serbo e custodisco affinché, dopo che Massimo ti avrà donato gli umori dei suoi testicoli, lui ti possa prendere, … per riempirti ... facendoti urlare, ansimare, chiedere, implorare di essere rotto, … sfasciato, … lacerato. E’ onesto e legittimo che nell’arco di tempo della tua spontanea, voluta e cercata adesione al nostro ambiente tu stringa, trattenga dentro di te i falli che ti vengono offerti e dati in più momenti. Godili, … godili, … godili, divertiti e appaga i tuoi sensi. Gustati, nel frattempo, il mio uomo, … la sua lunga e robusta lacerta agilis; la avvertirai, … la percepirai giungerti sino all’imboccatura dello stomaco. I tuoi sospiri, … i tuoi sbruffi saranno cadenzati dai colpi che riceverai e chiederai di più. Quanti ancora, … ancora, … ancora, … più su … sentiremo? Ti quieterai solamente quando Massimo libererà il suo sperma nel tuo intestino e che ti servirà a lubrificare maggiormente per accogliere e ospitare nel tuo guanto rettale il possente perno che ora sto facendo inturgidire. … e, mentre il professore ti fotte, coccoliamoci … servirà, distraendoti, a sedare un po’ l’eccitazione, il godimento che un simile membro provoca quando è in te.”
“Mi sembra di scivolare, scorrere e guizzare nel morbido, cedevole, delicato burro, ma nello stesso tempo mi sento stretto come in un caldo, avvolgente guanto. … Hai un retto che munge, spreme come la mano esperta del bovaro quando schiaccia un capezzolo della mucca per estrarne il latte. … Hai un sederino da mangiare con gli occhi … con la bocca … da mordere e leccare … bello ed invitante … desideroso di essere profanato … di essere arrossato tramite morsi, … di essere menato, picchiato, schiaffeggiato, … unto con dolci, soavi, luminosi e profumati unguenti. … Alessandro ha trovato il suo Antinoo! Sarai per mio fratello quello che era il mite, angelico, innocente Antinoo per il grande Adriano, imperatore romano. … Sono compiaciuto e lieto che tu sia condiviso. … Sto per venire … sarai anche mio … e io sarò tuo. … Ecco, … ohhhhhhhhhhh, … siiiiiiiiiiiiiiiii, … ssiiiiiiii, … oohhhhhhh. … Sii, … siii, … sssssssssssi. Non è stato facile controllarsi e dominare il godimento che simile docile apertura, … simile sederino lucido e voglioso ti risveglia e sollecita. Ecco il mio dono, … ancora … ohhhhhhhhh. … utilizzalo come addolcente, … come lenente quando quello di mio fratello tra poco accederà in questo dolce, caldo, umido antro … e poi assimila i suoi costituenti … i suoi elementi. Sei un bellissimo ragazzino … fatto per il sesso, … per essere posseduto, gustato, formato … per il sesso.”
Massimo ci mise del tempo per scaricare e godere nelle viscere dell’adolescente. Dalla postura stesa sul fianco era passato a quella a capretta e da quella stantuffava con un ritmo cadenzato e continuo in quel culetto. A volte lo estraeva, senza mai perdere il contatto con il forellino per rimetterlo dentro di botto. La “ohhhhhhh” di Francesco rimaneva sospesa qualche attimo, per il senso di pieno e di bagnato, quando entrava per riprenderla nell’uscita
Abbandonati sul letto, stanchi, bagnati, soddisfatti si coccolavano, accarezzavano, sbaciucchiavano. Dal buchino ancora pulsante sgorgava una scia bianca.
“E’ bellissimo fratello mio! Ha un fisico che farebbe impazzire chiunque, … una carnagione miele-rosata … un sederino chiaro e luminoso, duro, ma nello stesso tempo cedevole, sensuale, voluttuoso, provocante … ancora implume, ma affamato … voglioso di essere scoperto, svestito, provocato, scaldato … iniziato, aperto, rotto, saziato. E’ un prezioso violino adatto per suonare una stupenda, meravigliosa sinfonia erotica. Grazie Alessandro … per avermi permesso di irrigargli … inondargli l’intestino con il mio desiderio. Mi auguro che il mio nettare denso, cremoso, inebriante sia per te aiuto nel prenderlo, … nel accedere penetrando nuovamente questo cucciolo che si è concesso completamente a noi sin dal primo momento.”
