La vendetta di Salem 3
di
Vandal
genere
pulp
Salem 3
Oggi
Rinunciare a questi momenti. Due corpi nudi che si abbracciando. Il sesso di lui che si appoggia tra le tue chiappe e ti fa sentire la sua presenza. Lui che ti stringe da dietro, ti tocca le tette, ti abbraccia, ti bacia sulla spalla, si muove sinuoso strusciando l’uccello contro di te. Desiderosi di amore e di sesso, di desiderio consumato non troppo in fretta, di bocche e di labbra, di lingue e di umori, di leccare e succhiare.
Desideri che ti entri dentro e ogni volta temi che lui svanisca. Lo lasci muovere nel tuo ventre e fai crescere l’ardore, accogli il piacere come una benedizione, lasci che lui si impegni, mentre tu devi solo accettare con remissione il suo sesso.
E rinunciare a tutto questo. Abbandonare, andarsene, sparire. Quante volte l’avevo fatto nel corso dei secoli? Quanti cuori infranti avevo lasciato indietro?
“Bob?”
“Sì?”
“Credo di amarti”
Lui trattiene il respiro. Anche io sono stravolta di quello che ho appena detto. Perché l’ho detto? Diavolo. Sono una che non invecchia mai. Che non muore se non per il taglio della testa. Lui.. Lui è un fragile essere umano che..
“Credo anche io” dice lui
E rimaniamo lì, le mani intrecciate insieme ai nostri occhi che sembrano diluirsi uni negli occhi dell’altro. E lui ancora in durezza, dentro di me.
“Un penny per i tuoi pensieri”
Mi riscuoto, la mente è vuota. A cosa stavo pensando?
Ah, sì. Al fatto che un sadico figlio di puttana si trova nella stessa città in cui vivo io. E sul fatto di doverlo uccidere. Vendetta per vendetta. Voglio la sua testa.
Ma c’è Bob. Bob che io amo. Il primo vero amore dopo Duncan “Sei ancora fuori pianeta” Bob mi guarda, la fetta di pane imburrata a metà, lo sguardo corrucciato
“Scusa, pensieri miei”
“Si possono condividere?”
“No” Lui sembra deluso e io mi mento della risposta “Non ora. Non è nulla” Se voglio rimanere con lui, se lo amo davvero, devo trovare il modo di allontanarlo senza farlo soffrire. Come ho fatto negli anni precedenti. Ma, Duncan a parte, gli altri erano solo amori passeggeri, quelli di una scopata e via. E Bob non lo è. Che gli dico? = Ciao, mi chiamo Mary e sono nata a Salem 500 anni fa? =
Lo fisso intensamente. Lui mi guarda un po’ spaesato. Io combattuta sul da farsi. Se glielo dico mi prende per pazza. Se glielo dimostro, scapperebbe a gambe levate. Che fare “Ti va un pompino?”
Ieri
La casa era stata deturpata. La porta sventrata, le finestre divelte, i mobili fatti a pezzi. Un peso nel petto mi assalì a vedere quello scempio. Avevano bruciato la casa ma, forse per le recenti piogge, la casa si era salvata a metà. Niente più tetto, odore acre di fumo e legno bruciato. Tutte le erbe e i medicinali di mia madre erano stai distrutti.
Non c’era più nulla da salvare se non i ricordi che avevo condiviso in quella capanna insieme a mia madre, le nostre cerche nei boschi, il mio primo bacio.
A Terra c’è una massa grezza di metallo. Il rostro che mia madre usava quando usciva per i boschi. Diceva per scavare nel terreno in cerca di radici. E per difendersi dai cinghiali. Non aveva una vera e propria lama. Era giusto un pezzo di ferro dal filo grossolano, più per spaccare che per tagliare. L’impugnatura era un tutt’uno con la lama. Aveva due rebbi triangolari ai lati verticali dell’elsa. E, la punta era simile, girata perpendicolare al corpo principale. Una specie di roncola lunga e stretta, poco affilata ma efficace se usata bene. L’afferrai e la infilai nella mia sacca da viaggio. Girovagai per un po’ nella casa deturpata prima di uscire all’aria aperta. E lì, mi giunse distinto il caratteristico ronzio.
