Farfalla
di
Kugher
genere
sentimentali
La farfalla passò in mezzo alla piazza del paese, dove spesso la gente si raduna.
Volò sopra la chiesa nella quale tante volte la gente si rifugia e attraversò il campanile, accanto alle campane che spesso suonano per essere udibili anche a lunga distanza.
Il percorso che aveva scelto la portò davanti al municipio, che aveva decisamente visto tempi migliori.
Col suo tipico volo, quasi a voler far perdere le tracce di sé, si avvicinò alla finestra aperta di quell’appartamento al secondo piano, entrando sfrontatamente e incurante dei due corpi sul letto, tra loro avvinghiati e caldi. Volò sulle loro teste che non si accorsero della sua presenza, nemmeno Luigi, che era steso sulla schiena mentre Ilaria era inginocchiata sul suo ventre e teneva le mani sul petto muscoloso di lui, per controbilanciare ed agevolare il movimento del suo bacino che, alzandosi e abbassandosi, riceveva il piacere dell’uomo e donava il suo di donna.
Le mani del ragazzo accarezzavano i fianchi e si muovevano sul corpo giovane di lei, fino a raggiungere i seni che, a 24 anni, erano sodi e belli.
Ilaria aveva la testa indietro, leggera e spensierata, concentrata sull’unione e sul godimento. Luigi volle raggiungerla, restando dentro di lei ma sedendosi, per abbracciarla e morderle il collo fino a raggiungere le labbra, cercando la sua lingua per consolidare la loro unione fisica in ogni dove.
Nessuno sapeva del loro rapporto e si incontravano di nascosto, quando e dove potevano. Quel giorno avevano a disposizione quell’appartamento sicuro quasi in centro paese, messo a loro disposizione per organizzare il lavoro del giorno dopo.
Restarono abbracciati in silenzio, perché ci sono momenti in cui le parole sarebbero inutili e fuori luogo, ma nei quali i corpi comunicano tutto il loro cuore e la loro anima, attraverso il calore e le carezze delle gambe che sfiorano le gambe, il petto che sfiora il petto, le mani che cercano le mani per intrecciarsi come prima le loro lingue avevano fatto.
Dormirono un sonno agitato che non dovrebbe appartenere a ragazzi della loro età, ma che da tempo purtroppo così era. Avrebbero avuto tempi migliori, stavano lavorando per avere tempi migliori e quelle notti agitate erano un investimento per il futuro.
La mattina dopo Ilaria uscì, comprò del pane e un po’ di spesa, poi prese la bicicletta, per dirigersi verso il luogo dell’appuntamento.
Li trovò dopo la curva e, a quanto pare, fu una sorpresa solo per lei in quanto sembrava proprio che quegli uomini fossero lì ad aspettarla. Appena la videro si misero in mezzo alla strada. Lei si guardò in giro ma era un via chiusa, senza fughe laterali. Non esitò. Girò la bicicletta ed iniziò a scappare mentre i tedeschi imbracciavano il fucile intimandole di fermarsi.
Era disarmata.
Un soldato tedesco, inesperto, sparò e la colpì alla schiena. Tutto il gruppo la raggiunse ma ormai era tardi.
“Strappatele la camicetta sulla schiena”.
I soldati obbedirono e rivelarono il tatuaggio della farfalla.
“Era lei, nome in codice Farfalla e tu l’hai uccisa, idiota!!! non potremo mai sapere qual era il messaggio che stava portando ai partigiani!!!”
Era un 25 aprile, ma del 1944.
Volò sopra la chiesa nella quale tante volte la gente si rifugia e attraversò il campanile, accanto alle campane che spesso suonano per essere udibili anche a lunga distanza.
Il percorso che aveva scelto la portò davanti al municipio, che aveva decisamente visto tempi migliori.
Col suo tipico volo, quasi a voler far perdere le tracce di sé, si avvicinò alla finestra aperta di quell’appartamento al secondo piano, entrando sfrontatamente e incurante dei due corpi sul letto, tra loro avvinghiati e caldi. Volò sulle loro teste che non si accorsero della sua presenza, nemmeno Luigi, che era steso sulla schiena mentre Ilaria era inginocchiata sul suo ventre e teneva le mani sul petto muscoloso di lui, per controbilanciare ed agevolare il movimento del suo bacino che, alzandosi e abbassandosi, riceveva il piacere dell’uomo e donava il suo di donna.
Le mani del ragazzo accarezzavano i fianchi e si muovevano sul corpo giovane di lei, fino a raggiungere i seni che, a 24 anni, erano sodi e belli.
Ilaria aveva la testa indietro, leggera e spensierata, concentrata sull’unione e sul godimento. Luigi volle raggiungerla, restando dentro di lei ma sedendosi, per abbracciarla e morderle il collo fino a raggiungere le labbra, cercando la sua lingua per consolidare la loro unione fisica in ogni dove.
Nessuno sapeva del loro rapporto e si incontravano di nascosto, quando e dove potevano. Quel giorno avevano a disposizione quell’appartamento sicuro quasi in centro paese, messo a loro disposizione per organizzare il lavoro del giorno dopo.
Restarono abbracciati in silenzio, perché ci sono momenti in cui le parole sarebbero inutili e fuori luogo, ma nei quali i corpi comunicano tutto il loro cuore e la loro anima, attraverso il calore e le carezze delle gambe che sfiorano le gambe, il petto che sfiora il petto, le mani che cercano le mani per intrecciarsi come prima le loro lingue avevano fatto.
Dormirono un sonno agitato che non dovrebbe appartenere a ragazzi della loro età, ma che da tempo purtroppo così era. Avrebbero avuto tempi migliori, stavano lavorando per avere tempi migliori e quelle notti agitate erano un investimento per il futuro.
La mattina dopo Ilaria uscì, comprò del pane e un po’ di spesa, poi prese la bicicletta, per dirigersi verso il luogo dell’appuntamento.
Li trovò dopo la curva e, a quanto pare, fu una sorpresa solo per lei in quanto sembrava proprio che quegli uomini fossero lì ad aspettarla. Appena la videro si misero in mezzo alla strada. Lei si guardò in giro ma era un via chiusa, senza fughe laterali. Non esitò. Girò la bicicletta ed iniziò a scappare mentre i tedeschi imbracciavano il fucile intimandole di fermarsi.
Era disarmata.
Un soldato tedesco, inesperto, sparò e la colpì alla schiena. Tutto il gruppo la raggiunse ma ormai era tardi.
“Strappatele la camicetta sulla schiena”.
I soldati obbedirono e rivelarono il tatuaggio della farfalla.
“Era lei, nome in codice Farfalla e tu l’hai uccisa, idiota!!! non potremo mai sapere qual era il messaggio che stava portando ai partigiani!!!”
Era un 25 aprile, ma del 1944.
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