“E’ conveniente e consigliabile lasciare questo letto bagnato, visto l’abbassamento della temperatura, conseguenza dell’uragano e del temporale successivo che ancora continua, e andare in altre stanze per poter riposare.”
“No … Alessandro, preferisco che rimaniate qui … che rimaniamo ancora insieme. … anche per me e Massimo è bello, emozionante lo stare qui, come testimoni del vostro donarvi uno all’altro. Il vedere questo piccolo accettare di essere tuo, Alessandro, è toccante, piacevole e incantevole. … Ora, andate nel parco a controllare i danni che il nubifragio ha provocato … che al letto ci penso io.… Copritevi, … poiché fuori la temperatura si è notevolmente abbassata., … anche perché siete nostri – indicando- e non di altri.”
“Grazie Federico, … approfitteremo della tua proposta per inalare l’umidità che sale dal terreno, … per farci accarezzare dall’aria fresca, … per ascoltare il gocciolio che cade dalle piante, … per vedere le stelle, brillanti più che mai, tra squarci di nubi, … per spiare tra il nero verde delle piante, come incalliti voyeur, il nostro piccolo Antinoo nelle vesti di Eros.”
“Sento uno strano senso di vuoto e di umido colare dal mio culetto, scivolare lungo le cosce …”
“Ahhh, … Scappa, … corri che il lupo vuole prenderti, … sbranarti. … farti diventare la sua viziosa, smaliziata, scaltra lupa. Scappa … corri … corri … corriiiii …!”
Giocavano spontaneamente a rincorrersi, … fermandosi in pose ambigue, … a stringersi mimando rapimenti. Del pareo con cui Francesco era coperto si persero le tracce ed egli si ritrovò in poco tempo nudo, stretto e sospeso tra i due, … sbaciucchiato, lambito, lisciato … con mani che perlustravano lascive, invereconde, indiscrete ogni anfratto del suo corpo favorite da quello che scivolava dalla sua stellata apertura.
Erano immersi nella frescura post temporale. Scalzi, con i piedi nel prato intriso d’acqua e sotto freddi gocciolii, tra il gracidare delle ranocchie, osservavano, al riparo da occhi esterni, lo scorrere del Sile ingrossato.
“Torniamo dentro … ho un po’ di freddo.” Il cielo stava schiarendosi. Le nuvole abbandonavano Il Sile e San Nicolò. S’intravedevano un po’ di stelle accompagnate da un riflesso di luna. Sulle braccia di Alessandro inspirò un gran sorso di infinito per stringersi poi a lui.
Il nostromo attento e lungimirante, oltre a risistemare il lettone, aveva preparato un abbondante spuntino affinché tutti riprendessero un po’ di energie. Ridevano senza motivo, scherzavano, si contemplavano, sospiravano. Stanchi ed appagati presero sonno uno attaccato all’altro. Ogni tanto si muovevano o sobbalzavano per addossarsi e stringersi di più. Lamenti, aspirazioni intense, sussurri, inviti associati a movimenti di mani, a palpitazioni o ansimi suggerivano che i nostri riposavano placidi e sognavano.
Era appena stato aperto e già sognava, oltre alle mani, lo stelo che appagava la sua vista, il suo tatto, il suo desiderio, … che lo sbatteva … che l’urtava regalandogli sensazioni di pienezza e di benessere non descrivibili, … che gli faceva emettere parole sporche, oscene che solo la lussuria suggerisce, … che gli aveva aperto la mente e … come meglio non avrebbe potuto. Lo teneva nell’incavo perineale, … bagnato, … schiuso, ma non ancora teso, allungato, duro, gonfio come quando gli era entrato. Era interessato, allettato a rivederlo; ma il suo mentore dormiva ancora e lui era disteso parzialmente sull’uomo con la testa e un braccio sul petto, l’addome a contatto del pube peloso mentre il suo vate lo tratteneva in modo inerte con il braccio destro appoggiato al suo fianco sinistro, perché ancora assopito. Non voleva svegliarlo. Che astuto … che sagace era stato Federico a riposare steso sul letto, ma con la testa sul pube di Massimo. Lo aveva osservato mentre si posizionava felice, appagato, con quel membro lungo fra le labbra. Ogni tanto percepiva un risucchio, come a voler inghiottire un qualcosa che ti esce dalla bocca con il riprendere a succhiare come fanno i bambini con il ciuccio quando dormono. Avvertiva di appartenere a quell’uomo, a quelle mani, a … che lo aveva introdotto nel mondo a cui da sempre era stato destinato e riservato. Contemplava l’immagine del membro possente di Alessandro tra le sue natiche nello specchio posto sopra il lettone e Federico con Massimo. Una leggera inspirazione con trasalimento gli comunicò che il suo amato si stava destando. L’osservò intenerito.
