Incontro al fiume Po

di
genere
sentimentali

Incontro al fiume Po

Faccio il punto della situazione. Cinquantanni suonati, due matrimoni falliti, una manciati di fidanzamenti durati quanto l’accensione di un fiammifero, non figli e no nipoti. Lavoro così così. Pinguidine da inettitudine sedentaria. Sesso..lasciamo stare.
Conosco una tipa, bella presenza, sui trentacinque anni, carina, con le curve al punto giusto. Fa l’oculista, è mezza italiana e mezza thailandese.
L’ho conosciuta in chat una sera che non avevo un cazzo da fare e si naviga alla membro di segugio. E capito qui, nei siti faccia libro di incontri. Alcune sono facce farlocche. Altre sono vere ma non sono come si presentano. Lei, Kamila Bandini, 35 anni, oculista, si presenta con un’abbronzatura tendente al caramello, occhi nerissimi e capelli lunghi legati a treccia. Un sorriso perfetto, da colgate extra plus. Per quello che ne so può essere bassa, più larga che lunga e assomigliare a mio nonno Gino.
Invece no, dopo un po’ che ci parlo in chat, mi chiama in chat chiamata ed eccola lì, carina e non farlocca. “Ciao” fa lei tutta sorrisi
“Ma, ciao” sorrido io. Poi, mi rendo conto che io non sono un figo, ho i capelli ingrigiti sparsi in giro, barba malcurata, qualche chilo di troppo e un sacco di altri difetti che non sono visibili ad occhio nudo “Che piacevole sorpresa”
“Beh, è un po’ che chattiamo e, mi sono detta, non sarebbe male vederlo di persona”
“Sì, deludo parecchio”
“No, che dici” sorride
Perché non mi hai visto nudo. Penso “Sei molto carina”
“Pensavi che la foto fosse falsa?”
“in effetti sì, ci ho pensato. Fortuna che non è così”
“Ho visto sul tuo profilo che abiti a Pavia”
“Vicino, sì”
“Io abito a Voghera. Che ne diresti se ci incontrassimo dal vivo?”
Beh, sarebbe fantastico” sorrido. Poi penso a Julia, la mia pseudo fidanzata e mi viene da dire “Non qui da me, però”
“Hai la ragazza gelosa?”
“Eh sì”
“Beh, se non vuoi..”
“No, voglio” dico di slancio “Posso staccarmi con una scusa”
“Sabato ti va?”
“Facciamo un metà strada. Ci incontriamo al ponte della Gerola”
“Sì, conosco il posto, mi piace”
“Allora facciamo sabato per le 15, al ponte della Gerola, verso il ristorante”

“Non ho capito dov’è che vai?” chiede Julia con fare sospettoso
“Dall’oculista. Ho un abbassamento della vista e vorrei farmi controllare”
“Troppe pugnette” ride
“Quelle che mi fai tu. Troppo vigorose e mi si abbassa la vista”
“Ah, ah. Ti accompagno” panico
“Non dovevi portare tua nonna a fare quegli esami?”
Fa schioccare le dita “Sì, capperi. Tocca a me sta volta”
Fiuuu. “Ma sì, dai, starò via due, massimo tre ore”
“Oh, ma dove vai a fare la visita?”
“In ospedale a Codevilla”
“Fin là? Portami una bottiglia di Sangue di Giuda”