Me lo trovai faccia a faccia, con ancora quella ridicola parrucca bianca con i bigodini in testa, il suo volto austero, di pietra e quello sguardo in fondo agli occhi di pura malvagità “Strega” sibilò “Strega!” era armato con una spada dalla lunga lama, dotata di paracolpi sull’elsa “Strega”
Rumore di foglie smosse e rami spezzati. Il giudice non era solo. E io avevo una scava radice nello zaino e una balestra in mano. Che utilità poteva avere contro un immortale? Nessuna
“MM, non hai alcuna essenza in te” sembrava quasi deluso
“Ma tu ne hai molta” sorrisi. In quel momento realizzai. Il quadrello scoccò e si piantò al centro del petto del Giudice. Lui strabuzzò gli occhi dallo stupore, aprì la bocca e barcollò all’indietro. Poi arrivarono gli uomini che erano con lui ed io corsi via incitata dalle loro grida
Poi il rumore di un cavallo lanciato al galoppo “Porcaccia” qualcuno mi afferrò per le spalle e mi issò in sella. Urlai
“Non ti agitare, dannazione” era la voce di Duncan. Era venuto a salvarmi.
“Cosa credvi di fare? Hai corso un bel rischio lo sai? Ti avevo avvertita che lui è uno di noi. Lui è pericoloso. Ti avrebbe uccisa, per sempre”
Duncan era furibondo e non potevo dargli torto. Gli altri, in disparte, se ne stavano in silenzio, aspettando che Duncan finisse la sua sfuriata.
“Non poteva farmi nulla”
“Sì che poteva. Quello non è immortale a cui importa se hai o non hai l’Essenza. Ti avrebbe impiccata, di nuovo e poi..ZAC” e, senza che potessi reagire, lui estrae fulmineo la spada e la piazza a contatto con la mia gola “Vuoi suicidarti? E’ questo che vuoi?”
Scossi la testa “No, mi spiace” stavo per piangere “Io, volevo.. Volevo rivedere mia madre..”
“Non si può. Non esistono più. Nessuno di loro. Ora siamo solo noi.” Ritrasse la spada “Nessun ricordo, nessun affetto” la rinfoderò e si allontanò a grandi falcate
Caddi in ginocchio, singhiozzando. Una mano gentile mi scosse e mi fece alzare. Era Ingrid che mi condusse in casa e mi diede una delle sue zuppe “La prima volta che Duncan è morto, lo ha fatto davanti a sua madre. Lei lo ripudiò e fuggì via terrorizzata gridando che il diavolo aveva preso l’aspetto del figlio. Lo trascinarono fuori e presero a bastonarlo. Lo colpirono con bastoni e pietre. Poi lo appesero ad una croce fuori dal villaggio e gli diedero fuoco. La madre di lui era la più accanita, convinta che il figlio fosse stato preso dal diavolo. Lui pregava e implorava mentre bruciava. Poi, afferrarono la croce ancora fumante e la gettarono in acqua, lasciando che la corrente del fiume e la grande cascata facesse il resto. Fu sulle rive di quel fiume che lo trovammo, io e Olaf.”
“Mi spiace. Lo capisco perché è arrabbiato. Immagino che anche voi abbiate subito le stesse sorti”
“La storia degli immortali non è priva di imprevisti e dolori”
“Tu sai da dove veniamo? Perché siamo nati così?”
“Solo Odino lo sa. O forse neanche lui. Magari siamo tutte vittime di un gioco perverso del burlone Loki. O forse un altro Dio. O, semplicemente, esistiamo e basta”
Oggi
Presi una decisione folle. Guardai diritto in faccia Bob. Ero soddisfatta e, assaggiare il suo sesso mi aveva sgomberato i pensieri, come un cielo sgombrato di nuvole. Vieni con me “ dissi alzandomi dal pavimento” lo condussi in una parte della casa che tenevo chiusa a chiave. L’aprii e aprì la porta blindata, rivelando una stanza che pochi avevano visto nel corso degli anni. Un piccolo museo, una ricca collezione di reperti provenienti da varie epoche, per la maggior parte quello che ho vissuto io. Vasi, scudi, archi e frecce, mobili, velluti, coppe, qualche elmo ma, soprattutto, armi “Zio castrato” esclamò Bob “E questa da dove salta fuori?” mi guarda di sottecchi “Non è che sei una specie di Lupin in gonnella, vero?”
Scoppio a ridere “No, sono una collezionista”
“Sono tutti pezzi autentici?” si avvicina alla teca dove campeggia un vassoio cesellato in argento
“Quello che stai guardando proviene dal Titanic”
“Qui ci sono pezzi che variano d’epoche diverse. Quella, ad esempio” ed indico una ciotola di legno con tanto di cucchiaio “Risale al 450 a.C. Vichingo. Appartenuta ad una donna di nome Ingrid”
“Però” si volta verso la parete di fondo “E quella katana con l’elsa a testa di drago?”
“Katana XVII° secolo” e la voce si incrina leggermente
“Questa mania implica spendere molti soldi. Famiglia ricca?”
“Diciamo così” Ok, gli ho fatto vedere la mia collezione di armi e manufatti storici. Ora, come faccio a fare il passo successivo. Mi avvicino alla parete di fondo e indico la katana “Questa era del mio ex, Duncan McKidd”
“Hai detto che è morto?”