“Hai riposato bene?”
“Sì.” … e il piccolo allungandosi sfiorò le labbra del suo amore … per ritornare gioendo a contemplare il suo adorato amante e stringere tra i muscoli del suo sederino quello che lo aveva aperto.
“Ummmmmmhhhhhh, … sei bellissimo, … dolce, … puro. Sei un capolavoro, … mai avrei pensato di riuscire a trovare un gioiello di così rara bellezza e purezza, … così caldo e passionale, … vero e naturale e di … desiderarlo così tanto.” … e mentre parlava accarezzava dolcemente quel tenero germoglio, appena sbocciato alla vita. “Ti sento nuovamente desideroso, … risvegliato. … Guardami negli occhi. … Mhhhhhhh, vedo che mi vuoi dire qualcosa. Su, … dai, … piccolo palpitante ardente cucciolo.”
“E’ da tanto che ti osservavo!”
“… e allora?”
“Mi sono infatuato di te, … ti desidero, … ti …”
“Ti … che cosa, … completa.”
“Ti aaaaaaaa… ti amo!”
“Ohhhhhh, … questo va bene, ma rammenti i patti? … e devi ancora essere condiviso con Federico, … con Placido … anche lui deve conoscerti bene per proteggerti quando potrai essere in casa da solo, … e per gratitudine nel nostro prossimo incontro sarai posseduto anche da una persona che già incontri, … frequenti e … Consenti a concederti a lui per gratitudine?”
“Sì!”
“… ma noto che c’è dell’altro!”
“… è che …”
“Ohhhh, … avevo visto bene allora … esterna il problema … racconta, … svela! L’hai avuto una volta e ora lo desideri ancora?”
“No, … non è proprio così, ma mi piacerebbe averlo davanti agli occhi!”
“Tutto qui? … se questo è il tuo cruccio, correggi la tua sistemazione. Se è per vederti sereno e raggiante, come poche ore fa, fallo subito, così io appagherò l’olfatto con il profumo del tuo dolce, plastico sederino. … ma poi devi descrivermelo e cosa avverti e nutri per lui.”
Francesco con un leggero movimento del capo acconsentì alla richiesta e tutto felice si sistemò come meglio credette, dando nel frattempo i suoi glutei al tatto e il suo pube alla vista, al gusto e all’olfatto dell’adulto.
”Ehhhmbhè! … che fai? … sei partito, … andato? … Sei talmente assorto, preso … parla … non contemplare solamente, … dimmi qualcosa, … mio piccolo cucciolo.” … e mentre chiedeva, osservava, rifletteva ammirando il ragazzino, Alessandro palpeggiava, strizzava, impastava i verdi, giovanili glutei trasmettendo eccitazione, desiderio, brama, concupiscenza. “Dimmi! …”
“Ehhh! …”
“Si?”
Un grande fiore, a forma di pene, si ergeva davanti agli occhi imbambolati, trasognati del piccolo. Lo stava immaginando con stami pelosi, arricciati, profumati di muschio, vivi, fantastici. Quello che si ergeva eretto davanti a lui era un magnifico fiore dell’Eden, un fiore straordinario, fiabesco.
“Dimmi!”
“E’ uno stigma lucido, quasi scintillante per i bagliori di fuoco che emana.”
“Che mi stai sostenendo? Stai forse fantasticando?”
“Somiglia a un fiore del paradiso terrestre – indicando e prendendolo delicatamente -. E’ turgido, di un rosso cupo e abbagliante. E’ teso, gonfio con una superfice cremisi che assomiglia alla seta … e la sua piccola apertura ricorda … non so, … con i bordi in rilievo, piccoli ma visibili.”
“Un sesso femminile in miniatura … è questo che volevi dire?”