Scampata. Come un ladro nella notte, sabato vado verso il ponte della Gerola. Traffico tranquillo. Un po’ di incasinamento nei pressi della Raffineria, sciopero camionisti. Conosco una scorciatoia che corre tra paesaggi rurali, risaie e un susseguirsi di fossi e rogge. Eccolo là, in fondo al rettilineo verso il Po, le arcate in ferro della Gerola che appaiono, stagliandosi contro un cielo drammatico. Ecco, speriamo non piova.
Via, supero le barriere strettoia che hanno messo per impedire ai camion di passare di lì. E’ dai tempi della guerra che quel ponte è in precario equilibrio. Da quando l’hanno costruito a nuovo, dopo il bombardamento del ’44, quel ponte non ha conosciuto tempi buoni. Passano solo auto, i camion sono deviati in un lungo giro panoramico della Lomellina, se devono andare in Oltrepo’.
Giro verso il parcheggio del ristorante, in quel momento occupato solo da una Mini rosso fiammante. Appoggiata alla fiancata c’è lei, in un vestito sobrio, camicetta maniche lunghe, gonna fino alle ginocchia, scarpe da tennis e borsetta fucsia a tracolla.
Parcheggio la mia Panda sgangherata, retaggio degli anni 90, blu elettrico metallizzato chiazzato. Jeans logori, scapre da tennis, camicia fuori dai pantaloni e golf a collo basso. Pettinato alla vai bene, denti più bianchi che non si può e colluttorio alla menta gusto extraforte, come le alls Mentolipsus(o come diavolo si chiamano). Nel portafoglio, occultata tra la Visa e la tessera del LIDL,ci sono un paio di preservativi. Ma che cavolo, resteranno lì a fare polvere come gli ultimi che ho comprato l’anno prima.
“Ciao” si lancia verso di me, mi abbraccia come un amico che non vede da millenni
Io ricambio e abbraccio. E sento che lui, nel profondo dei boxer, si sveglia e si agita. Ha sentito l’odore della patata e si è accorto che non è la solita occasionale con cui è abituato. “Ma ciao” dico
“Beh, non sei messo male” commenta lei
“Dici?” mi guardo. Sembro un residuato di un film anni 80, un cinquantenne nel fisico con la testa di un quattordicenne, che in casa ha il poster di Ken il guerriero, Cameron Diaz e i cavalieri dello zodiaco. La pancetta da bevitore di birra si vede, anche se non bevo birra “Sei qui da molto?”
“No. Ho fatto qualche foto al ponte e a quel rudere che c’è dall’altra parte della strada”
“La vecchia casa della guardia fiume. Un vero peccato che l’abbiamo lasciata andare”
“Quanto è vecchia?”
“Più di me” lei si mette a ridere in maniera esagerata, neanche avessi raccontato la barzelletta del secolo “Direi che risale ai primi del 900. E’ rimasta attiva fino agli anni 80 e, poi, lasciata agli elementi. Come vedi dai piccioni sul tetto, sono loro gli attuali inquilini”
“Peccato” fa lei sinceramente dispiaciuta “Vicino a casa mia ce n’è una simile. Ridotta ad uno scheletro e invasa di erbacce”
“Già, purtroppo, queste zone sono pieni di luoghi simili che vanno in malora. Cascine, mulini, ville antiche, cimiteri sconsacrati.. Tutto si consuma, tutto si dimentica”
“Dove mi accompagni?” chiede lei
“Vieni. Sei mai stata su un barcè?” la prendo per mano. Mi sento come un liceale con la sua prima fidanzatina. Scendiamo per uno sterrato che passa dietro il ristorante, che passa in mezzo a due salici piangenti e costeggia il Po. C’è un pontile dove alcune barche sono ormeggiate. Alcune a motore, altri a remi. Un uomo in pantaloncini, con la pelle scura quanto del cuoio conciato, sta legando delle funi di ormeggio. Una gran massa di gente di natura varia, scende da una barca a motore. Tutti ringraziano l’uomo e se ne vanno vociando e facendosi selfie con il fiume alle spalle. L’uomo con le funi li guarda andare via scuotendo la testa: “Buongiorno Adolfo” saluto
“Oh, chi si vede da queste parti” si tocca i baffi con le sue mani che sembrano pale e indica la ragazza “Nuova conquista?”
Guardo verso Kamila e dico “Amica, per ora” indico Adolfo “Adolfo è un’istituzione qui. Conosce il fiume come le sue tasche. Conosce ogni anfratto, ogni ansa, ogni singola foglia”
“I vantaggi di chi è nato in riva al fiume da secoli”
“Adolfo è una celebrità locale. L’anno scorso ha scovato nella sabbia, dopo il ritiro dell’inondazione, la mandibola di un mammuth”
“Però?” fa Kamila ammirata
“Fortuna”
“E si è buttato nelle acque tumultuose del Po con una fune per andare a salvare dei turisti americani in panne nel fiume”
“Idioti. Vuoi farti un giro e sei venuto ad elogiare le mie gesta?”
“Prendo il numero cinque, se non ti spiace”
“Vai, ricordati di fare il pieno quando torni” dice lui
Accompagno Kamila fino al barcè, una barca da fiume dal fondo piatto, tipica delle nostre zone. O comunque, tipica delle zone che hanno fiumi o torrenti da controllare. L’aiuto a salire, poi a mia volta e accendo il motore. Dirigo il timone verso il centro del fiume e mi accingo a solcare la controcorrente “Dove mi vuoi portare?”
“In un luogo che ti mozzerà il respiro” le grido