“E’ stato ucciso da un vile bastardo”
10 anni prima
Ero arrivata che il duello era cominciato. Sentivo i clangori delle spade, vedevo le scintille che illuminavano il buio. In quel punto, un solo lampione sembrava funzionare. Correvo lungo la sponda di un canale, fuori la periferia, in una zona abbandonata di vecchi capannoni, gru arrugginite e dei binari dimenticati da tempo.
Il canale era vuoto e colmo di una strana fanghiglia paludosa da cui emergevano scheletri di frigoriferi feri, mattone e perfino un’auto.
Uno dei contendenti era a seduto a terra e stava per essere abbattuto dall’avversario. Duncan stava per avere la meglio sul mio vecchio nemico quando, si bloccò inarcando la schiena all’indietro, perdendo l’enfasi dell’attacco. Vedevo qualcosa che sporgeva dalla schiena, forse una freccia?
L’uomo a terra scattò in piedi e in avanti, la lama che affondava nel petto di Duncan. Gridai. Lui cadde in ginocchio reggendosi il petto. L’avversario sorrise verso di me, estrasse e decapitò Duncan. Tutto si ruppe, come un cristallo colpito da un sasso. “La prossima sei tu, Strega” urlò il giudice ricevendo l’Essenza di Duncan. Un globo di luce azzurra l’ avvolse ed esplose verso l’esterno, in un raggio di circa un chilometro. L’onda d’urto fece andare a massa diverse zone elettrice e spaccò molti oggetti fragili come vetri o ceramiche.
Quando raggiunsi Duncan, il Giudice si era dileguato nella notte e io non potei fare a meno di crollare in ginocchio e piangere il mio amato.
Ora
Ma non gli racconto nulla. Nessuna storia di vendette nei secoli. Nessuna favola sugli immortali. Decido che è meglio non trascinarlo nel mio Mondo. Conoscere il mio Mondo lo tirerebbe in un gorgo senza fine da cui è impossibile conviverci. “Una rapina” mi viene da dire “Lui ha reagito e.. Un colpo alla schiena e uno alla testa”
“Mi spiace” mi abbraccia forte. Usciamo dal caveau e torniamo in salotto. Ho voglia di sfogarmi, di non pensare ad altro e conosco un solo modo di farlo.
Senza vestiti, nudi, a letto, tra le lenzuola ancora impregnate del sesso della volta precedente. Lui che entra di prepotenza dentro di me e comincia a pompare i suoi fianchi, facendomi godere come una cagna.
Spengo il cervello, non penso a nulla, lascio il passato sepolto nel mio cervello. Per ora, solo Bob e la sua maniera vigorosa di fare sesso.
Pausa lezioni. Il professore di flosofia ha la stessa cadenza di un bradipo morto. Già non vado matta per la materia. Se poi parli al rallentatore.
Burgher e patatine, una botta di colesterolo. Ma chi se ne frega, non sarà questo ad uccidermi
“Fatto le ore piccole ieri sera?” Judith Mercer, compagna di corso e occasionale amica da happy hour. Fisico da fotomodella, ben formata, riesce ad essere figa anche con un impermeabile stile tenente Colombo e i bigodini in testa. Ora indossa un cappottino beige che le scende fino alle ginocchia, stretto in vita, che le mette in risalto due tette da primato
“Ah, quello non mi stanca mai” dico mangiando una patatina “E’ il prof che ha una cantilena narcolettica”
“Sì, vero. Volevo chiederti: hai da fare stasera?”
“Mm, non so, pensavo di farmi una scopata con Bob”
“Ma sempre a scopare stai?” ride
“Beh, per me è una ragione di vita. Pane, amore e sesso sfrenato”
“C’è un party su dai Bachelor. Non mi vuoi accompagnare?”
“Cene noiose a base di aragoste e champagne, in compagnia di vecchi parrucconi con la puzza sotto il naso?” scuoto la testa “Mi sento più a mio agio in un pub a bere birra e mangiare hamburger”
“Ma non sono i Bachelor senior ad organizzare il party. Ma i figli: Eleanor e Janice”
“La parte dissoluta della famiglia. Allora sarà una festa a base di sesso, droga e rock & roll” ci penso su un attimo “Ci porterò anche Bob”
I Bachelor hanno una villa sontuosa in cima alla collina. Sembra una di quei mega villoni francesi stile luigi XVI°, con grande parco, grande fontana zampillante, grandi scalinate ad arco che convergono in un grande patio, davanti ad una grande villa. Tutto grande, insomma “Urka” fa Bob “Quanto sono ricchi questi tizi?”
“Non conosci i BAchelor della Bachelor’s industries & Technologies?”