“Io non l’ho mai visto …, ma queste minuscole labbra, questo piccolo orifizio che si apre sulla sommità del glande divenuto color rubino mi strega; … e poi le vene ingrossate dal sangue … le goccioline che fuoriescono, quasi invisibili per la trasparenza, rendono ancora più lucente la sua superficie. … ma tu, Alessandro, mio tutto, a cui devo infinita gratitudine per avermi fatto entrare nell’ ambiente a me da sempre serbato, … fammi sentire le mani. … Ohhhh, … siiiiii, … cosìììììììì! … che bello sentirle correre, … sculacciare, … pizzicare, … colpire, … invadere, … rovistare, … mi fanno andare in …. … fermati, che una piccola, gonfia lacrima mi sta chiamando. … E’ trasparente, … ride, … vuole che l’annusi, … che la umetti con la lingua, … che ascolti le note musicali che la spingono ad uscire dal dotto urinario. … Ohhh, siiiiiii! … Non so che profumo emana, ma mi attrae, … mi avvince, …”
“E’ il profumo del maschio, … del desiderio, … della passione, … della lussuria, … dell’eros, … e il suo sapore ti indurrà a prendere tra le labbra quel frutto proibito, tanto da te voluto, altamente afrodisiaco, per stimolarlo con l’aiuto della lingua a lasciarti, a donarti il nettare dei miei testicoli.” Gli sguardi dei due colombi si incrociavano, mentre le loro mani erano impegnate a massaggiare, a stringere, a eccitare, a giocare con l’area di loro interesse. Ridevano, sorridevano guardandosi beati e felici a vicenda.
“Mi piace strofinarmi le guance … le orecchie … le labbra … le palpebre … il collo con il tuo lucido gonfio membro, … infradiciarmi del tuo desiderio … della tua concupiscenza, … auscultare le note che il tuo madido rosso fallo effonde mentre lo lambisco con l’organo del gusto, … strusciare il naso tra i tuoi peli pubici, … annusare e aspirare il tuo profumo. Lo contemplo, lo desidero, lo voglio.”
Le labbra del piccolo si schiusero, si aprirono per abbracciare e stringere la punta di quel glande per sentirne poi il tronco dove le vene sembravano esplodere. Con le mani si aiutava premendo e guidando la punta quasi cianotica sino all’ugola. Quell’implume, innocente ragazzino abbassava e alzava la testa, la girava a destra e a sinistra sino a forzare e poi tornava indietro, spronato dalle mani dell’adulto che sfioravano, titillavano e perforavano il suo anello sfinterico, rendendolo umido e lubrificato. Ansimi, uggiolii, monosillabi e altri suoni si diffondevano nella stanza. Altre mani lo salutarono facendogli apprezzare ancora di più quello che comprimeva fra le labbra. Sotto quelle cure i fringuelli fremevano con piccoli battiti, quasi spasmi ritmici. Si volevano. Il giovanetto chiedeva di impadronirsi del rosso, lucente fiore dell’Eden.
Il glande non rientrava più nel fodero, nemmeno quando le labbra facevano il movimento di respinta. Sembrava che quel membro fosse stato fornito di poca guaina. Il prepuzio non riusciva più a coprire la prugna. Il frenulo era tirato all’inverosimile e se fosse stato sfiorato da una bacchetta avrebbe suonato come un violino. La corona alla base della cappella era violacea.
D’improvviso quel tenero virgulto scavalcò con una gamba il suo vate; si aprì leggermente il didietro, anche se non ce n’era bisogno. L’apertura del suo corpo era ben visibile. Sostò per un attimo sul glande e si lasciò andare. S’impalò e inghiottì voluttuosamente quel frutto purpureo, gustandone la consistenza e il calore. Si arrestò un attimo, stendendosi sull’uomo, per baciarlo sugli occhi, mordicchiargli le orecchie, le labbra. Si lasciò introdurre la lingua per un bacio focoso e veemente. Ricambiò assetato. Carpì la lingua dell’amico per succhiarla con una forza che sembrava volesse staccarla. Accarezzava il petto del compagno mentre ritornava, ansando, nella posizione dell’impalamento per farsi penetrare completamente e per iniziare la cavalcata del desiderio. Premeva il bacino sino al fondo corsa, non voleva che nemmeno un millimetro di quella carne rimanesse fuori dal suo corpo. Risaliva fino alla cima del pene per lasciarsi ricadere. Il suo corpo brillava di riflessi argentati. Si osservava negli specchi, mentre quel muscolo entrava o emergeva dal suo avido, libidinoso sederino. Inarcò la schiena all’indietro e premette ancora di più con il bacino. Cominciava a respirare e sospirare forte. Si agitava sempre di più.