Arriviamo nel luogo indicato, due chilometri di distanza dal ponte. Assicurata e messo in sacca il barcè, ho condotto Kamila fino ad una piccola lanca, largo quanto un parcheggio a dieci auto, circondato da querce e salici piangenti. Dentro la lanca, in un tappeto fitto di colori, proliferavano decine di ninfee bianche e gialle. Il sole cade da un pertugio tra gli alberi e crea un cono di luce dorata che rende il luogo simile ad un posto da favola “Wow!” fa lei congiungendo le mani “MA è fantastico”
“Il mio luogo clou”
“Quante ragazze hai portato qui?”
“Giusto un paio” minimizzo
“E’ stupendo, grazie” si volta verso di me così veloce che, quasi non mi rendo conto. Sento il suo corpo, sento la sua lingua che si infila in gola
“Lusingato” dico “Non lo prendere a male ma, non sono un amante della lingua in gola. Baciami, leccami appena ma..” pensavo si offendesse invece.. Mi si avvicina e mi bacia, questa volta con la lingua leggera, che mi tocca appena le labbra
“Va bene così?”
“Direi di sì” e torno a baciarla, le mani pudicamente sui fianchi
“gentiluomo” dice dopo un po’ “Mani sui fianchi e non sul sedere. O sulle tette”
Diavolo se ho voglia di strapparle i vestiti di dosso. “Non oso, se non c’è consenso”
“Uhm, potrei crederti sai?” mi guarda con malizia “Che ne diresti se..”
“Se?”
“ Settimana prossima venissi a fare un giro a Pavia? “
“Rischioso ma fattibile”
“Un’amica dell’Università mi ha dato le chiavi di un suo appartamento. Si trova in centro, mi ha detto, zona san Michele”
“Ok, non problema”
“E come fai con la tua fidanzata?”
“Non è la mia fidanzata, di fatto. Un’amica con cui sco.. ci faccio qualcosa ogni tanto”
“Ah,ok.. Quindi non è un problema se ci incontriamo e..”
“E..Ok” annuisco
Lei si avvicina e ci baciamo ancora “Questo posto è fantastico. Mi sento come una principessa tra le braccia del principe azzurro”
“LA bella e la Bestia” rido
“No, dai” mi tira un buffetto sulla pancia
Rientriamo un’ora più tardi. Quasi il tramonto. Il sole si fonde doro dentro le acque pigre del Po. Il ponte della Gerola sembra diventare rovente. Attracchiamo al molo, assicuro la fune del barcè e.. no, dimenticavo: benzina al motore. Ok, finito, tendo il braccio e accompagno Kamila alla sua Mini. Adolfo non si vede da nessuna parte “Dunque” dico
“Dunque” fa lei. Si avvicina a me e mi bacia “Deluso?”
“Per cosa?”
“Per non aver fatto sesso alla prima occasione”
“Ah, no, ma che dici… Non speravo di farlo al primo incontro”
“Al secondo?”
“Non so” la guardo di sottecchi, quasi speranzoso “Tu vuoi?”
“Si vedrà” fa evasiva salendo in auto. Prima di partire, mi lancia un bacio “Grazie del pomeriggio” e si allontana
Un incontro che speravo mutasse in qualcos’altro ma, tra tre giorni, forse..

Torno a casa a cuor contento…

=FINE=

di
scritto il
2021-04-14
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