“Non mi tengo aggiornato sui gossip locali”
“Sono tra i più ricchi imprenditori della Nazione. Tecnologia bellica. Producono chip intelligenti che vanno sistemati sui missili terra aria”
“Non c’è niente di intelligente in un missile” commenta Bob
Parcheggio la Mini vicino ad una Rolls Royce. Le altre macchine spaziano da Ferrari, Maserati, Mercedes, Bentley e Lamborghini. Direi che la mia Mini regge il paragone.
Sono vestita con un abito unico, rosso in lamé, stretto in vita da un cintura di stoffa. Ai piedi tacco medio(mai piaciuti i trampoli), una borsetta a tracolla. Sotto il vestito solo un perizoma tigrato, così sottile da non accorgermi neanche di averlo indosso.
Bob tutto in tiro con giacca e cravatta, pantaloni di cotone leggero e blu scuro e scarpe da barca de luxe “Spero in un ricco buffett”
Appena entrata, nella sontuosità dell’ingresso, tripudiò di tavoli con ricchi buffett, un deejay che scattava su una piattaforma, donne tra i venti e i trentanni che servivano champagne in topless “Uh” faccio
“Uh” fa Bob
Poi arriva il ronzio. Dannatamente insistente e capisco di non essere la sola immortale presente alla festa “E guarda che si rifà viva dopo secoli” la voce di una donna a me famigliare
Avvolta in un vestito lungo che le lascia scoperta una generosa parte di schiena, c’è Christine, l’ex suora alle Crociate impetuosa combattente. Al suo fianco, un signore sui sessant’anni, dal capello stempiato e brizzolato, dall’aria impettita, più simile ad un maggiordomo che al padrone di casa.
Ci abbracciamo quasi come due amanti focose. Christine si discosta da me e presenta il marito John Bachelor. Io presento Bob. Strette di mano incrociate. Mi fa cenno con la testa chiedendomi “Sa?”
Ella stessa maniera rispondo “No” e indico John. Lei annuisce e dice “Sì”
Dopo i convenevoli, Bob si allontana in direzione del buffett “Felice di conoscerla. Christine ha parlato così tanto di lei che, mi sembra quasi di conoscerla”
“Tutte le notizie sconce sono vere” replico con un sorriso
“Vi lascio sole. Avrete molto di cui parlare” e si allontana anche lui in direzione del buffett, stringendo qualche mano lungo il tragitto
“I tuoi figliastri dove sono?”
“Conoscendoli, da qualche parte a scopare” ride “Cosa ti porta nella vita mondana?”
“Un’amica mi detto che davate una festa. Ed eccomi qui”
“Non pensavo di vederti con un uomo”
“Non è un amore passeggero. Da quanto tempo John sa di te?”
“Da quando ci siamo sposati”
“E i tuoi figliastri?”
“Idem”
“Beh, vorrei che fosse così facile anche per me”
“Come va?”
“Il miglior sesso di sempre”
“Non intendevo quello”
“Certo…” afferro un bicchiere di champagne “Ho visto Olaf”
“E’ in città?”
“Non ancora. Mi ha detto che il nostro amico comune si trova qui”
“L’hai visto?”
“No ma, stai pur certa che, stavolta, gliela stacco quella testa del cavolo”
Il colpo di genio della festa. A mezzanotte, gli invitati sono invitati(scusate il gioco di parole) a togliersi i vestiti “Toglierei il disturbo” dice John “Vorrei evitare festival dell’orrore”
Christine ride “Vai avanti, ti raggiungo tra poco”
Arriva anche Bob, raggiante, con un cocktail di scampi in mano “Hai intenzione di rimanere?”
“Certo che sì. Tu vuoi andare?”
“Ecco, mi sento a disagio. Poi, c’è anche il mio capo qui e, boh.. Non mi va di ..”
“Lo schiavista?” commento. Poi, rivolto a Christine dico “Gli fa mettere in ordine i faldoni non classificati di delitti a cui nessuno importa più”
“Sì, lavoro interessante, da un certo punto di vista. Mi sono persuaso sul fatto che, in città, da almeno un secolo, esiste una società segreta di serial killer. Dal 1899 ad una decina di anni fa. Delitti per decapitazione” scuote la testa, ingoia un gamberetto. Io guardo Christine. “Ouch” fa lui toccandosi lo stomaco “Mi sa, troppi gamberetti. Cerco un bagno”
E la sensazione fastidiosa nel mio cervello arriva come una vibrazione e mi lancia segnali di pericolo. Io e Christine ci guardiamo freneticamente attorno. “Ma tu guarda chi si rivede” una voce modulata bassa, unta. Mi giro, serrando i pugni, ben sapendo chi mi troverò davanti “Strega” davanti a me, l’odiato nemico, il giudice Ambrose
Oggi
Rinunciare a questi momenti. Due corpi nudi che si abbracciando. Il sesso di lui che si appoggia tra le tue chiappe e ti fa sentire la sua presenza. Lui che ti stringe da dietro, ti tocca le tette, ti abbraccia, ti bacia sulla spalla, si muove sinuoso strusciando l’uccello contro di te. Desiderosi di amore e di sesso, di desiderio consumato non troppo in fretta, di bocche e di labbra, di lingue e di umori, di leccare e succhiare.
