Buio

di
genere
etero

Il buio non è solo mancanza di luce, il buio qui è qualcosa di tattile, si può sentire intorno, sopra, sotto, è una coltre pesante che avvolge tutto.
Inizialmente tutti i suoi sensi furono parte di quel buio; per qualche momento il buio fu l’unica realtà, una realtà vuota di contenuti.
Non vedeva più (e questo, sì, se lo aspettava!), ma, allo stesso tempo, e per qualche istante che le sembrò sospeso, incommensurabile, anche gli altri sensi sembrarono incapaci di registrare altro – oltre al buio –; persino la sua stessa essenza, il suo stesso corpo erano divenuti impercettibili. Il buio aveva preso possesso dell’universo, del suo piccolo mondo, della sua esistenza, lasciandola senza fiato.
Il primo senso a trovare la strada della realtà conosciuta fu il tatto: sotto i piedi (per scelta aveva abbandonato le scarpe all’ingresso) la moquette morbida e silenziosa aveva lasciato il posto alla ghiaia, una lieve e fresca brezza le colpiva il volto e sulla pelle delle braccia nude sentì un brivido; subito dopo, la stessa brezza le portò alle narici il profumo dell’aria; mentre l’udito registrò un cinguettio, lo scorrere di una piccola cascata d’acqua e, infine, in lontananza e in totale disaccordo con il resto, la voce della guida che dava indicazioni per lei incomprensibili: destra? sinistra? dritto? per lei quel buio era una bolla, tonda, infinita, senza angoli, senza nulla che avesse un significato nel comune senso dell’orientamento che l’aveva accompagnata per tutta la vita, fino a lì.
Sentiva invece, forte e ineludibile – imperativo – l’istinto di toccare quel buio, allungare le braccia e scoprire cosa le sue mani avrebbero trovato, cosa avrebbero potuto riconoscere (sempre che ciò fosse possibile: pareva strano quasi improbabile, se non vedeva, come avrebbe potuto "riconoscere"?).
La decisione nacque spontanea, come accade a tutte le scelte compiute dai sensi con poco o nessun ausilio dell’intelletto: non avrebbe seguito le indicazioni, non avrebbe seguito il gruppo e il giro organizzato. Lei e il Buio si sarebbero conosciuti senza intermediari.
Il pensiero è veloce, attraversa la mente in un attimo, crediamo di pensarlo quando in realtà lo stiamo solo cogliendo: cogliamo i pensieri come fossero frutti, li facciamo nostri quando sono maturi (o quando lo siamo noi!). Il pensiero che colse al volo, mentre le voci degli altri si perdevano lontano, fu: “tanti credono che questo percorso serva a comprendere cosa significhi non vedere, cosa voglia dire essere ciechi, ma no! qui si impara a scoprire i propri sensi!”.
La vista ci ottenebra! vedere ci impedisce di andare oltre! con gli occhi percepiamo false realtà perché le immagini negano al resto del nostro essere la possibilità di completare il quadro!
Tese le braccia, fece qualche passo incerto e le sue mani incontrarono rami, foglie… si accostò fino a sfiorare col viso il tronco inconfondibile di una palma; il profumo dell’alloro la spinse alla sua destra, dove un enorme cespuglio cresceva rigoglioso.
Le voci degli altri, per quanto lontane, erano ancora udibili poiché il buio sembrava amplificare ogni sensazione.
Ora era lì, pronta ad assaporare ogni sensazione, aperta a vivere un’esperienza unica, affamata di novità!
Improvvisamente seppe di non esser più sola, un altro respiro faceva eco al suo.
Girò su se stessa andando a scontrarsi con qualcuno!
– Ops!
– Scusa!
– Niente!
Soltanto tre brevi parole, poche sillabe eppure sembravano aver riempito tutto lo spazio. Silenzio. Nessuno dei due disse più nulla, nessuno dei due si allontanò di un passo dall’altro.
BUIO!
“Chi sei?” pensò lei e d’istinto allungò le mani per ‘vedere’ quella presenza, mentre lui faceva lo stesso.
Fu così che le loro mani cominciarono ad esplorarsi vicendevolmente: il viso, il corpo…
Il respiro le si fece più corto, mentre lui si soffermava sul suo seno.
Ecco, ora non c’era davvero più nulla oltre al buio, oltre ai loro corpi, oltre ai loro respiri.
C’era solo quel qui e ora.
