L'inquilino perfetto
di
Aldobrando
genere
prime esperienze
Sono ancora scioccata da quello che è successo. Capisco che è una cosa naturale, che non fa male a nessuno, forse era anche inevitabile. Ma comunque sono delusa e furiosa allo stesso tempo.
Cominciamo dall'inizio, tornando a tre anni fa. Mio padre morì all'improvviso che avevo appena 16 anni, io e mia madre restammo senza un soldo e per eredità solo la casa della nonna. Grande, antica, proprio in piazza. Costosissima da mantenere, in pratica una pietra al collo.
Ci salvò il Ministero della Pubblica istruzione che decise di aprire un liceo e una ragioneria nella nostra cittadina, i professori arrivarono anche da lontano e avevano bisogno di alloggio. Mia madre mise in piedi una pensione con cucina nella casa della nonna. Il primo pensionante fu il professor F., preside del nuovo liceo. Altri professori e professoresse vollero venire ad alloggiare da noi, pensavano che stare nella stessa pensione del preside avrebbe avuto dei vantaggi.
Io e mia madre lavoravamo moltissimo: pulire, cucinare, lavare la biancheria; però gli affari andavano bene. In questa cittadina di merda la prima merce che circola è l'invidia, per cui i pettegolezzi su mia madre e il professor F. cominciarono subito. Per fortuna finirono abbastanza presto, perché F. non diede mai il minimo aggancio. E' del Nord, ma conosce la mentalità di qui come uno del posto. Con mia madre non scambiò nemmeno una parola, un gesto, un atto diverso da quello di un pensionante col proprietario.
Raccontò una volta che aveva una fidanzata nel capoluogo, ci mostrò la foto di una bella donna bionda. Disse a mia madre che sarebbe venuta a trovarlo qualche volta, chiese se poteva dormire qui. Mia madre disse di no, io ascoltavo dietro la porta della sala da pranzo e credevo che fosse impazzita: comportarsi così con l'uomo che ci portava quattro o cinque pensionanti ogni anno? Lui non insistette, però si sparse la voce che riceveva ogni tanto una donna bionda, perfino la zia Melina che sta qui di fronte la vide entrare una notte. Mia madre faceva finta di niente, ma tenne duro col divieto.
Io ero furiosa con lei, che gliene importava? Era da cretini perdere un cliente così importante per uno stupido perbenismo. Se si portava la bionda in camera di nascosto, faceva benissimo secondo me.
Per reazione diventai sempre più gentile col professor F. Non so come successe, io sono solo una ragazza di provincia e lui un professore, un adulto, ma finì che un pomeriggio salii in camera sua mentre tutti dormivano. Mi spogliò lentamente, baciandomi a lungo sulla bocca, sul collo, sui capezzoli. Mi tolse le mutandine e mi fece sdraiare sul letto, sentii la sua lingua fra le mie cosce, mi leccava la fica, mi succhiava il clitoride. Non pensavo neanche che si potessero fare certe cose, ma lui mi calmava, mi tranquillizzava con le sue carezze sulla pancia e sul seno. Mi salì sopra, mi disse di prenderglielo in mano e guidarlo verso la mia fica; io ero paonazza, avevo sentito quelle parole forse tre volte in vita mia, ma non mi sarei fermata nemmeno con una pistola alla tempia. Me lo spinse dentro senza fretta ma con forza inesorabile, io ero vergine ma non ricordo nemmeno se mi fece male tanto ero stravolta e su di giri. Quella volta non godetti, o forse non me lo ricordo tanto ero presa dalla situazione, dalle sue mani che mi toccavano dappertutto, dalla sua bocca, da quella sensazione nuova del suo cazzo dentro di me. Mi sborrò sulle tette, mi misi a ridere a vedere quel getto perlaceo sui miei capezzoli scuri.
Dopo quella volta ne seguirono altre. Lui fu bravissimo nell'organizzare i nostri incontri, mai nessuno sospettò niente, nemmeno mia madre. Alla quinta volta godetti anch'io, un orgasmo che mi rivelò un mondo che nemmeno pensavo esistesse. Da allora diventai insaziabile, passavo i giorni solo ad aspettare quel cazzo dentro di me, mi insegnò a fare i pompini e quando avevo il ciclo glielo succhiavo appena possibile: in camera, in soggiorno, in sala da pranzo, dietro la porta dell'ingresso, giù in cantina. Per giorni mi nutrivo solo della sua sborra. Dovemmo raddoppiare e triplicare la prudenza, a volte mi vedeva così vogliosa che capiva non avrei resistito e avrei fatto qualche sciocchezza rivelatrice. Allora partiva per qualche giorno inventandosi convocazioni al Provveditorato. Io smaniavo, me lo immaginavo con la sua bionda, di notte mi penetravo la fica e a volte il culo con tutto quello che trovavo sognando di averlo sopra di me. Poi di colpo mi calmavo e lui ritornava, come se l'avesse sentito. Allora ricominciavamo.
Ecco, tutto questo è finito un momento fa. Sono due giorni che abbiamo la lavatrice guasta, laviamo a mano la biancheria della pensione, è un lavoro estenuante, non ho il tempo di lavare anche le mie cose. Avevo finito le mutandine pulite, così sono entrata in camera di mia madre, nell'ultimo cassetto del comò forse ce n'erano alcune sue vecchie. Ho aperto il cassetto e quando l'ho vista mi è caduto il cielo in testa. Era proprio lì, nascosta in fondo, sotto la maglieria vecchia. Una magnifica parrucca bionda.