Desideri che ti entri dentro e ogni volta temi che lui svanisca. Lo lasci muovere nel tuo ventre e fai crescere l’ardore, accogli il piacere come una benedizione, lasci che lui si impegni, mentre tu devi solo accettare con remissione il suo sesso.
E rinunciare a tutto questo. Abbandonare, andarsene, sparire. Quante volte l’avevo fatto nel corso dei secoli? Quanti cuori infranti avevo lasciato indietro?
“Bob?”
“Sì?”
“Credo di amarti”
Lui trattiene il respiro. Anche io sono stravolta di quello che ho appena detto. Perché l’ho detto? Diavolo. Sono una che non invecchia mai. Che non muore se non per il taglio della testa. Lui.. Lui è un fragile essere umano che..
“Credo anche io” dice lui
E rimaniamo lì, le mani intrecciate insieme ai nostri occhi che sembrano diluirsi uni negli occhi dell’altro. E lui ancora in durezza, dentro di me.
“Un penny per i tuoi pensieri”
Mi riscuoto, la mente è vuota. A cosa stavo pensando?
Ah, sì. Al fatto che un sadico figlio di puttana si trova nella stessa città in cui vivo io. E sul fatto di doverlo uccidere. Vendetta per vendetta. Voglio la sua testa.
Ma c’è Bob. Bob che io amo. Il primo vero amore dopo Duncan “Sei ancora fuori pianeta” Bob mi guarda, la fetta di pane imburrata a metà, lo sguardo corrucciato
“Scusa, pensieri miei”
“Si possono condividere?”
“No” Lui sembra deluso e io mi mento della risposta “Non ora. Non è nulla” Se voglio rimanere con lui, se lo amo davvero, devo trovare il modo di allontanarlo senza farlo soffrire. Come ho fatto negli anni precedenti. Ma, Duncan a parte, gli altri erano solo amori passeggeri, quelli di una scopata e via. E Bob non lo è. Che gli dico? = Ciao, mi chiamo Mary e sono nata a Salem 500 anni fa? =
Lo fisso intensamente. Lui mi guarda un po’ spaesato. Io combattuta sul da farsi. Se glielo dico mi prende per pazza. Se glielo dimostro, scapperebbe a gambe levate. Che fare “Ti va un pompino?”
Ieri
La casa era stata deturpata. La porta sventrata, le finestre divelte, i mobili fatti a pezzi. Un peso nel petto mi assalì a vedere quello scempio. Avevano bruciato la casa ma, forse per le recenti piogge, la casa si era salvata a metà. Niente più tetto, odore acre di fumo e legno bruciato. Tutte le erbe e i medicinali di mia madre erano stai distrutti.
Non c’era più nulla da salvare se non i ricordi che avevo condiviso in quella capanna insieme a mia madre, le nostre cerche nei boschi, il mio primo bacio.
A Terra c’è una massa grezza di metallo. Il rostro che mia madre usava quando usciva per i boschi. Diceva per scavare nel terreno in cerca di radici. E per difendersi dai cinghiali. Non aveva una vera e propria lama. Era giusto un pezzo di ferro dal filo grossolano, più per spaccare che per tagliare. L’impugnatura era un tutt’uno con la lama. Aveva due rebbi triangolari ai lati verticali dell’elsa. E, la punta era simile, girata perpendicolare al corpo principale. Una specie di roncola lunga e stretta, poco affilata ma efficace se usata bene. L’afferrai e la infilai nella mia sacca da viaggio. Girovagai per un po’ nella casa deturpata prima di uscire all’aria aperta. E lì, mi giunse distinto il caratteristico ronzio.
Me lo trovai faccia a faccia, con ancora quella ridicola parrucca bianca con i bigodini in testa, il suo volto austero, di pietra e quello sguardo in fondo agli occhi di pura malvagità “Strega” sibilò “Strega!” era armato con una spada dalla lunga lama, dotata di paracolpi sull’elsa “Strega”
Rumore di foglie smosse e rami spezzati. Il giudice non era solo. E io avevo una scava radice nello zaino e una balestra in mano. Che utilità poteva avere contro un immortale? Nessuna
“MM, non hai alcuna essenza in te” sembrava quasi deluso
“Ma tu ne hai molta” sorrisi. In quel momento realizzai. Il quadrello scoccò e si piantò al centro del petto del Giudice. Lui strabuzzò gli occhi dallo stupore, aprì la bocca e barcollò all’indietro. Poi arrivarono gli uomini che erano con lui ed io corsi via incitata dalle loro grida
Poi il rumore di un cavallo lanciato al galoppo “Porcaccia” qualcuno mi afferrò per le spalle e mi issò in sella. Urlai
“Non ti agitare, dannazione” era la voce di Duncan. Era venuto a salvarmi.