Quel qui e ora voleva essere vissuto, quel qui e ora richiamava all’istinto. Ogni pensiero volava via spazzato da un desiderio crescente.
Le mani di lui esploravano il suo corpo giocando col suo respiro, indugiando laddove il fiato di lei veniva trattenuto e un lieve ansimo ne prendeva il posto.
Sotto il cotone leggero del vestito lui sentì i capezzoli indurirsi, quasi a voler bucare la stoffa, e piano slacciò i quattro bottoni della scollatura fino a poter infilare una mano e riempirne il palmo di carne morbida liscia fresca. Quindi chinò il viso e la sua lingua guizzò sul turgido capezzolo, mentre il respiro di lei si frantumava in numerosi piccoli “oh”.
Le mani di lei si inseguivano – a tratti ritrovandosi e poi separandosi – sulla parte superiore del corpo di lui. Tastavano un ampio torace, un collo taurino, si soffermavano e tornavano più volte sui bicipiti sviluppati ma non troppo, torniti quanto bastava ad eccitarla.
Quando lui prese a giocare col suo seno e il desiderio si amplificò ulteriormente, la sua mano destra scese al cavallo dei pantaloni, ne apprezzò il rigonfiamento e richiamò la sinistra per essere aiutata a slacciare cintura bottone cerniera.
Ma l’improvviso sopraggiungere della mano di lui tra le proprie gambe, il suo delicato e impellente intrufolarsi dentro le mutandine umide di desiderio bloccarono ogni suo gesto.
Sentiva l’eccitazione salire come la marea e appena le sue dita incontrarono la clitoride dalla gola le salì un gorgoglìo e in pochi istanti raggiunse il primo orgasmo.
Lui le cingeva la vita con il braccio sinistro, il viso immerso a tratti nell’incavo formato da spalla e collo dove con la lingua tracciava misteriosi ed eccitanti percorsi, a tratti tra i suoi seni succhiandone avidamente i capezzoli, la mano destra tra le sue gambe compiva quei magici gesti che facevano sussultare tutto il suo corpo percorso da piacevolissime scariche elettriche.
D’improvviso lei riprese il controllo dei propri muscoli e si lasciò scivolare a terra, in ginocchio, ai suoi piedi. Freneticamente armeggiò con l’allacciatura dei suoi jeans finché non ebbe ciò che bramava: mani e bocca sul suo membro! lo sentiva pulsare tra le sue labbra e, se possibile, la sua voglia crebbe ancora.
Prese a leccarne delicatamente il glande e poi a succhiarlo tutto muovendo il capo avanti e indietro, mentre sentiva un altro orgasmo esploderle tra le gambe.
Aumentò la frequenza del movimento finché, d’improvviso, rallentò e prese a leccarlo piano; quindi sostituì alle labbra una mano, poi due… accelerò e quando comprese che si avvicinava all’orgasmo lo abbandonò un attimo, un piccolo brevissimo istante dentro cui era racchiuso tutto il suo potere, ed ecco nuovamente la bocca prendere il posto delle mani e famelica lasciarsi guidare dal puro istinto animale fino a sentire un fiotto caldo colmarla.
Si tirò indietro sedendosi a terra. Mentre riprendeva fiato, lo sentì crollare accanto a sé. Rimasero qualche momento immobili: vicini ma senza sfiorarsi; consapevoli della reciproca presenza; senza parole ma non silenziosi, ché entrambi andavano riconquistando il consueto ritmo del respiro. Poi, come se un invisibile marionettista ne tirasse i fili, si alzarono insieme e si allontanarono.
Pochi minuti dopo, senza neppure aver capito bene come c’era riuscita, lei si ritrovò nel corridoio dove piccole luci soffuse riabituavano gradualmente la vista.
Una volta fuori – schermandosi con una mano gli occhi infastiditi dal sole dai colori e da tutto quell’eccesso improvviso che le violentava lo sguardo – pensò di cercare di individuarlo tra le persone che via via uscivano dal percorso guidato; vi rinunciò rendendosi conto che non voleva sapere nulla! Quella era stata la sua avventura con il BUIO e nel buio si sarebbe conclusa!
Raggiunse il gruppo di amiche che commentavano l’esperienza appena vissuta e con loro si allontanò in fretta senza voltarsi indietro.
(luoghi reali fanno da sfondo a un racconto di fantasia)
di
scritto il
2020-12-05
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