Alessandro, accorgendosi che stava venendo, presolo sotto le ascelle, lo tirò in alto per spingerlo verso il basso amplificando in perfetta sintonia il movimento di Francesco. Trasalimenti e sussulti devastavano e travolgevano quel giovane fresco corpo, lamenti gli uscivano dalla bocca. Arrivò l’orgasmo, repentino, veloce. Chiazze opalescenti, lunghe ornarono l’addome e il petto dell’amico. Francesco si sedette piano sul corpo del suo mentore per percepire maggiormente quel violaceo granitico glande.
Alessandro, steso e messo supino il giovinetto con le gambe flesse al petto, spinse fino in fondo per entrare di più in lui. Il ragazzino sfinito, rilassato, ancora in preda all’estasi del piacere poc’anzi avuto, con la testa reclinata, riceveva felice e beato. Il movimento dell’adulto acquistò in ritmo, batteva sui glutei morbidi. La carne del piccolo tornò a vibrare e l’orifizio, che riceveva, sembrava una bocca che succhiava. Mugolii sempre più forti colmavano la stanza. Il sesso dell’uomo era tutto dentro, si fermava un attimo per farlo riposare. Il ragazzino avvertiva la punta del pene sfregargli le pareti dell’intestino e nuovi brividi percorrevano quel fisico, specialmente quando nel movimento di va e vieni era stimolata un’area di fortissima sensibilità. Urlò all’orgasmo di Alessandro e strinse di più il culetto, quasi che non volesse far uscire una sola stilla di piacere dal suo corpo. Fu baciato sulla fronte e ricambiando offrì le sue labbra ad un ulteriore delicato bacio. La prugna del vate gli uscì provocando un rumore ovattato di tappo di spumante.
Mentre entrambi riprendevano il ritmo normale del respiro fissati e ammirati da Massimo, Federico invitò tutti ad assumere del cibo per riprendere un po’ di energie. Ridevano, folleggiavano, erano felici. Appagati i sensi, ora ammansivano e dissetavano la mente, dandole piacere con fantasie, sogni, ghiribizzi.
“Alessandro!”
“Dimmi piccolo poeta, amante del surrealismo onirico, … raccontami le tue fantasie, … rivela a tutti noi i tuoi sogni. Devo e dobbiamo conoscere anche le tue più recondite immaginazioni, … i tuoi desideri”
“Ohh, … ma voi, però, non ridete! Ho provato quello che mai avrei sognato o pensato e ora che ho capito chi sono, … io … è stata la mia prima volta, … e … Ti amo Alessandro, … vi amo. Sono tuo, … vostro, … ma mi piacerebbe che io e te fossimo un corpo unico, … che le mie gambe fossero unite alle tue mani, … le mie braccia alle tue gambe, … che la mia bocca fosse una guaina … una guêpière per il tuo fallo … un’ampolla-vaso comunicante con lo stomaco tramite l’esofago per ricevere la tua pipì, … che il mio culetto fosse una coppa-gelato per la tua lingua … che il mio pene divenisse una piccola mano per detergerti il sudore dalla fronte o per coccolare i tuoi occhi … il tuo naso … o umettare le tue labbra con le sue lacrime … che diventasse un pennello per donare al tuo viso un’espressione appagata e felice. … e fondermi, … fondermi … conglobarmi in te.”
“Anch’io bramo averti per far sesso con te e, come ti è stato detto, condividerti anche con loro e con altri nostri amici. Tu sei mio … per cui non affliggertene, … non crucciarti. Tu sei mio e io sarò sempre tuo. Quando vorrai, sempre ti donerò la mia ambrosia, perché tu possa gustarla e goderla o che ti possa scaldare o accendere il retto.” Si riposarono uno abbracciato all’altro per godere anche dei loro tepori, cullati dalla musica di un nuovo temporale. Ritemprati dal riposo, rinvigoriti da un buon piatto di spaghetti innaffiato da un bicchiere di prosecco, sorridenti ed appagati, ricoperti ancora delle loro tracce organiche, esaminarono assieme alcuni documenti e reperti erotici che i fratelli custodivano con scrupolosa premura e tanto zelo; nonché al ragazzo furono mostrate alcune immagini di amplessi, nei quali il membro era oggetto di grande venerazione. Tra lo scherzare, il ridere, il toccarsi e la continua stimolazione visiva cresceva il desiderio e la loro libidine.
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