“Cosa credvi di fare? Hai corso un bel rischio lo sai? Ti avevo avvertita che lui è uno di noi. Lui è pericoloso. Ti avrebbe uccisa, per sempre”
Duncan era furibondo e non potevo dargli torto. Gli altri, in disparte, se ne stavano in silenzio, aspettando che Duncan finisse la sua sfuriata.
“Non poteva farmi nulla”
“Sì che poteva. Quello non è immortale a cui importa se hai o non hai l’Essenza. Ti avrebbe impiccata, di nuovo e poi..ZAC” e, senza che potessi reagire, lui estrae fulmineo la spada e la piazza a contatto con la mia gola “Vuoi suicidarti? E’ questo che vuoi?”
Scossi la testa “No, mi spiace” stavo per piangere “Io, volevo.. Volevo rivedere mia madre..”
“Non si può. Non esistono più. Nessuno di loro. Ora siamo solo noi.” Ritrasse la spada “Nessun ricordo, nessun affetto” la rinfoderò e si allontanò a grandi falcate
Caddi in ginocchio, singhiozzando. Una mano gentile mi scosse e mi fece alzare. Era Ingrid che mi condusse in casa e mi diede una delle sue zuppe “La prima volta che Duncan è morto, lo ha fatto davanti a sua madre. Lei lo ripudiò e fuggì via terrorizzata gridando che il diavolo aveva preso l’aspetto del figlio. Lo trascinarono fuori e presero a bastonarlo. Lo colpirono con bastoni e pietre. Poi lo appesero ad una croce fuori dal villaggio e gli diedero fuoco. La madre di lui era la più accanita, convinta che il figlio fosse stato preso dal diavolo. Lui pregava e implorava mentre bruciava. Poi, afferrarono la croce ancora fumante e la gettarono in acqua, lasciando che la corrente del fiume e la grande cascata facesse il resto. Fu sulle rive di quel fiume che lo trovammo, io e Olaf.”
“Mi spiace. Lo capisco perché è arrabbiato. Immagino che anche voi abbiate subito le stesse sorti”
“La storia degli immortali non è priva di imprevisti e dolori”
“Tu sai da dove veniamo? Perché siamo nati così?”
“Solo Odino lo sa. O forse neanche lui. Magari siamo tutte vittime di un gioco perverso del burlone Loki. O forse un altro Dio. O, semplicemente, esistiamo e basta”
Oggi
Presi una decisione folle. Guardai diritto in faccia Bob. Ero soddisfatta e, assaggiare il suo sesso mi aveva sgomberato i pensieri, come un cielo sgombrato di nuvole. Vieni con me “ dissi alzandomi dal pavimento” lo condussi in una parte della casa che tenevo chiusa a chiave. L’aprii e aprì la porta blindata, rivelando una stanza che pochi avevano visto nel corso degli anni. Un piccolo museo, una ricca collezione di reperti provenienti da varie epoche, per la maggior parte quello che ho vissuto io. Vasi, scudi, archi e frecce, mobili, velluti, coppe, qualche elmo ma, soprattutto, armi “Zio castrato” esclamò Bob “E questa da dove salta fuori?” mi guarda di sottecchi “Non è che sei una specie di Lupin in gonnella, vero?”
Scoppio a ridere “No, sono una collezionista”
“Sono tutti pezzi autentici?” si avvicina alla teca dove campeggia un vassoio cesellato in argento
“Quello che stai guardando proviene dal Titanic”
“Qui ci sono pezzi che variano d’epoche diverse. Quella, ad esempio” ed indico una ciotola di legno con tanto di cucchiaio “Risale al 450 a.C. Vichingo. Appartenuta ad una donna di nome Ingrid”
“Però” si volta verso la parete di fondo “E quella katana con l’elsa a testa di drago?”
“Katana XVII° secolo” e la voce si incrina leggermente
“Questa mania implica spendere molti soldi. Famiglia ricca?”
“Diciamo così” Ok, gli ho fatto vedere la mia collezione di armi e manufatti storici. Ora, come faccio a fare il passo successivo. Mi avvicino alla parete di fondo e indico la katana “Questa era del mio ex, Duncan McKidd”
“Hai detto che è morto?”