Cominciamo dall'inizio, tornando a tre anni fa. Mio padre morì all'improvviso che avevo appena 16 anni, io e mia madre restammo senza un soldo e per eredità solo la casa della nonna. Grande, antica, proprio in piazza. Costosissima da mantenere, in pratica una pietra al collo.
Ci salvò il Ministero della Pubblica istruzione che decise di aprire un liceo e una ragioneria nella nostra cittadina, i professori arrivarono anche da lontano e avevano bisogno di alloggio. Mia madre mise in piedi una pensione con cucina nella casa della nonna. Il primo pensionante fu il professor F., preside del nuovo liceo. Altri professori e professoresse vollero venire ad alloggiare da noi, pensavano che stare nella stessa pensione del preside avrebbe avuto dei vantaggi.
Io e mia madre lavoravamo moltissimo: pulire, cucinare, lavare la biancheria; però gli affari andavano bene. In questa cittadina di merda la prima merce che circola è l'invidia, per cui i pettegolezzi su mia madre e il professor F. cominciarono subito. Per fortuna finirono abbastanza presto, perché F. non diede mai il minimo aggancio. E' del Nord, ma conosce la mentalità di qui come uno del posto. Con mia madre non scambiò nemmeno una parola, un gesto, un atto diverso da quello di un pensionante col proprietario.
Raccontò una volta che aveva una fidanzata nel capoluogo, ci mostrò la foto di una bella donna bionda. Disse a mia madre che sarebbe venuta a trovarlo qualche volta, chiese se poteva dormire qui. Mia madre disse di no, io ascoltavo dietro la porta della sala da pranzo e credevo che fosse impazzita: comportarsi così con l'uomo che ci portava quattro o cinque pensionanti ogni anno? Lui non insistette, però si sparse la voce che riceveva ogni tanto una donna bionda, perfino la zia Melina che sta qui di fronte la vide entrare una notte. Mia madre faceva finta di niente, ma tenne duro col divieto.
Io ero furiosa con lei, che gliene importava? Era da cretini perdere un cliente così importante per uno stupido perbenismo. Se si portava la bionda in camera di nascosto, faceva benissimo secondo me.
Per reazione diventai sempre più gentile col professor F. Non so come successe, io sono solo una ragazza di provincia e lui un professore, un adulto, ma finì che un pomeriggio salii in camera sua mentre tutti dormivano. Mi spogliò lentamente, baciandomi a lungo sulla bocca, sul collo, sui capezzoli. Mi tolse le mutandine e mi fece sdraiare sul letto, sentii la sua lingua fra le mie cosce, mi leccava la fica, mi succhiava il clitoride. Non pensavo neanche che si potessero fare certe cose, ma lui mi calmava, mi tranquillizzava con le sue carezze sulla pancia e sul seno. Mi salì sopra, mi disse di prenderglielo in mano e guidarlo verso la mia fica; io ero paonazza, avevo sentito quelle parole forse tre volte in vita mia, ma non mi sarei fermata nemmeno con una pistola alla tempia. Me lo spinse dentro senza fretta ma con forza inesorabile, io ero vergine ma non ricordo nemmeno se mi fece male tanto ero stravolta e su di giri. Quella volta non godetti, o forse non me lo ricordo tanto ero presa dalla situazione, dalle sue mani che mi toccavano dappertutto, dalla sua bocca, da quella sensazione nuova del suo cazzo dentro di me. Mi sborrò sulle tette, mi misi a ridere a vedere quel getto perlaceo sui miei capezzoli scuri.
Dopo quella volta ne seguirono altre. Lui fu bravissimo nell'organizzare i nostri incontri, mai nessuno sospettò niente, nemmeno mia madre. Alla quinta volta godetti anch'io, un orgasmo che mi rivelò un mondo che nemmeno pensavo esistesse. Da allora diventai insaziabile, passavo i giorni solo ad aspettare quel cazzo dentro di me, mi insegnò a fare i pompini e quando avevo il ciclo glielo succhiavo appena possibile: in camera, in soggiorno, in sala da pranzo, dietro la porta dell'ingresso, giù in cantina. Per giorni mi nutrivo solo della sua sborra. Dovemmo raddoppiare e triplicare la prudenza, a volte mi vedeva così vogliosa che capiva non avrei resistito e avrei fatto qualche sciocchezza rivelatrice. Allora partiva per qualche giorno inventandosi convocazioni al Provveditorato. Io smaniavo, me lo immaginavo con la sua bionda, di notte mi penetravo la fica e a volte il culo con tutto quello che trovavo sognando di averlo sopra di me. Poi di colpo mi calmavo e lui ritornava, come se l'avesse sentito. Allora ricominciavamo.
Ecco, tutto questo è finito un momento fa. Sono due giorni che abbiamo la lavatrice guasta, laviamo a mano la biancheria della pensione, è un lavoro estenuante, non ho il tempo di lavare anche le mie cose. Avevo finito le mutandine pulite, così sono entrata in camera di mia madre, nell'ultimo cassetto del comò forse ce n'erano alcune sue vecchie. Ho aperto il cassetto e quando l'ho vista mi è caduto il cielo in testa. Era proprio lì, nascosta in fondo, sotto la maglieria vecchia. Una magnifica parrucca bionda.
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