“E’ stato ucciso da un vile bastardo”
10 anni prima
Ero arrivata che il duello era cominciato. Sentivo i clangori delle spade, vedevo le scintille che illuminavano il buio. In quel punto, un solo lampione sembrava funzionare. Correvo lungo la sponda di un canale, fuori la periferia, in una zona abbandonata di vecchi capannoni, gru arrugginite e dei binari dimenticati da tempo.
Il canale era vuoto e colmo di una strana fanghiglia paludosa da cui emergevano scheletri di frigoriferi feri, mattone e perfino un’auto.
Uno dei contendenti era a seduto a terra e stava per essere abbattuto dall’avversario. Duncan stava per avere la meglio sul mio vecchio nemico quando, si bloccò inarcando la schiena all’indietro, perdendo l’enfasi dell’attacco. Vedevo qualcosa che sporgeva dalla schiena, forse una freccia?
L’uomo a terra scattò in piedi e in avanti, la lama che affondava nel petto di Duncan. Gridai. Lui cadde in ginocchio reggendosi il petto. L’avversario sorrise verso di me, estrasse e decapitò Duncan. Tutto si ruppe, come un cristallo colpito da un sasso. “La prossima sei tu, Strega” urlò il giudice ricevendo l’Essenza di Duncan. Un globo di luce azzurra l’ avvolse ed esplose verso l’esterno, in un raggio di circa un chilometro. L’onda d’urto fece andare a massa diverse zone elettrice e spaccò molti oggetti fragili come vetri o ceramiche.
Quando raggiunsi Duncan, il Giudice si era dileguato nella notte e io non potei fare a meno di crollare in ginocchio e piangere il mio amato.
Ora
Ma non gli racconto nulla. Nessuna storia di vendette nei secoli. Nessuna favola sugli immortali. Decido che è meglio non trascinarlo nel mio Mondo. Conoscere il mio Mondo lo tirerebbe in un gorgo senza fine da cui è impossibile conviverci. “Una rapina” mi viene da dire “Lui ha reagito e.. Un colpo alla schiena e uno alla testa”
“Mi spiace” mi abbraccia forte. Usciamo dal caveau e torniamo in salotto. Ho voglia di sfogarmi, di non pensare ad altro e conosco un solo modo di farlo.
Senza vestiti, nudi, a letto, tra le lenzuola ancora impregnate del sesso della volta precedente. Lui che entra di prepotenza dentro di me e comincia a pompare i suoi fianchi, facendomi godere come una cagna.
Spengo il cervello, non penso a nulla, lascio il passato sepolto nel mio cervello. Per ora, solo Bob e la sua maniera vigorosa di fare sesso.
Pausa lezioni. Il professore di flosofia ha la stessa cadenza di un bradipo morto. Già non vado matta per la materia. Se poi parli al rallentatore.
Burgher e patatine, una botta di colesterolo. Ma chi se ne frega, non sarà questo ad uccidermi
“Fatto le ore piccole ieri sera?” Judith Mercer, compagna di corso e occasionale amica da happy hour. Fisico da fotomodella, ben formata, riesce ad essere figa anche con un impermeabile stile tenente Colombo e i bigodini in testa. Ora indossa un cappottino beige che le scende fino alle ginocchia, stretto in vita, che le mette in risalto due tette da primato
“Ah, quello non mi stanca mai” dico mangiando una patatina “E’ il prof che ha una cantilena narcolettica”
“Sì, vero. Volevo chiederti: hai da fare stasera?”
“Mm, non so, pensavo di farmi una scopata con Bob”
“Ma sempre a scopare stai?” ride
“Beh, per me è una ragione di vita. Pane, amore e sesso sfrenato”
“C’è un party su dai Bachelor. Non mi vuoi accompagnare?”
“Cene noiose a base di aragoste e champagne, in compagnia di vecchi parrucconi con la puzza sotto il naso?” scuoto la testa “Mi sento più a mio agio in un pub a bere birra e mangiare hamburger”
“Ma non sono i Bachelor senior ad organizzare il party. Ma i figli: Eleanor e Janice”
“La parte dissoluta della famiglia. Allora sarà una festa a base di sesso, droga e rock & roll” ci penso su un attimo “Ci porterò anche Bob”
I Bachelor hanno una villa sontuosa in cima alla collina. Sembra una di quei mega villoni francesi stile luigi XVI°, con grande parco, grande fontana zampillante, grandi scalinate ad arco che convergono in un grande patio, davanti ad una grande villa. Tutto grande, insomma “Urka” fa Bob “Quanto sono ricchi questi tizi?”
“Non conosci i BAchelor della Bachelor’s industries & Technologies?”
“Non mi tengo aggiornato sui gossip locali”
“Sono tra i più ricchi imprenditori della Nazione. Tecnologia bellica. Producono chip intelligenti che vanno sistemati sui missili terra aria”
“Non c’è niente di intelligente in un missile” commenta Bob
Parcheggio la Mini vicino ad una Rolls Royce. Le altre macchine spaziano da Ferrari, Maserati, Mercedes, Bentley e Lamborghini. Direi che la mia Mini regge il paragone.
Sono vestita con un abito unico, rosso in lamé, stretto in vita da un cintura di stoffa. Ai piedi tacco medio(mai piaciuti i trampoli), una borsetta a tracolla. Sotto il vestito solo un perizoma tigrato, così sottile da non accorgermi neanche di averlo indosso.
Bob tutto in tiro con giacca e cravatta, pantaloni di cotone leggero e blu scuro e scarpe da barca de luxe “Spero in un ricco buffett”
Appena entrata, nella sontuosità dell’ingresso, tripudiò di tavoli con ricchi buffett, un deejay che scattava su una piattaforma, donne tra i venti e i trentanni che servivano champagne in topless “Uh” faccio
“Uh” fa Bob
Poi arriva il ronzio. Dannatamente insistente e capisco di non essere la sola immortale presente alla festa “E guarda che si rifà viva dopo secoli” la voce di una donna a me famigliare
Avvolta in un vestito lungo che le lascia scoperta una generosa parte di schiena, c’è Christine, l’ex suora alle Crociate impetuosa combattente. Al suo fianco, un signore sui sessant’anni, dal capello stempiato e brizzolato, dall’aria impettita, più simile ad un maggiordomo che al padrone di casa.
Ci abbracciamo quasi come due amanti focose. Christine si discosta da me e presenta il marito John Bachelor. Io presento Bob. Strette di mano incrociate. Mi fa cenno con la testa chiedendomi “Sa?”
Ella stessa maniera rispondo “No” e indico John. Lei annuisce e dice “Sì”
Dopo i convenevoli, Bob si allontana in direzione del buffett “Felice di conoscerla. Christine ha parlato così tanto di lei che, mi sembra quasi di conoscerla”
“Tutte le notizie sconce sono vere” replico con un sorriso
“Vi lascio sole. Avrete molto di cui parlare” e si allontana anche lui in direzione del buffett, stringendo qualche mano lungo il tragitto
“I tuoi figliastri dove sono?”
“Conoscendoli, da qualche parte a scopare” ride “Cosa ti porta nella vita mondana?”
“Un’amica mi detto che davate una festa. Ed eccomi qui”
“Non pensavo di vederti con un uomo”
“Non è un amore passeggero. Da quanto tempo John sa di te?”
“Da quando ci siamo sposati”
“E i tuoi figliastri?”
“Idem”
“Beh, vorrei che fosse così facile anche per me”
“Come va?”
“Il miglior sesso di sempre”
“Non intendevo quello”
“Certo…” afferro un bicchiere di champagne “Ho visto Olaf”
“E’ in città?”
“Non ancora. Mi ha detto che il nostro amico comune si trova qui”
“L’hai visto?”
“No ma, stai pur certa che, stavolta, gliela stacco quella testa del cavolo”
Il colpo di genio della festa. A mezzanotte, gli invitati sono invitati(scusate il gioco di parole) a togliersi i vestiti “Toglierei il disturbo” dice John “Vorrei evitare festival dell’orrore”
Christine ride “Vai avanti, ti raggiungo tra poco”
Arriva anche Bob, raggiante, con un cocktail di scampi in mano “Hai intenzione di rimanere?”
“Certo che sì. Tu vuoi andare?”
“Ecco, mi sento a disagio. Poi, c’è anche il mio capo qui e, boh.. Non mi va di ..”
“Lo schiavista?” commento. Poi, rivolto a Christine dico “Gli fa mettere in ordine i faldoni non classificati di delitti a cui nessuno importa più”
“Sì, lavoro interessante, da un certo punto di vista. Mi sono persuaso sul fatto che, in città, da almeno un secolo, esiste una società segreta di serial killer. Dal 1899 ad una decina di anni fa. Delitti per decapitazione” scuote la testa, ingoia un gamberetto. Io guardo Christine. “Ouch” fa lui toccandosi lo stomaco “Mi sa, troppi gamberetti. Cerco un bagno”
E la sensazione fastidiosa nel mio cervello arriva come una vibrazione e mi lancia segnali di pericolo. Io e Christine ci guardiamo freneticamente attorno. “Ma tu guarda chi si rivede” una voce modulata bassa, unta. Mi giro, serrando i pugni, ben sapendo chi mi troverò davanti “Strega” davanti a me, l’odiato nemico, il giudice Ambrose
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